Lunedì 16 febbraio 2015

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 febbraio 2015

ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI      


 
L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 febbraio 2015 / Cronaca di Cagliari (Pagina 12 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ
Bandi Erasmus: 300 borse  di studio
Due nuovi bandi e trecento borse di studio. Con questi., l’Università di Cagliari prosegue il suo impegno nel settore della mobilità internazionale, ampliando l’offerta tradizionale del percorso interno al corso di studi. Il bando Erasmus+ Tesi (scadenza 2 marzo) prevede soggiorni di durata fino a tre mesi per 55 laureandi, che compiranno un periodo di ricerca e studio, concordato con il proprio relatore, finalizzato a completare o arricchire tesi e curriculum.
Il secondo, Erasmus+Traineeship (scadenza 5 marzo) selezionerà 250 laureati che vogliano svolgere un periodo di tirocinio in uno dei Paesi aderenti. Gli importi delle borse variano dai 550 ai 680 euro mensili.
«È meglio conoscere l’Europa da subito con risorse messe a disposizione dall’Università e dalla Regione», ha sottolineato Anna Aloi, responsabile del Settore mobilità studentesca, «piuttosto che pesare sulle famiglie quando si dovrà comunque fare i conti con la dimensione ormai internazionale del mercato del lavoro». (cl.m.)
 


2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 febbraio 2015 / Agenda Cagliari (Pagina 13 - Edizione CA)
VENERDÌ. Buoncammino
Gli architetti e il futuro del carcere
Si parlerà del futuro di Buoncammino, venerdì, alla Facoltà di Ingegneria e architettura. La giornata di studi, nell’aula magna di via Corte d’appello, comincerà alle 9,30 per concludersi intorno alle 18. Sarà un’occasione di confronto con esperienze e buone pratiche già adottate e realizzate: tra queste, la riqualificazione dell’ex carcere delle Murate a Firenze, che sarà illustrata dal progettista, l’architetto cagliaritano Mario Pittalis, del Comune di Firenze, e dall’architetto Paola Mura. I lavori saranno introdotti dal direttore del dipartimento di Architettura Antonello Sanna e dalla docente Emanuela Abis. Alla tavola rotonda parteciperanno il sindaco Massimo Zedda, l’assessore all’Urbanistica Paolo Frau, il rettore Giovanni Melis, Rettore Università di Cagliari, il direttore dell’Agenzia del demanio Rita Soddu e il presidente dell’Ersu Antonio Funedda.
 


3 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 febbraio 2015 / Agenda Cagliari (Pagina 13 - Edizione CA)
MONUMENTI APERTI
Terzo appuntamento mercoledì alle 16 con i seminari di approfondimento “Le identità locali”, organizzati dall’associazione Imago Mundi Onlus in occasione della XIX edizione di Cagliari Monumenti Aperti 2015, che si svolgeranno al Centro Comunale d’Arte e Cultura “Il Ghetto Due”. Nella prima parte Fabio Pinna (Università di Cagliari) parlerà su Fabbriche, prodotti e operai: appunti per un’archeologia industriale della Cagliari del XX secolo; nella seconda parte invece Laura Zanini (Università di Cagliari) guiderà tra Piazze, spazi pubblici e luoghi della Cagliari del XX secolo.
 
 
 
 


LA NUOVA SARDEGNA
 
4 – LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 16 febbraio 2015 / Cultura e spettacoli - Pagina 29
IL DIBATTITO. Letteratura tra antropologia e filosofia
Pubblichiamo in questa pagina un estratto della relazione tenuta da Massimo Onofri (nella foto) al convegno “La critica come critica della vita. Alle radici antropologiche e filosofiche della critica letteraria”, tenutosi a Sassari dal 12 al 13 della scorsa settimana a cura del Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali. Titolo della relazione, “ Critica della vita e storiografia letteraria”. Il convegno ha visto la partecipazione di autorevoli critici letterari e studiosi di letteratura, tra i quali Alfonso Berardinelli, Giorgio Ficara, Salvatore Silvano Nigro e Sergio Sotgiu.
 
IL CONVEGNO ALL’UNIVERSITÀ DI SASSARI: LA RELAZIONE DI MASSIMO ONOFRI
Valutare opere letterarie: un contributo alla costruzione del senso della vita del lettore, a cominciare da quel lettore speciale che è il critico stesso
di MASSIMO ONOFRI
Che cosa fa il critico letterario in quanto critico della vita quando, volgendosi al passato, si prova a fare storia, a restituire cioè, secondo una sintassi inevitabilmente narrativa, almeno una traccia, fantasmatica quanto si vuole, di ciò che è stato? E ciò che è stato in che modo e in che senso potrebbe essere avvenuto? Se il critico della vita si appresta a riconsegnarci, di quei fatti, una fabula per così dire historica, non potrà non formulare le sue domande in relazione a quel lector che, seppure in fabula, è esattamente lo stesso, in carne e ossa, cui si rivolge quando gli dà conto del libro del giorno, con disposizione militante e dentro l’orizzonte della contemporaneità: insomma quel lettore che, calato nelle vicende ormai deposte e forse in cenere, leggeva mentre viveva, mangiava, soffriva, sognava e magari faceva anche l’amore. L’arte della recensione. Tali ragionamenti mi raggiungono, con inesorabile e ineludibile consequenzialità, al termine d’un percorso cominciato nel 2007 con “La ragione in contumacia. La critica miltante ai tempi del fondamentalismo”, dove mi provavo a fondare, diciamo così, filosoficamente la critica (non solo letteraria) come critica della vita, arrivando a circoscriverne il significato quale contributo alla costruzione del senso della vita del lettore, a cominciare da quel lettore speciale che è, appunto, colui che scrive dopo aver letto. Sarebbe poi venuto “Recensire. Istruzioni per l’uso” (2008), che soltanto all’apparenza risulta un manuale relativo all’arte della recensione, mentre, nella sostanza più vera, si candida a essere una riflessione, in qualche modo trascendentale, relativa al luogo per eccellenza, e cioè la recensione, ove la critica come critica della vita si eserciterebbe. Che cosa empiricamente fosse per me la critica della vita – mi verrebbe addirittura di chiamarla, se non temessi di provocare la suscettibilità dei professionisti, filologia della vita –, ho poi cercato di mostrarlo in due libri, apparsi rispettivamente nel 2009 e nel 2011, e cioè “Il suicidio del socialismo. Inchiesta su Pellizza da Volpedo” e “L’epopea infranta. Retorica e antiretorica per Garibaldi”: laddove un destino individuale tragico, quello di Pellizza, veniva proiettato sullo sfondo della storia del socialismo, dentro un sistema di sintomi e premonizioni, mentre l’icona di Garibaldi veniva studiata mitograficamente in rapporto all’uso antropologico e politico che ne veniva fatto da scrittori e pittori italiani, nel quadro d’un densissimo capitolo di autobiografia della nazione. Sentimento e coscienza. Critica letteraria e storiografia, insomma. Con un’appendice di domande ulteriori. Ecco: dove bisognerà cercare l’eventuale significato di quella vita che fu? Occorrerà forse rintracciarlo nel sentimento e nella coscienza di chi, quei fatti, sotto un riguardo letterario, ha veramente vissuto? Oppure nel racconto di chi si prova a ricostruirli, quei fatti, a passioni per così dire spente se non del tutto incenerite, e dentro una distanza all’apparenza imperturbata, eppure sempre molto equivoca? Non v’è dubbio che la storiografia letteraria – anche la più aggiornata, quella passata per la cruna di tutti i sospetti metodologici e teorici trionfanti nel secolo appena trascorso – si porta ancora e sempre dietro un’impronta teleologica, poco importa se di marca idealistica o materialistica, nei modi d’uno storicismo che quella stessa storiografia letteraria ha per altro generato. Storicismi. Soprattutto in quei manuali scolastici che tanto assillavano – devo sottolineare: giustamente – l’ultimo preoccupatissimo Fortini. E’ difficile, in effetti, non riudire ogni volta, dentro ogni storia letteraria, come un squillo di tromba che annuncia l’avvenire, con quel che di sorti magnifiche e progressive, lo stesso squillo che indusse il padre di tutti gli storicismi, e cioè Francesco De Sanctis, a interrompere per un istante la stesura del suo capolavoro in modo da registrare con giubilo, sulla pagina, la presa di Roma. Cosa voglio dire con ciò? Che, nella riorganizzazione e gerarchizzazione dei fatti avvenuti, sulla scorta dei valori proclamati nel presente di chi storicizza, il passato rischia sempre di essere letto finalisticamente, ovvero come la preparazione di ciò che il presente ogni volta proclama. Con l’ovvio corollario che, come vide bene Benedetto Croce, la storia (e con essa anche la critica) resti, sempre e comunque, storia contemporanea, se è vero che la contemporaneità continua a essere il terreno di coltura di quel larvale fantasma che è, con evidenza, il passato, riflesso nello specchio offuscato del presente. Il caso Calvino. Faccio un esempio tra mille possibili, e ha a che fare con la fortuna in vita e immediatamente postuma di Italo Calvino il quale, a un certo punto, proprio a cominciare dai manuali scolastici, sembrava diventato lo scrittore italiano più importante del secondo Novecento. A determinare questa specifica consacrazione era stata, ovviamente, la cultura strutturalistico-semiologica dominante, che aveva ravvisato in Calvino, da “Il castello dei destini incrociati” (1973) a “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979), l’autorevole garante della sua dogmatica. Inutile aggiungere che, una volta crollata quella cultura, anche il valore di Calvino s’è molto deprezzato nel borsino letterario, sommando ingiustizia a ingiustizia: prima quella nei confronti d’uno scrittore esageratamente celebrato, poi ferocemente e iniquamente ridimensionato. Storia della vita. Ecco: io credo che allo storico in quanto critico della vita, in nome d’una più perplessa e scettica idea del tempo e dei suoi misteriosi incroci, delle sue elusioni e reticenze, dei suoi clamori, dei suoi illusionismi prospettici, tocchi il dovere di riproblematizzare i rapporti tra passato e presente, magari in vista d’una storia della vita che, nel mentre scorre, non potrebbe mai coincidere con la storia dei valori che, un domani, qualcuno ne distillerà.
 

    


QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa MIUR

 

Questionario e social

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