Martedì 11 marzo 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
11 marzo 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
DEBITI PA. Gli importi sfiorano gli 80 milioni, tempi record in Val d’Aosta
SANITÀ, RIMBORSI IN 5 MESI
Sardegna tra le regioni meno lente con 160 giorni

Lo Stato lumaca ha colpito ancora. Il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione viaggia in ritardo anche per la spesa sanitaria. Ma nella classifica italiana, la Sardegna è lontana dal record negativo del Sud.
IL FATTO Una direttiva Ue ha imposto che da gennaio 2013 gli enti pubblici sanitari debbano saldare le fatture entro 60 giorni (30 per gli altri). Ma secondo una ricerca di Assobiomedica, l’associazione di Confindustria delle imprese fornitrici di dispositivi medici, nessuna regione italiana rispetta la scadenza. Per acquistare apparecchiature sanitarie (dai bisturi alle valvole cardiache) le Aziende sanitarie locali pagano in media dopo 211 giorni, ovvero 7 mesi, con uno scoperto che al momento supera i 3,7 miliardi. La Sardegna si ferma a 160 giorni con uno scoperto di quasi 80 milioni di euro (il 2,1% del totale). Un ritardo, certo, che però è contenuto se paragonato agli 832 giorni della Calabria e agli 822 del Molise. Nella classifica dei cinque peggiori enti pagatori della sanità italiana, 3 sono calabresi: dall’Azienda ospedaliera di Catanzaro con 1.337 giorni (circa 3 anni e mezzo) all’azienda provinciale di Cosenza (1.250 giorni) sino a quella di Reggio Calabria (979).
SARDEGNA Secondo i dati aggiornati forniti dall’assessorato sardo della Sanità l’andamento medio dei tempi di pagamento è migliore e pari a 115 giorni, tenendo conto anche delle aziende ospedaliere e universitarie. Nel dettaglio la situazione cambia a seconda delle Asl. Le più veloci a pagare sono quelle più piccole, come la numero 4 dell’Ogliastra dove una fattura viene saldata tra i 45 e i 60 giorni e tra i 47 e i 60 giorni nell’azienda ospedaliera di Sassari. Nel Sulcis-Iglesiente servono sempre 60 giorni, mentre nella Asl 5 di Oristano i giorni variano dai 56 ai 65. Contenuti i tempi anche nella provincia di Cagliari (63-92). Nel Medio Campidano si passa tra 60 e i 102 giorni. A tirare su la media sono: il Brotzu (dove per una fattura servono dai 195 ai 270 giorni), la Asl 1 di Sassari (180-240) e la numero 2 di Olbia (180). Nell’azienda universitaria del capoluogo, invece, bisogna aspettare tra i 110 e i 188 giorni, contro gli 86-136 dell’Asl 3 di Nuoro.
LE MIGLIORI In Italia sono solo 5 le aziende che rispettano i limiti e sono al Nord, come l’Asl 4 Medio Friuli (35 giorni) e l’Asl 2 Isontina di Gorizia (61 giorni).
Annalisa Bernardini

ASL IN RITARDO Le lumache sono Olbia e Sassari
Nonostante la lentezza della pubblica amministrazione, si smuovono i pagamenti nella sanità grazie anche al superamento del patto di stabilità. Secondo i dati certificati dell’assessorato regionale alla Sanità, i debiti ancora da saldare a luglio 2013 superavano di poco gli 85 milioni di euro. Mentre secondo la ricerca di Assobiomedica, a dicembre sono scesi a 79,8 milioni. Quelli più consistenti, secondo la Regione, sono della Asl 1 di Sassari (42,4 milioni di euro) e della Asl 2 di Olbia (20 milioni). Chi ha meno debiti è invece l’azienda universitaria di Cagliari che deve pagare “solo” 865 mila euro.
PATTO DI STABILITÀ Ad aiutare la spesa e quindi a snellire i tempi di pagamento nel settore, giova l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità. «La Sardegna», fanno sapere dall’assessorato regionale «autofinanzia la spesa sanitaria in base agli accordi Stato-Regione del 2006». Per questo, quindi, le cifre sono autodeterminate ed esulano dal patto di stabilità come in Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Sicilia.
Il Patto di stabilità è l’accordo Ue stipulato nel 1997 che mira proprio a controllare le politiche di bilancio pubblico nei Paese aderenti. Superati certi limiti, insomma, le amministrazioni non possono più spendere, anche se si tratta di sanità. E così, per far fronte alle spese del settore, alcune regioni, come la Lombardia, hanno derogato a questi limiti.
An. Ber.
 
 
 

L’UNIONE SARDA

2 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 25 - Edizione CA)
CULTURE Due studiosi collegano insuccesso scolastico ed espropriazione linguistica
I sardi ultimi della classe? Tutta colpa dell’italiano

Ripetenti o ultimi della classe perché poveri, figli di padri disoccupati, di madri con la terza media? Anche, ma non solo. Forse se gli studenti sardi - in campagna come in città - sono sempre in coda alle classifiche sull’apprendimento è perché hanno un problema di lingua. Si illudono di parlare in italiano, ma balbettano in un idioma ibrido: le parole sono italiane, la sintassi resta quella del sardo. Confusione causata dalla volontà dello Stato di scacciare una lingua vitale per imporne un’altra, che rimane estranea anche dopo generazioni. È la provocatoria tesi di Roberto Bolognesi, 61 anni, linguista di Villamassargia trapiantato in Olanda, dove ha studiato il sardo per conto del Nwo (il Cnr olandese) e dell’Università di Amsterdam.
«L’italianizzazione forzata è fallita e ci ha lasciato una neolingua impoverita, l’italiano regionale sardo»: Bolognesi sintetizza via Skype le opinioni espresse nel volume “Le identità linguistiche dei sardi”, pubblicato per Condaghes. Niente di inedito o di marziano: l’italiano standard esiste solo nelle grammatiche e i sociolinguisti ne individuano almeno cinque varietà regionali. Le caratteristiche salienti della variante sarda sono state tracciate da Ines Loi Corvetto dell’Università di Cagliari in un saggio del 1980. La novità è che oggi ci sono le rilevazioni Ocse Pisa e quelle Invalsi. E che entrambe piazzano i risultati degli studenti isolani agli ultimi posti. «Parliamo una lingua bastarda, abbiamo il record degli abbandoni e delle ripetenze. Il 36 per cento dei ragazzi si dimostra incapace di capire un semplice testo tecnico. Possibile che nessuno faccia un collegamento?», polemizza Bolognesi.
L’accostamento tra espropriazione linguistica e fallimenti scolastici è stata fatta dal sociologo Alessandro Mongili nella Introduzione al saggio “Il sardo, una lingua normale” di Giuseppe Corongiu. «Ancora oggi - scrive - il “parlare sbagliato” dei sardi contribuisce all’espulsione dalla scuola del 23 per cento degli studenti sardi (contro il 13 per cento del Lazio e il 16 per cento della Toscana) e lo giustifica in larga misura anche di fronte alle sue stesse vittime».
Cagliaritano, 54 anni, formatosi a Urbino e Parigi, Mongili è ricercatore all’Università di Padova. È fra gli autori della ricerca sociolinguistica “Le lingue dei sardi”, commissionata dalla Regione nel 2005 e un convinto fautore del bilinguismo. «Non sono un sociologo dell’educazione. La mia è un’ipotesi di ricerca su un fenomeno complesso», precisa. Anche nel Rapporto Istat del 2010, spiega, salta agli occhi una curiosa correlazione fra aree dove l’italiano è stato imposto a scapito delle lingue tradizionali (Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano) e insuccesso scolastico. «Ma la cultura ufficiale sarda rimuove il problema linguistico dalle ipotesi da approfondire», sottolinea il sociologo. Il paradosso non è sfuggito a Bolognesi, che ha cercato a lungo uno studio specifico su performance degli studenti e situazione linguistica della loro comunità. Invano. Però ha trovato una serie di indizi coincidenti. Un esempio: i ripetenti nel secondo anno delle superiori sono il 31 per cento in Val d’Aosta e il 38 nella scuola italiana della Provincia di Bolzano, il 30 in Sardegna.
Un recente Rapporto sul sistema educativo italiano curato da Cidi e Aimc suggerisce che i sardi siano penalizzati dalla povertà. «I fattori economici influiscono, ma a scuola è più importante il capitale culturale rispetto al capitale finanziario», argomenta Mongili. «Uno studente che si esprime in un italiano regionale, che non ha coscienza degli strumenti linguistici, che non legge (come capita anche altrove) è più facilmente soggetto a essere stigmatizzato e respinto di uno che sia semplicemente povero». Sorprende, ribadisce Mongili, che questo aspetto non stimoli né ricerca né politica. L’attenzione è posta sui fattori economici o sulle strutture (l’edilizia scolastica) «ma non sui meccanismi che determinano il mancato apprendimento: la cultura didattica e i suoi metodi, i meccanismi in classe, le varie forme di allontanamento». Inclusa la condanna per “parlare sbagliato”.
Daniela Pinna
 

 
L’UNIONE SARDA
3 - L’Unione Sarda / Provincia di Sassari (Pagina 60 - Edizione CA)
SASSARI. Il rettore Mastino rifiuta di correre per la città
Candidature: il no del Magnifico
Se Alessandra Giudici, presidente della Provincia, ha evitato di parlare di una sua candidatura a sindaco della città, «nessuno ancora me lo ha chiesto», Attilio Mastino lo ha fatto senza problemi. Per dire che ha apprezzato molto il suo nome nel toto-sindaco ma ha già ringraziato per l’offerta, rifiutato e andrà avanti come rettore dell’Università. Scelta sofferta nella lotteria delle comunali, considerato l’amore che lo lega alla città. Il suo nome, all’interno del centro-sinistra, sarebbe stato condiviso all’unanimità, con un accordo politico che avrebbe fatto saltare persino le primarie. «Sassari mi ha accolto a braccia aperte, mi ha valorizzato ed io sarò sempre in debito. È una città aperta, l’idea di diventarne sindaco mi affascina ma ho un impegno con l’Università sino al 30 ottobre e non ho intenzione di lasciare». Missione fallita dei democratici per questione di mesi: «Dopo ottobre ci avrei fatto un pensierino - ha detto il Magnifico - ma non voglio lasciare cose incomplete. La città avrà candidati di valore e spero che si punti sui giovani». Proprio ieri sera, nella direzione provinciale del Pd, la conferma della corsa tra gli assessori Nicola Sanna e Gianni Carbini. A loro si aggiungeranno i nomi dei partiti alleati mentre, in serata, è riemerso il nome di Alessandra Giudici, ancora in stand by ma che le indiscrezioni danno per pronta nella gara verso Palazzo Ducale. La scadenza per le candidature è fissata al 17 marzo. (a. br.)
 

 
L’UNIONE SARDA
 
4 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 33 - Edizione CA)
LA PROTESTA. Contestata l’area-soste interrata sotto le mura di Castello
«È UN PIANO ILLEGITTIMO» Italia Nostra e Social forum: oggi sit in in via Roma
Non fanno sconti: «Progetto vecchio e illegittimo». Oggi alle 17 (dopo la protesta di sabato in piazza Yenne) aderenti e simpatizzanti di associazioni ambientaliste, cittadini del centro storico e iscritti a “Cagliari social forum” manifesteranno in via Roma di fronte a palazzo Bacaredda: «Ricorderemo i punti della nostra battaglia contro la realizzazione dei parcheggi interrati sotto le mura del bastione di Santa Croce».
ITALIA NOSTRA Maria Paola Morittu, Referente in Sardegna di Italia Nostra per la pianificazione territoriale, chiederà la «revoca della delibera approvata dal Consiglio comunale» che dà il via agli interventi ai piedi del quartiere Castello. «Il Comune», dice Morittu, «non ha tenuto in nessuna considerazione le nostre osservazioni al progetto». Non ne fa (“come gli altri che assieme a noi di Italia Nostra sono impegnati nella protesta”) una questione politica: «Nessun attacco alla maggioranza ma un’opposizione sul principio e il metodo». Devastante, per Morittu, la costruzione del parcheggio sotterraneo in «una zona a rischio» come le mura del bastione. «La Giunta sostiene che aumenteranno i parcheggi ma sbaglia: saranno 467 di meno perché dovrebbero essere cancellati i 575 di via Cammino Nuovo, via Santa Margherita e via San Giorgio e i 225 di Castello». Per Italia Nostra l’intervento del Comune sarebbe illegittimo: «Non corrisponde al vero quanto sostenuto dall’Amministrazione e cioè “che il progetto può essere realizzato nelle more dell’adeguamento del Puc al Ppr». Sul progetto: «Non riusciamo proprio a capire che grande stimolo per i sensi potranno avere l’odore di gas di scarico delle auto, la vista di veicoli che vanno e vengono. Per non parlare della immensa soddisfazione che si proverà nel “passeggiare e contemplare” le bocche di aerazione e il tetto di un parcheggio in cemento che, si legge, non tollererebbe uno strato di terra umida superiore ai 20 centimetri».
L’UTILITÀ L’esigenza di realizzare un parcheggio interrato in via del Cammino Nuovo lascia perplesso Italo Meloni, docente di Pianificazione dei trasporti nella facoltà di Ingegneria. «Mi sarei aspettato un maggiore coinvolgimento della cittadinanza e nessuno, finora, ha dato una spiegazione del perché questo parcheggio serva». Abituato a esprimere giudizi sulla base di dati concreti (studi, prospetti, rilievi), Italo Meloni si sarebbe aspettato dagli autori del progetto, e quindi dagli amministratori di palazzo Bacaredda, un insieme di valutazioni preliminari. «Invece dispiace notare che, per esempio, nessuno ci ha detto se sono state prese in considerazione soluzioni alternative per pedonalizzare i rioni storici, senza necessariamente giungere alla costruzione di un multipiano interrato. E poi, perché proprio in via del Cammino Nuovo. Progettare un parcheggio non è impegno semplice, molti gli elementi da considerare: non ultima la reale utilità di simili realizzazioni».
CAGLIARI SOCIAL FORUM Andrea Olla va spesso in bici, conosce bene la città. Plaude alle piste ciclabili, molto meno al progetto delle soste interrato sotto Castello. «Conosco la città anche da automobilista che fatica sempre più a trovare un parcheggio nella zona di piazza Giovanni XXIII». Cagliari invasa dalle auto: «Città come Milano, Tokio e Singapore, per citarne alcune, di fronte all’enorme mole di traffico che si riversa nelle loro strade, hanno preso una decisione drastica: invece di costruire nuovi parcheggi hanno chiuso l’ingresso alle auto. I nostri amministratori non hanno avuto la stessa lungimiranza». Il timore degli scavi sotto le mura: «La soprintendenza non ha escluso che sotto via del Cammino Nuovo possano esserci reperti. Altro difetto del progetto che contestiamo: l’eliminazioen dei tapis roulant è stato un escamotage per evitare la valutazione di impatto ambientale che avrebbe chiesto la Regione». (p. p.)
 


L’UNIONE SARDA
 
5 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 37 - Edizione CA)
Provincia e Coni varano il progetto “A chent’annos” per 360 anziani
Più sport e meno farmaci per una vecchiaia in salute
Più longevità ma anche più acciacchi. Da lì vogliono partire la Provincia e il Coni per dar corpo alla seconda edizione di A chent’annos in salude , il progetto sportivo-sanitario ideato dall’ex presidente Roberto Pili e riproposto dal commissario Pietro Cadau e destinato agli over 65 di Cagliari ed steso, quest’anno, anche a Monserrato, Selargius, Quartu e Quartucciu, Sestu, Assemini, Elmas e Capoterra. Un territorio dove i sessantacinquenni sono quasi sessantacinquemila.
I BENEFICI «L’aumento delle aspettative di vita, soprattutto in Sardegna, terra di ultracentenari - hanno spiegato gli organizzatori - sarà accompagnato da un sostanziale incremento del numero di individui a rischio per malattie croniche e disabilità». Così, per evitare che la popolazione sempre più anziana debba fare i conti semplicemente col maggiore numero di anni da vivere e non con un’esistenza di qualità, si scelto di sfruttare la migliore delle ricette, il farmaco più efficace: lo sport. «A chent’annos - ha detto Pili - sta definendo le premesse perché fisiatri, ortopedici, medici dello sport e dunque il sistema sanitario possano prescrivere l’attività sportiva. Questo perché l’esercizio fisico, è ormai scientificamente assodato, può contribuire a contrastare malattie come il diabete mellito, patologie cardiache, depressione, insonnia e anche tumori».
IL VIA Mentre Provincia e Coni si apprestano a presentare a maggio, al congresso mondiale di medicina dello sport i risultati dello studio scientifico 2013, «ad aprile - ha ricordato Gianmario Migliaccio, coordinatore tecnico del Coni - comincerà il lavoro per mettere a punto il nuovo progetto e tra settembre e dicembre A chent’annos in salude entrerà nel vivo». A marzo, intanto, sarà pubblicato dal Coni il bando per i laureati in scienze motorie che dovranno seguire i 360 anziani. Il protocollo scientifico prevede un impegno fisico della durata minima di 12 settimane con non più di 60 giorni di pausa. Più precisamente gli atleti saranno impegnati per un’ora per tre volte la settimana dopo un preliminare screening, mentre saranno monitorati durante l’intero programma.
DEFIBRILLATORI E intanto il commissario straordinario Pietro Cadau ha annunciato uno stanziamento per l’acquisto di una trentina di defibrillatori da mettere a disposizione delle scuole e delle associazioni sportive.
Andrea Piras


LA NUOVA SARDEGNA 
 
UNIVERSITÀ, TASSE TRA LE PIÙ BASSE D’ITALIA
Classifica nazionale rilancia la validità delle recenti politiche accademiche nell’isola, ma restano dubbi e interrogativi

la nuova sardegna di martedì 11 marzo 2014
 
I COSTI DELL’ISTRUZIONE
Sassari è al quinto posto in graduatoria tra le sedi meno care su 59 atenei pubblici, mentre Cagliari si colloca in decima posizione  Nelle strutture private si possono pagare cifre molto superiori  Quasi ovunque adottate nuove griglie per valutare meglio il reddito familiare

di Pier Giorgio Pinna
SASSARI Sorpresa a metà: le tasse universitarie nell’isola sono tra le più basse d’Italia. Sassari è quinta tra gli atenei meno cari. Cagliari al decimo miglior posto su 59 università pubbliche. Se poi entrano in classifica le private, la distanza diventa abissale.
Quesiti. Ma gli interrogativi non mancano comunque. Intanto, perché sino al 2011 a Sassari come a Cagliari ci sono stati progressivi rincari dei tributi. Poi, perché i rappresentanti degli studenti mettono in risalto come altrove si chiedono magari contributi superiori, ma appare più elevato il livello di numerosi servizi. Infine, perché tutti si rendono conto che un aumento delle imposte avrebbe un effetto boomerang in un contesto disastrato come quello dell’isola.
Casi. Una terra dove, a sentire analisti e osservatori, la laurea funziona ancora da ascensore sociale solo a patto di emigrare nell’Italia settentrionale o in qualche Paese europeo. Un fenomeno messo in rilievo nelle ultime settimane dallo stesso neo-governatore, Francesco Pigliaru, che i M&B li ha ideati: tantissimi Master sempre più spesso non vengono seguiti dal Back, ossia da un rientro per il lavoro in Sardegna dopo le specializzazioni all’estero o in atenei della penisola. Come dire: «Si spende tanto per studiare e poi si deve andar via per mettere a frutto quel che si è imparato a prezzo di così pesanti sacrifici, anche economici».
Statistiche. A rilanciare il dibattito su questi temi è una recente graduatoria pubblicata dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore. Non si deve però tener conto solo delle cifre nello scorrere l’elenco e valutare le posizioni dei diversi atenei (più caro di tutti il Politecnico di Milano con una media contributiva di 1.712 euro, il massimo della convenienza economica si registra invece a Potenza con 436 euro). Come si sottolinea da più parti nell’isola, c’è infatti da tenere presente anche il rapporto tra il Fondo di finanziamento ordinario e l’ammontare delle tasse universitarie. Un rapporto che per legge non può mai superare il 20%, ma che al contrario è sistematicamente oltrepassato in decine di altre sedi accademiche italiane. Nel caso di Sassari, per esempio, ci si limita al 13,60% del Fondo nel calcolare i tributi da far versare agli studenti. E anche Cagliari è al di sotto del tetto stabilito dal Miur.
Aree. Stando alla stessa graduatoria – frutto dell’elaborazione di dati ministeriali e altri indicatori - a far meglio di Sassari, oltre Potenza, ci sono Palermo, Catanzaro e Teramo. Tra il sesto e il nono miglior posto sotto questo profilo, si collocano prima di Cagliari esclusivamente due città, sempre del Meridione: Bari con il suo Politecnico e Napoli con l’Orientale e il Parthenope. A metà classifica, con un migliaio di euro all’anno richiesto come media contributiva, prestigiosi atenei come quelli di Pisa e Politecnico di Torino.
Differenze. Nove volte tanto è invece necessario pagare per frequentare la Bocconi a Milano (media 9.501 euro) o, per esempio, il corso di laurea in Scienze gastronomiche – sempre privato - a Bra. Prezzi solo leggermente più contenuti per altre università non pubbliche frequentate da tanti studenti sardi. Come la Luiss a Roma: media 7.531 euro. Come il San Raffaele a Milano: 6.965. O la Cattolica a Milano: 4.894.
Strategie. Con l’esigenza di attrarre sempre più immatricolati si conferma dunque la validità delle politiche di contenimento delle tasse fatte in questi ultimi due anni nell’isola. Spesso accompagnate da una revisione delle “griglie” in relazione a redditi e riferimenti Iseeu. Quasi una strada obbligata per evitare un nuovo calo d’iscritti nelle università sarde. Ma – come tutti non si stancano di sottolineare, dai sindacati sino ad arrivare ai vertici degli atenei – anche una scelta sicuramente non indolore. Soprattutto se raffrontata con i tagli sempre più massicci di fondi ministeriali negli atenei del Sud.
 
I RETTORI: «CON QUESTA CRISI NIENTE AUMENTI»
Mastino e Melis: «Viviamo in una realtà difficile, dobbiamo incoraggiare le iscrizioni ai corsi di laurea»
SASSARI Attorno al fil rouge delle tasse i due rettori fanno quadrato. Non si pensa certo ad altri aumenti. Né a rincari generali indiscriminati. Né a ritocchi mirati per fasce di reddito. Né a paramentrazioni nuove per controbilanciare i tagli ministeriali. Nessuno vuole penalizzare le iscrizioni, che negli ultimi anni hanno registrato una contrazione. E al di là dei vertici accademici non c’è chi non veda le difficoltà operative i due atenei inseriti in realtà sociali fragili. Tagliate fuori, o quasi, da partnership e contribuzioni di privati in un tessuto produttivo debolissimo.
Impegni. Ecco perché sin dal momento dell’inaugurazione dell’anno accademico il rettore dell’università di Cagliari, Giovanni Melis, proprio da economista ha lanciato un monito al Miur: «Chiediamo con forza la garanzia che i criteri di ripartizione consentano di competere con pari opportunità. Non si può ignorare che le diverse condizioni dei territori incidono sull’entità delle tasse richiedibili e sulle possibilità di collaborare con imprese e istituzioni per stimolare e finanziare la ricerca», ha detto. «La circostanza è particolarmente grave nella nostra realtà insulare dove occorre operare con una maggiore articolazione dell’offerta formativa _ non ha mancato di sottolineare poi Giovanni Melis in diverse occasioni ufficiali _ In questo senso gli inviti ministeriali a realizzare fusioni con altre università non sono praticabili in Sardegna. Quegli appelli da Roma infatti non considerano la distanza geografica e il sistema dei trasporti, lo specifico patrimonio culturale accumulato dagli atenei sardi nella loro storia centenaria, il grado d’integrazione già realizzato nel territorio con l’autonomia funzionale». «Non meno insidiose sono le politiche volte a concentrare la ricerca nelle aree più forti _ ha continuato da Cagliari il rettore _ La razionalizzazione del sistema universitario regionale va portata avanti invece nell’ambito dell’accordo federativo, valorizzandole specifiche autonomie».
Riferimenti. Nel ricordare come la Commissione-tasse sia al lavoro proprio in queste settimane, il suo collega sassarese ha annunciato per prima cosa di concordare con il Consiglio degli studenti sul mantenimento dei tributi al livello del 2012-2013: «Senza aumenti di sorta», ha voluto precisare. «Questa sarà la mia proposta al Consiglio d’amministrazione per via della crisi che investe le famiglie e la Sardegna _ ha puntualizzato ancora Attilio Mastino _ E confido che il Cda possa approvarla, visto che il bilancio di previsione 2014 è in pareggio». «Al momento dell’inaugurazione dell’anno accademico, l’8 novembre scorso, avevo fatto notare come sia indispensabile far crescere la quantità dei ragazzi che possono accedere ai corsi: oggi è infatti molto basso il numero di diciannovenni sardi che nell’isola s’iscrivono all’università, non più del 23% durante l’anno accademico 2012-13 _ ha incalzato il rettore di Sassari _ E il numero dei laureati rimane basso perché solo la metà delle matricole arriva alla fine degli studi». «Nella fascia di età dai 25 ai 64 anni, poi, è in possesso di un diploma di laurea il 15,7% degli italiani ma solo il 13,9% dei sardi, circa la metà della media Ocse», ha proseguito il rettore.
Ostacoli. «Eppure, oggi dovremmo poter affrontare ritardi storici, preparare medici, architetti, scienziati, giuristi, umanisti capaci d’innescare finalmente lo sviluppo della Sardegna », si è rammaricato, anche da storico, Attilio Mastino. Il quale, alla luce di questi fattori, ha confermato una necessità: quella di favorire un’inversione di tendenza. Un flusso che incoraggi l’internazionalizzazione. E che contrasti la bassa natalità della Sardegna. Fenomeno destinato nei prossimi anni a far risaltare un altro filo rosso: quello della sempre più marcata riduzione d’iscritti sin dalla scuola. (pgp)
 
CRITICI TANTI STUDENTI «Al ribasso anche il livello dei servizi»
Molti studenti non sanno che farsene delle statistiche. Per loro pagare le tasse e riuscire a seguire i corsi resta un enorme sacrificio. Così in passato hanno spesso contestato che a Cagliari e a Sassari, così come nei corsi gemmati, il livello dei servizi offerti non sia di qualità elevata. Un discorso critico sotto questo profilo riguarda giorni e orari di apertura delle segreterie. Un altro, l’arco quotidiano d’accesso a numerose biblioteche. Un altro ancora, gli intasamenti nel lavoro del personale amministrativo che a volte si creano tra uffici centrali d’ateneo e uffici decentrati nelle diverse facoltà (oggi strutturate in dipartimenti). «Ma in queste condizioni non sono tollerabili aumenti delle tasse, neppure molto bassi», afferma Camilla Sotgiu, che per il Forum studentesco, a Sassari, fa parte del Consiglio per Storia, scienze dell’uomo e della formazione. «Ci troviamo in un contesto disastrato, dove i redditi medi familiari sono poco elevati – aggiunge – E nel frattempo assistiamo a una diminuzione del numero complessivo dei corsi di laurea e alla riduzione dell’offerta formativa». (pgp)



LA NUOVA SARDEGNA

6 - La Nuova Sardegna /
pagina 5 - Sardegna
AZIENDE SANITARIE, PIÙ SOLDI A CHI PERDE
IL CASO La delibera adottata dalla giunta Cappellacci per ripianare i debiti penalizza le gestioni più virtuose: scoppia la protesta
la nuova sardegna di martedì 11 marzo 2014

di Silvia Sanna
SASSARI La spiegazione assomiglia alla storia del buon padre di famiglia che dedica maggiori attenzioni al figlio più debole e insicuro: gli altri, quelli più forti e capaci di camminare da soli, ci rimarranno un po’ male ma capiranno. La storia assomiglia, ma solo in teoria. Perché nella realtà fredda di conti, bilanci, costi e perdite, le differenze sono tantissime. E invece di figli si parla di manager più o meno bravi o comunque capaci di fare girare al meglio l’azienda sanitaria che gli è stata affidata. La delibera del 5 marzo, con cui la giunta di centrodestra, 17 giorni dopo le elezioni regionali che hanno portato il centrosinistra alla vittoria, distribuisce 115 milioni di euro alle Asl e Aziende miste, annacqua la classifica dei buoni e dei cattivi: i fondi vengono spalmati per coprire le perdite, a svantaggio di chi esibiva conti a posto. Ugo Cappellacci dice che sono state seguite le regole, ma a molti la delibera approvata a tempo abbondamente scaduto puzza di ingiustizia.
La distribuzione dei fondi. Sono 115 milioni aggiuntivi rispetto alla cifra stabilita in sede di approvazione delle legge finanziaria 2013: il tesoretto da distribuire tra le 8 Asl e le 3 Aziende ospedaliere dell’isola ammonta complessivamente a 3miliardi 90 milioni e spiccioli. I 115 milioni (arrivati grazie alla legge regionale 40 del 30 dicembre 2013) sono stati spalmati sulla base dei conti economici. Non reali ma presunti. Dice Cappellacci: «I conti di riferimento sono quelli del 2012, perché molte aziende non hanno risposto alle richieste di giustificativi degli incrementi dei costi registrati nel 2013». Tradotto: i 115 milioni recuperati a fine dicembre sono serviti per ripianare le perdite, perché l’importo inizialmente a disposizione (quasi 3 miliardi) non era sufficiente. In questo modo i conti si pareggiano, ma il paradosso è che i virtuosi, quelli che non avevano debiti, vengono penalizzati: si toglie a loro – cioè all’assistenza sanitaria, cioè ai cittadini – per mettere una pezza ai bilanci in rosso di chi non è stato altrettanto bravo. Un paracadute niente male che garantisce anche l’anonimato. Chi vince e chi perde. Nella tabella che fotografa la distribuzione dei fondi, ci sono solo tre segni meno: il caso più clamoroso è quello della Asl di Oristano, che rispetto alla prima assegnazione ( 3 dicembre 2013) perde oltre 10 milioni.
Oltre 3 milioni e mezzo di finanziamento in meno per l’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, 45mila in meno per la Asl ogliastrina. Ma indagando più a fondo si scopre che a sorridere sono pochi: il totale dei finanziamenti (per esempio all’Aou di Sassari o all’Asl di Olbia) è infatti quasi sempre inferiore all’importo erogato nel 2012, per colpa dei tagli subiti nel 2013dal fondo sanitario. I tempi. Silvio Lai, segretario del Pd, ha attaccato la giunta su due fronti: «Per il tentativo di coprire il pasticcio della spesa sanitaria e per il grande attivismo a quasi 20 giorni dal voto che ha visto il centrodestra sconfitto». La replica di Cappellacci è stizzita: «Gli inutili schiamazzi di Lai sono dettati dalla necessità di distogliere l’attenzione dalla zuffa per le poltrone all’interno del suo partito». E poi: «L’approvazione della delibera del 5 marzo era un atto di responsabilità, per consentire alle aziende la chiusura dei bilanci nei termini di legge». Il problema è capire se l’atto, oltre che responsabile, è anche legittimo.
 
SASSARI/AZIENDA MISTA
«Non sono arrivati i 5 milioni promessi»
SASSARI Malumore anche a Sassari per la nuova delibera sui finanziamenti alle aziende sanitarie dell’isola. Il provvedimento datato 5 marzo 2014 lascia di sicuro con l’amaro in bocca la direzione generale dell’Azienda ospedaliero universitaria che si aspettava un intervento più consistente da parte della Regione. In sostanza, rispetto alla delibera precedente risalente a dicembre scorso, che stabiliva una prima assegnazione di fondi relativa al 2013, l’Aou ha “guadagnato” soltanto 700mila euro. «Molto meno – dicono in direzione sanitaria – di ciò che era stato concordato nel 2012 quando il finanziamento per la nostra azienda fu di 128 milioni di euro. L’assessore ci aveva promesso che la cifra, nell’anno successivo, sarebbe stata almeno la stessa ma non certo inferiore». Visto che lo stanziamento fissato con la delibera di cinque giorni fa è pari a 124.350.600,00 euro (un po’ di più rispetto ai 123.609.150,97 euro di dicembre) mancano all’appello quasi cinque milioni che coincidono con la valorizzazione delle prestazioni fornite dall’Aou in emergenza. L’azienda infatti, dopo tante trattative, aveva ottenuto dalla Regione il riconoscimento relativo ai numerosi punti di pronto soccorso con accesso diretto ai vari reparti specialistici.
Alle cliniche universitarie sono attivi punti di pronto soccorso per ostetricia, pediatria, neonatologia, chirurgia maxillo-facciale, chirurgia vascolare, otorino, oculistica, urologia, neurologia, chirurgia pediatrica e neuropsichiatria infantile. «Tutti settori per i quali è prevista una turnazione particolare – affermano i dirigenti dell’Aou – che consente appunto l’accoglienza di pazienti in regime di urgenza». Quello che sembrava un diritto acquisito si è invece rivelato un passo indietro sul quale l’azienda sassarese intende chiedere chiarimenti. (g.g.)


 



 

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