UniCa UniCa News Rassegna stampa Martedì 15 settembre 2015

Martedì 15 settembre 2015

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 settembre 2015
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 

L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Agenda Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
PARI OPPORTUNITÀ
Giovedì comincia la terza edizione di “Sui generis 2015 - Le Giornate cagliaritane sulle pari opportunità”. I diritti delle donne (maternità, ricerca, cultura e lavoro), la violenza (autori, nell’adolescenza), con particolare attenzione ai rapporti che li legano all’etica, sono al centro dei lavori. Il convegno tratta, tra l’altro, di violenza, diritti, genere e professioni. In scaletta relazioni, interventi, tavole rotonde con la partecipazione di un centinaio di specialisti.
 



2 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Cronaca di Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ
In Ingegneria un convegno sulla mobilità sostenibile
Venerdì nell’aula magna della facoltà di Ingegneria dell’università, si svolgerà la giornata di studio Ict per la mobilità sostenibile, organizzata dal gruppo di ricerca guidato dal Luigi Atzori, nell’ambito della Settimana europea della mobilità sostenibile 2015. La giornata rappresenta un’occasione per riflettere sul modo in cui le nuove tecnologie dell’Ict possono promuovere la mobilità sostenibile.
Tra gli interventi in programma, quelli di appartenenti al mondo dell’impresa (Giuseppe Colistra di GreenShare, Proto Tilocca e Simona Farris di Ctm, Antonio Solinas di Abinsula e Fabio Mereu di PlayCar), alle istituzioni (Mauro Coni, assessore ai Trasporti del Comune e Massimo Deiana, assessore regionale ai Trasporti), ma anche al mondo della ricerca (Italo Meloni e Luigi Atzori dell’Università di Cagliari, Carlino Casari del Crs4 e Salvatore Di Dio di TrafficO2). Completerà la giornata una sessione tecnica tenuta da Roberto Girau e Salvatore Martis dell’Università di Cagliari.
 
 


3 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Provincia di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
SETTIMO SAN PIETRO
Metro, ripristinate le corse per Monserrato
Dopo un mese di stop forzato, la metropolitana di superficie ieri mattina ha nuovamente fatto tappa a Settimo San Pietro. Sabato e domenica scorsa, l’Arst ha ripristinato il tratto di 700 metri dove, prima di Ferragosto, erano stati rubati i cavi. Nuovamente regolari i collegamenti con Monserrato, la Cittadella universitaria e Cagliari, istituto anche un servizio di controllo.
A giorni sarà operativo il sistema di bus navetta per consentire ai pendolari di Maracalagonis, Sinnai e Settimo di raggiungere la stazione ferroviaria. Si riprende a viaggiare proprio in concomitanza con la riapertura delle scuole.
Soddisfatto il sindaco di Settimo, Gigi Puddu e il direttore dell’Arst, Carlo Poledrini. «A giorni attiveremo i bus navetta con collegamenti a Maracalagonis, Sinnai e il centro abitato di Settimo. I pendolari avranno così l’opportunità di raggiungere comodamente la stazione ferroviaria di Settimo», afferma il direttore Poledrini. (ant. ser.)
 


 


4 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Provincia di Sassari (Pagina 37 - Edizione CA)
SASSARI. Pista ciclabile di 8 chilometri collegherà le diverse facoltà dell’Ateneo
Mobilità sostenibile, i dottori sulla due ruote
Una città a misura di ciclista e di pedone, di studente e di cittadino. Il debutto della Settimana europea della mobilità sostenibile va a braccetto col progetto regionale Bicimipiaci: «Entro la prima decade di dicembre saranno ultimati “Gli itinerari dell’Università”, un circuito di 8 chilometri riservato alle biciclette che collegherà tra di loro le facoltà e i dipartimenti, e passerà davanti anche a ospedale, policlinico, Inps e Carabinieri».
I lavori sono già iniziati in via duca degli Abruzzi. Obbligatorio consegnare il circuito entro la fine dell’anno per poter usufruire del finanziamento europeo da 1,8 milioni di euro ottenuto grazie al Por 2006-2013. L’amministrazione sassarese ha messo in conto qualche resistenza (ad esempio dei commercianti di viale Italia) ma è sicura di poter convincere della bontà di una scelta che non solo può migliorare la salute dei cittadini, ma anche dare maggiore visibilità alle attività. «È il primo passo per rendere omogenei i comuni dell’area vasta, Alghero, Porto Torres, Stintino, Castelsardo, Sorso, Sennori e appunto Sassari, e collegarli un domani tra loro con piste ciclabili -hanno aggiunto gli assessori Moncia Spanedda e Luca Taras - È la strada da percorrere per accedere ai futuri e ingenti finanziamenti della comunità europea per la mobilità sostenibile».
 La presentazione del tracciato è incastonata in una settimana ricca di eventi, che avranno in piazza d’Italia la base operativa e puntano a dimostrare come anche a Sassari si possa circolare in bicicletta. Da domani a venerdì, dalle 16 alle 19, il “Progetto Icaro” dell’associazione sportiva In Mountain Bike proporrà pedalate didattiche ai bambini delle scuole elementari. Il consorzio Andalas de Amistade e la cooperativa Rumundu organizzano un seminario pratico di sensibilizzazione su elementi di mobilità ciclabile in percorsi urbani e allestiranno un centro temporaneo per la raccolta e risistemazione di biciclette abbandonate e in disuso, che verranno spedite nel villaggio africano di Porto Alfred.
Nell’ambito della settimana si svolge anche la 18^ edizione di Girovagando, festival internazionale di arte in strada che da giovedì a domenica propone spettacoli e allestimenti nel centro storico sassarese. L’Uisp organizza per sabato un gioco di educazione stradale mettendo a disposizione dei bambini biciclette, skateboard e monopattini.
Giampiero Marras


 


5 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Pubblicato su Nature Genetics uno studio del gruppo Sardinia
I sardi sono bassi, è scritto anche nei geni
La tradizionale statura bassa, la maggiore predisposizione alle malattie cardiovascolari e l’emoglobina dei sardi sono al centro di uno studio finito su Nature Genetics, la rivista più autorevole al mondo sulla genetica. Nel suo nuovo numero dedica tre articoli all’Isola. Grande attenzione per il lavoro del gruppo Sardinia (Progenia) guidato da Francesco Cucca. TABASSO A PAGINA 4

Primo Piano (Pagina 4 - Edizione CA)
Statura, emoglobina, infiammazioni: tre studi di SardiNIA su Nature Genetics
Il Dna sardo sotto i riflettori della ricerca internazionale
Effettivamente noi sardi siamo bassi: è scritto dentro di noi da millenni. Anche molte altre cose sono scritte nel nostro Dna, dai livelli di emoglobina nel nostro sangue ai rischi di malattie cardiovascolari. E da oggi sono scritte anche su Nature Genetics, in assoluto la rivista scientifica più autorevole al mondo nel campo della genetica, che nel suo nuovo numero dedica ben tre articoli alle particolarità sarde .
Avviene grazie al lavoro del gruppo di ricerca SardiNIA (Progenia) guidato da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr e professore di genetica medica dell’Universitàdi Sassari.
L’equipe si è mossa lungo le linee tracciate dal fondatore del progetto, il genetista sardo Giuseppe Pilia, scomparso nel 2005, quattro dopo anni aver avviato lo studio.
Oggi è nel suo nome - e in quello del professorAntonio Cao, mentore di Pilia e Cucca - che il team coglie un risultato di assoluto prestigio e Cucca non nasconde la soddisfazione, «non per una questione di visibilità personale ma perché questo numero quasi monografico di Nature Genetics sulla Sardegna dimostra come l’Isola sia al centro dell’interesse della comunità scientifica internazionale, nonostante molti non se ne rendano conto e continuino a parlarne esclusivamente in termini di Mezzogiorno in crisi».
I sardi in vetta alla ricerca, verrebbe da dire, nonostante la statura. Uno dei tre articoli spiega come siano state identificate due modifiche nelle sequenze del Dna, dette varianti genetiche, con largo impatto sull’altezza della popolazione sarda, in grado di ridurre rispettivamente la statura di circa 4 e 2 centimetri. Opportuni test statistici applicati a livello di queste varianti genetiche e di quelle già note, indicherebbero un vantaggio selettivo per la bassa statura nei sardi, che rappresenta il primo esempio nella nostra specie del cosiddetto “effetto dell’isola”, secondo cui i mammiferi tendono a diventare più piccoli dopo centinaia di generazioni trascorse in ambiente insulare.
In sostanza è la dimostrazione che nell’Isola gli umani - esattamente come i cinghiali, per fare un solo esempio - hanno dimensioni più contenute che sulla Penisola. Non è chiaro perché questo avvenga ma una ipotesi è che in un ambiente naturale chiuso e relativamente scarso di risorse, per una specie è più “economico” avere esemplari più piccoli e per questo con maggiori probabilità di sopravvivere e di trasmettere i propri geni alle generazioni future.
Se le generazioni che si sono succedute dal dopoguerra a oggi hanno potuto contare su una alimentazione e un’assistenza sanitaria migliori, e quindi si sono sviluppate più dei loro avi, questo non è stato sufficiente a colmare il divario con altre popolazioni europee, specie nordiche, e i sardi continuano ad essere i più bassi del continente. È un processo di selezione genetica che si è sviluppato nell’arco dei millenni: anche gli islandesi vivono su un’isola, e certo non sulla più fertile, e tuttavia sono più alti perché discendono dai vichinghi che approdarono lì appena un migliaio di anni fa. Tra le implicazioni della scoperta, evidentemente, ci sono nuovi orizzonti da esplorare nella diagnosi e cura dei bambini con crescita insufficiente e senza causa apparente.
E se tendenzialmente non diventeremo giganti, potremo almeno diventare più sani. La seconda ricerca individua due nuovi geni associati con i livelli ematici dei lipidi e cinque nuovi geni associati con molecole dell’infiammazione presenti nel sangue: entrambi «hanno importanti ricadute cliniche, in particolare possono influenzare il rischio di malattie cardiovascolari e altre malattie con una componente infiammatoria».
La terza ricerca, infine, ha preso in considerazione per la prima volta tutti e tre i tipi di emoglobina presenti nel nostro sangue, concludendo che la regolazione delle differenti forme è coordinata geneticamente. «Lo studio - annuncia l’Istituto - apre la strada ad approcci terapeutici volti ad incrementare la produzione di specifiche forme di emoglobina (HbF e HbA2) in anemie ereditarie come le beta-talassemie e l’anemia falciforme».
Se le possibili ricadute dei tre articoli in termini sanitari sono evidenti, e potenzialmente entusiasmanti, c’è un quarto elemento da valutare come un traguardo scientifico di rilievo assoluto: lo studio in sé. Sequenziando l’intero genoma di 2.120 individui e usando modelli statistici per predire le sequenze genomiche di 6.600 volontari, i ricercatori di SardiNIA hanno analizzato il numero di genomi più grande del mondo da un campione territorialmente omogeneo. Una banca dati smisurata quanto completa realizzata in gran parte analizzando volontari di Lanusei, Elini, Artzana e Ilbono. Un processo durato anni, costruito su un solido rapporto fra ricercatori e volontari partecipanti allo studio: «Una percentuale altissima delle persone che abbiamo seguito a partire dal 2001 - conclude il professor Cucca - torna a farsi visitare da noi».
 Celestino Tabasso
 
 
 


6 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Cultura (Pagina 41 - Edizione CA)
Antropologia Il genetista Guido Barbujani spiega perché. L’importanza dell’Homo naledi Le razze non esistono:
«VENIAMO TUTTI DALL’AFRICA»
Pochi giorni fa in una grotta del Sud Africa sono stati portati alla luce 1.500 reperti fossili appartenenti a 15 individui di una nuova specie di ominidi. I ricercatori lo hanno chiamato Homo naledi e l’hanno descritto la specie come dotata di alcune caratteristiche tipiche degli australopitechi , altre dei Sapiens e altre mai viste prima prima tra gli ominidi. Questo ritrovamento renderà ancora più complessa la storia della nostra specie? O contribuirà a delineare meglio il puzzle evolutivo? Gli antropologi spiegano che discendiamo dal gruppo umano che sessantamila anni fa partì dall’Africa, raggiunse l’Europa, abitata dai Neandertal, ed ebbe la meglio su tutte le altre forme umane preesistenti. Così all’interno della nostra specie, esistono e sono evidenti molteplici differenze, ma sono distribuite in modo continuo nello spazio geografico; in questo modo le caratteristiche di ogni popolazione si sovrappongono e sfumano gradualmente in quelle delle popolazioni vicine.
Come si inserisce Homo naledi in questo scenario? Noi Sapiens siamo parenti della specie recentemente scoperta in Sud Africa o facciamo parte di rami evolutivi separati? Ne abbiamo parlato con il genetista dell’Università di Ferrara, Guido Barbujani, esperto di biodiversità umana e di Dna antico (ha studiato in particolare l’uomo di Cro-Magnon, gli Etruschi e i nuragici).
Barbujani, siamo parenti dell’Homo naledi?
 «Molto difficile dirlo finché non si riesce a stabilire l’età di questi fossili. I reperti erano sul pavimento della grotta e per questo non è possibile datarli geologicamente. Inoltre sono troppo antichi per essere stimati con il Carbonio 14. Parlare dei nostri rapporti di parentela con questa specie è del tutto prematuro».
 La scoperta riveste in ogni caso una notevole importanza?
 «Non abbiamo altri resti umani fossili documentati così bene. È importante continuare a studiarli. Si tratta di un ritrovamento molto intrigante, perché non sappiamo ancora dove collocarlo esattamente: se molto arcaico dovremmo porlo alla base del nostro albero evolutivo mentre se fosse più recente allora vorrebbe dire che si è sviluppato quando i nostri antenati africani erano già abbastanza simili a noi. In merito all’importanza della scoperta aggiungo che i ricercatori, guidati da Lee Berger, una volta riportati i resti in superficie, hanno organizzato due settimane di incontri. Inoltre National Geographic ha creato l’evento internazionale: tutto è stato seguito passo passo sui social media».
 Perché siamo tutti africani?
 «Perché tutti quanti, tornando indietro nel tempo, possiamo fare risalire la nostra genealogia a un gruppo di alcune di migliaia di africani, con un cranio e uno scheletro come il nostro, che 60 mila anni fa ha abbandonato l’Africa e colonizzato l’intero pianeta».
 All’autore di “Sono razzista, ma sto cercando di smettere” possiamo chiedere consigli per guardare il mondo con più serenità?
 «Potete chiederli ma non li ho. Possiamo forse dire che l’emigrazione, secondo gli studi più seri durerà altri vent’anni, e quindi dobbiamo attrezzarci per affrontarla e non sperare in un miracolo che ci porti a un passato ormai è alle nostre spalle».
 Su questo tema lei cita spesso il Manifesto degli scienziati razzisti del 1938. Cosa contiene?
 «In questo documento, in cui i cattivi scienziati fascisti definiscono gli italiani in quattro modi contraddittori fra di loro (ariani, italiani, mediterranei occidentali, europei), ci si scontra con le stesse contraddizioni rimaste irrisolte nonostante i bravi scienziati, nel corso di tre secoli, abbiamo tentato di stabilire quali fossero le razze umane».
 Lei spiega che le razze non esistono. Ma esiste il razzismo. C’è forse qualche ragione evolutiva che ci spinge a riconoscere “gli altri” e che fa scattare in noi reazioni negative?
 «Forse sì visto che il fenomeno è così diffuso. Ma ci sono anche ottime ragioni sociali e culturali per combatterlo e vincerlo».
 Andrea Mameli
 
 
 


7 - L’UNIONE SARDA di martedì 15 settembre 2015 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Un vuoto incredibile nell’azione di contrasto dei reati ambientali nell’Isola
DIOSSINA SENZA CONTROLLI
L’Arpas non ha i laboratori per i test sull’inquinamento
In una regione come la Sardegna, avvelenata da decenni di industria pesante, l’Arpas non ha laboratori per l’analisi delle diossine. I campioni vengono inviati nella penisola, di solito all’Arpa Piemonte. Un vuoto incredibile in un’Isola che detiene il primato nazionale (dopo c’è la Campania) dell’estensione di territorio contaminato (e da bonificare). Di più, l’agenzia regionale per l’ambiente non ha organi di polizia giudiziaria. SERUSI A PAGINA 3
 
Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
L’Arpas non ha laboratori adeguati: i campioni vengono inviati in Piemonte
Nell’Isola dei siti contaminati non si fanno test sulle diossine
«Quando vai a fare i controlli non cercare mai quel che non vuoi trovare», suggerì una volta un navigato dirigente dell’Arpas a un suo giovane collega. Una pillola di saggezza incisa nei nastri di un’intercettazione telefonica, il consiglio di una linea di condotta prudentissima rimasto incastonato nei fascicoli di un’indagine giudiziaria e che, a dirla tutta, sintetizza la forma di un’agenzia nata (nel 2006) con le armi spuntate. Un organismo fondato con legge regionale per la difesa dell’ambiente e che negli anni - mentre la politica ci ha messo sopra le mani moltiplicando consulenze d’oro, poltrone e naturalmente costi - è rimasto più che altro la pallida copia dei vecchi Presidi multizonali di prevenzione, residuato bellico delle aziende sanitarie locali, con i controlli sulle acque di balneazione, e campionature richieste dagli enti e dalle Procure, e la verifica sui report di autocertificazione delle aziende.
 IL PARADOSSO Così, in una regione come la Sardegna, avvelenata da decenni di industria pesante, l’Arpas non ha laboratori per l’analisi delle diossine. Un vuoto incredibile in un’isola che, con 445 mila ettari avvelenati - quelli delle due aree Sin, sito di bonifica d’interesse nazionale: Porto Torres-Sassari e Sulcis Iglesiente-Guspinese -, ha il primato nazionale dell’estensione di territorio contaminato (dopo c’è la Campania, 345 mila ettari).
FLACONI IN TRASFERTA Qui, quando i campioni vengono raccolti, li si impacchetta e li si spedisce nella penisola, di solito all’Arpa Piemonte. Capite bene che - a parte i costi per le casse regionali - i tempi di un viaggio in paglietta di fiale e flaconi si dilatano enormemente, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili. Un investigatore, per esempio, racconta che una volta («qualche anno fa») c’era da fare un prelievo in cima al camino di un’industria per verificare la presenza di diossine. L’Arpas venne interpellata per la raccolta dei campioni, «ma - ricorda la fonte - non aveva l’attrezzatura necessaria». Sicché dagli uffici dell’agenzia regionale vennero chiamati quelli dell’Arpa Piemonte, ma siccome i tecnici dovevano spostarsi in Sardegna con tutto l’armamentario, la cifra richiesta («15 mila euro») era piuttosto alta. A quel punto restava solo una cosa da fare: la certificazione in autocontrollo, la procedura per cui l’azienda affida l’esame a un laboratorio privato, presenta il report del consulente che dice se la diossina c’è o non c’è, e poi chiede la verifica all’Arpas.
LA TRAPPOLA Quella volta il consulente tecnico dell’industriale utilizzò strumenti scaduti (che non avrebbero quindi rilevato la presenza di sostanze pericolose), ma il gioco non gli riuscì: fu sorpreso dagli inquirenti che, sospettando qualcosa, piombarono assieme a un tecnico dell’Arpas. «Questa è una storia che vale come monito - avvisa l’investigatore - e dimostra che il sistema degli autocontrolli non può reggere e non può dare affidamento». Eppure va così in una regione dove le ispezioni negli impianti (industrie, inceneritori, depuratori) non vengono certo fatte a tappeto, e dove in molti territori non si fanno i controlli sull’inquinamento.
NIENTE ISPETTORI All’assenza di laboratori per le indagini sulla diossina, si aggiunge un’altra gravissima carenza del sistema, un vero e proprio paradosso per la regione che ha il primato nazionale di territorio inquinato (e da bonificare): l’Arpas, l’agenzia che dovrebbe vigilare sulla qualità delle acque, del suolo e dell’aria, non ha organi di polizia giudiziaria. Non ha cioè, a differenza della maggior parte delle altre regioni italiane, ispettori che - nel caso in cui, ad esempio, durante il sopralluogo in un impianto venisse accertata un’infrazione alla normativa ambientale - possano intervenire direttamente e nell’immediato, senza dover attendere l’arrivo dei carabinieri. Un sintomo dell’impostazione data dalla politica: orientamento Asl, non inquirenti in nome e per conto dell’ambiente.
 LEGGE INAPPLICATA È l’Arpas nata con le armi spuntate. E pensare che la legge istitutiva del 2006 (l’organismo è diventato operativo nel 2008) prevedeva che «ai fini dell’espletamento delle attività di istituto, il direttore generale, con proprio atto, individua il personale che deve disporre della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e ne fa proposta al competente prefetto». Beh, di direttori generali e dirigenti di dipartimento se ne sono visti moltissimi - in pratica a ogni giro di valzer della politica -, ma di tecnici inquirenti manco l’ombra.
 Piera Serusi
 
 



LA NUOVA SARDEGNA

8 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 15 settembre 2015 / Sardegna - Pagina 6
Giovedì si aprono i lavori a Cagliari nell’aula magna Maria Lai
UN CONVEGNO SULLE PARI OPPORTUNITÀ
CAGLIARI Un convegno sulle pari opportunità “Sui generis 2015”, curato dagli Ordini di medici, avvocati e psicologi, che coinvolge l’ateneo e le istituzioni pubbliche. Ai lavori prendono parte, tra gli altri, il rettore Maria Del Zompo, gli specialisti Monica Toraldo di Francia, Gian Luigi Gessa, Marisa Marrosu, Roberto Pirastu, Gianni Monni, gli assessori regionali della sanità, della cultura e del lavoro Luigi Arru, Claudia Firino e Virginia Mura. I lavori del convegno si aprono giovedì 17 nell’aula “Maria Lai” - facoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche - e si chiudono sabato 19 settembre. I diritti delle donne (maternità, ricerca, cultura e lavoro), la violenza (autori, nell’adolescenza), con particolare attenzione ai rapporti che li legano all’etica, sono al centro dei lavori. In scaletta relazioni, interventi, tavole rotonde con la partecipazione di un centinaio di specialisti. La tre giorni di "Sui Generis" verrà trasmessa in streaming.
 
 
 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 15 settembre 2015 / Sardegna - Pagina 5
I sardi sono un popolo di bassi? La colpa è tutta del loro Dna
LA RICERCA A rivelarlo è uno studio sui geni degli abitanti dell’Ogliastra svolto dai ricercatori del gruppo SardiNia: tra le 700 varianti genetiche ne sono state individuate 2 in grado di ridurre l’altezza di 4 e 2 centimetri
di Andrea Massidda
SASSARI Che rispetto alle altre popolazioni europee i sardi non brillino per la loro statura è sotto gli occhi di tutti. Così come - per quanto con il sopraggiunto benessere la tendenza a restare bassi si sia invertita e da almeno quarant’anni si cresce anche da queste parti - l’esperienza insegna che molto difficilmente da genitori di un metro e sessanta nascono figli giganti. Ma ora uno studio sul Dna degli abitanti dell’Ogliastra, condotto dai ricercatori del gruppo SardiNia (ProgeNia), coordinato dal direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr, Francesco Cucca, rivela alla comunità scientifica internazionale molto di più: tra le 700 varianti genetiche scoperte in precedenza, nei sardi ne sono infatti state individuate due in grado di ridurre l’altezza rispettivamente di 4 e 2 centimetri. L’effetto isola. Un arricchimento sistematico e non casuale, lo definiscono gli esperti, «che - come spiega la ricercatrice dell’Irgb-Cnr Magdalena Zoledziewska - indicherebbe un vantaggio selettivo per la bassa statura nei sardi, ma soprattutto rappresenta il primo esempio nella specie umana del già noto effetto dell’isola, secondo cui i mammiferi tendono a diventare più piccoli dopo centinaia di generazioni trascorse in ambiente insulare». Il risultato di questa importante ricerca sui geni in grado di ridurre l’altezza, scoperti insieme ad altri che regolano l’emoglobina e i livelli del colesterolo e di altri lipidi nel sangue, è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature genetics”, che ha dato ampio spazio allo studio del team di SardiNia dedicando agli argomenti tre differenti articoli e un editoriale. Lo studio. Il gruppo che studia il modo in cui caratteri ereditabili del Dna influenzano i parametri biomedici sull’isola più fertile per la genetica, ossia la Sardegna, ha analizzato quasi 17 milioni di varianti genetiche in uno studio che ha coinvolto oltre 6.600 volontari provenienti da Lanusei, Arzana, Ilbono ed Elini. «Abbiamo sequenziato l’intero genoma di 2.120 individui provenienti dai quattro paesi dell’Ogliastra - precisa il ricercatore Carlo Sidore -, sempre usando approcci di caratterizzazione molecolare ad altissima risoluzione e modelli statistici per predire le sequenze genomiche in un numero più ampio di individui, nel nostro caso i 6.600 volontari dello studio firmato SardiNia». Le varianti genetiche. Uno studio certosino che ha portato a questo risultato: «Identificare due varianti genetiche con forte impatto sull’altezza della popolazione sarda, in maniera cioè molto più sensibile rispetto alle variazioni di circa 0.3 centimetri tipicamente apportate da ciascuna delle circa 700 varianti già conosciute» chiarisce Francesco Cucca, che insegna Genetica medica all’Università di Sassari. Basso è bello. Ma al di là degli aspetti squisitamente tecnici, la ricerca svela anche un particolare curioso: se in Sardegna da millenni sono presenti le due varianti genetiche capaci di abbassare la statura, significa che queste si sono selezionate come se ci fosse un vantaggio a essere bassi. Il che ribalta molti luoghi comuni. «La nostra ipotesi – conclude Cucca – è che in un’isola dalle risorse limitate potessero sopravvivere più facilmente gli individui con minori esigenze nutrizionali».
 
 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 15 settembre 2015 / Alghero - Pagina 31
UNIVERSITÀ >> FACOLTÀ DI ARCHITETTURA
Il progetto del Padiglione Sardegna realizzato dallo staff del Santa Chiara
EXPO 2015, LE ARCHISTAR STAVOLTA SONO DI ALGHERO
Allo studio hanno collaborato i colleghi di Ingegneria ambientale di Cagliari
di Gianni Olandi
ALGHERO Il padiglione dell’Expo 2015, dello Spazio Sardegna voluto dalla Regione, si avvale di un progetto di ricerca integrato nel campo della comunicazione visiva e dell’exhibit design prodotto da un gruppo di docenti, ricercatori e laureati della facoltà di architettura dell’università di Sassari in collaborazione con i colleghi del dipartimenti di ingegneria ambientale dell’ateneo cagliaritano. Progetto realizzato su incarico della Regione. Dopo l’inaugurazione dello spazio Sardegna avvenuta l’11 settembre, il progetto è entrato ora nella sua fase operativa e troverà proprio all’Expo il suo banco di prova. I contenuti interessano la grafica, allestimenti, video e animazione, web, le interazioni social e la specificità locale. L’obiettivo è quello di creare un ulteriore appeal alla comunicazione istituzionale della Regione per i prossimi anni. A proposito di contenuti ha destato apprezzamento i brevi filmati progettati per far parte dell’allestimento dello spazio Sardegna a Expo e per animare la web app (http://www.sardegna-expo2015.it/) associata al progetto, creati dal laboratorio “animazionedesign” del dipartimento di Architettura dell’università di Sassari. Il percorso di studio e progettazione pensato per lo spazio Sardegna all’Expo di Milano che ha già suscitato favorevoli commenti e fornito preziose indicazioni sul fronte della comunicazione e sulla qualità delle progettualità, sarà raccontato sabato alle 21.30 nella sala conferenze de Lo Quarter, nell’ambito delle serate pubbliche della Scuola estiva Neo-Local Design. Serate che stanno per concludersi anche in vista dell’ormai imminente ripresa dell’attività didattica nel complesso di Santa Chiara. E a proposito del ritorno nelle aule che si affacciano sui bastioni aragonesi, da segnalare che la facoltà di architettura ha registrato quest’anno un numero inferiore al passato di preiscrizioni e di studenti che si presentano alle selezioni. Un fenomeno che peraltro ha caratterizzato tutti gli atenei italiani e tutte le facoltà, a conferma del perdurare di una crisi complessiva che non risparmia evidentemente le iscrizioni universitarie. Per quanto riguarda la consistenza numerica degli allievi di Architettura, sarà praticamente identica a quella dello scorso anno.
 
 

11 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 15 settembre 2015 / Lettere e commenti - Pagina 17
L’OPINIONE
Una riforma che penalizza la sanità del nord-ovest dell’isola
Nella riorganizzazione della Rete Ospedaliera della Sardegna sono state individuate, in base all’articolazione geografica e alla distribuzione della popolazione, due aree, Nord-Ovest e Sud-Est, dove prevedere un presidio di II livello ( Hub ) e cinque aree (Spoke) dove individuare Ospedali di I livello e Ospedali di Base. In base a questa articolazione le sedi dei due Hub e cioè le strutture ospedaliere ad alta complessità in grado di erogare prestazioni di eccellenza, sono rispettivamente l’Aou di Sassari con incorporato l’Ospedale SS Annunziata e l’Azienda Brotzu di Cagliari. Essendo due Hub di livello regionale dovrebbero erogare le stesse prestazioni. Purtroppo non è cosi. Il territorio del Nord-Ovest viene penalizzato nelle attribuzioni di competenze sia per quanto riguarda l’Aou, sia per quanto riguarda gli Ospedali del territorio che vengono entrambi declassati, Alghero e Ozieri, a Ospedali di Base. Nell’Aou di Sassari, cosa gravissima, viene cancellata la chirurgia pediatrica, che nel contempo viene attivata con 11 posti letto nel Nord-Est (Mater- Olbia). La Chirurgia Pediatrica, per la tipologia di interventi che deve eseguire, deve far parte del Dipartimento Materno-Infantile in quanto alcune patologie neonatali non consentono il trasporto del neonato (per es. ernia diaframmatica neonatale), ma devono essere operate nella stessa struttura ospedaliera. Non viene previsto nessun posto letto per la Chirurgia Toracica. Non viene prevista la Breast-Unit, che è una unità operativa che si occupa di chirurgia della mammella, a fronte di circa 260 interventi all’anno che vengono effettuati nell’Aou di Sassari. L’Ospedale Businco di Cagliari diventa Hub di riferimento regionale per le neoplasie. Non viene previsto il Pronto Soccorso Pediatrico e vengono cancellati i posti letto dedicati all’oncoematologia pediatrica. Mentre l’Hub di riferimento regionale per la pediatria è dislocata a Cagliari, dove si concentrano l’offerta assistenziale e le competenze super specialistiche. Non viene menzionata la Cardiologia Pediatrica, già funzionante a Sassari da più di un anno e ormai centro di riferimento per il Centro-Nord-Sardegna. Gli Ospedali del Nord-Ovest sono tra i più penalizzati della Sardegna. Quelli di Alghero e Ozieri vengono classificati come Ospedali di base dove sono previste solo alcune specialità. Per fare un esempio l’Ospedale di Alghero perderebbe il centro immunotrasfusionale con tutto quello che ne consegue. Da ciò emerge un netto ridimensionamento delle strutture sanitarie di questo territorio, ad iniziare dalla costituenda nuova Azienda Ospedaliero-Universitaria, che individuata sulla carta come Hub regionale, non lo è nelle strutture e nei servizi previsti. Ad essere penalizzati non sono solo i pazienti, che saranno costretti a rivolgersi ad altre strutture della Regione ed anche extra - regione, ma anche gli studenti della Facoltà di Medicina e i medici in formazione che non potranno avere una preparazione adeguata , paragonabile a quella offerta da altre Facoltà Mediche. Se questo progetto dovesse andare in porto, continueremo ad assistere ad un progressivo ed inesorabile impoverimento di questo territorio sia dal punto di vista dell’offerta sanitaria, ma anche di quella culturale e formativa, che porta come conseguenza una minore attrazione per gli studenti, che sono poi la linfa vitale per una città universitaria come Sassari. Quanto proposto dalla giunta regionale non è immutabile. È compito delle forze politiche, dell’Università, dei Comuni, della Provincia, dei sindacati, dei cittadini, dei pazienti, degli studenti e soprattutto dei Consiglieri Regionali del Territorio che dovranno approvare la legge in Consiglio, far sentire alta la loro voce contro questa impostazione.
Mario Pala, Consigliere Comunale di Sassari del PD
 
 
 

12 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 15 settembre 2015 / Cultura e spettacoli Pagina 33
L’INTERVISTA>> ANTONIO BISACCIA
Il direttore fa il punto sulle prossime attività culturali e didattiche dopo gli accordi con la Provincia e il Comune di Sassari
«COSÌ RILANCIAMO IL RUOLO DELL’ACCADEMIA»
di Costantino Cossu
SASSARI Per l’Accademia di Belle Arti il prossimo anno accademico sarà fitto di novità. Per molti versi, una svolta. Ne abbiamo parlato con il direttore, Antonio Bisaccia. Innanzitutto l’Accademia gestirà nuovi spazi: il Masedu e l’ExMa, che vi sono stati affidati il primo dalla Provincia e il secondo dal Comune. Che cosa ne farete? «Nel caso del Masedu, che da da ora in poi si chiamerà Mas.Edu, è previsto un progetto articolato in cui didattica, produzione e ricerca – con i dipartimenti di arti visive, grafica d’arte, nuove tecnologie e scenografia – s’interfacceranno con un programma internazionale di residenze d’artista e con una “utenza” allargata anche a un’idea di servizio per la comunità (non necessariamente strutturata come lo sono gli studenti). Pensiamo – tra le altre cose – anche a scuole estive per bambini, pensionati o amanti della pratiche artistiche e a connessioni con il tessuto sociale del territorio. Il Mas.Edu, per la sua nuova caratura educational sarà non solo un centro di ricerca ma anche dispositivo aperto al territorio con servizi anche per i cittadini. Vorremmo che diventasse il braccio social dell’attività dell’Accademia e cuore pulsante degli eventi culturali e artistici della città e della regione». L’Ex-Ma, invece? «La prima iniziativa sarà l’attivazione della Scuola di restauro in materiali lapidei. La cosa più importante, dal punto di vista del rapporto col mondo del lavoro reale, è che i diplomati della Scuola, che in base a uno specifico decreto ministeriale ottengono la qualifica di “Restauratore di beni culturali", svolgeranno attività professionali in diversi ambiti nei campi della conservazione, della manutenzione delle opere d’arte e del loro restauro, in contesti pubblici e privati ed in ogni altro settore in cui si renda necessario l’intervento della specifica figura professionale, quali sovrintendenze, musei, biblioteche, archivi, aziende e organizzazioni professionali operanti nel settore del restauro e della tutela. I diplomati potranno quindi assolvere incarichi operativi, di progettazione e di realizzazione dei restauri, nonché di direzione dei lavori. E potranno, accedere a master, specializzazioni e dottorati e lavorare nel campo della ricerca. Potranno, infine, insegnare le discipline del restauro nelle Scuole di alta formazione, nelle Accademie e nelle Università». E l’integrazione con il resto del territorio? «La scelta di far nascere a Sassari un Scuola per restauratoritrova conforto nella presenza nel Sassarese di diversi soggetti e di diverse linee istituzionali legate alla conservazione dei beni culturali: dal gabinetto di restauro della Soprintendenza ai Beni ambientali, architettonici, artistici e storici all’Università degli Studi di Sassari, fino alla realtà del Centro di restauro e conservazione dei beni culturali di Li Punti, complesso operativo di eccellenza vocato per i beni archeologici. Nello stesso tempo la Scuola di restauro può stabilire rapporti con il dipartimento di Architettura e con Nesiotika, la Scuola di specializzazione in Beni Archeologici gestita dall’Università e dal Consorzio Consorzio Uno di Oristano». C’è altro dentro la convenzione con il Comune? «Sì. Molto importante sarà, quando grazie alla convenzione potremo utilizzare i laboratori per la scenografia all’interno del nuovo Teatro Comunale, l’apertura del biennio di secondo livello in “Progettazione plastica e costume per lo spettacolo”, che darà vita all’idea di offrire al territorio una sorta di “service”, con tre obiettivi: la realizzazione di elementi plastici per la scenografia teatrale, televisiva e cinematografica; la nascita di un’attrezzeria specializzata nel settore; l’ampliamento dei laboratori di costume per lo spettacolo». E sul versante delle nuove tecnologie ? «Questo è un terreno che – tra cinema, new media e grafica – può diventare un crocevia per lo sviluppo delle nuove professioni, facendo sistema con le professionalità presenti nel territorio (alcune delle quali già collaborano con l’Accademia). Una delle nuove iniziative sarà il biennio di secondo livello in “Cinematografia e fotografia documentaria”, che prenderà vita anche a Nuoro. Da un punto di vista etno-antropologico, c’è molto da fare, in Sardegna, nell’ambito del documentario». Con Provincia e Comune un buon rapporto. E con la Regione? «Spero che la Regione prenda formalmente atto che c’è un’Accademia che opera nel suo territorio. Finora non lo ha fatto. L’assenza di finanziamenti specifici da parte della Regione è stata non solo un danno grave, ma anche un fatto incomprensibile. Confido nella sensibilità culturale dell’attuale governo regionale per superare quest’assenza e dare vigore a un settore della cultura in grado di produrre didattica, ricerca e lavoro. Noi, da un punto di vista progettuale, abbiamo acquisito dal Ministero per l’Università e la Ricerca – oltre alla Scuola di restauro – tutta una serie di non facili autorizzazioni per i bienni di secondo livello (ben 7 bienni), grazie alla qualità dei progetti presentati. Ora si tratta di trovare le sinergie giuste per riuscire ad attivarli tutti e per consentire agli studenti sardi di concludere nell’isola i loro studi, senza essere costretti ad emigrare verso altre Accademie in continente».
 



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Link: rassegna stampa MIUR

 

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