Domenica 14 giugno 2015

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 giugno 2015

RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL'UFFICIO STAMPA DELL'ATENEO


L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 6 - Edizione CA)
«La Regione ha negato un diritto»
L'INTERVISTA. Il rettore dell'ateneo di Cagliari Del Zompo: i contratti sono da raddoppiare
 
Rettore Maria Del Zompo, insieme all'assessore Paci avevate annunciato una soluzione per il finanziamento delle borse di studio. Cosa è andato storto?
«Gli uffici regionali hanno verificato che i fondi aggiuntivi europei non sono utilizzabili per finanziare queste particolari borse di studio».
Facciamo un passo indietro: come mai le borse di studio non sono state finanziate dalla Regione con la Finanziaria?
«Sui motivi del mancato stanziamento credo sia più corretto sentire la Giunta».
Gli assessori si sono scaricati la responsabilità a vicenda.
«Dovete chiedere a loro».
C'è la possibilità di far rettificare il bando del ministero e inserire le borse regionali?
«La richiesta di rettifica del bando del Ministero, che l'ateneo auspica, è di competenza dell'assessore regionale alla Sanità. Noi l'abbiamo chiesta».
La Cisl vi chiede di intervenire.
«Fin da subito abbiamo incontrato il comitato degli aspiranti specializzandi, e ci siamo mossi per fare quanto possibile. Ma il problema risale ad un periodo in cui non ero ancora rettore».
Cosa potete fare ora?
«Nell'assemblea coi medici abbiamo sostenuto la richiesta di raddoppiare il numero delle borse previste per l'anno prossimo. Lo chiederò formalmente all'assessore competente, alla giunta e al consiglio regionale».
L'assessore al Bilancio Raffaele Paci ha detto: il problema è che i nostri laureati non riescono a entrare nelle graduatorie nazionali. È d'accordo?
«I nostri laureati entrano nelle graduatorie nazionali, in varie posizioni, come è naturale. Il problema è dato dal rapporto tra posti disponibili e partecipanti. Chi resta fuori non rimane fuori perché non sa, ma perché non ci sono i soldi delle borse di studio a cui avrebbe diritto».
M.R.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 6 - Edizione CA)
Medici, il grande pasticcio
A gennaio Arru scrisse a Paci: «I soldi non bastano»
SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE. Borse di studio, chiesto un incontro con Pigliaru
 
A gennaio, mentre la legge Finanziaria è ancora tutta da discutere e approvare, l'assessore alla Sanità Luigi Arru scrive al collega del Bilancio Raffaele Paci per lanciare l'allarme: il capitolo di spesa per le scuole di specializzazioni mediche è di 6,9 milioni di euro, sufficienti solo «per le sole borse di studio da pagare a regime», cioè per i contratti già in corso. «La previsione così formulata», avverte Arru, «non consente comunque nel corso del 2015, il finanziamento di ulteriori borse da parte della Regione per l'annualità 2014-2015». Dunque: l'assessorato al Bilancio conosceva il problema. Ma poi a marzo, quando il Consiglio regionale ha approvato la Finanziaria, nessuno ha inserito i soldi necessari per pagare i contratti dei nuovi specializzandi.
LA LEGGE INUTILE Eppure poco dopo, a maggio, l'aula ha approvato in fretta e furia una legge per garantire i giovani medici sardi e riservare a loro le borse di studio regionali. Per accedere ai contributi è necessario essere residenti nell'Isola «da almeno cinque anni alla data della richiesta di assegnazione del contratto di formazione» oppure serve un «diploma di laurea in medicina e chirurgia in un uno degli atenei presenti in Sardegna, ovvero Sassari o Cagliari». Legge inutile, almeno per il 2015.
ORDINE DEI MEDICI Intanto tutti gli ordini dei medici della Sardegna hanno chiesto un incontro urgente al governatore Francesco Pigliaru. L'obiettivo è quello di avere una rettifica in extremis del bando ministeriale. L'assenza dei contratti regionali è «una notizia che allarma i neolaureati», spiega il presidente dell'Ordine di Oristano Antonio Sulis, «e mortifica il valore dei giovani dell'Isola che sempre più spesso e in maggior numero sono costretti a recarsi all'estero per raggiungere quelle specializzazioni che l'Italia sta negando».
IL SINDACATO Il pasticcio sulle scuole di specializzazione ha provocato anche la reazione della Cisl Università regionale, che chiede un intervento dei rettori: «Gli atenei di Cagliari e Sassari devono rompere il silenzio sulla politica occupazionale della Regione, che chiude le porte ai laureati e finanzia la formazione culturale per i giovani che emigrano». Il sindacato se la prende con le dichiarazioni dell'assessore Paci: «Il riferimento ai licenziamenti dei lavoratori Multiss», in relazione alla mancanza di risorse economiche, «innesca una guerra tra poveri. Tra gli aspiranti specializzandi ci sono giovani provenienti da famiglie in forte difficoltà economica, con i genitori in cassa integrazione, mobilità o anche disoccupati».
Michele Ruffi
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 6 - Edizione CA)
Un grave errore della Giunta
Quegli assegni sono fondamentali
Raimondo Ibba*
 
Sfugge ai sapienti universitari della nostra Giunta Regionale che l'acquisizione di una specializzazione in medicina non è un'aggiunta alla laurea in medicina ma bensì il suo naturale, conclusivo e irrinunciabile completamento. A nulla serve la laurea se non è completata da una specializzazione, perché nessun laureato in medicina può essere utilizzato, può di fatto fare il medico, se non è specialista in una disciplina specifica, perché non potrà mai trovare spazio professionale ne nel sistema pubblico ne in quello privato.
Il taglio dei fondi alle borse di specializzazione è perciò una stoltezza "bis valida", perché rende inutili anche i sacrifici degli studenti e i costi economici sostenuti per conseguire la laurea. Insomma, senza specializzazione la laurea diventa inutile e ai laureati si prospetta un futuro impercorribile. A che pro allora far laureare in medicina ogni anno in Sardegna 250-300 studenti quando poi solo poco più della metà possono completare il loro percorso formativo con la specializzazione? A che pro spendere anche i soldi necessari per laurearli già sapendo che quasi la metà finiranno nel bidone della spazzatura delle cose inutili?
Nel silenzio più totale del presidente Pigliaru, il vice presidente della giunta sottrae le competenze all'Assessore della Sanità rivelando tutta la sua vasta non conoscenza dell'argomento. Come se non bastasse giustifica la scelta con la tutela dei lavoratori «della Multiss che verranno licenziati tra qualche settimana». Mettere in competizione tra loro due diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti, come il lavoro e lo studio, ci sembra una cosa più bieca che stolta. A parte che tutto ciò tradisce il senso più qualificante con cui il presidente Pigliaru ha costruito questa giunta; viene da chiedersi come mai tali preoccupazioni non siano emerse al momento della garanzia alla Qatar Foundation quando le sono stati garantiti fino a 55 milioni di euro anno per il suo ospedale, soldi destinati tutti alle tasche dell'emiro. Dice il professor Paci che i nostri laureati non sono competitivi. Anche su questo aspetto mostra tutta la sua siderale distanza dal mondo della medicina. I nostri laureati sono molto competenti sia sugli aspetti tecnici che in quelli non tecnici, ma non possono pensare di esser primi tra decine di migliaia di partecipanti al concorso nazionale invece che tra poche migliaia. Una cosa è concorrere tra mille, altra cosa concorrere tra diecimila Forse Paci è stato troppo all'interno dei santuari accademici e poco tra le persone, per le strade, nella vita reale di questa Regione. È notorio che Paci sia un ottimo docente nella sua materia ma ci sembra di capire che perdendo un bravo docente non abbiamo guadagnato un assessore regionale altrettanto blasonato.
* presidente dell'Ordine dei medici
della provincia di Cagliari
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
La difficile settimana politica
Undici domande in undici tweet
Anthony Muroni
 
È stata un'altra dura settimana e a stare appresso a tutto e tutti c'è il rischio di andare fuori giri. Meno male che esiste il Twitter-style: con la scusa di stare in 140 caratteri, possiamo provare a chiedere clemenza per la lapidarietà dei concetti. Proviamoci un po'.
Rifugiati. Chi lo dice che mettere in dubbio un sistema di accoglienza nel quale proliferano corruzione e sfruttamento equivalga a essere razzisti?
Razzismo. Chi ci autorizza a lavarci la coscienza, scordando umanità e dovere all'assistenza, con la scusa di combattere corruzione e sfruttamento?
Indennizzi. Perché c'è qualcuno che deve vivere sulle spalle dell'occupazione militare della Sardegna, fingendo di svolgere l'attività di pescatore?
La pesca. Perché arrivare a vendersi terra, mare e dignità è più conveniente di provare a lavorare valorizzando la nostra terra e il nostro mare?
Università. Perché la Regione dice di aver finanziato le borse di studio per gli specializzandi sardi e poi tocca ai giornali scoprire che non è vero?
Preparazione. Perché un assessore regionale, principale collaboratore dell'ex prorettore dell'Università, dice che gli studenti sardi sono scarsi?
Servitù. Perché ci sono presunti indipendentisti che pensano di poter scardinare il sistema andando in 30 a smuovere le reti di una base militare?
Sovranità. Perché nessuno dei presunti indipendentisti di lotta e di governo fa del tema della sovranità economica della Sardegna la sua vera bandiera?
I social. Perché Eco non può liberamente sostenere che Facebook ha dato voce a un sacco di imbecilli che prima non avevano un palcoscenico?
Imbecilli. Chi ha l'autorità per definire qualcun altro un imbecille? E chi ha detto che i presunti imbecilli non hanno diritto a un palcoscenico?
Elezioni. C'è qualcuno che si chiede se è ancora democratico un luogo in cui presidenti e sindaci vengono scelti da una minoranza degli elettori?
Astensione. Se arrivasse una risposta seria alle undici domande precedenti forse troveremmo la chiave per contrastare l'astensionismo diffuso.
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Addio a Roberto Sequi, medico con lo sport nel cuore
Ex direttore sanitario del Brotzu e poi del Policlinico, giocò anche nel Cagliari
 
Ha combattuto la sua ultima battaglia per quasi tre anni, già sapendo da bravo medico che alla fine l'avrebbe persa. Lui che nella vita è sempre stato un lottatore, nello sport e nella professione, ha tenuto testa tenacemente a un male incurabile continuando sinché ha potuto a lavorare e a incoraggiare la famiglia. Ma ieri mattina la partita è finita. Così se n'è andato Roberto Sequi, all'età di 58 anni, personaggio noto nella sanità cittadina per aver ricoperto a lungo incarichi di vertice nei più importanti ospedali e popolare nel mondo sportivo per aver giocato nel Cagliari alla metà degli anni Settanta e in diverse squadre semiprofessionistiche.
Roberto Sequi apparteneva a una famiglia cagliaritana doc. Il bisnonno era quel Ferruccio Sorcinelli, imprenditore del settore minerario, che negli anni Venti acquistò L'Unione Sarda e lo fece diventare un giornale moderno nella sede di viale Regina Elena. E il nonno Luigi Sequi fu generale di cavalleria decorato nella Grande Guerra. Roberto, studi classici al Siotto, si iscrisse nella facoltà di Medicina, ma era già un promettente calciatore delle giovanili del Cagliari, tanto da approdare in prima squadra nel campionato di serie B 1976-77. Giocava terzino, di quelli “cattivi” ma con la faccia da bravo ragazzo sempre sorridente. Lo avrebbero voluto persino Napoli e Inter. L'allora presidente Mariano Delogu gli chiese quali intenzioni avesse: se fare il medico o continuare a giocare a pallone. Sequi, poco più che ventenne, scelse senza esitare la professione medica, ma non abbandonò mai la sua passione vestendo le maglie della San Marco, del Carbonia e del Cus Cagliari. Non ha mai smesso di praticare sport, dal calcio al tennis.
Fulminante la carriera nella sanità pubblica. Sotto la guida del suo “maestro” Franco Meloni, che aveva intuito le capacità professionali e umane di quel giovane medico, entrò all'ospedale Brotzu dove svolse diversi incarichi sino ad essere nominato direttore sanitario. Nel 1998 Meloni lo volle con sè, insieme all'attuale manager dell'Aou di Monserrato Giorgio Sorrentino, per aprire la nascente struttura ospedaliero-universitaria. E furono proprio i due colleghi e amici Sequi e Sorrentino a far decollare il nuovo Policlinico, con un'organizzazione efficiente e moderna. Sequi fu nominato direttore sanitario dell'Azienda mista ospedaliera universitaria, sino a quando nel 2000 fu richiamato alla direzione del Brotzu. «Ci lascia un grandissimo amico, - così lo ricorda Giorgio Sorrentino - un grandissimo professionista. Roberto Sequi è stato uno dei migliori direttori sanitari della Sardegna. Insieme abbiamo vissuto anni difficili ma fantastici, al Brotzu e al Policlinico universitario. Sequi ha contribuito ad aprire la strada ai trapianti d'organo e a trasformare il Brotzu in un grande ospedale». «Verrá ricordato da tutti con affetto e gratitudine», aggiunge commossa Marinella Spissu, direttrice di presidio del Brotzu, mentre il commissario Graziella Pintus sottolinea che «ha contribuito alla crescita professionale e scientifica dell'Azienda sino a renderla un polo d'eccellenza nazionale».
Sposato con la collega Luciana, direttrice del reparto di neonatologia, due splendidi figli (Luigi e Roberta), Sequi aveva ed ha un'infinità di amici, tanto che dopo il primo intervento chirurgico i colleghi furono costretti a chiudere il reparto alle visite per la folla nei corridoi del Brotzu. Solare e simpatico, leale ed amico di tutti, anche invidiato per i suoi successi, ha vissuto una vita sempre in prima fila. I funerali stamane alle 11,30 nella cappella del Brotzu, «l'ospedale che Roberto - dice con grande forza la moglie Luciana - ha sempre considerato la sua seconda casa».
Carlo Figari
 

LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
Specializzazioni? Un miraggio
Borse di studio, i giovani medici continuano la battaglia contro la giunta
 
SASSARI Scuole di specializzazione, terza puntata. Nella prima, due settimane fa, era stata denunciata dai medici neolaureati nell’isola e da appartenenti a forze politiche di opposizione la mancanza di fondi. Fondi necessari a finanziare le borse di studio destinate ad affiancare i posti assegnati su scala nazionale.
Nella seconda puntata della polemica, poco più tardi, è cresciuta la rivolta contro la soluzione concordata dall’assessore al Bilancio e dal rettore dell’ateneo cagliaritano: riservare all’intera accademia sarda, Sassari compresa quindi, un milione in più per la preparazione dei giovani professionisti. Alternativa da molti considerata una scorciatoia non adeguata rispetto alla strada maestra ministeriale.
Ora i tempi per la selezione nazionale stringono. E le proteste crescono. Battaglia aperta. Così la terza puntata dell’affaire è diventato terreno di scontro lacerante: da una parte la giunta guidata da Francesco Pigliaru, dall’altra i coomitati degli specializzandi, parlamentari sardi, rappresentanti delle minoranze alla Regione.
Con accuse e toni sempre più duri. Ma nel frattempo i sardi, per la prima volta dal 2005, sono fuori dai posti aggiuntivi rispetto ai 194 ottenuti da Sassari e Cagliari in vista delle selezioni nazionale di luglio. In parallelo. Collaterale al quadro di contrasti generale spunta poi un altro filone di querelle. Riguarda le dichiarazioni attribuite allo stesso assessore Raffaele Paci e contestate dal direttivo della Sigm di Cagliari, l’Associazione italiana giovani medici. Secondo il quale «quest'anno i contratti ministeriali destinati alle scuole con sede in Sardegna sono in numero insufficiente se si considera che all'anno si abilitano in Sardegna 250/300 laureati». «Fra l'altro il concorso è su scala nazionale, quindi le borse non sono riservate ai sardi», avrebbe aggiunto il vicepresidente della giunta. Da qui nuove diatribe su grado di preparazione e capacità formative degli atenei dell’isola ai fini del superamento delle selezioni.
Discorsi oziosi. In realtà, una querelle inutile e superata. Perché le contestazioni all’esecutivo non interessano questo piano del ragionamento e dei rilievi critici complessivi. Riguardano al contrario le 24o più borse di studio aggiuntive ai posti nazionali. Per le quali in Finanziaria avrebbero dovuto essere stanziati da 700mila a un milione di euro. Fatto non avvenuto nonostante le sollecitazioni dell’opposizione.
Il Miur. Su questa “posta” sono stati infatti previsti in seguito fondi Ue riservati ad altri scopi e perciò respinti dal ministero. «Che invece – come sottolineano i giovani medici di Sassari e Cagliari – ha accolto nel secondo allegato al decreto del 26 maggio, le richieste analoghe arrivate da più della metà delle altre Regioni italiane». Lunghissimo l’elenco: Puglia, Campania, Umbria, Veneto, Lombardia, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Calabria, Province autonome di Trento e Bolzano.
Interventi e accuse. Anche da questi riscontri, dunque, le nuove critiche di Ugo Cappellacci (Fi), Roberto Capelli e altri. Il primo parla di «vergognosa amnesia da parte della giunta Pigliaru», il deputato nuorese del Centro democratico di «posizioni sconcertanti». Per aggiungere: «Da sardo, e da politico sostenitore di questa maggioranza, invito l’assessore al Bilancio a provvedere immediatamente a garantire le corrette coperture».
«No allo scaricabarile tra l’assessore Paci e il suo collega Luigi Arru: i fondi vanno trovati», rincara la dose il deputato dei Riformatori Pierpaolo Vargiu, presidente della Commissione Sanità di Montecitorio.
Riscontri e opportunità. Con la soluzione del milione in più alle università, infatti, i due atenei potrebbero soltanto - come stanno già tentando di fare - verificare la possibilità di attivare tirocini nelle cliniche e nei reparti convenzionati. Strutture che, nelle intenzioni dei promotori, «dovrebbero permettere ai laureati nel 2013-2014 esclusi dalle specializzazioni di mantenere viva la preparazione e presentarsi l'anno prossimo al concorso».
Riserve e attacchi. «La nostra rabbia sta nel fatto che Regioni non a Statuto speciale come la nostra abbiano finanziato contratti aggiuntivi, vincolandoli ai residenti da almeno 3 anni nel territorio come avrebbe potuto fare la giunta sarda – afferma Mariano Girau, referente degli aspiranti specializzandi della Sigm – E basta con ogni illazione differente. I nostri giovani medici hanno dimostrato le loro capacità già nel concorso nazionale dello scorso anno, entrando in prestigiosi atenei non sardi. Un valore culturale confermato dal trasferimento all'estero o in altre regioni più meritocratiche». Tutto mentre il presidente dell’associazione, Giampaolo Maietta, spiega ancora: «Una volta di più, per un altro anno, non potranno formarsi nell’isola gli aspiranti oncologi, nefrologi e fisiatri». (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
La cisl
«Intervengano i due atenei»
 
All’attacco anche i sindacati. «Solo un deciso intervento degli atenei di Cagliari e Sassari può costringere la Regione a trovare le risorse per un congruo numero di borse», avverte Salvatore Noli, segretario regionale della Cisl Università. «Senza specializzazione, oggi è quasi impossibile partecipare a un concorso, svolgere la libera professione, esercitare con successo l’attività medica – incalza il sindacalista – Tra gli aspiranti ci sono e potrebbero esserci giovani provenienti da famiglie in forte difficoltà economica, con i genitori in cassa integrazione, mobilità e anche disoccupati».
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
Registro tumori, si corre ai ripari
«Presto sciolti i nodi della privacy». Ma l’associazione Sa luxi incalza
 
CAGLIARI «Per realizzare il registro regionale dei tumori ci siamo attivati subito, e in poco meno di un anno abbiamo raggiunto risultati significativi, rispetto a un progetto che era rimasto fermo da anni». Lo afferma l’assessore regionale alla Sanità Luigi Arru, annunciando che si lavora a un regolamento sulla privacy per il registro. «Esistono già quelli di Sassari e Nuoro che hanno operato molto bene, tanto che i dati sono stati pubblicati in riviste nazionali – aggiunge – Ciò che dobbiamo realizzare è un registro dei tumori regionale federato, nel quale Sassari gestisce il nord Sardegna, Nuoro il centro e Cagliari il sud». Il problema della tutela dei dati personali è stato discusso dall’assessore con il Garante della privacy, l’ex parlamentare orgolese Antonello Soro. «A oggi stiamo condividendo una bozza in fase molta avanzata», conclude. Ma intanto arriva la protesta del comitato «Sa luxi» (la luce, in sardo), nato per chiedere alla Regione l’immediata creazione del registro. Stando a quanto ricordato dai portavoce dell’associazione - Carlo Masu, Ambrogio Trudu e Giancarlo Nonnis - nel 2009 la giunta guidata dall’allora presidente Ugo Cappellacci aveva nominato responsabile scientifico del progetto Gavino Faa, ex preside della facoltà di medicina. Nel 2011 era partito il bando per la creazione della struttura che però, si era arenata a causa di un supposto problema di privacy, stando a quanto denunciato dallo stesso Faa che ieri ha fatto una breve apparizione alla conferenza stampa. Gli erano state consegnate solo le cartelle di dimissioni e per di più anonime e dunque inutilizzabili per la ricerca. Una questione che adesso la giunta regionale sembra intenzinata a superare in modo definitivo.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Lettere e commenti – pagina 17
Accoglienza degli immigrati:
trasparenza e regole chiare
Subito al lavoro perché anche in Sardegna non esplodano conflitti come in altre regioni italiane: anche la scuola e l’università si devono sentire coinvolte
di Antonietta Mazzette
 
La vicenda degli immigrati che per la prima volta, in modo significativo, sembra riguardare anche la Sardegna, può essere l'occasione per noi di sperimentare un modello diverso di accoglienza e integrazione. Le esperienze negative che si sono diffuse altrove possono essere un monito per i nostri governanti.
A tale proposito, mi permetto di sottoporre alla riflessione i seguenti elementi. Il primo è di tipo conoscitivo. Considerato che il numero di persone, seppure destinato a crescere, sia abbastanza modesto (si aggirerebbe intorno alle 2-3 mila unità), sarebbe opportuno conoscere le vite di ognuna di queste persone. E, giacché, dalle parole del questore di Cagliari, emergerebbe il fatto che non si tratterebbe di una fase di provvisoria sosta, bensì della "meta definitiva", sarebbe utile capire da quale sistema (seppure dissestato) sociale, culturale e di regole questi immigrati provengano.
Il secondo riguarda la necessità, fin da subito, di creare un canale comunicativo tra le nuove popolazioni e quelle locali. Per far ciò, è preliminare insegnare a questi stranieri la nostra lingua, non solo perché gli addetti ai lavori (forze dell'ordine, volontari, intermediari culturali) siano messi in condizione di lavorare meglio, quanto, soprattutto, per consentire agli stranieri di conoscerci.
I luoghi più idonei di insegnamento sono le scuole che, nella fase estiva, possono rimanere aperte a questa esigenza. Il terzo elemento ha a che fare con il dare ai nuovi arrivati gli strumenti per capire in quale contesto sociale essi si trovino e quale sistema di regole debbano rispettare, non ultimo perché, al pari di ogni altro cittadino, anche per loro il rispetto dei diritti dovrebbe andare di pari passo con quello dei doveri. Il quarto è far sì che il processo di integrazione non appaia ai sardi come un'usurpazione delle risorse, di per sé scarse.
Ciò è tanto più necessario quanto più è elevato il livello di sofferenza dei sardi in termini di disoccupazione e povertà. Perché ciò non accada, è necessario coinvolgere più attori sociali e istituzionali (comprese università e scuola) ed anche rendere noti e trasparenti tutti i passaggi, in particolare quelli riguardanti l’uso dei finanziamenti (a chi vanno, come vengono spesi, chi ne beneficerà anche in termini lavorativi).
Le variegate forme di razzismo e intolleranza che si stanno diffondendo nel resto d'Italia, a partire dal Nord, sono anche il frutto di una cattiva gestione e di politiche che troppo spesso si alimentano di contrapposizioni sociali, ma anche di poca trasparenza.
Il quinto elemento riguarda il bisogno di evitare forme di ghettizzazione. Non solo perché ciò creerebbe disagi oltre che per gli stranieri, anche per le popolazioni locali, inducendo il cosiddetto effetto Nimby (non nel mio giardino), ma anche perché l'accoglienza si tradurrebbe in una questione di controllo dell'ordine pubblico piuttosto che di controllo sociale. Mi rendo conto che c'è una prima fase di emergenza in cui gli stranieri devono essere accentrati, controllati (anche per motivi di salute pubblica), e così via.
Ma la fase successiva la dovrebbero gestire direttamente i singoli territori e le amministrazioni comunali, naturalmente sotto la regia complessiva del governo regionale. La vicenda degli arrivi di bambini, uomini e donne che fuggono dagli orrori della guerra e dalla fame è un fenomeno complicato ma che può essere governato con intelligenza, umanità e senza sprechi.
I diffusi fatti corruttivi che hanno accompagnato anche questo fenomeno e di cui continuano ad arrivare mediaticamente gli echi, dovrebbero sollecitare la nostra attenzione ed allerta, a partire da quella degli amministratori. La trasparenza dei processi di accoglienza e il continuo dialogo con le popolazioni locali costituiscono un antidoto certo. Inoltre, per i tanti giovani laureati e no, potrebbe costituire un'occasione (anche lavorativa) per mettersi in gioco, così come può esserlo per tutti quegli adulti che potrebbero prestare la loro opera volontaria: penso ai tanti insegnanti ora in pensione. Ciò che appare evidente è che le istituzioni regionali non devono essere lasciate sole in un momento così difficile.
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – la Nuova Sardegna
Cultura – pagina 34
«Ma a che cosa serve la passerella degli scrittori?»
La polemica tra Paolo Nori e “Lìberos” dopo la rassegna letteraria di Marceddì
Luciano Marrocu invita a riflettere sui diversi eventi organizzati nell’isola
di Luciano Marrocu
 
Il silenzio a volte è meglio delle spiegazioni confuse, soprattutto quando le spiegazioni confuse si lasciano sfuggire ammissioni incaute. E’ quanto forse è capitato a Francesca Casula di Lìberos che chiamata a spiegare perché la presenza di Paolo Nori al festival letterario di Marceddì costasse agli organizzatori 1.500 euro ha risposto piccata che «è normale che la professionalità si paghi».
La professionalità in questione aveva il costo di 1.143 euro, visto che Nori non chiedeva nessun cachet e che le spese ammontavano a 357 euro. E’ anche normale però che il cittadino, il cittadino-contribuente soprattutto, sia portato a interrogarsi sulla natura di questa professionalità e a chiedersi allo stesso tempo se valga quanto costa.
«Se le case editrici e gli autori si affidano a noi è perché gli garantiamo una certa organizzazione e professionalità – ribadisce Francesca Casula – e questo servizio va pagato». Va bene, d’accordo, il “servizio” va pagato. Ci si chiede però: non sarebbe stato possibile fare a meno del “servizio”, non sarebbe stato meglio se gli organizzatori del festival letterario di Marceddì, desiderando avere nel loro festival Paolo Nori, telefonassero alla sua casa editrice – nel caso Marcos y Marcos – e preso atto della disponibilità (gratuita) dello scrittore organizzassero la cosa?
Nessuno pensa – io, almeno, non lo penso – che Lìberos sia inutile. Ritengo al contrario che dovrebbe continuare a coltivare l’ambizione con la quale si era presentato di essere un «prezioso e gratuito strumento di rete tra autori, editori, librai, bibliotecari, associazioni e festival».
A proposito di festival, di festival letterari in particolare, faremmo bene a riflettere su che cosa sono diventati. Certo una realtà vitale, in alcuni casi vitalissima, soprattutto quando – ho in mente lo splendido festival della letteratura per l’infanzia che si svolge ogni autunno a Cagliari organizzato da Tuttestorie – riescono a coinvolgere un pubblico di giovani e giovanissimi lettori. Il problema è appunto questo, il coinvolgimento, che non sempre è del tipo che si richiede a manifestazioni culturali.
Difficile dare i voti alle manifestazioni culturali, ognuno le pensa come vuole e come sa. Rimane il fatto però che tra quelli che stanno seduti, ascoltano e alla fine applaudono e quelli che, magari da dilettanti, recitano, cantano, scrivono, leggono, gli enti pubblici finiscono sempre per privilegiare i primi. Preferiscono insomma che stiamo a guardare piuttosto che aiutarci a fare. Dei non insignificanti flussi di denaro pubblico destinati alla cultura ben pochi vanno a finire tra i giovani, cioè a dire nella scuola.
Date retta a me: meglio frequentare un corso di scrittura creativa che stare ad ascoltare un grande scrittore che racconta la sua vita privata da un palco super illuminato. Anche perché il grande scrittore le cose che aveva da dire le ha già dette tutte nei suoi libri. Che l’appassionato lettore potrà leggere, gratuitamente, in qualsiasi biblioteca pubblica.
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 34
L’Europa premia il Progetto Mont’e Prama
Uno degli otto “Europa Nostra Awards” al programma di restauro curato da Roberto Nardi
 
OSLO C'è anche il lungo e complesso lavoro di restauro dei Giganti di Mont'e Prama eseguito dal Centro di conservazione archeologica di Roma, tra i vincitori del Premio per il patrimonio culturale dell'Ue promosso dall'associazione culturale Europa Nostra, presieduta dal tenore Placido Domingo, sostenuto dalla Commissione europea. Al restauro dei Giganti rinvenuti nel 1974 nella campagne di Cabras ed esposti ora al Museo archeologico nazionale di Cagliari e al Museo civico di Cabras, è andato il Premio del pubblico, quello più prestigioso, assegnato con una votazione online che ha coinvolto tutti i Paesi partecipanti. Il premio è stato consegnato ieri sera a Oslo, in Norvegia, al direttore del Centro di conservazione Archeologica Roberto Nardi dal principe ereditario Haakon. Alla cerimonia era presente anche l'ambasciatore italiano Giorgio Novello. Soddisfattissimo Roberto Nardi, che ha dichiarato di essere «lieto di questo bel risultato per la Sardegna, per le sculture di Mont'e Prama e per l'eccellenza del restauro e dell'archeologia italiana». Mercoledì prossimo l'esperto sarà di nuovo a Cabras, dove il suo staff è impegnato nel restauro dei due nuovi straordinari Giganti rinvenuti durante la campagna di scavi condotta la scorsa estate dalla Soprintendenza archeologica della Sardegna e dalle Università di Cagliari e di Sassari. Gli otto vincitori del Grand Prix, selezionati da giurie indipendenti, hanno ricevuto ciascuno un premio di 10.000 euro. Oltre al progetto di Mont’e Prama, gli altri sette premi sono: nella categoria Conservazione vincono l’Ungheria per l’Accademia musicale Franz Liszt di Budapest, la Spagna per la Valle del sale di Añana nei Paesi Baschi e la Turchia per la chiesa armena di San Giragos a Diyarbakir; nella categoria Ricerca e digitalizzazione vince il progetto “Meraviglie di Venezia: tour virtuale dei tesori nell'area di San Marco”; nella categoria Contributi esemplari è stata premiata l’Associazione Rundling, che opera a Jameln, in Germania e il progetto Churches Conservation Trust (Regno unito); nella categoria Istruzione, formazione e sensibilizzazione il premio va all’Estonia per il “Programma di recupero degli antichi edifici rurali”.

 

Questionario e social

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