UniCa UniCa News Rassegna stampa Venerdì 28 novembre 2014

Venerdì 28 novembre 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
28 novembre 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Elezioni, economia e futuro
Molti politici, pochissimi statisti
Beniamino Moro
Non c'è bisogno di scomodare De Gasperi («Uno statista pensa alle prossime generazioni, un politico alle prossime elezioni») per capire, dai commenti seguiti alle recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria, che in Italia c'è carenza di statisti. Di cosa si dovrebbe preoccupare oggi uno statista? In ordine di priorità, al primo posto c'è la sostenibilità del debito pubblico, al secondo la ripresa dello sviluppo economico, al terzo l'efficienza della pubblica amministrazione, a cominciare dalla giustizia. Nelle spiegazioni dell'assenteismo elettorale, che in una regione tradizionalmente politicizzata come l'Emilia-Romagna ha raggiunto il 62,3%, nessun commento dei leader politici ha fatto riferimento al dubbio che molti elettori che non sono andati a votare, prima ancora delle vicende locali e delle lotte intestine tra partiti e dentro i partiti, abbiano voluto esprimere una severa condanna di tutte le forze politiche per la loro ingordigia di spesa pubblica e l'incapacità manifestata a gestire queste tre priorità.
Renzi, cui la scaltrezza del politico non fa difetto, da capo del governo ha dimostrato la sua totale incomprensione del problema. Il premier pensa alle elezioni: a caldo ha detto che «qualsiasi persona normale dovrebbe essere felice» per il risultato del suo partito (16,8% dei consensi sull'intero elettorato, neanche due persone su 10). Aggiungendo, a corredo del fatto che in Emilia-Romagna il Pd ha perso 700 mila voti (il 60%) dalle elezioni europee di pochi mesi fa, che «la non grande affluenza è un elemento che deve preoccupare, ma è secondario. Negli ultimi 8 mesi su 5 elezioni il mio partito le ha vinte tutte: 5 a zero». Poi ha concordato col presidente Orfini la linea del partito da portare alla prossima direzione Pd fissata per il primo dicembre: «Le elezioni servono a indicare chi governa e non solo per contare quanti votano. Il successo del Pd è difficilmente banalizzabile nella sola chiave dell'affluenza, come vorrebbero gli oppositori interni ed esterni». Non una parola sui motivi d'insoddisfazione degli assenteisti. (...) SEGUE A PAGINA 12

Politica Italiana (Pagina 12 - Edizione CA)
Elezioni, economia e futuro
Molti politici, pochissimi statisti
Beniamino Moro
(...) Il premier ne fa una questione di riforme. «Le riforme - dice - sono e restano la risposta concreta del governo ai problemi del Paese, disaffezione al voto compresa». Detta così, anche gli assenteisti delle urne sarebbero d'accordo, solo che le prime riforme cui pensano sarebbero le tre priorità sopra elencate, non certo la legge elettorale né il Jobs Act ridotto al feticcio dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cui invece pensano Renzi e il suo governo.
Tuttavia, tolta la Lega che ha aumentato i suoi consensi, anche i partiti di opposizione hanno subito una debacle storica: rispetto alle europee della primavera scorsa, il M5S perde 2 elettori su 3 in Emilia e 3 su 4 in Calabria, mentre FI perde 2 elettori su 3 in Emilia e 1 su tre in Calabria. Segno che neanche l'opposizione è in grado di capire e di dare risposte convincenti all'elettorato disaffezionato. L'unica risposta vincente, quella della Lega, vive sulla proposta anti-euro, il che aumenta e non diminuisce le perplessità e le condizioni di drammaticità in cui si dibatte la politica italiana, fatta appunto da “politici” e non da “statisti”.
Il debito pubblico italiano viaggia su un crinale di insostenibilità di lungo periodo, che può diventare molto breve se cambia il flusso dei movimenti internazionali di capitale, che negli ultimi due anni, grazie a Draghi e alla fuga dai Paesi emergenti diventati troppo rischiosi, ci ha temporaneamente favorito. La Commissione Ue, nel dare il suo benestare alla manovra finanziaria 2015, ribadisce ancora una volta i rischi legati al nostro debito troppo elevato, che si configura come uno squilibrio macroeconomico eccessivo, per il quale il nostro Paese resta sotto esame sino a marzo. Il Governo non riduce, come aveva promesso, la spesa pubblica improduttiva, quella della politica, compresi i vitalizi vergognosi e i costi delle aziende partecipate (oltre 10 mila, secondo Cottarelli, di cui 2.671 con consiglieri di amministrazione più numerosi dei dipendenti), mentre aumenta le tasse. Il settore edilizio è già distrutto dalle tasse (passate dai 9 miliardi dell'Imu del 2012 ai 30 miliardi dell'Imu+Tasi del 2014).
 Che speranza abbiamo in queste condizioni, con un quarto delle piccole e medie imprese fallite e le altre a rischio di fallimento imminente, che ci sia la ripresa? Renzi è soddisfatto che alle ultime elezioni regionali ha vinto 5-0, anche se solo col 16,8% degli elettori. C'è qualcosa che non torna: mancano gli “statisti” che pensino alle future generazioni mentre abbondano, crescendo come il debito pubblico, i politici che pensano alle prossime elezioni.
 
 
 
L’UNIONE SARDA 
2 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Commenti (Pagina 43 - Edizione CA)
IN EVIDENZA – Risponde Massimo Crivelli
Nemmeno gli economisti hanno formule magiche
Seguo con interesse gli editoriali di Beniamino Moro, riconoscendogli che, trattando settori dell'economia di difficile recepimento da parte dei non addetti ai lavori, ci trasmette dati ed argomentazioni con tale concretezza e lucidità da farli diventare accessibili a tutti. Nell'enunciare la politica del nostro premier, fatta di blocco degli stipendi degli statali, di finanziamenti in deficit incrementativi del debito pubblico e distruttrici del sistema pensionistico, di manovre flottanti dai 30 ai 36 miliardi, di bonus elettorali improduttivi da 80 euro, di prevedibili catastrofici aumenti dell'Iva alla giapponese, nel porre in risalto la pervicacia di Renzi nel rifilarci tasse e balzelli mascherandoli da interventi risolutivi per la ripresa economica, il Prof. Moro più volte evidenzia e critica gli effetti negativi delle proposte contenute nella Legge di Stabilità, confortato dalle bacchettate che in chiave europea Barroso ed Junker hanno rifilato. Ciò che però non riesco a trovare nei suoi scritti, probabilmente mi sfugge, in contraltare alle valutazioni ed ai commenti negativi, una sua propria, di Beniamino Moro, esplicita autonoma proposta, ovvero una molteplicità di possibili soluzioni economico-strutturali, che il nostro governo dovrebbe adottare per uscire dal miracolismo renziano. (...) Se riuscissimo a far giungere a Roma delle serie formule di politica economica realmente realizzabili, avremmo già ottenuto un risultato che, quanto meno, ci rincuorerebbe. Se Lei ne dispone, come ritengo, esponga queste formule e ci metta in condizioni di pretenderne l'applicazione da parte di Renzi. La ritengo di gran lunga più qualificato di Yoram Gutgeld.
Gesualdo Gorini
 
Non posso che “girare” i suoi interrogativi a Beniamino Moro, commentando positivamente l'ottimo riscontro che ottengono i suoi editoriali. Mi permetto solo di aggiungere che sarebbe un po' ingeneroso pretendere dal professore che, impugnando una bacchetta magica, esponesse al nostro governo nazionale le formule per risolvere gli annosi e gravissimi problemi del Paese. Non le pare? Cordialità.
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
3 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Commenti (Pagina 43 - Edizione CA)
Renzi e il caso-Emilia
Non bastano più gli effetti speciali
Giuseppe Marci
Stupirsi e minimizzare: sembrano gli atteggiamenti prevalenti dopo la clamorosa astensione dell'Emilia-Romagna. Come se, insieme ad Alice, vivessimo nel paese delle meraviglie, tutto fosse per noi nuovo e inaspettato.
Io guardo le facce dei miei colleghi, quando nei consigli che gestiscono le strutture universitarie sentiamo dire che non possiamo non votare a favore perché ciò è inevitabile sulla base di una certa norma. Ciascuno pensa: ma allora, se ogni cosa era già decisa, perché mi fai perdere tempo a venire fin qui e trascorrere ore noiose a sentir elencare numeri e date di leggi, circolari, articoli e commi?
Ecco: immagino fosse un sentimento diffuso tra coloro che avrebbero dovuto votare, in Emilia-Romagna. Poi i commentatori, come è giusto che sia, hanno analizzato con molta sottigliezza l'inaspettato evento. C'è anche chi ha spiegato che la causa di tutto sta nella “disintermediazione” operata da Renzi, che se l'è presa con i corpi intermedi, sindacati e cooperative, e i sindacalizzati e i cooperanti non sono andati a votare. Può darsi, tutto è possibile. Ma è strano, che in un mondo sanguigno e reattivo qual è quello italiano (ed emiliano!) i “disintermediati” se ne siano rimasti buoni buoni a casa, anziché andare a votargli contro, a Renzi: magari mettendo il proprio segno sul simbolo di Grillo o della Lega, tanto per fargli dispetto. E Renzi dichiara che tirerà dritto: «Queste elezioni non avranno ripercussioni sul mio governo. [...] Continuerò a provarci perché so che abbiamo un'unica possibilità, quella di rivoluzionare l'Italia». Ha ragione e ha torto. È vero che occorre cambiare radicalmente l'Italia, per decenni tenuta immobile da interessi contraddittori che si sommano per ottenere il risultato dello status quo. Ma non è vero che il governo non c'entri nulla. Il governo, come è noto, ha responsabilità su tutto: anche sulla pioggia. Figurarsi se non ne ha nel caso di una regione che per indice di votanti superava regolarmente il 90% ed è scesa sotto il 40.
Il problema è che mentre Camusso e Landini sanno mobilitare i loro “intermediati”, Renzi non ha ancora capito che è necessario coinvolgere tutti gli altri, quelli che non hanno occupazione, quelli che non ce la fanno a campare, quelli che hanno idee e vorrebbero realizzarle. Per tutti loro non bastano gli effetti speciali della Leopolda, le cene con gli amici danarosi per raccogliere fondi e i giochini delle primarie: occorre farli sentire protagonisti. Ma davvero. Altrimenti non vanno a votare.
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
4 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
Convegno
Dalla prima locomotiva all'alta velocità: così il treno ha segnato la nostra esistenza
Per chi abita l'Isola, il treno più affascinante resta quello preso da D.H.Lawrence per il mitico viaggio fatto quasi un secolo fa e raccontato nel suo “Mare e Sardegna”. Chi invece vorrebbe usarlo oggi come un mezzo di collegamento efficiente tra il nord e il sud della Sardegna, si deve rassegnare: questo treno ancora non c'è.
Ma il treno è e resta il mezzo di locomozione capace di evocare formidabili suggestioni, per la sua forza, la sua storia. Del “Treno e le sue rappresentazioni tra il XIX e XXI secolo” si parla a Cagliari oggi e domani in un convegno internazionale promosso dalla Facoltà degli Studi Umanisti dell'Università di Cagliari con l'Alliance Française de Cagliari. I lavori si aprono questa mattina alle 9 nell'aula magna Bacchisio Motzo, in via Is Mirrionis (ex facoltà di Lettere).
Duecentodieci anni fa, nel 1804, è comparsa la prima locomotiva a vapore. Simbolo di progresso e tecnologia, il treno è entrato con forza negli sviluppi della modernità, assumendo accezioni profonde e stratificate dalla lingua alla letteratura, dall'antropologia alla geografia, dall'arte alla musica, dalla canzone all'architettura, al cinema...
Nel corso degli ultimi due secoli, il treno ha subito enormi trasformazioni: da simbolo della Rivoluzione industriale a icona di morte (“treni della morte” nazisti), da sinonimo di speranza (soprattutto per i migranti alla fine del secondo conflitto mondiale) a trionfo assoluto della velocità in questo inizio di terzo millennio. Studiosi italiani e stranieri approfondiranno il tema, privilegiando piste interpretative originali e innovative, volte a riannodare i fili della memoria che ci legano in modo indissolubile al treno.
I lavori proseguono domani nell'aula magna 7, nell'ex Facoltà di Lingue e Letterature straniere, in via San Giorgio, 12.
Giovedì scorso nella sala settecentesca dell'Università sono stati presentati due volumi dedicati al treno, “Le Train de la vie qui va” e “Les Trains rêvent au fond des gares. Le train dans la poésie française du XIXe au XXIe siècle” curati da Giovanni Dotoli e tradotti da Mario Selvaggio.
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
5 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
Festival Il via questa mattina al Ghetto di Cagliari, fra gli ospiti Ricuperati e Scarpa Idee, scritture e talenti
in passerella a “Pazza Idea”
A piccoli passi verso la narrazione, dal racconto alle immagini, per far uscire allo scoperto - quando c'è - il vero talento. Parte da qui la “Pazza Idea” dell'associazione Luna Scarlatta che da oggi fino a domenica proverà a cogliere quel talento creativo che fa parte del tema della seconda edizione. Per farlo, ha radunato al Ghetto di Cagliari nomi della letteratura, ma non solo, e ha cucito un programma mirato a far emergere la creatività che genera bellezza, cambiamento e innovazione in grado di far circolare idee nuove. Oggi si parte al mattino con tre workshop.
Il primo, nella Sala delle Mura (dalle 10 alle 13) si chiama “Scrittura illeggibile di un popolo sconosciuto”, ed è a cura dello Ied (Andrea Forges Davanzati, Annalisa Cocco, Angela Cotza, Giuseppe Vallifuoco). A partire da un'idea ironica di Bruno Munari, i partecipanti dovranno realizzare un elaborato grafico assecondando la personale indole creativa. Nel frattempo nella Sala Cannoniera lo scrittore Luigi Dal Cin proporrà “Ragazzi, quante storie! L'invenzione di un testo, ovvero: cosa scrivere su quel foglio così bianco?”, in collaborazione con Imago Mundi.
Di “Foto-romanzi” si parlerà dalle 11 nella Sala della Corona con lo scrittore e saggista Gianluigi Ricuperati: con foto e avanzi di carta si tradurrá in collage “La vita, istruzioni per l'uso” di Georges Perec.
In via Santa Croce si entrerà nel vivo di “Pazza Idea” dalle 17.30 con lo scrittore Tiziano Scarpa che racconterà gli “Effetti collaterali della scrittura” in una lettura scenica del suo ultimo libro “Come ho preso lo scolo”, situazioni imprevedibili causate dall'attività letteraria.
La lectio magistralis delle 19 sarà a cura del direttore creativo esecutivo del Gruppo Ogilvy & Mather Italia Paolo Iabichino: “Narrare emozioni. I consumatori comprano, gli individui scelgono” per capire perché per mantenere efficace la comunicazione è fondamentale un vero e proprio cambio di modelli.
A chiudere la prima giornata sarà l'incontro delle 20 “Innovare per fare impresa culturale e creativa”: la giornalista e blogger Barbara Sgarzi farà incontrare Luca De Biase, Mariagrazia Mattei, Alice Soru e Sergio Benoni sul tema della creatività e della cultura che rappresentano la palestra dell'innovazione.
Per tutta la durata di “Pazza Idea” nella sala dell'Arco sarà allestita la postazione di RadioX, dal sito internet www.pazzaidea.org si potrà seguire la diretta streaming degli appuntamenti e, dalle 17 alle 20, verrà presentato Newmes, un gioco ideato dagli studenti del CLab dell'Università di Cagliari che coinvolge e invoglia le persone a migliorare il proprio modo di pensare prendendo spunto da sette strumenti del pensiero ideati da Edward de Bono. (gr.pi.)
 
 
 
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6 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Cultura (Pagina 46 - Edizione CA)
Domani a La collina
Un impegno per i bambini invisibili
Domani alle 9.30 la Comunità La Collina, a Serdiana, ospita la giornata di studi curata da Rosella Onnis “Un impegno visibile per i bambini invisibili”, momento conclusivo del corso universitario Unicef di Cagliari di Educazione allo sviluppo , dedicato alla volontaria Ester Mura.
Coordinati da don Ettore Cannavera (nella foto), interverranno Giacomo Guerrera, Claudio Tozzi, Laura Baldassarre, Maria Alessandra Pelagatti, Michela Capone, Carlo Pilia. Dalle 15, coordinati da Paola Piras interverranno Marina Bardanzellu, Isabella Mastropasqua, Ugo Bressanello, Angela Quaquero, Laura Pinna, Donatella Olla.
 
 
 
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7 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Speciale (Pagina 11 - Edizione CA)
«Giovani,credete in quest'Europa»
Anthony Muroni
FIRENZE La prima risposta che l'ex governatore della Bce Jean Claude Trichet vuol dare è alla domanda che nessuno gli ha fatto.
«Io sono cresciuto in un mondo in cui sembravano esserci solo due soluzioni: l'Occidente e il blocco comunista dell'Urss. Ora il mondo è cambiato, con tanti Paesi emergenti che portano proposte e opportunità nuove. I giovani non devono avere paura ma sperare di poter prendere parte ai cambiamenti, essendone il motore. La mia esperienza e quella della mia generazione insegna che il mondo cambia in fretta. E bisogna farsi trovare pronti».
Rispondendo al direttore de Bortoli lei ha detto che l'euro non è mai stato in discussione. Eppure i partiti anti-moneta unica stanno crescendo nelle urne di ogni Paese. Può chiarire meglio?
 «Il paradosso è che l'euro, come valuta, non è mai stato messo in discussione. E ho le prove di questo, non è una mia fantasia. Ho detto, e ripeto, che il valore dell'euro nei confronti del dollaro è sempre stato più alto. Se questa valuta fosse stata sul punto di scomparire, di volatilizzarsi, di crollare, non si sarebbe mantenuta la fiducia degli investitori e dei risparmiatori in tutto il mondo. I guai li crea proprio chi contribuisce, con queste voci infondate, a creare un timore che non ha nessuna possibilità di diventare realtà».
 È sembrato un attimo perdere la calma solo quando le hanno ricordato la proposta dell'euro a due velocità.
 «Nessuno può sorprendersi del fatto che io sia assolutamente contrario. I Paesi con l'euro a minor valore cadrebbero come sassi e abbandonerebbero la moneta unica. Ne trarrebbero molti più danni che benefici. Sappiamo per esperienza cosa è successo in casi simili in altri Paesi e il prezzo da pagare, che è molto più alto di quello degli aggiustamenti che diversi paesi hanno fatto, ordinatamente, per rimanere nell'euro. I danni sarebbero considerevoli e sarebbe molto grave per l'Europa, per il progetto europeo».
 L'euro è forse così poco popolare perché sembra dare solo regole e nessuna nuova opportunità.
 «L'Europa ora può investire in creatività, innovazione, eccellenza nell'educazione universitaria. In questo campo siamo in ritardo rispetto agli Usa: abbiamo risorse umane straordinarie, e se posso permettermi, l'Italia è particolarmente dotata da questo punto di vista. Le risorse umane in Italia sono assolutamente notevoli e dobbiamo ottenere il meglio dalle risorse umane europee. Questa è la prima considerazione che farei».
E la seconda?
 «Dobbiamo capire fino in fondo cosa succede. Le gente non è soddisfatta e critica tutte le autorità, nazionali e europee. Si tratta di un fenomeno estremamente grave. Non è l'Europa che viene rifiutata, ma sono le autorità e le istituzioni a cui la gente sta dicendo «non siamo soddisfatti, potete fare meglio». Il che vuol dire che possiamo tutti fare meglio».
Però nel suo Paese, la Francia, Marine Le Pen cresce con la proposta di uscire dall'euro e di non tornare al franco, scegliendo un'altra moneta che abbia un rapporto 1 a 1.
 «Ho già risposto sul palco e anche qua. È una proposta che non esiste. Il valore della moneta non si decide a tavolino ma viene stabilito dal totale dei risparmiatori del tuo Paese. Si tratta di proposte strumentali, che vogliono cavalcare la protesta anti-euro. È un modo come un altro per dire che si rigetta l'Europa».
 Sì, ma intanto la deflazione fa calare i consumi e, conseguentemente, l'occupazione.
 «Dobbiamo evitare la deflazione nel lungo periodo, perché la gente potrebbe essere convinta del fatto che registrare un'inflazione è cosa negativa. Tutt'altro, naturalmente. Ma l'Italia, a mio avviso, non si deve preoccupare troppo o, meglio, in maniera eccessiva. Quel che conto è il valore assoluto dell'area euro. E in questo caso i dati non sono negativi».
 Perché nell'Eurozona è accettato uno squilibrio di tassazione tra Paese e Paese?
 «Serve certamente più armonia. Questo significa sicuramente che gli asset, le regole per il computo della tassazione devono essere ridiscusse, anche se esistono difficoltà. Dobbiamo anche eliminare i comportamenti anomali di alcuni paesi che praticano volontariamente l'arbitrato fiscale e vanno oltre quello che sarebbe considerato equo. Ma dobbiamo purtroppo anche accettare che nel lungo periodo bisogna finanziare la propria spesa pubblica».
 Dunque in Italia non abbiamo speranze di abbassare l'attuale livello di tassazione?
 «Ciò che voglio dire è che dobbiamo completamente eliminare quello che è iniquo, anormale, puro sfruttamento dell'evasione fiscale. E ovviamente dobbiamo lottare contro la criminalità, è chiaro. Ma se non armonizziamo completamente i nostri livelli di spesa pubblica avremo sempre delle differenze nella tassazione. L'Italia dovrà continuare a fare scelte virtuose: se vuole abbassare le tasse, dovrà abbassare la spesa».
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
 
8 - L’Unione Sarda di venerdì 28 novembre 2014 / Cronaca di Nuoro (Pagina 26 - Edizione OR)
GAVOI. Sei mesi per conoscere il verdetto dell'istanza depositata dal difensore
L'ULTIMO RICORSO DI CONTU Il killer di Dina Dore si appella alla Corte di Cassazione
L'ultima speranza per Pierpaolo Contu è l'appello che il suo difensore, Gianluigi Mastio, ha appena depositato in Cassazione. Un'istanza che entra nel merito e contesta la sentenza pronunciata lo scorso 8 agosto dai giudici di secondo grado del Tribunale dei minori: sedici anni di carcere e l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici per l'omicidio del 26 marzo del 2008 quando Dina Dore, madre e moglie di 37 anni, venne uccisa nel garage della sua abitazione in via Sant'Antioco al centro di Gavoi.
 IL VERDETTO Con ogni probabilità il verdetto per il giovane, che è detenuto nel carcere di Bancali e che all'epoca dei fatti aveva solo 17 anni, potrebbe arrivare entro sei mesi. La Cassazione, infatti, riserva una corsia preferenziale ai fascicoli che riguardano detenuti e minori.
Il ricorso illustra le circostanze già evidenziate dal difensore durante le fasi finali del procedimento di primo e secondo grado: l'attendibilità e l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal supertestimone Stefano Lai e la questione dell'aggravante per futili motivi. Secondo l'ipotesi accusatoria, accolta finora dal Tribunale, Pierpaolo Contu avrebbe accettato di uccidere Dina Dore insieme a un complice che non è mai stato identificato in cambio di 250 mila euro per conto del marito della vittima Francesco Rocca ora a giudizio davanti alla Corte d'Assise di Nuoro.
LEGITTIMO SOSPETTO Per Rocca la pronuncia della Cassazione è arrivata mercoledì sera con il respingimento dell'istanza avanzata dai difensori Mario Lai e Angelo Manconi che chiedevano il trasferimento del processo per legittimo sospetto. I giudici capitolini hanno rigettato il ricorso e confermato la fiducia alla Corte presieduta da Antonio Luigi Demuro (a latere Manuela Anzani). Mercoledì, sempre a Roma, si è inoltre aperta l'ultima fase della perizia disposta dalla Corte nuorese: Ernesto D'Aloja, professore dell'Università di Cagliari, dovrà stabilire se sul nastro usato per legare e uccidere Dina Dore vi siano tracce di Dna non ancora isolate. Qualora ve ne fossero dovrà confrontarle con il codice genetico delle persone già coinvolte nell'inchiesta nel tentativo di dare un nome al killer che avrebbe agito insieme a Contu e al quale finora non è mai stato dato un nome.
L'AGENDA I risultati della perizia verranno depositati il 23 dicembre. Solo in seguito, la Corte fisserà una nuova udienza durante la quale il pm Danilo Tronci, i difensori e gli avvocati di parte civile, Mariano e Massimo Delogu e Giovanni Gungui, esporranno le proprie conclusioni in vista della sentenza.
Mariella Careddu
 
 


LA NUOVA SARDEGNA 
 
9 - La Nuova Sardegna di venerdì 28 novembre 2014 / Fatto del giorno - Pagina 2
I dati sul fenomeno nella nuova ricerca portata a termine dall’Osservatorio dell’Università di Sassari
Nell’ultimo anno “picco” impressionante
SASSARI Ogliastra violenta. La conferma dell’escalation trova riscontro nei dati statistici. Con 4 persone uccise negli ultimi 10 anni Ilbono è uno dei comuni sardi a maggior tasso d'incidenza per questi reati. In rapporto alla popolazione, meno di 2.200 abitanti, il paese figura al sesto posto nella classifica negativa basata sul numero degli assassinati dal 2005 a oggi. Lo precedono soltanto Loceri, sempre in Ogliastra, alcuni centri della Barbagia e qualche altro della Baronia. Tutti i nuovi elementi di analisi emergono dal quarto report di ricerca redatto dall'Osservatorio sulla criminalità dell'ateneo sassarese. Dalla stessa inchiesta a largo raggio sul territorio scaturiscono poi aspetti che inquirenti, amministratori locali, esponenti politici regionali dovranno valutare con attenzione. In Ogliastra si trovano infatti alcuni dei centri dov'è avvenuto il maggior numero di fatti di sangue: tra loro, Arzana, Ulassai, Villagrande Strisaili. Significativi gli indicatori sugli stessi crimini raffrontati ad altre aree. Se in assoluto si registrano chiaramente più omicidi e tentati omicidi nelle province maggiormente abitate di Cagliari, Nuoro e Sassari, dal 2005 in Ogliastra si sono contati sino all'altra sera 37 agguati, 12 dei quali mortali. Cifre davvero impressionanti. Specie se rapportate alla densità demografica di questa parte della Sardegna: appena 58mila abitanti, distribuiti in 23 comuni, per un totale di 1.850 km quadrati. L'inchiesta coordinata dalla sociologa Antonietta Mazzette (direttore del dipartimento di Scienze politiche) parla perciò dell'Ogliastra come di "caso significativo" per l'intensificarsi degli omicidi, "con un picco consistente proprio quest'anno". L'intera zona, nella mappa della criminalità sarda che cambia, è posta accanto ad altre dove nell'isola si apprezzano linee di tendenza analogamente preoccupanti, sempre in aree delimitate della Sardegna centro-orientale. L'inquietante fenomeno trova conferme in altre indagini dell’Osservatorio. Dalle quali risultano teatro di tentati omicidi e omicidi i pascoli e le campagne di molti altri comuni ogliastrini: Lanusei e Tortolì (4 agguati in 10 anni), Arzana, Barisardo, Ulassai e Villagrande (3 imboscate in ciascun paese dal 2005 a oggi), Gairo e Loceri (2), Cardedu, Tertenia e Ussassai (1). E visto che naturalmente i killer hanno usato fucili, pistole e bombe per mettere a segno i loro blitz, i sociologi dell'ateneo sassarese non mancano di rilevare un ultimo aspetto: l'elevatissima circolazione di esplosivi e armi tra gli abitanti. Un elemento di allarme che altrove in Sardegna ha riscontri analoghi solo nelle zone più interne. (Pier Giorgio Pinna)
 
 
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 - La Nuova Sardegna di venerdì 28 novembre 2014 / Time out - Pagina 31
GALILEO GALILEI, IL PADRE DEL PENSIERO MODERNO
Oggi a Sassari si celebrano i 450 anni dalla nascita con due conferenze
Parla Guido Tonelli, protagonista della scoperta del bosone di Higgs
di Pasquale Porcu
SASSARI In occasione dei 450 anni dalla nascita di Galileo Galilei, il Museo Scientifico dell’Università di Sassari ha promosso, per oggi, la "Giornata Galileo. Lo scienziato, l’inquisizione, l’eredità" per ricordare l’opera e l’attualità del grande scienziato. La manifestazione , con ingresso libero, si svolgerà nell’aula magna della facoltà di scienze, in via Vienna: alle 10 si parlerà degli aspetti storici con Ugo Baldini docente emerito di Storia della scienza all'Università di Padova, la seconda, alle 16, a quelli più propriamente scientifici con Guido Tonelli, professore ordinario di Fisica Generale dell' Universita' di Pisa e ricercatore associato all' Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), uno dei principali protagonisti della scoperta del bosone di Higgs.Nel corso delle due conferenze, l’attore Sante Maurizi leggerà brani dalle opere di Galileo Galilei. Professor Tonelli, tutti conoscono il nome di Galileo, pochi conoscono il suo valore scientifico. Qual è la lezione che ci ha lasciato? «Galilei non è stato soltanto un grande scienziato, ha "inventato" il metodo scientifico, cioe' quella procedura rigorosa che ha permesso alla scienza di fare i progressi impressionanti che abbiamo registrato negli ultimi 400 anni. A partire da Galilei nulla è piu' rimasto come prima, con lui nasce la modernità. Il metodo scientifico galileiano è una delle maggiori rivoluzioni nella storia dell' umanità, che ha avuto e continua ad avere un impatto paragonabile, forse, solo all' invenzione del linguaggio». Che cosa si potrebbe fare per far conoscere il pensiero galileiano nelle scuole e nelle università? «Non c'e' una ricetta magica. Occorre un lavoro continuo e paziente. Molti insegnanti lo fanno, per passione, spesso senza alcun sostegno da parte dell' istituzione. La maniera migliore di far conoscere il pensiero galileiano è praticarlo e bisognerebbe farlo fin dalle elementari. Pesare cento chiodi con una bilancia, o misurarne la lunghezza con un calibro digitale, misurare l' oscillazione di pendoli di masse e lunghezze diverse con il cronometro che è disponibile in ogni telefonino, sono misure semplici che possono essere fatte in ogni scuola». Nelle università straniere esiste l'ignoranza che c'è in Italia rispetto al valore di Galileo? «No, decisamente. Le posso citare il gioco che mi diverto a fare quando incontro colleghi di universita' straniere prestigiose. La gente del MIT di Boston mi cita le decine di premi Nobel che affollano le loro aule, ed io ascolto. I colleghi di Cambridge o della Royal Society inglese raccontano di Isaac Newton ed io ascolto. Per mettere tutti a tacere mi basta citare alcuni degli appunti di lavoro scritti da Galilei quando faceva i suoi esperimenti a Pisa. Non c'e' gara. Tutti riconoscono Galilei come padre fondatore della scienza moderna». Che cosa è stato fatto in Italia per i 450 anni della nascita dello scienziato? «A Pisa, per esempio, ci sono state celebrazioni e tanti incontri e conferenze. Quello che e' mancato semmai e' un evento internazionale, organizzato a Roma e seguito dai grandi media: un' altra occasione perduta». Che cosa rimane del metodo galileiano? «In una parola tutto. L' idea che lo scienziato che cerca di dare una spiegazione ad un fenomeno naturale sviluppa una congettura, consistente logicamente e coerente con tutte le conoscenze sviluppate fino a quel momento, e poi ne verifica le conseguenze in maniera sistematica. Se trova che mille o centomila risultati sperimentali confermano la congettura, la usa, temporaneamente, come spiegazione; il giorno in cui anche un solo risultato non coincide con le previsioni, abbandona la congettura e costruisce una nuova teoria, più generale e più raffinata della congettura iniziale, capace di contenerla come caso particolare. È grazie a questa processo che si sono realizzate rivoluzioni scientifiche come la meccanica quantistica e la relativita' generale per arrivare fino allo sviluppo del Modello Standard ed alla scoperta del bosone di Higgs». Proviamo a lavorare di fantasia: quale scoperta della fisica potrebbe stupire di più Galileo se fosse vivo oggi? «Qui si entra davvero nel campo delle ipotesi arbitrarie. Galilei ha cominciato la sua attivita' scientifica a Pisa interessandosi della gravità. Poiché la caduta dei gravi era troppo rapida per poter essere studiata con le tecniche a disposizione alla fine del '500 ha " costruito in laboratorio" esperimenti di caduta "rallentata" dei gravi come sono il piano inclinato e il pendolo. Lo studio di questi fenomeni gli ha permesso di stabilire le leggi fondamentali della dinamica prima di Newton e di enunciare il principio di relatività, con una formulazione generale così accurata da poter essere considerata una anticipazione rigorosa di quanto ai primi del '900 hanno teorizzato prima Poincaré poi Einstein. La cosa che mi incuriosisce è che tuttora, a distanza di 400 anni, la gravità, la più comune delle forze, resti ancora un oggetto misterioso. Sono sicuro che Galilei ne rimarrebbe stupito e, forse, si metterebbe subito a lavorare per conciliarla con la meccanica quantistica».



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