Giovedì 19 giugno 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 giugno 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 14 - Edizione CA)
Un genocidio dimenticato
Il popolo armeno ricorda quel terribile 1915
Università Il convegno a Cagliari organizzato dal Centro Italo Arabo Assadakah
 
«Mia madre quella mattina vide sul ponte centinaia di uomini allineati l'uno di fronte all'altro. Poi i soldati gli spararono. I turchi presero gli abiti e gli oggetti di valore, afferrarono i corpi per mani e braccia e li gettarono nel fiume. Continuarono con gli uomini di Mush così, fino al calare della notte».
Mayereni Kaloustian aveva 88 anni quando nel 1992 Robert Fisk, decano dei corrispondenti dal Vicino Oriente, la intervistò nella casa di cura per ciechi a Beirut. Nel 1915 Mush era un piccolo centro nella periferia dell'immenso impero ottomano, governato dai Giovani turchi e impegnato al fianco di Austria-Ungheria e Germania nel primo conflitto mondiale. Oggi è una città di confine della giovane repubblica armena nata con la dissoluzione dell'Urss. Il padre della piccola Mayereni si trovava sul ponte quella mattina. Nel 1915 le forze dell'Intesa, Francia e Russia zarista in particolare, avevano cominciato a reclutare e finanziare soldati armeni presenti in territorio ottomano. Pretesto perfetto per il rilascio di un odio profondo e antico. Furono almeno un milione e mezzo gli armeni cristiani sterminati. Il primo genocidio organizzato della storia. Un orrore che stenta a essere riconosciuto.
«È stata un'elaborazione del lutto collettiva, resa ancora più silenziosa dal mancato riconoscimento da parte della comunità internazionale», spiega Sargis Ghazaryan, ambasciatore della Repubblica d'Armenia in Italia intervenuto martedì sera a Cagliari durante il convegno “Genocidio del popolo armeno: 2015 anno della memoria”, aula magna della facoltà di Economia.
Un oblio dalle fattezze particolari. Già il 7 ottobre 1915 il New York Times raccoglie i primi dispacci titolando “800.000 armeni distrutti”. Nel 1919 si svolge a Istanbul un processo che individua e condanna in contumacia i responsabili politici dell'eccidio. «Tutto stava andando bene. Poi la repubblica di Ataturk diventa l'avamposto di un' Europa terrorizzata dalla vittoria del comunismo in Russia. È così che s'impone il negazionismo sul genocidio armeno», continua Ghazaryan. Per questo il Centro Italo Arabo Assadakah, organizzatore del convegno, ha deciso di depositare nelle sedi competenti di Comunità Europea e Onu una petizione perché a partire dal centenario dell'anno prossimo il 24 aprile, data d'inizio canonica dello sterminio, diventi giornata ufficiale della memoria. Istanza cui continua a opporsi la Turchia autoritaria di Erdogan, sebbene rappresenti una delle precondizioni richieste da Bruxelles per l'inclusione nella comunità continentale. Turchia che, sostiene Raimondo Schiavone, segretario nazionale di Assadakah, «mostra sempre più la sua aggressività negli affari dei paesi confinanti, sostenendo direttamente i gruppi terroristici, come accade in Siria» dove, aggiunge Talal Khrais, giornalista libanese con una lunga esperienza sul campo di battaglia siriano «al- Nusra e l'Isis perseguitano sistematicamente le comunità cristiane».
«Il governo deve affrontare queste nuove sfide in una posizione favorevole al dialogo», afferma con la tradizionale equidistanza della politica estera nostrana il senatore Pd Ignazio Angioni. Ambiguità che non vale per il genocidio: «L'Italia lo ha riconosciuto nel 2002» ricorda l'ambasciatore Ghazaryan, sicuro nell'individuare la svolta nel rapporto armeno-turco: «Bisogna ripartire dai protocolli del 2009, silurati il giorno dopo la firma da Erdogan. Sarà tutto superato solo quando l'aggettivo armeno, in Turchia, non costituirà più un insulto».
Luca Foschi
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Nuoro (Pagina 50 - Edizione CA)
Soldi della Tasi all'Università? Il Pd si spacca sulla proposta
NUORO. Il capogruppo gela il segretario cittadino: non se ne parla nemmeno
 
Sull'eventualità di utilizzare gli introiti Tasi per finanziare l'Università volano i primi stracci dentro la grande famiglia del Partito democratico nuorese. Che pare proprio aver iniziato a scaldare i motori in vista della tornata elettorale del 2015 quando ci sarà l'appuntamento con le amministrative.
STRALI DAL CONSIGLIO Le prove generali di dibattito interno l'altra sera in Consiglio comunale quando il capogruppo Pd Giovanni Deiana, nel parlare di tassa sui servizi indivisibili, lancia uno strale, seppur morbido, al segretario cittadino del partito democratico Francesco Manca che due giorni fa aveva proposto di stornare metà della Tasi - la stima di entrata è di due milioni di euro - verso il consorzio universitario palesemente in affanno. «Non se ne parla nemmeno. Improponibile, uscite del genere non aiutano l'opinione pubblica a capire come stanno le cose, non so proprio da dove possa essere arrivata tale valutazione», ribatte ieri Deiana aggiungendo carico a quanto già espresso in assemblea. E spiega: «I soldi della Tasi vanno a compensare i mancati trasferimenti del Governo centrale che dal 2010 a oggi sono passati da 11 a 4 milioni di euro. Non è percorribile la strada ipotizzata da Manca. Il percorso è blindato, il denaro ci serve per tutta una serie di servizi. E poi all'Università ci devono pensare la Regione e lo Stato».
REPLICHE AL VETRIOLO Bonaria ma ferma, a stretto giro di posta arriva la replica di Manca: «Un eccesso di mentalità burocratica non si addice a chi sostiene di voler cambiare la città», sono le sue parole, «invito i consiglieri Pd, e per primo Giovanni Deiana, a fare una buona volta scelte coraggiose. A scegliere di destinare il denaro dei cittadini per progetti di spessore. Basta con la politica dei frazionamenti, dei mille rivoli, dei dodicesimi. È il momento di un cambio di mentalità. Questa è la posizione del partito».
MESSAGGIO TRASVERSALE Il discorso ha tutta l'aria di un messaggio a più destinatari, non ultimo il capo dell'esecutivo. Dentro le righe Manca insiste sul fatto che, come già sostenuto nel comunicato che ha preceduto la seduta consiliare, «per l'Università il Comune deve fare la sua parte, dimostrando anche alla Regione di credere per davvero alla possibilità di un ateneo solo nuorese», ribadisce, «e di certo non può pensare di essere credibile continuando a metterci solo 25 mila euro, meno di quanto destinerebbe a una sagra qualsiasi. Dobbiamo avere la forza di uscire da una visione cagliaricentrica, iniziando a prendere noi l'iniziativa senza starcene sotto il cielo ad aspettare la manna».
Francesca Gungui
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Nuoro (Pagina 50 - Edizione CA)
Nuoro
Critiche in Consiglio al rettore di Cagliari
 
Un documento politico per uscire dall'ambiguità sull'Università nuorese e chiedere alla Regione risorse certe, e al sottosegretario Francesca Barracciu di intervenire affinché l'ateneo sia una certezza. A chiedere un cambio di passo durante il consiglio comunale di martedì è stata Franca Carroni. «Da anni la Regione ritarda i pagamenti - ha detto il consigliere del Pd - ci si nasconde dietro il patto di stabilità ma c'è anche chi, come il rettore di Cagliari, non vede bene la presenza dell'università e dei corsi a Nuoro».
La Carroni nel suo intervento pretende chiarezza («è arrivato il tempo in cui il Comune e la Provincia nominino il Cda nell'interesse di tutti») e chiede alla Regione di liberare risorse. «Ora i soldi vengono ripartiti ad Università che non esistono più come Iglesias. Comune e Provincia da soli non possono farsi carico del rilancio. Chiediamo al sottosegretario ai Beni culturali di intervenire sulla materia e adoperarsi perché l'università a Nuoro sia certa». ( f. le. )
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Salute (Pagina 18 - Edizione CA)
Domani a Monserrato
Nuove frontiere dell'autismo: via al seminario
 
Viaggio fino alle nuove frontiere dell'autismo. Domani mattina alla Cittadella Universitaria di Monserrato dalle 9,30 si terrà il seminario aperto al pubblico organizzato dall'Aou di Cagliari, dal dipartimento di scienze biomediche e dall'Asl di Cagliari, intitolato: “I disturbi dello spettro acustico, nuove prospettive”. Medici, psicologi, terapisti e familiari di pazienti affronteranno le ultime acquisizioni sulla biologia di queste complesse patologie: in che modo i geni di predisposizione possano interagire con fattori ambientali se, e come, sia possibile modulare e perfezionare tale influenza.
Alcuni studi hanno infatti evidenziato comportamenti visibili nel neonato o nella primissima infanzia che potrebbero rappresentare marcatori precocissimi di una successiva diagnosi di disturbo. L'incontro sarà introdotto da Alessandro Zuddas, neuropsichiatra dell'infanzia e dell'adolescenza dell'ateneo cagliaritano. Seguirà la relazione di Adriana di Martino, neuropsichiatra infantile laureata e specializzata a Cagliari e da oltre dodici anni a capo di un centro di risonanza magnetica funzionale a New York. L'intervento finale sarà affidato ad Antonio Persico, psichiatra e professore di neuropsichiatra infantile specializzato in genetica dell'autismo e ora impegnato nell'identificazione di specifici indicatori in grado di predire quale terapia possa essere efficace nei singoli pazienti. «Le ultime metodiche nella mappatura del Dna - ha spiegato Persico - ci permettono d'individuare parti mancanti o sequenze in eccesso del codice genetico di un paziente con un'accuratezza cento volte superiore rispetto alle vecchie mappe cromosomiche. Questo ci consentirà in futuro la ricerca di eventuali errori del genoma, una diagnosi più precoce e quindi terapie più efficaci».
Luca Mascia
 

LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 25
Escono di scena due candidati rettore
Andrea Montella confluisce sulla candidatura di Eraldo Sanna Passino, Giuseppe Pulina rinuncia. Oggi seconda votazione
di Gabriella Grimaldi
 
SASSARI Dopo una giornata lunga e tormentata restano in corsa tre dei cinque candidati rettori. Il risultato per molti versi sorprendente della prima votazione che si è svolta martedì ha indotto Andrea Montella, direttore del Dipartimento di Scienze mediche e Giuseppe Pulina, direttore del Dipartimento di Agraria a rinunciare alla gara elettorale per il rinnovo della carica di rettore. Due ritirate sì ma con alle spalle strategie piuttosto diverse. Davanti al successo imprevisto del fisico nucleare Massimo Carpinelli che ha ottenuto 229 preferenze distaccando il secondo più votato (il direttore dell’ospedale veterinario Eraldo Sanna Passino) di ben 79 voti, Montella, dopo aver consultato il consiglio del proprio Dipartimento, ha scelto di confluire con il suo pacchetto di voti, nella candidatura di Sanna Passino «perché – ha detto – i nostri programmi sono simili in molti punti e vale la pena fare gruppo per realizzare quegli obiettivi». Un’alleanza dunque per tentare di mettere insieme le preferenze e superare Carpinelli nella seconda votazione in programma oggi, se non per l’elezione del rettore in virtù del raggiungimento della maggioranza assoluta, almeno per il ballottaggio che si svolgerà il 25 giugno. D’altra parte tra Montella (135 preferenze) e Sanna Passino (150), a guardare i dati della prima votazione ci sono soltanto 15 punti e l’asse che congiungeva i candidati e i loro elettori si va consolidando, con l’appoggio deciso del Dipartimento di Scienze umanistiche diretto da Gavino Mariotti. Diverse le motivazioni che stanno alla base della scelta di Giuseppe Pulina, delusissimo dai risultati (113 voti) dopo tanto impegno (in molti hanno tradito le sue aspettative anche all’interno del suo stesso Dipartimento): «Qualcosa non ha funzionato – commenta – e comunque nel consiglio del Dipartimento non è nata l’idea di schierarsi con altri candidati». Resta in campo l’economista Marco Vannini, l’aspirante rettore che martedì ha avuto meno preferenze di tutti (104), mentre diventa impossibile fare previsioni sulla votazione di oggi. In primo luogo perché non è affatto detto che i voti di Sanna Passino e Montella vadano a sommarsi algebricamente (in molti hanno storto il naso all’idea di cambiare il destinatario della loro preferenza e quindi potrebbero anche non votare) e poi perché non si sa dove andranno a finire i voti rimasti orfani dei loro candidati. Tutto fa rifare, insomma, da stamani nell’aula magna centrale.
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
San Raffaele, è l’ora delle scelte finali
Convocata la commissione regionale, ma non si conosce il piano del Qatar. Forse domani la deroga in Consiglio dei ministri
di Pier Giorgio Pinna
 
OLBIA Alta tensione e qualche corto circuito: sul nuovo ospedale di Olbia si susseguono giornate decisive tra fibrillazioni crescenti. In queste ore dovrebbe venire resa ufficiale la delibera della giunta Pigliaru che dà il via libera all'ex San Raffaele, oggi ribattezzato Bambin Gesù. Ma sino a ieri le carte non erano arrivate alla commissione Sanità del consiglio regionale, convocata per oggi pomeriggio alle 18. E tutto ciò, pare, perché il governatore non ha ancora in mano il piano industriale del Qatar. L’unico che potrebbe garantire un esame esauriente del progetto. Intanto domani potrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri il decreto Lorenzin che concede la deroga alla Sardegna sulla riorganizzazione dei posti letto e apre così la strada ai 262 posti “fuorisacco” per il nuovo complesso gallurese. Tra breve, poi, si conoscerà la data nella quale si terrà la seconda direzione regionale del Pd, dopo quella di lunedì scorso a Oristano. Si dovranno affrontare gli stessi temi in maniera conclusiva, ma alla luce degli ultimi dettagli noti sul maxi-piano d'interventi. Si parla, in linea ipotetica, del 23 pomeriggio, sempre nella sede del Pd oristanese di via Canepa. Un giorno prima, dunque, della scadenza fissata per dare la risposta finale alla fondazione dello Stato mediorientale. Scadenza che comunque lo stesso governatore ha spiegato di non ritenere tassativa. Tre, nel frattempo, le manifestazioni in programma a Olbia. La prima è alle 18.30 di oggi, al museo. L’ha promossa il circolo cittadino del Pd (area che fa capo al deputato Gian Piero Scanu). La seconda è prevista per domani mattina alle 12: un incontro nella sede di corso Umberto 33 organizzato dal vicesindaco Carlo Careddu e dal consigliere regionale Giuseppe Meloni (area Cabras), i quali in giornata avranno appuntamenti istituzionali a Cagliari su queste stesse problematiche. La terza consisterà in una mobilitazione popolare che avrà il suo epicentro sabato alle 11.30 proprio di fronte al cantiere del San Raffaele. In questo caso, l'iniziativa fa capo a Forza Italia e vedrà la partecipazione dell'ex governatore Ugo Cappellacci. Adesione convinta alla manifestazione di sabato del sindaco di Golfo Aranci e consigliere regionale di Fi, Giuseppe Fasolino: «Saremo a Olbia per sostenere un progetto cruciale per il futuro del territorio - ribadisce - Questa è una battaglia di tutta la Gallura, di un territorio che non può permettersi di perdere un'opportunità così importante sia per il proprio sviluppo sia per la qualità della vita».
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Attualità – pagina 12
L’Ue: debiti Pa, Italia peggior pagatore
Aperta una procedura di infrazione contro il nostro Paese. Lo Stato paga le sue fatture alle imprese in 180 giorni
di Lorenzo Robustelli
 
BRUXELLES Alla fine è arrivata. Dopo mesi e mesi di tira e molla, di promesse, impegni e verifiche, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di infrazione contro l’Italia per i mancati pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione alle aziende. E si apre una crisi, la prima, tra il governo di Matteo Renzi e Bruxelles, con il ministro dell’Economia Padoan che attacca definendo «incomprensibile» la decisione. Ad avviare la procedura è stato Antonio Tajani, vice presidente della Commissione responsabile per questa materia, che sta per lasciare l’esecutivo comunitario in quanto è stato eletto deputato europeo per Forza Italia. La Pubblica amministrazione italiana oggi paga le sue fatture in media in 180 giorni, facendo del nostro Paese «il peggior pagatore dell’Unione europea», ha lamentato Tajani, secondo cui l’Italia deve «intervenire in modo drastico per rispondere al problema in modo strutturale». La normativa impone il pagamento di questi debiti entro un termine di 30 giorni (60 in alcuni casi eccezionali), ma in Italia per anni la si è ignorata e allo stato attuale dopo i primi interventi del governo Letta, è stato pagato solo un terzo dei circa novanta miliardi di euro che lo Stato deve alle imprese, con 75 miliardi ancora da erogare. Un problema, dato che «il primo effetto del ritardo nei pagamenti è il licenziamento dei dipendenti», sostiene Tajani . A Roma la decisione è presa molto male, anche perché, si spiega, pagare 90 miliardi di debiti senza sforare i limiti di bilancio imposti dalla regole europee è molto difficile, serve un po’ di elasticità. Per primo attacca duro Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, secondo il quale «quella del neo europarlamentare di Forza Italia Tajani è una grave strumentalizzazione dell’Europa e un atto di irresponsabilità contro l’Italia. Il Commissario europeo uscente utilizza il suo incarico in maniera burocratica per fare politiche di parte». Più diplomatico di Gozi è Padoan, che è «fortemente sorpreso perché se c’è una cosa che ha fatto questo governo, come quello precedente, è proprio accelerare sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione», cosa che, spiega «ha un costo fiscale, mentre manteniamo i vincoli di bilancio. Quindi siamo due volte disciplinati. Trovo questa procedura di infrazione incomprensibile». Favorevoli alla scelta di Tajani le eurodeputate di Forza Italia Elisabetta Gardini e Lara Comi, secondo la quale «c’è da sperare che Renzi passi dalle belle parole ai fatti, però intanto mentre lui parla e non agisce le imprese falliscono». Ora ci sono due mesi di tempo per rispondere a questo primo atto della procedura, che si chiama «Lettera di messa in mora», con delle spiegazioni che, se saranno convincenti, potranno anche chiudere l’iter avviato ieri. Ma le spiegazioni dovranno esser tante, poiché l’Italia viola le norme dell’Unione anche per quanto riguarda il tasso di interesse di mora pagato dalla Pa e che continua a essere inferiore, in molti casi, a quello previsto dalla direttiva (tasso di riferimento della Bce, aumentato di almeno l’8%).
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 35
L’identità dell’isola in un mondo di mutamenti radicali
Domani a Sassari un seminario per ridefinire i confini dell’Autonomia dopo la fine dello schema binario Stato-Regione
di GUIDO MELIS
 
Come si può essere autonomi e decidere sulle proprie sorti in una condizione reticolare nella quale le sorti di tutti sono sempre più comuni con gli altri soggetti della rete? Dico subito che noi sardi dobbiamo prendere atto del grande mutamento in corso. Se non è troppo, dobbiamo dotarci di un pensiero nuovo, che sostituisca quello autonomista, a sua volta figlio della grande semina sardista del primo dopoguerra. Questo che sto ponendo è il problema che a me sembra cruciale. Riguarda in generale tutta la politica contemporanea, specialmente in Italia. Lo chiamerei il problema del "pensiero politico o della teoria politica debole". Cioè dell'invecchiamento ormai evidente a tutti di quel complesso di idee, interpretazioni del mondo, e del ruolo in esso della Sardegna contemporanea, che, formatosi dopo la prima guerra mondiale, ha dato luogo poi qui da noi alla lunga, sia pur contraddittoria ma non per questo inutile stagione dell’autonomismo democratico. Il complesso di quelle idee, diffuse in modo multi-partisan in tutto l'arco dei partiti del dopoguerra e nella parte migliore della cultura militante sarda, è oggi inesorabilmente in crisi, incapace più di esprimere un'influsso propulsivo sulla politica (parlo ora della politica regionale), che infatti, palesemente, naviga a vista, del tutto priva di una sua "teoria". Come si fa, nella situazione che ho descritto, nell'ambito cioè della grande Rete, ad assicurare la partecipazione dei cittadini, dal basso, alle grandi scelte che li riguardano? A farli veramente contare? A determinare dalla periferia le scelte che qualcuno compie in alto e al centro (ma in quale centro, poi? Ce ne sono innumerevoli); scelte che comunque tutti poi subiamo e paghiamo? Viviamo, anche in Italia, proprio in questi mesi, un periodo forse decisivo, confuso sin che si vuole ma tuttavia carico di implicite potenzialità di cambiamento. Il governo di Matteo Renzi ne è una manifestazione, sebbene forse non ancora la soluzione. Vi possiamo leggere tre punti importanti: a) un tentativo di semplificazione estremo delle istituzioni, cui corrisponde ad esempio il superamento del sistema bicamerale (e non solo di quello "perfetto") e – forse – un alleggerimento dell'amministrazione centrale, nonché (forse) una riduzione del peso delle Regioni a vantaggio semmai dei comuni; b) una corrispondente riforma dei meccanismi parlamentari di assunzione delle decisioni, in nome della necessità (per altro condivisibile) di ridurne i tempi come impone il ritmo dell'economia globalizzata; c) una più netta affermazione del potere carismatico dei leader con definitivo superamento della democrazia dei partiti (della quale, per altro, vediamo tutti i clamorosi difetti). Se questo è il progetto, ci domandiamo quale parte vi possa avere in un prossimo futuro la Sardegna. La quale, secondo noi, deve in questo quadro, profittando del momento dinamico che si prospetta, ricontrattare quella che un tempo è stata l'autonomia speciale e conquistare un nuovo livello di partecipazione "autonoma" alla fase che si sta aprendo. Sulla natura di questa partecipazione autonoma, però, la discussione non ha raggiunto ancora il necessario punto di sintesi. Dobbiamo – come propongono alcuni (e altri riecheggiano spesso in modo poco convinto, ma per scopi elettoralistici) – accentuare la nostra rivendicazione "storica" di autogoverno, anche rinverdendo se è il caso le politiche "contestative" sperimentate in passato? O dobbiamo – come suggeriscono altri – integrarci di più nel fronte delle Regioni ordinarie e in genere dei vecchi e nuovi soggetti istituzionali (italiani e non) e partecipare di più ai processi strutturali di riforma dello Stato in Italia, operando dall'interno per assicurarne l'essenza democratica e la dialettica tra le varie parti del Paese? Come si vede, molto congiura verso una revisione delle modalità tradizionali di concepire la "questione sarda" (perciò parliamo di "nuova questione sarda"). Parliamo di identità come chiave per stare al mondo a testa alta, ma al tempo stesso di contaminazione e di integrazione, di identità mobile e in trasformazione. Sinora il pensiero autonomistico post-sardista del dopoguerra, in tutte le sue espressioni (dalle più radicali alle più moderate) ha essenzialmente immaginato uno schema binario, competitivo se non contrastativo, tra autonomie e Stato. Da ora in poi bisognerà cercare di pensare a uno schema pluralistico, con soggetti pubblici e privati ai vari livelli della filiera centro-periferia, tendenzialmente collaborativo, reticolare. Farà una bella differenza. E non è affatto detto che siamo tutti d'accordo.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 35
Dalle 10 alle 14
A Scienze politiche studiosi a confronto
 
Domani dalle 10 alle 14, nella sede del Dipartimento di Scienze politiche in viale Mancini a Sassari, si terrà un seminario dal titolo “La nuova questione sarda”. Due i relatori: Guido Melis, docente di Storia delle istituzioni politiche all’Università di Roma, e Paolo Carrozza, docente di Diritto costituzionale all’Università di Pisa. Interverranno tra gli altri l’assessore regionale agli Affari generali Gianmario Demuro, Pietro Soddu, Giorgio Macciotta, il sindaco Nicola Sanna e i docenti di Diritto costituzionale all’ateneo sassarese Omar Chessa e Piero Pinna.

Questionario e social

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