Sabato 16 maggio 2015

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 maggio 2015
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI


 

L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
NUOVA EMIGRAZIONE. Destinazione nord Italia, capitali europee, Usa e Australia
GIOVANI IN FUGA DALL'ISOLA
Ogni anno oltre 6.000 sardi partono in cerca di lavoro
Più di seimila persone all'anno lasciano la Sardegna per cercare un lavoro e una nuova vita altrove. Destinazioni predilette, le città del nord Italia, le capitali europee e poi le terre più lontane, come Stati Uniti, Canada e Australia. L'Isola si trova così a fare i conti con una nuova stagione di emigrazione, un esodo che racconta le storie di padri di famiglia disoccupati rimasti senza alternative e giovani laureati con più di un master in tasca. I più scelgono di non tornare a casa. ALLE PAGINE 2, 3


L’UNIONE SARDA

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
L'OPINIONE. Ma la sociologa Pruna avverte: spesso si parte per allargare i propri orizzonti
«CERCANO LAVORO, VOGLIONO TORNARE»

Laurea o licenza media in tasca, i nuovi migranti lasciano l'Isola senza sapere se e quando torneranno. Un viaggio di opportunità per tanti, un salto nel buio per altri. Storie diverse accomunate dalla ricerca di un lavoro che in Sardegna non c'è, di uno stipendio che premi competenze altrimenti sprecate. «Impossibile generalizzare un fenomeno non paragonabile alle migrazioni del secolo scorso», spiega Lilli Pruna, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all'Università di Cagliari: «I sardi che oggi partono in cerca di lavoro hanno età, istruzione e situazioni familiari diverse, e l'intenzione di cambiare vita senza però pianificarla per sempre all'estero come chi li ha preceduti».
 
A questi si affianca la tanto citata fuga di cervelli: laureati che per scelta o necessità accettano allettanti offerte da Paesi che valorizzano l'alta formazione più dell'Italia. «A volte, più che di migrazione si tratta di mobilità volontaria», nota la sociologa, «un'esperienza all'estero che molti fanno senza paura, perché reduci da programmi universitari come l'Erasmus, per allargare i propri orizzonti e aumentare il bagaglio di competenze da riportare magari in Sardegna dopo pochi anni». Un viaggio che può diventare una fuga dal “Sistema-Italia”: «Una scelta di vita all'estero influenzata non solo dai presupposti economici, ma dalle condizioni di vita e da un welfare più a misura d'uomo, come quelli offerti in Scandinavia, Francia o Germania».
Luca Mascia
 

L’UNIONE SARDA

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
L'esodo dei ragazzi con la laurea e i master:
«LA CASA È IL MONDO»
Dice subito a quale scuola di pensiero appartiene. «Il lavoro è un diritto, verissimo. Ma credo sia anche un dovere». Mario Fanari, 31 anni, laurea in Economia, ha girato il mondo per studio e per mille occupazioni e adesso sta aprendo la sua azienda a Cagliari, la città dov'è nato. «Sono uno di quelli che è tornato a casa perché ho sempre voluto costruire qualcosa nella mia terra. Però continuerò a viaggiare, a sperimentare, a cercare nuove frontiere».
Non sono tanti, quelli che tornano. Non quelli come lui, i ragazzi che hanno studiato, che parlano più lingue. Se il grosso dell'esercito di sardi emigrati, 6.500 lo scorso anno, resta fuori per sempre (gli iscritti all'Aire, il registro dei residenti all'estero, sono 107.531) - la tendenza vale ancora di più per i laureati, i cervelli che mettono in valigia la coroncina d'alloro e pure qualche master. Parte, in media, il 22 per cento di coloro che hanno finito gli studi: destinazione le città del nord Italia, e Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Spagna e poi Stati Uniti e Australia.
Il mondo è piccolo. «Sono ragazzi che vanno fuori per scelta, perché hanno studiato e fatto esperienze all'estero, diventano più esigenti e credono moltissimo nella meritocrazia». Anna Maria Aloi, responsabile dell'ufficio Erasmus dell'Università di Cagliari, ha un osservatorio privilegiato su questi speciali flussi migratori degli ex studenti borsisti, dei laureati che trovano lavoro fuori. «Fanno più esperienze all'estero e quindi si sentono a casa dappertutto», sottolinea l'esperta. Medici, ingegneri, giuristi, economisti.
E laureati in Scienze politiche. Come Chiara Garaldi, 27 anni, cagliaritana, che si sta specializzando nel settore dei diritti umani e nella protezione dei rifugiati e ha fatto tirocini a Londra, in Costa Rica, in India, negli Stati Uniti. L'Università di Berkeley, California, le ha offerto un dottorato, ma lei dopo la laurea sognava di fare un master alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. «Mi servivano i soldi e così ho fatto domanda alla Emirates Airline per un posto da hostess. Mi hanno preso e ho lavorato un anno con sede a Dubai». Lo stipendio, racconta Chiara, era buono. «Ma lì la vita è molto cara. Comunque sia, per il master alla Sant'Anna sono arrivata prima in graduatoria e ho vinto la borsa di studio». Immagina che non avrà modo di lavorare subito in Sardegna. «Ma in futuro, chissà. Se il trend resta questo, anche da noi si dovrà operare per l'accoglienza».
I giovani partono, e va pure bene. Il problema è che non tornano più. «Viaggiano, si formano all'estero, fanno esperienze di lavoro nel mondo. È una buona cosa - avverte Fabio Meloni, presidente regionale delle Acli -, ma il dato negativo è che si perde la relazione, il contatto con la Sardegna e quindi la possibilità di un futuro rientro. Per questo sarebbe fondamentale ripensare ad esempio il ruolo dei circoli dei sardi, perché tornino a essere quello che erano un tempo, cioè vere e proprie ambasciate dell'Isola dove uno studente, un emigrato trovino accoglienza».
Mario Fanari, intanto, tra qualche giorno inaugurerà la sua azienda. «Una società, siamo in sei. Offriamo spazi di lavoro temporanei a chi arriva in città, deve utilizzare il computer e ha bisogno di una presa, di una connessione wi-fi, di un certo confort». Più spazi in tutta Cagliari, dove ci sarà la sede legale, ma l'obiettivo è allargarsi. «Milano sarà la prima città, poi pensiamo a Berlino e Londra». La casa è il mondo, per uno che ha studiato e lavorato a Dublino, a Londra, in Messico, in Cina e negli Stati Uniti. «Non sopporto chi dice: il paradiso è solo in Sardegna. E, al contrario, non mi piace neanche sentire sciocchezze del tipo: qui non c'è niente e non si può fare nulla. Io dico: se non esci, se non vai a vedere cosa c'è nel mondo, non puoi sapere e non puoi crescere. Dopo sì, puoi tornare a casa. E dare una mano alla tua terra».
Piera Serusi
 
 
L’UNIONE SARDA

4 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Ogni anno oltre seimila sardi cercano fortuna in Italia o all'estero
GIOVANI CON LA VALIGIA, LA NUOVA FUGA DALL'ISOLA

Non solo crisi ma anche voglia di lasciare i confini troppo stretti dell'Isola, spesso con un titolo di studio in tasca. Sono sempre più numerosi i sardi che scelgono di trasferirsi all'estero perché desiderano confrontarsi con altre realtà lavorative e per crescere dal punto di vista professionale. Partire dalla Sardegna, soprattutto per i giovani, significa avere maggiori occasioni e opportunità per affermarsi in un mondo sempre più globalizzato e a portata di mano.
EUROPA E AMERICA Le destinazioni europee più gettonate, in base a dati dell'Aire, il registro ufficiale degli emigrati italiani, sono la Germania (dove sono presenti 30.079 sardi), la Francia (24.357), il Belgio (12.995), la Svizzera (8.466), il Regno Unito (6.957), l'Olanda (6.522) e la Spagna (2.163). Ma poi ci sono le terre più lontane, come Stati Uniti, Canada, Australia. Almeno 2.500 persone all'anno partono in cerca di fortuna all'estero. Ha ripreso vigore anche il tradizionale movimento verso le altre regioni italiane, soprattutto del nord: nell'ultimo anno il fenomeno ha interessato circa 6.500 sardi. Tra le regioni scelte come nuova residenza spiccano Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. La fotografia è frutto di un'analisi sui flussi migratori e sullo spopolamento in Sardegna, condotta dalle Acli ed elaborata su dati Istat.
LA NUOVA EMIGRAZIONE L'Isola si trova così a fare i conti con una nuova stagione di emigrazione, che vede la partenza di migliaia di persone all'anno. «Solo creando le condizioni per un'occupazione stabile e duratura», spiega l'assessore regionale al Lavoro, Virginia Mura, «è possibile evitare che i giovani e i meno giovani lascino la Sardegna in cerca di fortuna altrove. Istruzione e formazione qualificata, valorizzazione del capitale umano, reinserimento dei lavoratori nel ciclo produttivo, azioni di sostegno per le imprese: la lotta alla disoccupazione, e quindi allo spopolamento della Sardegna, passa anche attraverso un nuovo modo di affrontare i problemi».
SPOPOLAMENTO E IMMIGRATI I dati sulla natalità, intanto, sono poco incoraggianti: 302 Comuni su 377 non crescono più. Il fenomeno dello spopolamento è in costante crescita e, nel 2013, in 297 Comuni si è registrato un saldo naturale negativo del 78,8%. Inoltre, nel 33,2% dei centri dell'Isola emerge anche un saldo migratorio negativo: i sardi che lasciano il luogo di nascita sono più numerosi di quelli che arrivano. All'ultimo rilevamento nell'Isola sono stati rilevati 1.663.859 residenti, 23.480 in più rispetto all'anno precedente. Questo dato è il risultato di una serie di fattori, legati prevalentemente a un arrivo significativo di stranieri nell'Isola, che hanno contribuito a incrementare il tasso di natalità. Lo scorso anno sono stati registrati in Sardegna 42.159 immigrati (0,8% sul totale nazionale), di cui 23.642 donne e 18.517 uomini.
VIA DAI PICCOLI COMUNI «Il trend demografico della nostra regione», spiega Mauro Carta, presidente delle Acli della Provincia di Cagliari, «si caratterizza per alcuni fenomeni ormai consolidati. Primo fra tutti, la costante diminuzione della popolazione residente nei piccoli Comuni, in particolare nelle aree rurali centrali dell'Isola, a favore delle città costiere e delle aree limitrofe ai capoluoghi di provincia». Ormai, da oltre cinque anni circa l'ottanta per cento dei Comuni della Sardegna registra un saldo naturale negativo che, senza l'apporto di nuovi ingressi nell'Isola, produrrebbe una diminuzione della popolazione pari a 3.400 individui.
FUTURO INCERTO Tra il 2013 e il 2014, prosegue Carta, «oltre il trenta per cento dei Comuni ha fatto registrare un saldo migratorio negativo. Questi flussi sono compensati dall'arrivo di oltre seimila cittadini stranieri nel corso del 2014». Secondo una proiezione a lunga gittata, nel 2060 l'Isola potrebbe subire una perdita di quasi trecentomila abitanti. «Come conseguenza di questo fenomeno», conclude Carta, «si assiste a una riduzione se non scomparsa dei servizi (scuole, banche, uffici postali e caserme) nei Comuni con pochi abitanti».
Eleonora Bullegas
 

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5 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
LE STORIE. Da Cagliari, Oristano e Muravera alle più grandi Università degli Usa
CATTEDRE E RICERCA, L'AMERICA DEI CERVELLI ISOLANI

Loro l'America l'hanno trovata. Graziano Pinna, 43 anni, di Oristano, neuroscienziato di fama internazionale, erede di Erminio Costa, professore e ricercatore alla University of Illinois di Chicago, lo dice apertamente: «Non è tanto un problema della Sardegna che offre poco. La crescita, sia accademica che personale, dipende molto dalle esperienze che si compiono. Se si resta nell'ambiente in cui si nasce e si cresce, è più difficile emergere in campo internazionale. Dopo la laurea, utilizzate le borse di studio e partite». Il concetto lo ribadisce Marco Aresu, 38 anni, di Muravera, docente di Letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento ad Harvard. «Sono fuori da sette anni, non so più come funzionino le cose in Italia, ma mi sembra che negli Stati Uniti ci siano una serietà professionale e un riconoscimento del lavoro maggiori. Ho visto colleghi molto bravi, di gran lunga più di me, amareggiati, umiliati dall'inefficienza del sistema-ricerca, costretti ad abbandonare le proprie aspirazioni, e delusi. Molto delusi».
«Se vuoi fare ricerca devi andare via», dice Giuseppe Mascaro, 37 anni, ingegnere di Cagliari, docente di Idrologia all'università di Phoenix. Grazie all'America, Pinna, partito dalla Sardegna 22 anni fa, ha scoperto, tra le altre cose, il ruolo fisiologico di un neuro-ormone che regola «il comportamento emotivo». Aresu ha avuto invece l'opportunità di insegnare nelle migliori università americane, la Bloomington in Indiana, la Stanford in California, attualmente la Harvard di Boston, da luglio sarà alla Wesleyan in Connecticut. «All'università di Cagliari sono stato trattato benissimo», spiega Mascaro, «ho avuto la possibilità di sviluppare la ricerca che mi interessava, però alla fine è il sistema che ci esclude, rendendoci precari». Tutti e tre hanno studiato a Cagliari, e tutti preferiscono non definirsi “cervelli in fuga”. «In Sardegna non avrei avuto identiche possibilità, il mondo accademico americano apre le porte se sei capace di sacrificarti», spiega Pinna. «Se vali, ce la fai», aggiungono Aresu e Mascaro. Dietro il successo c'è tanto sacrificio, ma anche una società meritocratica, quella americana, che ha creduto in loro.
Mauro Madeddu
 
 
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6 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Cultura (Pagina 50 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
Studenti-traduttori: “Canne al vento” di Grazia Deledda ora si legge in inglese

«Natòlia, corfu 'e mazza a conca, se le ha mangiate tutte di nascosto». Sulla lingua usata da Grazia Deledda nei suoi romanzi è stato detto e scritto tanto, ma è pacifico che la scrittrice nuorese, premio Nobel per la letteratura nel 1926, amasse ricorrere ai vocaboli e alle strutture linguistiche del sardo soprattutto nel parlare dialogico o per raffigurare contesti, luoghi, modi di dire e di pensare propri della sua terra.
Come rendere efficacemente tutto questo in una lingua straniera, l'inglese? «Una sfida affascinante, lanciata un anno fa in quel di Hong Kong e raccolta con entusiasmo dai nostri studenti» spiega Giuseppe Marci, docente di Filologia italiana e Letteratura sarda all'Università di Cagliari. «Nel lontano Oriente la Deledda è ammirata non solo per i suoi lavori, ma anche come modello di donna forte e indipendente. In occasione di due convegni deleddiani a Hong Kong e Macao nacque l'idea di una traduzione dei suoi scritti che, più di quelle già in circolazione, risultasse rispettosa della storia, delle dinamiche culturali e delle concezioni proprie del luogo di concepimento, per mettere così a disposizione questo patrimonio ai lettori nella lingua d'arrivo. La scelta è caduta su Canne al vento». Luisanna Fodde, direttrice del centro linguistico d'Ateneo, puntualizza: «Abbiamo voluto realizzare un esperimento didattico, coinvolgendo all'inizio dell'anno accademico gli iscritti al corso di laurea magistrale in Traduzione, tenuto da Isabella Martini. Un azzardo, forse, ma i risultati sono incoraggianti».
Gli studenti sono stati impegnati su due fronti: ai ragazzi del primo anno è stato chiesto di sottotitolare in inglese i dialoghi dello sceneggiato Rai trasmesso nel 1958 («operazione complessa anche per il necessario ricorso a supporti multimediali», sottolinea Isabella Martini), ai colleghi del secondo anno il compito di cimentarsi sul testo del romanzo, pubblicato nel 1913. Come in ogni corso di studi che si rispetti c'è stata anche la valutazione finale, affidata a Ignazia Posadinu, insegnante all'università dell'Essex: «Il lavoro degli allievi cagliaritani è da lodare per l'attenzione nell'evitare banalizzazioni e per il coraggio con cui si sono immersi nell'universo culturale e di valori della letteratura deleddiana». Al professor Marci scappa un sorriso: «Portiamo avanti questo progetto sicuri di offrire agli studenti una formazione all'altezza delle prove future».
Fabio Marcello
 
 
L’UNIONE SARDA

7 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Cultura (Pagina 50 - Edizione CA)
Festival della filosofia Il drammaturgo dialoga con Luca Foschi oggi al teatro Massimo
Ovadia: «Il male compare quando ci si scorda la storia»

Se l'aspirazione è ambiziosa, come suggerisce il titolo del Festival di Filosofia di quest'anno, “L'infinito fratricidio. Capire il male: storia, memoria, catarsi”, inaugurato ieri pomeriggio al Teatro Massimo, la soluzione è semplice. «Il male compare quando la memoria è manchevole. Ogni volta che l'uomo dimentica la sua storia sbaglia».
È una tara, ironizza Moni Ovadia, che Dio ha ammollato all'uomo, dopo avergli offerto un intero universo.
L'uomo scorda che la terra in cui si trova la possiede in comodato d'uso, non gli appartiene, e soprattutto, la deve condividere con gli altri, anche loro, come lui, «stranieri soggiornanti». O anche, enfatizza uno dei maggiori drammaturghi e compositori italiani, «meticci avventizi».
Stasera alle 18, Ovadia dialogherà con il giornalista di guerra Luca Foschi, collaboratore dell'Unione Sarda, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Lettera 43 e The London Economics, nonché esperto di partiti armati, sul tema l'Europa, i conflitti e i migranti.
«La questione della migrazione - dice - s'intreccia con la questione dell'identità, della terra e del confine e se gli uomini non detestassero ricordare, saprebbero che abbiamo un'unica origine, che da sempre ci spostiamo da un luogo all'altro, che siamo stranieri in mezzo a stranieri, che il confine è fluido e laddove cede e accoglie nasce la vita, laddove s'irrigidisce diventa fronte e scatena guerre».
Ci sono due modi di reagire alla propria storia, prosegue lo scrittore ebreo, impegnato nel recupero e nella rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell'Europa orientale.
«Uno è quello di coltivare la memoria della propria storia e farne un punto di rimessa in questione della propria esistenza. L'altro è quello di rifiutare l'altro che viene verso di te ricordandoti quello che sei stato, mettendoti in crisi. Ma le persone non amano stare in crisi, vogliono stare tranquille. Il che è un'aspirazione ridicola. Stare tranquilli è morire prima del tempo». Invece, gli esseri umani soffrono la sindrome dell'accerchiamento, hanno paura dell'Altro, ma l'Altro non è il nemico da eliminare per pacificare la comunità, è lo straniero che abita in noi, quella parte inquieta di noi che ci spaventa e noi abbiamo paura, anzi terrore, di noi stessi. «Nella Bibbia - incalza - la questione dell'Altro è ampiamente narrata, fin dalla storia di Caino e Abele. Caino è il primogenito, Abele il secondo. Caino vive l'ebbrezza che il mondo sia tutto per lui. Abele è l'Altro. Caino non è cattivo come la vulgata dei chierici ci ha ammannito per troppo tempo. Caino fatica a contenere in sé la violenza perché è messo in crisi dall'arrivo del fratello. Deve mettere in questione la propria identità».
E poi c'è la questione della terra. «Una storiella ebraica rende molto bene quanto sia grottesca la storia della terra.
Due ebrei litigano per un posto al cimitero. Si avvicina un rabbino e chiede perché litigate? Vogliamo lo stesso posto. Chiediamo alla terra che ne pensa, media il rabbino. La terra ha detto che sarà del primo che ci vuole arrivare». La Bibbia ha genialmente risolto la questione: «Essa ci racconta come l'identità ebraica si sia formata fuori dalla terra. La storia di Abramo comincia con la voce del divino che gli dice: “Vattene dalla Casa del padre, vattene dalla tua terra”. Noi dobbiamo uscire dalla nostra terra se vogliamo fondare un'etica degna di questo nome, dobbiamo lasciare la Casa del padre, perché essa non è una proprietà inalienabile».
La stessa storia della diaspora ebraica ci parla di un'identità in movimento. Chi erano gli ebrei che seguirono Mosè? «Erano una massa piagnucolosa e sbandata di asiatici male in arnese. Israeliti, mesopotamici, transfughi egizi, ittiti, accadi, e molti abiru, delinquenti, ruffiani, ladri grassatori, anarchici, un mucchio selvaggio. La loro identità è molteplice, la loro patria è la Torah, una patria mobile, trasportabile. E siccome, contrariamente a quanto ne pensano gli antisemiti, gli ebrei sono uguali agli altri uomini, non esistono identità forti contro identità deboli, stanziali e migranti. Siamo tutti vagabondi in cerca di noi stessi».
La seconda giornata del Festival inizia alle 11, con l'incontro di Simona Forti e Gabriella Baptist, sul tema “Che senso ha oggi continuare a parlare di male?”. Seguirà alle 16, il dialogo di Benedetta Tobagi con Paola Piras, su “Indagare il passato: la verità tra scienza e fiction”.
Franca Rita Porcu

 
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8 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Cultura (Pagina 51 - Edizione CA)
FESTIVAL
Dal 4 al 7 giugno a Cagliari
Il buon vento di Leggendo Metropolitano

L'ha detto anche il presidente Mattarella all'inaugurazione del Salone del libro di Torino: «"Leggere non è solo una ricchezza privata, ma un bene comune, ossigeno per le coscienze. La lettura è una porta sul mondo, leggere ha a che fare con la libertà e con la speranza». E poi «i libri rendono più liberi», con sottolineatura della perfetta sovrapposizione, in latino, dei due termini. Contemporaneamente, a Cagliari si salutava, in ventilata conferenza stampa al bastione di Santa Croce, la settima edizione di Leggendo Metropolitano. Tema: “Il vento che aspettiamo”, col maestrale che sembrava un effetto teatrale. Invece era vero. Vero come Saverio Gaeta, direttore artistico del festival di letteratura che dal 4 al 7 giugno abiterà Castello con le tante voci mondiali della letteratura ospitate. Gaeta è vero perché parla col cervello e con la pancia, e questo mix conferisce al suo “LM” il senso di stanare contraddizioni e convulsioni del presente, con un valore aggiunto, quel «ci metto la faccia» che rende la sua faccia e la sua verve simpaticamente credibili.
A dare consistenza a questo festival, sottolineano l'assessore alla Cultura Enrica Puggioni e al Turismo Barbara Argiolas, non è solo una rosa di nomi che riguardano la letteratura mondiale, Nobel inclusi, ma è la sensazione che davvero questo contenitore di idee attivi processi, catalizzi nuove modalità di pensiero. E crei connessioni col territorio e il turismo, a iniziare dal quartiere che anima per quattro giorni, e non con notti di movida, per finire al coinvolgimento di scuole e università. È da queste che ormai tutto deve partire, e meno male, osserva Gaeta, che il rettore (Maria Del Zompo, prima donna rettore nell'Università di Cagliari, ndr) è persona illuminata che ha aperto le porte dell'ateneo agli illustri ospiti del festival. Che sono tanti e attraenti (vedere il sito leggendometropolitano.it per il programma completo). Si parte giovedì 4 giugno, alle 19, a Santa Croce: il filosofo-caso mediatico Diego Fusaro parla di Gramsci e di come riprenderci il presente. Segue incontro su scuola, società e inclusione, con Franca Bose, Marco Espa, con la sua Associazione ABC, Alessandra Farris. Alle 21 in Piazza Palazzo, al posto delle auto in sosta, le parole (“fra noi leggere”) di Enrique Vila Matas e alle 22,30 quelle di Vinicio Capossela, con le sue Fole. Venerdì 5 il clou è alle 20 in Piazza Palazzo con il Nobel 2004 Aaron Ciechanover, ma prima e dopo, fra facoltà di Architettura e Bastione Santa Croce, tanti appuntamenti. Sabato 6 idem: clou alle 22 in Piazza Palazzo con Hanif Kureishi, a 25 anni dal celeberrimo “Il Budda delle periferie”; prima, dibattiti su forza delle parole, malaffare, e il caso di una donna italiana-israeliana, Angelica Calo Livnè, che col teatro unisce bimbi palestinesi e israeliani. Domenica 7: si va dal tradurre al nipote di Hemingway. Tutte le mattine, dalle 9,30, in programma anche il Book Camp ai Giardini pubblici. Gran finale, il 7 alle 22 in Piazza Palazzo, con Patrick Mcgrath: “FolleMente”.
Raffaella Venturi
 
 
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9 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Cronaca di Cagliari (Pagina 26 - Edizione CA)
L'assessore Erriu sulla città metropolitana: collaborazione tra enti e Comuni
AREA VASTA, VIETATO SBAGLIARE Zedda: «Una è sufficiente»

L'obiettivo è non ripetere l'errore delle otto Province per un'isola di un milione e seicentomila abitanti. «Con le città metropolitane non si deve cadere nella stessa tentazione: ne basta una», dice il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, tirando ovviamente l'acqua al suo mulino.
«Altrimenti tra dieci anni si arriverebbe a un referendum abrogativo. Sento parlare di Sassari come seconda città metropolitana della Sardegna. A quel punto anche Olbia vorrebbe una sua area vasta. E dopo ci sarebbero Nuoro, Oristano. Pure Las Plassas potrebbe diventare città metropolitana», scherza il primo cittadino.
IL CONVEGNO La questione però è seria e ha monopolizzato il dibattito organizzato dal servizio Pianificazione strategica e territoriale del Comune, insieme al Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università. Un seminario di due giorni sulle nuove «geografie metropolitane» disegnate dalla riforma Delrio.
I NUMERI L'area vasta di Cagliari comprende 16 comuni. Oltre al capoluogo, ci sono Assemini, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Pula, Quartu, Quartucciu, Sarroch, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai e Villa San Pietro. Più di mille chilometri quadrati per 421mila abitanti. La densità abitativa del territorio è di 379 abitanti per chilometro quadrato, ovvero il 25,4 per cento dell'intera popolazione sarda. I numeri, in questo caso, sono più che mai importanti. «Attraverso numeri indiscutibili», ha detto l'assessore regionale agli Enti locali Cristiano Erriu, «si mette in evidenza come la città metropolitana di Cagliari non nasca in contrapposizione, ma per collaborare con il resto dei Comuni e degli enti della Sardegna».
BILANCI ON LINE L'assessore ha anche annunciato che presto sarà disponibile sul web «un sistema di consultazione dei bilanci di tutti i Comuni dell'isola, realizzato dagli Enti locali. Sarà strumento molto utile». Al convegno, durante il quale sono intervenuti anche la docente di Urbanistica Emanuela Abis e il direttore del centro documentazione e studi dei Comuni italiani Walter Tortorella, Francesco Agus ha tracciato il percorso della riforma in Consiglio regionale: «Abbiamo convocato in commissione i sindaci delle 16 amministrazioni interessate dalla città metropolitana, contiamo di portare in aula il testo definitivo entro la fine di giugno». Secondo il consigliere regionale di Sel bisogna evitare campanilismi: «La città metropolitana è un'occasione che può servire a trainare il resto della regione. Altrimenti c'è il rischio che Cagliari diventi la capitale di un'isola deserta».
Michele Ruffi
 
 
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10 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
HI-TECH. Il prototipo realizzato all'istituto tecnico Giua sarà presentato a Bruxelles e Phoenix
CONSERVA, CIBI FREDDI A COSTO ZERO

L'apparecchio di 4 studenti sardi non consuma energia elettrica
Il primo errore da evitare, è chiamarlo frigorifero. In realtà, «si tratta di un dispositivo che funziona ad acqua e consente di conservare cibo a basse temperature», spiega Antonello Zizi, docente di informatica all'Istituto tecnico Giua di Cagliari. Insieme agli studenti Matteo Monni, Emma Bordigoni e Preet Saini ha realizzato “Conserva, un modello che si comporta quasi come un normale frigorifero con la differenza, però, che non consuma energia elettrica. Un prodigio? Niente affatto. Si tratta di un nuovo elettrodomestico che potrà rivoluzionare il nostro modo di conservare alimenti e bevande perché, per esempio, consente di mantenere in ottimo stato la carne fino a 15 giorni. La grande differenza consiste nel fatto che mentre per far funzionare un frigorifero si spendono in media ogni anno tra i 160 e i 380 euro, per “Conserva” il costo dell'energia elettrica è zero.
ECCO COME FUNZIONA «Il dispositivo è interamente controllato da un micro processore silenzioso che si ricarica attraverso una piccola cella solare sistemata sulla parte superiore», spiega Zizi. Premesso che per far funzionare il microprocessore sono sufficienti 60 minuti di sole al giorno, «il freddo viene generato in modo assolutamente naturale». L'acqua accumulata in un piccolo contenitore sistemato all'esterno viene spruzzata sulle pareti di “Conserva” attraverso un meccanismo controllato dal microprocessore. Per effetto dell'evaporazione, la temperatura delle pareti bagnate si abbassa e in questo modo si genera l'effetto frigorifero e la temperatura interna scende fino a 10 gradi in meno rispetto a quella esterna. «È esattamente ciò che facevano le nostre nonne», spiega Zizi. «Per rinfrescare la frutta, la sistemavano in terrine di cotto piene d'acqua. L'evaporazione provocava un abbassamento della temperatura dell'acqua e gli alimenti restavano al fresco». Ma quanto costa “Conserva”? «Tre litri di acqua ogni tre mesi», ma non raggiunge le basse temperature fino a 3-4 gradi, tipiche di un normale frigorifero né potrà congelare i cibi. Ma il risultato è lo stesso.
L'altro vantaggio è che per conservare a lungo i cibi il dispositivo non “lavora” solo sul freddo. «Il meccanismo controllato dal microprocessore crea all'interno di “Conserva” l'effetto sottovuoto». E ogni volta che lo si apre sono sufficienti 60 secondi per ricreare le stesse condizioni, mentre «il microprocessore funziona con una potenza di un terzo di watt e si ricarica con l'energia solare in 10 minuti». Non solo. «Insieme al sottovuoto, si mette in funzione una lampada a raggi ultravioletti che serve per evitare la formazione di batteri e che ha un consumo bassissimo». La rivoluzione di “Conserva” non fa leva, quindi, solo o soprattutto sul freddo. «Per la conservazione dei cibi sono fondamentali il sottovuoto e i raggi ultravioletti».
Conti alla mano, appena verrà prodotto su scala industriale occorreranno 600 euro per il modello grande e 200 per quello piccolo. Intanto Europa e Stati Uniti hanno già puntati i fari: “Conserva” parteciperà alla principale manifestazione scientifica europea dedicata agli studenti delle scuole superiori, “Milset ese”, a Bruxelles nel mese di luglio, e a quella americana, “Isef Intel”, a Phoenix in Arizona nel 2016.
Mauro Madeddu
 
 
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11 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Provincia di Oristano (Pagina 22 - Edizione OR)
Università
Due giornate per il MeetJob

Si rinnova anche quest'anno l'appuntamento con il MeetJob, evento formativo organizzato dal Consorzio Uno, in collaborazione con le associazioni studentesche e i corsi di laurea, utile per conoscere quali possono essere gli sbocchi occupazionali dei corsi di laurea attivi a Oristano. Diverse le attività in programma. Il primo appuntamento si terrà il 19 e il 20 maggio e riguarderà il corso di Economia e gestione dei servizi turistici. A partire dalle 9.30 avrà luogo una conferenza sugli sbocchi occupazionali dell'Event Management. Nel pomeriggio e nella giornata del 20 maggio, invece, si svolgerà un workshop dal titolo “Gli eventi collaterali: idee e proposte per una valorizzazione a fini turistici della Sartiglia di Oristano”: i partecipanti dovranno ideare e pianificare un evento connesso alla Sartiglia. Le attività del MeetJob 2015 si svolgeranno nel teatro San Martino e nel chiostro del Carmine. ( sa. pa. )
 
 
L’UNIONE SARDA

12 - L’UNIONE SARDA di sabato 16 maggio 2015 /
Speciale (Pagina 49 - Edizione CA)
Il dolore si controlla immaginandosi di non averlo
Il dolore si controlla anche immaginandosi di non averlo. E ora una ricerca del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell'Università di Pisa apre nuove prospettive per il controllo del dolore attraverso l'uso di suggestioni di analgesia, cioè la richiesta fatta al paziente da un operatore di immaginare che non sta avvertendo dolore.
«Nei soggetti altamente ipnotizzabili - afferma la professore Enrica Santarcangelo - l'analgesia da suggestioni è considerata l'effetto di un cambiamento nella relazione tra due regioni cerebrali coinvolte nel controllo dell'esperienza e del comportamento, il cingolo anteriore e la corteccia prefrontale ma i nostri studi indicano che l'analgesia da suggestioni non è dovuta all'ipnotizzabilità in sé, ma all'interazione tra ipnotizzabilità e alcune caratteristiche cognitivo-emotive legate al sistema limbico, una regione del cervello molto antica. Ciò implica che le psicoterapie capaci di influenzare queste caratteristiche (ansia, paura di situazioni spiacevoli) potrebbero migliorare la risposta alle suggestioni di analgesia. In altre parole, anche i pazienti che non hanno un alto grado di ipnotizzabilità potrebbero essere efficacemente trattati con tecniche suggestive»
Lo studio è stato condotto in collaborazione con Chiara Mocenni, ricercatrice del dipartimento di Ingegneria dell'informazione e Scienze matematiche dell'Università di Siena, attraverso la Recurrence Quantification Analysis applicata all'elettroencefalogramma.


La disperazione resta uno dei motivi principali di fuga di chi non ha alternative: «Soprattutto per chi ha un grado di istruzione basso, e sono tanti in una regione con alti tassi di abbandono scolastico», prosegue Pruna. «Ragazzi, ma anche quarantenni e cinquantenni, che non hanno famiglie in grado di aiutarli economicamente nell'attesa di un'occupazione. Padri di famiglia che non possono più aspettare e voltano pagina portando con sé l'intera famiglia».


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