Giovedì 10 aprile 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 aprile 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Università a numero chiuso
Il diritto negato allo studio
Bepi Anziani
 
A Cagliari erano 1800, a Sassari 900. In 60.000 in tutto il paese per contendersi 10.000 posti nelle facoltà di medicina italiane attraverso dei test con i quali in poche ore si dovrebbe arrivare a capire se uno studente merita più di un altro di accedere a quel corso di studi. Una prassi che nel tempo ha contagiato altre facoltà e atenei che tentano, anche così, di tenere a posto i bilanci. Si grida allo scandalo solo nell'imminenza dei test e poi tutto si dimentica fino alla prossima volta ma è francamente difficile non vedere in questa faccenda delle università a numero chiuso una negazione del diritto allo studio.
Fino agli anni Settanta il sistema era ben diverso. L'accesso a tutte le facoltà era consentito solo dai licei, mentre dalle scuole professionali si poteva accedere solo a studi universitari coerenti con le superiori. Per intenderci un geometra si poteva iscrivere a ingegneria ma non sarebbe mai potuto diventare un medico. Questo sistema è stato smantellato perché si consentisse a tutti di cambiare idea e scegliere più avanti nel tempo la propria strada nella vita. Questo però ha portato negli anni ad un sovraffollamento delle facoltà più richieste come appunto medicina e ingegneria. Le università non sono riuscite a reggere il ritmo delle iscrizioni per ovvi problemi relativi al numero di aule, di insegnanti, di strutture in genere e quindi si è reso necessario il ricorso al numero chiuso: il classico rimedio peggiore del male. Addirittura peggio di quarant'anni fa quando almeno la scelta degli indirizzi era comunque dello studente e della sua famiglia.
Il sistema oggi in vigore invece da una parte permette che arrivino alla laurea un numero altissimo di studenti ma dall'altra rende questo traguardo spesso un pezzo di carta senza valore perché lo sbocco lavorativo è un'utopia. La laurea triennale serve poco, quella quinquennale pure. Bisogna fare tirocini, specializzarsi, dare ancora esami per l'iscrizione ai relativi ordini professionali. Insomma, si studia tanto e quando e se si arriva a trovare occupazione si è già, se va bene, ultratrentenni. E invece di ripensare la struttura del rapporto istruzione- lavoro- tempo in Italia si continuano a finanziare stage, tirocini, precariato. Per far finta che qualcosa si muove. Solo che, senza che ce ne accorgiamo, tutto si muove all'indietro.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 38 - Edizione CA)
SELEZIONE ARCHITETTURA
 
Si terrà oggi dalle 11, nella Facoltà di Ingegneria e Architettura di pazza Martiri, la prova di selezione per l'accesso al corso di laurea in Scienze dell'Architettura: sono disponibili cento posti.
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Speciale (Pagina 29 - Edizione CA)
Basta un semplice test del sangue
Ma la patologia è sottovalutata
Il parere dei biologi Pierpaolo Coni e Gavino Faa
 
P er rendersi conto di cosa significa il deficit di alfa1-antitripsina in Sardegna, è sufficiente leggere qualche dato. Attualmente sono una trentina le persone alle quali è stato diagnosticato questo disturbo genetico, «appena il 10-15% di quelle a rischio», spiega Pierpaolo Coni, biologo molecolare, da anni accanto a Gavino Faa nello studio di questo disturbo. Ciò significa che l'85-90% delle persone colpite da una mutazione di questo tipo non sa di averla e corre il rischio di ammalarsi di cirrosi epatica ed enfisema polmonare. Come accade per quasi tutte le malattie rare, i problemi maggiori sono legati soprattutto alle difficoltà di fare una diagnosi in tempi certi. «E dire che sarebbe sufficiente un semplice prelievo del sangue per eseguire il dosaggio dell'alfa1-antitripsina», afferma Coni. «Il test sarebbe di fondamentale importanza perché consentirebbe di indagare o escludere il carattere ereditario di questo deficit».
E perché non si fa? I costi sono troppo elevati? «Più o meno si spendono 2 o 3 euro per fare il dosaggio, a questi vanno aggiunti 20 o 30 euro per eseguire il test molecolare del Dna quando il dosaggio evidenzia valori bassi», aggiunge. Per sapere se si è “colpiti” dalla mutazione M-Cagliari, quindi, è sufficiente spendere, nella peggiore delle ipotesi, 33 euro. Il tutto con un prelievo di sangue per il dosaggio e una goccia di sangue o di saliva per il test del Dna. «Non è un problema di costi», spiega ancora Coni, «se questi test non si effettuano, la ragione va ricercata nel fatto che la malattia è ancora poco conosciuta e, per certi aspetti, sottovalutata». Soprattutto se si pensa, per esempio, che tutte le persone che soffrono di asma dovrebbero fare il test ma nessuno, o quasi, lo fa. «Quando i pazienti asmatici fanno i controlli di routine, in automatico dovrebbe essere prescritto anche il dosaggio dell'alfa1-antitripsina», ribadisce Coni. «Si tratta, infatti, di soggetti affetti da un processo infiammatorio a livello polmonare che libera elastasi. Se sappiamo che l'organismo produce un'adeguata quantità di alfa1-antitripsina, siamo sicuri che l'elastasi non aggredisce i polmoni».
La buona notizia, però, è che le terapie esistono. «A livello polmonare i pazienti vengono trattati con una flebo che compensa nell'organismo il deficit di alfa1-antitripsina, evitando l'enfisema mentre a livello epatico», conclude Coni, «un farmaco che stanno sperimentando ricercatori dell'università di Pittsburgh sarebbe in grado di favorire l'uscita della proteina dal fegato, evitando l'accumulo». ( ma.mad. )
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari (Pagina 60 - Edizione CA)
SASSARI. Campus dell'Ersu
L'area non c'è: venti milioni prendono il volo
 
«Ma quale guerra e quale ultimatum? Noi dell'Ersu abbiamo solo dato un'altra opportunità al Comune e all'Università di offrire un'area per il campus universitario. Se non avranno disponibilità, dovranno dircelo subito». Detto fatto perché, proprio ieri sera, il commissario straordinario Guido Sechi ha riferito all'Ersu che Palazzo Ducale non ha aree idonee da mettere a disposizione.
COMUNE SENZA SPAZI Risposta importante che aiuterà a sbrogliare la vicenda, una volta per tutte. Fondamentale anche per il presidente Ersu, Gianni Poggiu. «Siamo sempre stati aperti al dialogo e abbiamo voluto farlo, ancora una volta, prima di indire un bando pubblico che ci permetterà di non perdere 20 milioni di euro». Comune e Università avranno tempo dieci giorni, sino a lunedì prossimo. Ma Palazzo Ducale ha già detto il suo no: «Il commissario ha espresso apprezzamento per il nostro progetto - ha riferito Poggiu - ma l'amministrazione non ha aree adatte. Il Comune ha declinato l'offerta».
RICERCA Il nuovo sito dovrà rispondere agli standard ed alle linee guida del decreto ministeriale. Parametri che vincolano l'arrivo dei 20 milioni. «Vorrei che fosse chiaro - ha spiegato Poggiu - che non siamo noi a decidere. E anche nel nuovo bando che faremo, le offerte saranno esaminate da una commissione tecnica». Stesso discorso anche nell'eventualità che il campus possa finire nell'ex brefotrofio di viale San Pietro. «Anche su questo dovranno rispondere i tecnici dopo aver fatto uno studio di fattibilità. Per il resto, la nostra apertura è totale». (a. br.)
 

LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Lettere e commenti – pagina 17
i limiti del belpaese
Dall’università al Bunga bunga le vergogne degli italiani
Credevamo che il divario fra stipendio minimo e massimo fosse da 1 a 200, ora viene fuori che è da 1 a 1000, anche se il manager ha diretto un’azienda poi fallita
di Ferdinando Camon
 
In ogni giornata che Dio manda in Terra succede qualcosa per cui noi italiani ci vergogniamo. Non è qualcosa di eccezionale: è la normalità che ci fa vergognare, di fronte all'Europa e di fronte al mondo. Tre giorni fa ho visto in tv uno spezzone di cronaca: in un'aula universitaria del Sud (Lecce?) gli studenti ascoltano la lezione accucciati sul pavimento. Non ci sono sedie. Il riscatto del Sud è possibile, lo sappiamo tutti, il Sud è pieno di brava gente che se lo merita, ma sappiamo che il riscatto passa per l'istruzione, diplomi, lauree: si può fare istruzione in aule senza sedie? L'istruzione non dovrebbe mettere tutti i ragazzi alla pari, al Nord come al Sud? Se lo Stato crea oggi studenti diversi al Nord (comodamente seduti) e al Sud (accucciati sui calcagni), non crea per domani cittadini diversi, gli uni ben disposti verso lo Stato, gli altri vendicativi? È difficile studiare, in quell'università. Ma è difficile anche insegnare. Vedendo quelle immagini, provavo vergogna. La vergogna di essere italiano. Escono i simboli e i nomi dei partiti per le prossime elezioni europee. C'è anche il partito Viva la Juve, e il partito del Bunga-Bunga. Spero che spariscano e non appaiano sulle schede. Chiudersi in cabina a votare, con davanti la scheda dove c'è il partito del Bunga Bunga, è, per usare un eufemismo, disonorevole. Rischieremmo di avere, dopo le elezioni, gli onorevoli del Bunga Bunga. Nostri rappresentanti in Europa. Ma a guardar bene li abbiamo già, nostri rappresentanti in Italia e in Europa. Se il simbolo del Bunga Bunga resta, gli eletti potranno dirsi eletti proprio per la forza di quel simbolo. Ma non c'è già la pratica del Bunga Bunga, la cronaca, anzi la Storia, parlamentare politica processuale, non siamo già immersi in un clima morale per cui chi fa il Bunga Bunga, magari anche con minorenni, e riesce a farla franca, vuol dire che è potente e aumenta il proprio godimento, ragion per cui se voti per lui crei la possibilità di crescere il tuo godimento? Nella nostra tv è apparso per un attimo in collegamento Edward Luttwak per dire: "Avete un premier condannato per evasione fiscale? In America starebbe in prigione". Da noi non solo è libero, ma detta le condizioni al governo, pare quasi che noi-popolo siamo chiusi in questa morsa: o lo graziamo e lo rimettiamo in Senato, o lui fa cadere il governo e ci riduce alla carità. Mentre scrivo, questo dilemma è in piedi. Lo scrivo con vergogna. Quel politico è sostenuto dal 21 % degli italiani. Si prova vergogna per quel politico, ma ancor più per i milioni di italiani che lo votano. Credevamo che il divario fra stipendio minimo e stipendio massimo in Italia fosse da 1 a 200, ora vien fuori che è da 1 a 1000. Anche tra dipendenti pubblici. Anche se il manager che guadagna 1000 ha diretto un'azienda che sotto di lui è fallita. Che vergogna per tutti noi! Specialmente per chi, come l'autore di queste righe, conosceva piccoli imprenditori onesti e laboriosi, che avanzavano un sacco di crediti dallo Stato ma lo Stato non li pagava mai, finché si sono impiccati. Ma questo Stato premia chi non merita e impicca chi merita? Se uno scrive libri, come l'autore di questo articoletto, la sua gioia più grande non sta nei premi (spesso truccati) o nei soldi (per far soldi devi scrivere porcate), ma nei laureandi: fanno la tesi su di te e ti vengono a trovare. Diventano tuoi figli. T'interessi della loro vita. Li cerchi al telefono. Quest'anno sono stati tre-quattro, bravissimi, genietti, li chiamo: "Come vi siete laureati?", "Lode", "Avete mandato in giro i curricula? Scuole, uffici pubblicità, giornali, case editrici, istituti di cultura?", "Quaranta", "Risposte", "Nessuna". Il dialogo si spegne per la disperazione. La Germania sta all'Italia come la Mercedes sta alla Ferrari: ci umilia. Loro indovinano tutto e noi sbagliamo tutto. Vorremmo cambiare le regole ma non si può: hic Rhodus, hic salta. Nella disperazione, qualcuno inventa un Fernet marca "Mafiosi". Ci avevan già pensato ungheresi e spagnoli, creando pizze e panini marca "Mafia" e "Padrino". Il mondo ci dice: mafia, camorra e 'ndrangheta sono le vostre uniche aziende che tirano. Purtroppo è vero. Fratelli miei, che vergogna!

Questionario e social

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