Domenica 1 giugno 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 giugno 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 24 - Edizione CA)
Convegni
La Primavera è sfiorita I Paesi arabi, dalla rivolta alla restaurazione 
A Cagliari protagonisti e studiosi dell'ultimo conflitto modernità-tradizione
 
«La modernità ha sempre portato all'uomo enormi sofferenze», spiega il sociologo Gianfranco Bottazzi, direttore dell'ex Facoltà di Scienze politiche di Cagliari e primo relatore del convegno internazionale “La primavera della cultura. Giovani, università e primavere”.
La modernità, una mannaia lentamente calata sui paesi arabi con la colonizzazione, una schizofrenia esacerbata dalla vittoria imperfetta del capitalismo, declinato e subìto secondo le attitudini profonde di società tradizionali. Venerdì le finestre dell'Aula Salis in Viale Nicolodi incorniciano un lembo luminoso del Mediterraneo, palcoscenico principale di quelle rivoluzioni arabe che ancora oscillano, nella narrativa, fra le scrivanie della cronaca e le cattedre dell'accademia.
Per Massimo Campanini, professore di Storia dei Paesi islamici all'università di Trento,«non c'è stata alcuna rivoluzione. Le primavere sono state un fallimento».
Sono le università il luogo scelto dal convegno per raccontare l'incedere contraddittorio degli aneliti rivoluzionari, laboratori di radicalizzazioni politiche e religiose. «Nel 1968 le manifestazioni del movimento studentesco a Tunisi hanno anticipato quelle di Parigi», racconta Vincent Geisser, politologo dell'Istituto del Vicino Oriente di Beirut. Negli anni successivi le energie della protesta si rivolgono al regime di Bourghiba, abile poi nella manipolazione degli attriti nati fra marxisti e islamisti all'interno del movimento studentesco. Ma è con il Ben Alì che il fervore protestatario viene neutralizzato. Repressione e clientelismo annichiliscono ogni vitalità e rendono marginale il ruolo degli studenti nel sollevamento che nel gennaio del 2011 porterà alla cacciata del dittatore.
Il presente delle università tunisine è anche nella pattuglia della polizia che attende il professor Habib Kazdhagly fuori dagli edifici di via Nicolodi. Nel 2012 Kazdhagly, preside della facoltà di Lettere e contemporaneista esperto nella storia della minoranza ebraica in Tunisia, si è rifiutato di ricevere due ragazze giunte nel suo studio coperte dal niqab, il velo che lascia vedere solo gli occhi. Indice del grado di penetrazione che i movimenti fondamentalisti hanno negli atenei. Dopo aver assistito alla devastazione del proprio ufficio, accusato di violenza e prosciolto dopo lunghe vicissitudini processuali, vive oggi sotto scorta. «L'università deve rimanere un luogo di discussione libera, come accade oggi, qui a Cagliari», afferma il professore.
La competizione fra laicità e religione negli atenei attraversa anche l'intervento dedicato all'Egitto da Patrizia Manduchi, docente di Storia dei Paesi Islamici a Cagliari e coordinatrice del convegno. Dai movimenti di sinistra dell'era Nasser all'apertura di Sadat alle organizzazioni islamiche, cresciute in silenzio nell'era Mubarak e supportate e legate ai Fratelli musulmani fino al 1996, anno della frattura fra la componente radicale e quella moderata, che oggi chiede «più Islam e meno Sharia».
«Quando sono partita, tre giorni fa, gli studenti legati ai Fratelli musulmani stavano devastando il campus nell'ultimo tentativo di bloccare le elezioni» racconta Nivine Khaled, docente di letteratura francese all'Università di Alessandria. «Ora avremo finalmente pace, nelle università e nel paese». Anche se a votare per il generale al- Sisi sono stati solo 23 milioni su 53 e l'ordine per strada è tornato grazie alla feroce repressione dell'agosto 2013. Poca cosa rispetto agli oltre 150.000 morti della guerra siriana. I prezzi della modernità.
Luca Foschi
 

LA NUOVA SARDEGNA
2 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 7
Sassari, strategie anti-tumori al top
Ha fatto il giro del mondo il report su patologie sessuali e cancro alla prostata. Gli autori: «Possibili a breve altri sviluppi»
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI Ha fatto il giro del mondo la scoperta su come si possono evitare certi tumori grazie a rapporti sessuali protetti. Dalla rivista dell'Accademia scientifica Usa la notizia è rimbalzata sui network internazionali. In Europa ne continua a parlare la Bbc. E in Italia viene ripresa dai principali siti la straordinaria collaborazione tra la piccola università sarda e il colosso californiano partner dell’impresa all’Ucla di Los Angeles. L’inchiesta. «Quel che resta da sottolineare sono gli interessanti sviluppi che il metodo può portare nell'applicazione delle medesime procedure d’indagini a casi simili», spiega al dipartimento di Scienze biomediche Pier Luigi Fiori, che ha coordinato il report. «Una volta acquisito il concetto che il cancro alla prostata può rivelarsi una patologia da trasmissione per una specifica malattia venerea, la Tricomaniosi, l'idea di lavorare in questo modo è replicabile», aggiunge. Internet. Migliaia le condivisioni sul sito della “Nuova”: la scoperta ha riscosso forte interesse sul web. Come le chance in chiave anti-oncologica della banca di tessuti ovarici nella clinica ostetrica diretta da Salvatore Dessole: il prelievo di questi tessuti sulle malate - prima della radioterapia o della chemio - consente poi di ritrapiantarli sulle donne, che così possono continuare ad avere figli. Malattia venerea. La Tricomoniasi è invece la più comune infezione non virale trasmessa per via sessuale: nel mondo colpisce 275 milioni di pazienti all’anno,di entrambi i sessi (e nell'isola migliaia di persone). Chi ne soffre a volte non sa di averla. Ma spesso gli uomini capiscono di essere malati perché vanno dal medico dopo aver avvertito irritazioni o bruciori ai genitali, e in questo modo viene fatta la prima diagnosi. In laboratorio. Negli ultimi due anni, tra Los Angeles e Sassari, gli scienziati hanno condotto test su cellule umane, scoprendo che la Tricomoniasi può favorire l'insorgenza del cancro alla prostata. «I risultati della scoperta suggeriscono che il Trichomonas vaginalis rilascia una proteina che causa infiammazione, aumenta e velocizza la crescita del cancro», rilevano gli altri autori della ricerca. Sono Anna Rita Cocco, Daniele Dessì e Paola Rappelli, più o meno gli stessi che in passato avevano già ottenuto importanti risultati nell'analisi della trasmissione di altre patologie per via sessuale. Procedure. Comunque in tutti i casi del genere – evidenzia la strategia anti-tumori messa a fuoco tra Sardegna e California – si ricorre a una metodologia in fondo semplice. Una volta scoperto il microrganismo che causa l’infezione e che può contribuire alla formazione di cellule cancerogene, bisognerà innanzitutto curare la prima malattia diagnosticata. «Perché poi debellandola», concludono i protagonisti della ricerca, «si può almeno prevenire l’insorgenza dei tumori strettamente correlati a quella specifica infezione, come abbiamo dimostrato noi con quella malattia venerea» .
 
LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 7
Microbiologi in prima linea
E per le cure delle tiroiditi si aprono nuovi orizzonti
 
SASSARI Conclusi in queste stesse settimane altri importanti studi a Medicina. Stavolta si parla di malattie alla tiroide e di ricerche collegate che potrebbero aprire nuovi scenari. Gli autori? Sempre i microbiologi dell’università di Sassari. Un loro report è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista PLoS One. Il focus delle indagini scientifiche è centrato sulle cause della Tiroidite di Hashimoto (Ht), la malattia auto-immune con più alta prevalenza nell’isola: 2.619 casi ogni centomila sardi. Dunque, una patologia che da noi colpisce quasi 42mila pazienti. Il team. «Malattia nell’isola ancora più diffusa del diabete di tipo 1 e della sclerosi multipla», chiarisce il coordinatore dello studio, il professor Leonardo Sechi. L’équipe che ha portato a termine il report è poi composta da Speranza Masala, assegnista nel dipartimento di Scienze biomediche, e da Mario Palermo, primario di Endocrinologia dell'Azienda ospedaliero-universitaria. L’area d’indagine. «Del resto l'infezione asintomatica da parte di Mycobacterium avium subsp paratuberculosis (Map) nell'uomo è stata di recente associata a malattie di natura autoimmune quali lo stesso diabete di tipo 1, la sclerosi multipla e il morbo di Crohn – spiega Sechi – E in questo senso ci sono già stati numerosi contributi anche del gruppo di ricerca sui micobatteri del dipartimento di Scienze biomediche». Il rapporto. A tutt'oggi, la presenza di un'associazione tra questa specifica tiroidite e il Map è stata vagliata unicamente in uno studio clinico portato a termine sui membri di una famiglia pugliese. L’inchiesta sassarese si è perciò concentrata in questo stesso campo proprio sulla popolazione regionale. «Che – aggiunge il coordinatore scientifico dell’ateneo sardo – rappresenta un ottimo modello di studio proprio per la diffusione della patologia». Qualche dettaglio. Ma in che cosa è consistito lo studio nella sostanza? «Ecco, nel lavoro pubblicato su PLoS One è stata verificata una presenza di anticorpi contro la proteina di Map più nei pazienti con tiroidite rispetto ai sani – risponde il professor Sechi – I risultati dimostrano che specifici anticorpi reagiscono con quelli omologhi attraverso un meccanismo di mimetismo molecolare che potrebbe innescare la tiroidite negli individui infettati». Sistema visivo. Conclusioni rafforzate da uno studio in collaborazone a tutt’oggi con il ricercatore Antonio Pinna, della clinica oculistica sassarese: «Un report nel quale si evidenzia una correlazione positiva tra Tiroidite di Hashimoto e retinopatia diabetica». Il domani. «L'aver riscontrato un'associazione del genere – chiariscono gli autori dello studio – potrebbe fornire indicazioni terapeutiche utili alla prevenzione e alla terapia di queste malattie auto-immuni». Insomma, l’esito delle indagini svolte a Sassari potrà aprire orizzonti impensati in un tempo abbastanza breve. Con applicazioni utili per comprendere le cause di gravi malattie. E, possibilmente, per prevenirle e curarle. (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 7
Due ingegneri sardi creano verme virtuale
Guidano il team internazionale per un progetto avveniristico basato su algoritmi e computer
 
SASSARI Nasce il primo verme virtuale. Lo crea un'équipe internazionale formata da 9 tra ingegneri e neuroscienziati. Lo staff di volontari, con base a Oxford e ramificazioni nel web, è guidato da due giovani ingegneri elettronici cagliaritani: Giovanni Idili, 33 anni, e Matteo Cantarelli, di 31. Entrambi operano a stretto contatto con l’altro capo del team, l’americano Stephen Larson, 34 anni. Un progetto avveniristico, il loro. Ma che potrebbe essere un domani il primo mattone per un esame simile sui neuroni e sul cervello umano. «L’obiettivo è lo studio e la creazione virtuale, con algoritmi e computer, di uno dei più semplici organismi vivente, il Caenorhabditis Elegans, nome scientifico di un verme formato da 959 cellule – spiega Idili – Il traguardo sarà riprodurre il funzionamento di ogni sua cellula, compresi i 302 neuroni». «Finora sono state replicate con successo 50 cellule, del sistema muscolare, e il verme risponde alle sollecitazioni», rivelano i sardi del team. Il programma è descritto come «unico». Secondo i membri dello staff potrebbe accelerare la sperimentazione farmaceutica. Che, grazie alle simulazioni informatiche, «avrebbe una valida alternativa alle cavie». «Ma il lavoro è laborioso e richiede foni ingenti – conclude Idili – Perciò stata promossa un’iniziativa sul sito kickstarter, ma abbiamo già raggiunto la cifra di 120mila dollari che ci consente di concludere la ricerca». Questo è il link al progetto su kickstarter https:// www.kickstarter.com/projects/openworm/ openworm-a-digital-organism- in-your-browser?ref=category. (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 18
Primi laureati in prevenzione incendi
Sono stati consegnati gli attestati ai 21 esperti che hanno concluso il master universitario “Piros”, unico in Italia
Gli allievi che hanno seguito il corso post laurea potranno trovare spazi nell’ambito della protezione dell’ambiente
di Antonio Meloni
 
SASSARI Il loro nemico acerrimo è il fuoco con tutto il potenziale distruttivo che un evento terribile come un incendio può determinare. Per questo hanno imboccato la strada che dalle aule dell’università, li porterà direttamente sul fronte della difesa dell’ambiente. Sono 21 e rappresentano la prima avanguardia di un nuovo master universitario istituito dall’ateneo turritano in stretta collaborazione con la Regione sarda. Ieri, nell’aula magna del rettorato, presente l’assessore regionale all’Ambiente, Donatella Spano, hanno ricevuto l’attestato di fine corso. Sarà che quello della lotta agli incendi, nell’isola, è un tema sempre dibattuto, o forse il fatto che si tratta del primo corso post laurea, in Italia, il secondo in Europa, che prepara specialisti nella gestione degli incendi boschivi, ma è certo che questi esperti avranno un compito molto impegnativo. Lo hanno battezzato “Piros” non perché fuoco, in greco antico, sembrasse più importante, ma per dare a questo corso, la cui frequenza è subordinata al possesso della laurea magistrale, un taglio internazionale in sintonia con le recenti tendenze delle università europee. La gestione è stata assegnata al dipartimento di scienze, natura e territorio (Dipnet) e la direzione affidata a al professore Sandro Dettori. Diciotto mesi di corso, 1500 ore di lezione, 500 frontali, il resto di stage che si è svolto in alcune fra le realtà più importanti nella lotta agli incendi: Arpas, Protezione civile e Cnr. Poi tutti in Spagna, dove ha sede l’omologo master e laboratori all’avanguardia in cui i 21 studenti dell’università di Sassari hanno sperimentato tecniche e simulato situazioni a rischio. Una parte della preparazione si è svolta anche in Francia in alcune strutture specializzate nella protezione dell’ambiente. Età media 30 anni, più maschi che femmine, un buon cinquanta per cento sono esperti del corpo dei vigili del fuoco, della forestale e del servizio regionale di vigilanza ambientale, il resto sono studenti che provengono dai corsi di Scienze forestali della sede gemmata di Nuoro, ma anche da atenei oltre Tirreno. Al master si accede con laurea scientifica o in ingegneria e il percorso formativo è finalizzato alla preparazione di specialisti in grado di gestire non soltanto l’emergenza, ma anche la fase di prevenzione, nonché quella successiva del ripristino e messa in sicurezza di zone colpite da incendi boschivi in area mediterranea. Per quanto riguarda i possibili sbocchi occupazionali, «l’esperto nella pianificazione e gestione della lotta agli incendi _ spiega l’assessore Donatella Spano a margine della cerimonia _ può trovare spazio negli organici degli enti regionali impegnati nel contrasto agli incendi o più in generale nella protezione dell’ambiente, ma l’aspetto più importante di questo percorso è il carattere specialistico di preparazione post laurea che arricchisce ulteriormente l’offerta formativa dell’ateneo sassarese». Non va sottovalutato il carattere europeo che permette ai titolari di questo master, di secondo livello, di poter lavorare anche fuori dallo stretto ambito regionale e nazionale. Il corso, avviato lo scorso anno accademico, è rientra nell’accordo di programma quadro per l’alta formazione siglato tra l’università di Sassari e la Regione sarda.
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 31
La sottosegretaria ai Beni culturali parla degli obiettivi del governo Renzi
Fundraising, sostegno alle biblioteche pubbliche, progetti con scuole e giornali
«Vogliamo investire in cultura
Pronto un piano triennale per promuovere la lettura»
Crisi economica, novità tecnologiche, mutamento dei modelli produttivi e distributivi Che cosa cambia nel pianeta editoria?
di Costantino Cossu
 
Che cosa si muove intorno al pianeta libri? Come incidono su un settore produttivo “maturo” dinamiche economiche più vaste e novità tecnologiche dirompenti? Se n’è discusso di recente al Salone del libro di Torino e al forum nazionale “Le città del libro” tenutosi a Cagliari. Facciamo il punto con la sottosegretaria ai Beni culturali Francesca Barracciu. Che cosa dicono i dati sulla lettura in Italia? «I dati ci consegnano una situazione disastrosa, che definirei di emergenza civile e sociale e che va affrontata con urgenza. L'ultima indagine Nielsen del 2013, "L'Italia dei libri", ha purtroppo certificato che oltre la metà degli italiani non legge neanche un libro all’anno e anche chi legge, legge poco: tra i lettori il 46% ha letto al massimo tre libri in 12 mesi, mentre i "lettori forti", con 12 o più libri letti nello stesso lasso di tempo, sono soltanto il 14,5% del totale. Se tra il 2011 e il 2012 i lettori sono diminuiti del 4%, anche gli acquirenti hanno registrato un calo del 7%. La crisi investe anche i quotidiani: meno 22% di lettori negli ultimi 5 anni, con una perdita in questo periodo di 3 milioni di lettori. Si tratta dunque di una situazione di evidente disagio di tutto il settore, dovuta oltre che alla tanto citata crisi economica anche ad una diffusa crisi delle tradizionali risorse culturali e alla massiccia diffusione di intrattenimenti digitali che sempre di più risucchiano gli spazi ricreativi del nostro quotidiano». Promozione della lettura significa in generale promozione del libro. Come si sta muovendo il Ministero per i beni culturali? «Promuovere la lettura significa prima di tutto promuovere la persona, la cittadinanza, il progresso sociale ed economico di un intero Paese. E penso che i libri siano per questo uno strumento insostituibile. Abbiamo predisposto un Piano triennale di promozione della lettura con l'obiettivo di rafforzare il valore e la rilevanza sociale del libro. L'intento principale è quello di avvicinare alla lettura quella fascia di italiani che attualmente non legge, ampliando così la categoria dei lettori; inoltre si cercherà di andare a consolidare il rapporto con il libro fra i lettori medi e quelli già più fidelizzati. L'ampliamento e consolidamento della quota dei lettori, consentirà la creazione di un circolo virtuoso a beneficio del mercato editoriale nazionale.Tra primi interventi previsti una preliminare attività di fundraising per il finanziamento generale del piano per il sostegno dei singoli progetti, una serie di attività formative per librai, bibliotecari, insegnanti e altre figure di promotori della lettura; il consolidamento di infrastrutture per la lettura (biblioteche pubbliche, scolastiche e librerie); cercare forme di collaborazione con testate giornalistiche, reti televisive, emittenti radiofoniche». C'è anche un universo di iniziative, dai Festival ai Presìdi del libro, da Nati per leggere a Lìberos. Anche loro sono una risorsa nell'impegno di promozione della lettura? «Quello dei festival, delle fiere, dei "reading" è un fenomeno in continua espansione, che deve il suo successo all'impegno e alla passione civile di chi li organizza e alle comunità di lettori, che partecipano e si ritrovano per condividere un interesse comune. I festival sono diventati momenti di aggregazione, luoghi di festa dove il libro acquista una veste nuova e più "leggera", che si accompagna comunque alla sua dimensione formativa. Il governo e il Mibact guardano a queste iniziative con molta attenzione, con la consapevolezza che la lettura, pur affiancata da nuove e più immediate forme di comunicazione, rimane il principale strumento di trasmissione del sapere. Tra l'altro, aspetto non trascurabile, il successo di queste manifestazioni ha effetti positivi anche nei confronti dell'indotto turistico che creano, dando una concreta dimostrazione che il libro, così come altre forme di espressione culturale, può rappresentare un importante attrattore di risorse e un fattore di crescita economica del territorio. Poche settimane fa ho partecipato, a Cagliari, all'iniziativa "Le città del libro", nata per favorire il dialogo fra queste manifestazioni e riuscire così a creare una rete in grado di coordinare e strutturare il fenomeno, per facilitare il confronto e lo scambio di esperienze, attraverso un approccio cooperativo e non competitivo, dove non è il singolo appuntamento a trionfare, ma l'intero comparto». L'ultima domanda vorrei farla sul ruolo della cultura in un momento in cui non c'è soltanto la crisi economica ad entrare – spesso in maniera drammatica – nella vita delle persone. C'è una più generale crisi di senso, una sorta di spaesamento, di perdita di un centro comune di orientamento. Non è un compito della buona politica, provare a dare una risposta? «E' un dato di fatto che la politica degli ultimi 30 anni non sempre è stata in grado di fornire risposte adeguate alla crisi economica ed etica che tutt’oggi percepiamo e che è anche la causa del successo di molti movimenti politici populisti, qualunquisti e ultra nazionalisti. Penso che chi ha avuto la responsabilità di governarci, più che non aver saputo, non ha voluto individuare nella cultura un prezioso antidoto a questo senso di abbandono da parte dello Stato. Una miopia dolosa che è cifra politica e che ha anche trascurato gli indubbi ritorni, in termini di entrate economiche e occupazionali, che la cultura può garantire, soprattutto se connessa con il turismo. Viceversa il governo Renzi ha già cambiato verso alle politiche culturali rimettendole al centro dell’agenda politica. Infatti proprio tre giorni fa ha approvato, su proposta del ministro Dario Franceschini, il decreto "Art Bonus" che contiene misure attesissime, anche fiscali, per rilanciare il comparto e farne un asset strategico per la crescita del Paese. Perché siamo convinti che non solo con la cultura si mangia ma si cresce tutti e più forti».

Questionario e social

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