Domenica 9 marzo 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 marzo 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA / Economia (Pagina 14 - Edizione CA)
BORSE DI STUDIO IED
Un Master sull’ambiente per laureati

L’Istituto europeo di Design di Cagliari mette in palio borse di studio per il master in “Progetto Territorio Land Design”.
Il corso sarà un itinerario formativo di eccellenza nell’ambito professionale dell’ambiente, del paesaggio e della sostenibilità, coordinato dall’architetto Paolo Mestriner. Realizzato in collaborazione con Fai, Energit, Tiscali, Edilana, Cantine Giba, Anfe, Conservatoria delle Coste, Wwf, Legambiente, Comune di Allai, Comune di Teulada e Gal Ogliastra, è rivolto a tutti coloro in possesso di una laurea o titolo equiparato. Le candidature, con portfolio dei progetti accademici e professionali, devono essere inviate via mail all’indirizzo info@cagliari.ied.it entro il 20 marzo, specificando nell’oggetto: Candidatura borse di studio master progetto territorio. (lu. ma.)


LA NUOVA SARDEGNA 
 
2 - LA NUOVA SARDEGNA / Pagina 25 - Sassari
INCONTRO IL 14 MARZO 
Campus universitario, l’Ersu apre il dialogo con il Comune 
SASSARI Prove di dialogo tra il Consiglio d’amministrazione dell’Ersu, il Comune e l’Università con l’intento di condividere scelte e procedure da attivare per la realizzazione del campus universitario. L’iniziativa arriva quando l’amministrazione comunale è ormai a fine corsa, ma potrebbe servire per creare nuove basi di confronto. L’Ersu sottolinea di avere preso atto con rammarico «della bocciatura espressa dalla commissione urbanistica in merito al progetto campus nell’area delle ex semolerie Azzena». Dopo il giudizio di fattibilità espresso dagli uffici tecnici sulla richiesta di variante urbanistica presentata nel dicembre scorso, l’Ersu «aveva sperato di poter realizzare il progetto nell’area prescelta», ma sebbene inserita nell’ordine del giorno delle ultime due sedute, la richiesta di convocazione del consiglio comunale. presentata da diversi consiglieri, per la discussione sulla variante, non è stata ancora dibattuta». E L’Ersu prova a sbloccare la situazione. «É necessario andare avanti, se il progetto negli ex Mulini Azzena non è più fattibile – dice il presidente dell’Ersu Gianni Poggiu – e concordare in tempi brevi incontri con le istiuzioni per individuare nuove aree dove realizzare il progetto evitando di perdere il finanziamento». Il primo incontri, su invito dell’Ersu, è in programma il 14 marzo alle 15,30 nella sede di via Coppino. Sia l’Università che il Comune hanno confermato la loro disponibilità a partecipare alla riunione «che si spera porti ad una collaborazione fattiva tra le istituzion». «Già dall’inizio del mio secondo mandato – conclude Poggiu – auspicavo la necessita di ricucire i rapporti con le istituzioni. È fondamentale far sì che scelte e progetti siano frutto di un dialogo condiviso e possano così diventare patrimonio della città e del territorio e non elemento di inutili polemiche e lacerazioni».
 

 
3 - LA NUOVA SARDEGNA / Pagina 25 - Sassari
La Regione ha tagliato 5milioni all’Aou 
SANITÀ» “SCIPPO” DI FINE MANDATO 
La decisione della giunta Cappellacci mette a rischio i servizi di pronto soccorso. Discriminato il territorio del Sassarese 
di Vincenzo Garofalo
SASSARI Uno scippo da 5 milioni di euro mette a rischio i servizi di pronto soccorso della Aou di Sassari. Cinque milioni di euro che la Regione, in base agli accordi intercorsi fra l’assessorato alla Sanità e l’Azienda ospedaliero-universitaria avrebbe dovuto trasferire alle casse dell’ente sassarese ma che, con la delibera di giunta 9/10 del 5 marzo scorso, ha deviato verso altri lidi. Quei 5 milioni promessi per coprire i costi del servizio di pronto soccorso che l’Aou svolge nei reparti di Oculistica, Ginecologia, Neonatologia, Oncologia, si sono praticamente vaporizzati, ridotti dalla giunta Cappellacci ad appena 741 mila euro. Un pugno allo stomaco per la dirigenza dell’Azienda mista sassarese, che in questi mesi, fiduciosa dell’impegno preso dalla Regione, ha anticipato i soldi necessari per tenere attivi i servizi di pronto soccorso. La delibera emanata mercoledì scorso dall’esecutivo regionale ha fatto scattare l’allarme rosso negli uffici di via Coppino e nelle strutture sanitarie di viale San Pietro. Senza quei soldi tutti i servizi sono messi in discussione. Venerdì, dopo avere verificato che non si trattava di un incubo ma di una triste realtà, i vertici della Aou di Sassari hanno inviato una dura lettera al presidente della Regione, Ugo Cappellacci, chiedendo con forza che la delibera della discordia sia annullata immediatamente. Eppure quella delibera con cui la Giunta ha spalmato sulle aziende sanitarie regionali «risorse destinate al finanziamento indistinto della spesa sanitaria di parte corrente per l’esercizio 2013», in apparenza dovrebbe far sorridere l’Aou di Sassari. Dalle tabelle riepilogative risulta infatti che all’Azienda mista sassarese sono stati assegnati 124 milioni 350 mila 600 euro, circa un milione in più di quanto promesso. Solo che in via Coppino, leggendo bene i dati, confrontando le cifre e interpretando correttamente tutte le sfaccettature della delibera, si sono resi conti che quella somma nasconde una verità beffarda: i 5 milioni di euro destinati a finanziare i pronto soccorso sono svaniti, lasciando una flebile traccia di 741 mila euro, assolutamente insufficienti per coprire i costi del servizio e garantire assistenza sanitaria agli utenti. La delibera è stata adottata per dividere fra le aziende sanitarie una ulteriore disponibilità di 115 milioni di euro per finanziamento indistinto della spesa sanitaria di parte corrente per l’esercizio 2013. Allo stesso tempo ha rimodulato altre voci degli stanziamenti in materia sanitaria. Per Sassari, e in particolare per l’Azienda ospedaliero-universitaria però è stata un’amara sorpresa. Tanto inattesa e maldigerita che i primi a sollevare la voce contro Ugo Cappellacci e la sua giunta sono i rappresentati locali del partito del governatore: «Chiediamo al presidente Cappellacci di volere porre rimedio a questo grave errore che corre il rischio di pregiudicare gli sforzi fatti finora», protesta il consigliere comunale di Forza Italia, Manuel Alivesi, «quelle risorse risultano necessarie e indispensabili alla sopravvivenza dell’Azienda stessa, senza le quali dovrà necessariamente interrompere diversi servizi essenziali, oltre che provvedere anche a molti licenziamenti». Dello stesso tenore le parole dell’ex sindaco di Alghero, appena eletto consigliere regionale, Marco Tedde: «Sto verificando la documentazione, questo fatto è di una gravità inaudita, mi auguro che si tratti di una semplice svista alla quale chiederemo con forza al presidente Cappellacci di rimediare».
 
 
 
4 - LA NUOVA SARDEGNA / Pagina 5 - Sardegna
inquinamento e salute 
L’ISOLA FERITA E IL SILENZIO DELLA POLITICA 
La prescrizione ha fermato il processo Syndial e adesso rischia lo stop anche il “caso Quirra” 
di Piero Mannironi
SASSARI Oggi, nei giorni della rabbia e della delusione, nessuno potrà dire di essere innocente e di non avere debiti con la propria coscienza. Nessuno cioè potrà dire di non sapere e di non aver mai saputo. E proprio per questo motivo brucia ancora di più il fallimento giudiziario dell’inchiesta sull’inquinamento a Porto Torres. Un delitto senza castigo. Perché la prescrizione ha cancellato colpe e responsabilità, decretando una sconfitta della giustizia sostanziale, quella che pretende che vengano sempre saldati i conti per le regole infrante. Sterilizzando il discorso dai tecnicismi giuridici e dai bizantinismi procedurali, arrivando cioè alla sostanza vera del problema, in questi giorni è stato drammaticamente confermato il fatto che nei processi per disastro ambientale esiste un combinato-disposto che rende altissima la probabilità di non arrivare a una risposta di giustizia: il rapporto tra i tempi stretti di prescrizione e il ruolo dei consulenti tecnici. Già, i consulenti. In inchieste e processi di questo tipo, diventano una bussola per il giudice e per le parti. Con quello che dicono e certificano, con quello che non dicono, ma soprattutto con i tempi che chiedono per il loro lavoro, i periti diventano i veri arbitri. Sono loro, alla fine, che stabiliscono i tempi del processo e diventano strumenti formidabili nelle mani di avvocati che ovviamente puntano al primo risultato utile possibile: la prescrizione, per questi reati vergognosamente breve. Poligoni e veleni. È una realtà cruda che le paludate parole che rivendicano il sacro principio dei diritti della difesa non riescono a mascherare. E infatti, guarda caso, un altro processo per disastro ambientale, quello per i veleni di Quirra, sta correndo fatalmente verso il binario morto della prescrizione. E allora a nulla saranno serviti il coraggio e la determinazione di un procuratore come Domenico Fiordalisi che ha sfidato il potere militare per fare luce sulla devastazione operata per mezzo secolo su oltre 13mila ettari di Sardegna. Si diceva prima che l’età dell’innocenza è finita da molto tempo. Da almeno vent’anni esistono infatti studi e ricerche epidemiologiche che legano aree industriali e militari inquinate a un’insorgenza anomala di gravi patologie. Soprattutto tumori. E questa evidenza chiama direttamente in causa la politica. La sua ignavia e la sua debolezza, prima di tutto. E, in alcuni casi, forse addirittura la sua complicità. Mentre tragedie ambientali e umane si consumavano, la politica ha preferito nascondersi dietro le infinite dispute su metodi di rilevamento, in risultati di analisi non coerenti e quindi controversi, in silenzi sospetti e in minimizzazioni inquietanti. Un’eclissi della ragione che ha generato mostri. Come l’agghiacciante e rassegnata considerazione raccolta dal nostro giornale alcuni anni fa nella zona di Quirra: «Meglio un morto di cancro in più di un posto di lavoro in meno». Il lavoro e il diritto alla vita. La rinuncia della politica, che non ha avuto neppure il coraggio di fissare in legge limiti prescrittivi congrui, ha così prodotto addirittura il rovesciamento delle categorie morali e giuridiche che governano il vivere comunitario: il posto di lavoro visto come bene più prezioso del diritto naturale e costituzionale alla salute e alla vita. Una responsabilità enorme perché è stato inquinato fino alle fondamenta il patto sociale. Ma studi scientifici e documenti autorevoli, che raccontano uno scenario catastrofico, non possono essere ignorati o rimossi. Uno dei primi è la mappatura fatta nel 1994 dall’istituto di Igiene dell’Università di Sassari sulla mortalità da tumore in Sardegna. Una fotografia feroce dello stretto rapporto tra inquinamento industriale e crescita dei decessi per cancro. Uno studio che non spiega, che non ha la pretesa di scoprire il nesso causale tra agenti patogeni e malattia. Fotografa semplicemente un fatto. È insomma una presa d’atto di una situazione che non ha neppure bisogno di essere spiegata. Da quello studio emerge la mappa dell’inquinamento e della morte: Porto Torres, il Sulcis (soprattutto Portoscuso), Sarroch. La mappa della morte. Poi, nel 2006, l’allora assessore regionale alla Sanità Nerina Dirindin cercò conferme. Fece perciò monitorare quelle aree potenzialmente "stressate" dalle attività industriali e da quelle militari. Nacque così il "Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna". Lo studio fu condotto dall’associazione temporanea d’impresa Esa (Epidemiologia Sviluppo Ambiente), formata da università di Firenze, Arpa Piemonte e le Asl di Milano e Roma, e finanziato dall’Unione europea. Il risultato fu quasi scontato: nelle aree industriali e minerarie della Sardegna la mortalità per tumori e malattie respiratorie, epatiche e dell’apparato digerente nel ventennio 1981-2001 è stata più alta delle media nazionale. A Porto Torres, il dato di cornice fu questo: rispetto alla media regionale, moriva il 4% in più degli uomini e il 9% delle donne. Numeri spaventosi. Ma scorporando il dato di Sassari città, che era incluso nella macroarea, si arrivò a numeri spaventosi. Per esempio, la percentuale dei sarcomi dei tessuti molli si impennava fino ad arrivare a un +77% negli uomini e +89% nelle donne rispetto alla media attesa. Nello stesso periodo, cominciarono a diffondersi anche alcuni dati inquietanti dell’area di Portoscuso che il giornalista Antonio Cederna aveva definito «un incubo». Secondo uno studio, l’incidenza dei tumori nel Sulcis era superiore di circa il 10% rispetto alla media sarda. Per alcuni tipi di patologie si arrivava addirittura a un +35%. Impietosa, poi, la fotografia della zona fatta della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, nel febbraio 2001: «Nell’area insistono numerose aziende industriali, che con la loro attività hanno contribuito al grave degrado ambientale in termini di contaminazione dell’aria e delle acque, nonché alla contaminazione dei suoli all’interno e all’esterno dei siti operativi». Sul Sulcis cominciarono a filtrare anche alcuni dati che fino ad allora erano rimasti riservati. Come l’altissimo tasso di piombo rilevato nel sangue dei bambini di Portoscuso: il 50% in più di quello trovato nei bambini di Sant’Antioco. Piombo nel sangue. Nel 2008 l’Università di Cagliari nel corso di una ricerca affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro. E che dire, poi, dello studio su Sarroch pubblicato nella prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia "Mutagenesis"?. Scrive l’équipe di studiosi: «I 75 bambini delle scuole elementari costituenti il campione nella ricerca presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna (Burcei)». La certificazione definitiva che Porto Torres e il Sulcis-Iglesiente sono incluse in una lugubre geografia della morte del nostro Paese, è arrivata dallo studio “Sentieri”, commissionato dall’Istituto superiore di sanità. 57 aree marchiate con l’acronimo Sin (Siti di bonifica di interesse nazionale). Un dato che non ha bisogno di commenti: in queste 57 aree, tra il 1995 e il 2001, ci sono state 3.508 morti in più rispetto alle rispettive medie di mortalità regionale. La politica non può più nascondersi, non può più dire di non sapere.
 
 
 
5 - LA NUOVA SARDEGNA / Pagina 6 – Sardegna
IL SARDEX ORA ENTRA ANCHE IN BUSTA PAGA
La moneta virtuale usata da alcune aziende per versare parte dello stipendio
L’evoluzione del sistema complementare basato sul baratto
La Nuova Sardegna di domenica 9 marzo 2014
«MEZZO UTILE MA ANCORA LIMITATO» 
L’opinione di Roberto Mazzei, docente di finanza: necessario allargare i confini
SASSARI È un sostegno, più o meno grande, per le imprese che hanno difficoltà a ricevere pagamenti e a ottenere crediti dalle banche: «Il Sardex - così come altre monete complementari dalle medesime caratteristiche - rappresenta la soluzione individuata in ambiti territoriali ben definiti per facilitare gli scambi economici». Roberto Mazzei, professore di finanza aziendale presso la facoltà di Scienze Economiche dell’Università di Sassari, riconosce alla creatura inventata da un gruppo di giovani di Serramanna «una valenza, perché può facilitare lo scambio dei servizi. È una forma di moderno baratto che per ora si muove in un ambito limitato. Quando e se il Sardex si espanderà potrebbero nascere problemi di natura regolamentare, perché la moneta è inserita in un circuito che sfugge a quelli di pagamento normale monitorati da Banca d’Italia. Al momento ha una sua utilità anche se – aggiunge Mazzei – le aziende sarde non vivono e lavorano soltanto in Sardegna. Per questo non possono limitarsi agli scambi con altre aziende inserite nel medesimo circuito». Un salto atteso da chi desidera fare conoscere i propri prodotti oltre mare e si augura che sia proprio la moneta complementare a offrirgli questa possibilità. Lo stesso docente universitario spiega la grande differenza tra il Sardex e il Bitcoin, la criptomoneta digitale utilizzata esclusivamente nella Rete: «Il Sardex è una moneta complementare utilizzabile solo in un determinato contesto, il Bitcoin è un’altra moneta, che ha un tasso di cambio come il dollaro e l’euro. Verso la fine del 2013 una Bitcoin poteva valere anche 1000 dollari, per questo si parla di bolla speculativa». Una bolla che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Da quando è diventato convertibile, il Bitcoin è infatti l’unica moneta accettata nei siti che vendono droga, armi e carte di credito rubate. E qualche giorno è sparita misteriosamente dal web Mt Gox, la maggiore piattaforma di scambio per la valuta virtuale. Una scomparsa probabilmente legata alla scoperta di un maxi furto: dalla circolazione si sono infatti volatilizzati 744mila Bitcoin (6 per cento di quelli in circolazione) per un valore complessivo di circa 350 milioni di euro. (si. sa.)
 
 
 
6 - LA NUOVA SARDEGNA / Pagina 44 - Cultura-Spettacoli
Il mondo della cultura nelle immagini di Daniela Zedda   
Un incontro con la fotogiornalista all’Accademia di Belle Arti
Nell’ultimo libro una serie di ritratti di sardi fuori dell’isola
SASSARI Martedì della prossima settimana, a partire dalle 15.30, nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti si terrà una conversazione aperta al pubblico con la fotografa Daniela Zedda. L’appuntamento è il quarto di una serie organizzati dalle cattedre di Fotografia e Storia dell’arte contemporanea dell’Accademia "Mario Sironi". Alla conversazione e al dibattito parteciperanno, insieme con Daniela Zedda, Sonia Borsato, docente di Storia dell’arte contemporanea, Salvatore Ligios, docente di Fotografia all’Accademia, Costantino Cossu, giornalista della Nuova Sardegna e Paolo Piquereddu, direttore dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico. L’incontro è organizzato in collaborazione con Su Palatu-Fotografia e con la Soter Editrice. Al termine dell’incontro, Daniela Zedda si intratterrà presso la vicina libreria Koiné, in via Roma, per il booksigning della sua più recente pubblicazione: "Aldilàdelmare", una serie di ritratti fotografici di sardi che vivono e lavorano fuori dell’isola. Daniela Zedda è nata e vive a Cagliari, dove dal 1982 si occupa di fotografia e fotogiornalismo. Ha rivolto il suo impegno soprattutto nel fotogiornalismo d’ambito culturale e degli spettacoli. Sensibilità per il mondo dell’arte, tecnica e istinto psicologico si sono così incontrati in una vasta e stimata produzione ritrattistica, ospitata nel corso degli anni in mostre e pubblicazioni di prestigio. Ha al suo attivo diversi ritratti per libri, promozioni editoriali e copertine di cd musicali. Le fotografie di Daniela Zedda sono state pubblicate nei maggiori quotidiani e periodici nazionali: Il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, La Repubblica, L’Espresso, Il Manifesto, Musica Jazz, Gioia, Epoca, L’Europeo, Vera, TV Sorrisi e Canzoni, Vogue Casa, Panorama, Abitare, Le Monde, Performing Arts Journal. Daniela Zedda ha collaborato con l’agenzia fotografica Grazia Neri. È la fotografa del Teatro Stabile della Sardegna. Ha svolto attività didattica presso il Liceo artistico di Cagliari e presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Cagliari.

  



 

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