UniCa UniCa News Rassegna stampa Martedì 1 settembre 2015

Martedì 1 settembre 2015

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 settembre 2015
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di martedì 1 settembre 2015 / Prima pagina
 



L’UNIONE SARDA

2 - L’UNIONE SARDA di martedì 1 settembre 2015 / Cronaca di Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
Industriale Giua, studenti premiati
Giulia Rubini per la sede di Assemini e Emanuele Lai per la sede di Cagliari sono i due studenti scelti tra i meritevoli delle classi Quarte dell’Istituto tecnico industriale Giua per trascorrere una settimana presso il “Sardinia Radio Telescope” facendo esperienza diretta del mondo della radioastronomia. «Riproducendo i diversi aspetti che caratterizzano un processo scientifico e progettuale alla base di una vera missione astronomica», sottolinea una nota dell’Istituto tecnico, «verranno accompagnati in un percorso didattico, metodologico e orientativo unico nel suo genere. Durante la scuola estiva, che si svolgerà fino al 5 settembre, gli studenti avranno quindi non solo la possibilità di lavorare a stretto contatto con scienziati, ingegneri e ricercatori provenienti dall’Università di Milano e dall’Inaf-Osservatorio astronomico di Cagliari, ma anche il piacere di confrontarsi con ragazzi di altre scuole. Il progetto prevede la partecipazione di 24 studenti provenienti dalla Sardegna e dalla Lombardia».
L’Istituto Giua, partner sostenitore di borse di studio, ha offerto per il secondo anno consecutivo la possibilità a due suoi studenti di partecipare alla scuola estiva “La radio del cosmo - alla scoperta dei radiotelescopi e dell’Universo invisibile”. Questa scuola nasce nell’ambito di un progetto di collaborazione scientifica fra il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano e l’Inaf-Osservatorio astronomico di Cagliari (Oac), denominato “Sviluppo di tecnologie avanzate nel radio e nelle microonde”.
 


LA NUOVA SARDEGNA

3 – LA NUOVA SARDEGNA di martedì 1 settembre 2015 / Prima pagina
GIOVANI, LA GRANDE FUGA DALL’ISOLA
Nel 2014 sono andati via in 7200: tanti hanno laurea e diploma in tasca, età media 33 anni
Mete più gettonate Germania e Inghilterra. Ristorazione e informatica settori preferiti. PAGG. 2 E 3
 
LA NUOVA SARDEGNA di martedì 1 settembre 2015 / Pagina 2
FUGA DALL’ISOLA  Giovani, valigia per 7mila
Laureati o diplomati, cercano lavoro all’estero. Alcuni fanno fortuna
È il “traguardo” il momento più difficile. La laurea in tasca, complimenti, soddisfazione, pacche sulle spalle, tutta la vita davanti. Il salto nel vuoto per molti ha un atterraggio morbido. Si fa fatica, ci si arrangia, a volte ci si accontenta. Maspesso la realizzazione arriva, il lavoro dei sogni c’è, è lì, basta prenderlo. Per molti altri no. La storia non ha un lieto fine, almeno non a casa propria. Il lavoro non si trova e gli studi fatti, la fatica sui libri, non vengono ripagati. Dopo qualche anno di attesa, tentativi, a volte calci in faccia, ecco la decisione. Via dall’isola, lontano, in cerca di un futuro. Fuga di braccia e fuga di cervelli, che spesso altrove mettono su casa e famiglia. E in Sardegna ritornano solo per le vacanze. L’anno scorso 7200 sardi sono andati via. E tra loro la stragrande maggioranza sono giovani, perché l’età media è 33 anni. Tutti hanno capito che la laurea non è il traguardo. È solo l’inizio.
Ragazzi con la valigia. Molti vanno via dalla Sardegna delusi per non essere riusciti a realizzarsi nella loro terra. Altri sono certi di tornare, dicono che l’esperienza all’estero li aiuterà a farsi valere, un domani, in casa propria. Altri ancora non fanno programmi: partono e basta, vogliono mettersi alla prova, camminare da soli su gambe sinora fragili. Portano con sé qualcosa di molto prezioso, la chiave – sperano – per aprire le porte giuste.
Cultura sopra la media. Quasi tutti hanno un titolo di studio, laurea o diploma, da mettere sulla bilancia. Perché devono costruirsi un futuro ma sono anche fieri del loro passato. Il dato è significativo: il 35 per cento ha una laurea, spesso seguita da master, di più – circa il 40 per cento – ha studiato sino al diploma o comunque sino a conseguire una qualifica, un attestato. Di meno, più o meno il 25 per cento del totale, dopo la scuola media ha deciso di mollare gli studi per lavorare subito: questi ragazzi sono i primi a rendersi conto che portare a casa uno stipendio – anche piccolo – può essere complicatissimo.
Le aspettative. C’è chi parte senza una idea precisa e chi sa già come muoversi e cosa andare a cercare. I laureati vogliono mettere a frutto i loro studi, anche i diplomati puntano a fare valere la qualifica conquistata. Gli altri si accontentano, qualunque impiego può andare bene, almeno per iniziare. Poi chissà che succede. Racconta Sara, di Sassari, da 2 anni a Londra insieme al fratello: «Io ho un diploma, ho studiato all’Alberghiero, mio fratello ha solo la licenza media. Entrambi lavoriamo in un grande fast-food. Ci pagano bene, lo stipendio è sufficiente per pagare l’affitto di una casa insieme ad altri giovani. In Sardegna mi dovevo arrangiare, lavoravo solo pochi mesi all’anno e dovevo ancora dipendere dai miei. Qui è più semplice, ci sono molte più opportunità. Per ora va bene così, un domani non so ma non mi piace fare troppi programmi». Aggiunge Nicola, oristanese, anche lui a Londra dove lavora come medico da cinque anni. «Sono riuscito a trovare un ottimo posto. Un bel lavoro, quello per cui ho studiato, all’interno di una bella squadra. Casa mia mi manca, ma tornerei nell’isola se mi offrisse almeno quello che ho qui».
Gli impieghi. È curioso come l’inizio sia più o meno lo stesso per tutti. A parte chi va sventolando un contratto o per fare un tirocinio in un’azienda o in un ente pubblico, la maggior parte dei giovani emigrati dopo qualche giorno si ritrova dietro il bancone di un bar o a servire ai tavoli di un ristorante. Sono questi i settori nei quali è più facile essere presi in considerazione e che danno la possibilità, a chi cerca qualcosa di meglio, di temporeggiare e guardarsi intorno. Il dato che deve fare riflettere è soprattutto un altro. Chi ha un titolo di studio, magari accompagnato da master e qualifiche varie, fatica molto meno a dare un senso al percorso scelto. Sono tanti i medici e gli infermieri sardi negli ospedali tedeschi e inglesi, molti gli ingegneri informatici che hanno trovato un impiego nel settore dell’alta tecnologia. Altro che Sardegna culla del digitale: forse c’è più di qualcosa da rivedere.
 
 

LA NUOVA SARDEGNA

4 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 1 settembre 2015 / Pagina 3
I racconti di chi è andato via, per scelta o perché costretto
UN SALTO NEL VUOTO PER NON RINUNCIARE AI PROPRI SOGNI
La voglia di tornare a casa si scontra con le ambizioni
SASSARI Guadagna 1400 euro mance comprese, serve ai tavolini di un bar e intanto mette da parte soldi e riordina le idee. Giacomo Cambus, 27 anni, in Germania ormai è di casa. A Marburg, 100 chilometri da Francoforte, ha vissuto otto mesi a cavallo tra il 2013 e il 2014. Poi è rientrato in Sardegna, nella sua Senorbì, per completare gli studi. Si è laureato a Cagliari, facoltà di Giurisprudenza, e ha subito rifatto la valigia. Destinazione ancora Marburg, ottantamila abitanti o poco più, celebre perché sede di una importante università e vari centri di ricerca tra cui la branca di microbiologia dell’Istituto Max Planck. «Il 40 per cento della popolazione è costituito da studenti», racconta Giacomo. Che nel grande campus ha deciso di tornare per mettersi alla prova. «È una sfida con me stesso – spiega – voglio continuare a studiare e specializzarmi per trovare in Germania quel lavoro che quasi certamente nell’isola non avrei». Ad aspettarlo per ora c’è il lavoro al bar, poi quasi certamente il trasferimento a Kassel, quasi 200mila abitanti, nell’area centro occidentale. «Lì studierò economia e diritto tributario, per questo devo mettere i soldi da parte. La sola laurea in giurisprudenza non basta neppure lì ma specializzandomi avrei molte più possibilità. La Sardegna mi manca per tanti motivi, anche per il cibo: qui fa quasi tutto abbastanza schifo. Tra pasta squagliata e sugo acido i primi 6 mesi ho perso 10 chili. Il cibo italiano se lo sognano». Ma per molte altre cose, per esempio l’evasione fiscale praticamente inesistente, «stanno cento passi avanti all’Italia». Se Giacomo per ora non pensa di rientrare in Sardegna, c’è chi invece è già tornato. Marco Sideri, 30 anni, esperienze all’estero ne ha fatte due. Dopo la laurea in Economia è partito per Manchester, Regno Unito. «Il master è durato un anno. Poi sono tornato alla base», racconta Marco. Un altro anno trascorso tra Ussaramanna, il suo paese, e Cagliari, tra contratti vari e parecchia precarietà. Poi l’occasione presa al volo, senza pensarci troppo per paura di cambiare idea: tirocinio di tre mesi alla Camera di Commercio, destinazione Adelaide, sud dell’Australia, un altro mondo. «La sede l’ho scelta io – dice Marco – ho pensato: in Australia o vai in viaggio di nozze o quando ti ricapita nella vita?». La borsa di studio di 1000 euro al mese, il tanto per vivere, e un’esperienza umana e professionale importante: «Curavo i rapporti commerciali tra aziende australiane e italiane, soprattutto nel settore dell’agroalimentare. Gestivo le pratiche di chi voleva esportare i prodotti o, dall’Italia, aprire un’attività in Australia. Qui c’è molta meno burocrazia, le imprese nascono in un giorno, non c’è un lungo elenco di autorizzazioni da ottenere. È più semplice inventarsi un lavoro». Anche gli stipendi sono molto più alti: «La vita costa il doppio rispetto all’Italia ma gli stipendi sono il triplo rispetto ai nostri: un cameriere può guadagnare 3500 euro». Anche il mondo della sanità è meno complicato: «Ho avuto bisogno di rivolgermi a un medico, ho speso circa 50 euro. Il giorno dopo sono andato in un ufficio simile alle nostre Asl e la somma mi è stata rimborsata allo sportello. Non credevo ai miei occhi». Dopo i tre mesi Marco è tornato in Sardegna. Tre anni da ricercatore all’Università, poi la creazione di una start up che si occupa di statistica applicata, raccolta ed elaborazione dati. Va benino. Anche su un altro fronte: il 31 maggio Marco Sideri è diventato sindaco di Ussaramanna. E l’Australia? «Resta nel cuore, ma qui si sta meglio». (si. sa.)
 
 
 

La Nuova Sardegna di martedì 1 settembre 2015LA NUOVA SARDEGNA

5 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 1 settembre 2015 / Pagina 2
CALO DEMOGRAFICO, EMORRAGIA CONTINUA
Soltanto Cagliari e Olbia-Tempio crescono ma soprattutto grazie all’arrivo di stranieri
SASSARI Non è solo il saldo, quasi sempre negativo, tra nati e morti. Ci sono anche i tanti giovani in partenza all’origine del calo demografico della Sardegna. Perché fra tanti che fanno la valigia, ce ne sono parecchi che nell’isola non tornano più. Il viaggio diventa qualcosa di più di un’esperienza all’estero: chi trova lavoro spesso resta lì, soprattutto se l’impiego è attinente con il percorso di studi o la formazione professionale. A quel punto la Sardegna può diventare un ricordo, la terra d’origine che non riesce a soddisfare le ambizioni dei suoi figli. I 7200 – per la stragrande maggioranza giovani – che secondo le rilevazioni delle Acli hanno lasciato la Sardegna nel 2014, si innestano in un quadro demografico allarmante. Nell’isola molti paesini sotto i 5mila abitanti sono a rischio estinzione, per alcuni l’estrema unzione è prevista entro i prossimi 20 anni. Il motivo è semplice: i giovani vanno via, non nascono più bambini, la popolazione è sempre più anziana. L’anno scorso, considerando il saldo naturale (la differenza tra nati e morti) e il saldo migratorio (la differenza tra i residenti acquistati e quelli persi), la popolazione dell’isola è diminuita di 573 unità. Crescono soltanto due province: Cagliari, con +1098 residenti e l’ormai ex Olbia-Tempio, con +1432. In tutte le altre vince il segno meno: Sassari -382, Oristano -368, Nuoro -567, Carbonia-Iglesias -694, Medio Campidano -535 e Ogliastra -57. In un quadro simile, a rendere meno drammatica la situazione sono gli stranieri, che compensano in parte la situazione: nel 2014 sono stati 45.079 i cittadini provenienti dall’estero che hanno deciso di stabilirsi in Sardegna, 2920 in più rispetto al 2013. A patire maggiormente all’interno del territorio regionale il calo demografico sono i piccoli paesi, nel mirino costante di politiche di tagli – regionali e statali – che comportano eliminazione di servizi e accorpamento con centri più grossi. Per evitare che il quadro si esasperi ulteriormente, è necessario mettere in campo strategie in controtendenza: lo sostengono le Acli che a breve presenteranno un progetto sperimentale che coinvolgerà numerosi piccoli comuni dell’isola. L’obiettivo è rallentare l’emorragia con strumenti che frenino la fuga, soprattutto dei più giovani.
 
 


QUOTIDIANI NAZIONALI
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