Venerdì 7 febbraio 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
07 febbraio 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 34 - Edizione CA)
UNIVERSITA’
Paolo Pirino
presidente dell’Ersu
L’ingegner Paolo Pirino è il nuovo presidente del consiglio di amministrazione dell’Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio universitario) di Cagliari. La nomina è stata firmata ieri pomeriggio dal presidente della Regione, Ugo Cappellacci. Pirino, nato a Sassari il 28 novembre 1984, subentra alla dimissionaria Daniela Noli, candidata alle prossime elezioni regionali, per la seconda volta a capo dell’ente dal 10 marzo 2011 al 12 gennaio di quest’anno. Paolo Pirino, sposato da un mese, è stato rappresentante degli studenti nel Cda dell’Ersu di Cagliari, e dopo la laurea ottenuta recentemente svolgeva la libera professione. «La notizia è arrivata inaspettata alcuni giorni fa dall’Ufficio di presidenza della Regione», confessa Pirino. «Ho accettato con entusiasmo, anche se non nego che all’inizio ero spaventato per il nuovo carico di responsabilità». Uno stato d’animo durato lo spazio di un minuto. «Ho una lunga esperienza universitaria e conosco bene le problematiche degli studenti. Il mio impegno è chiaro: voglio dare un contributo ai colleghi più giovani».
Pirino avrà un compito difficile: il Cda che presiede gestisce i servizi per circa 15 mila studenti universitari e un bilancio che sfiora i 40 milioni di euro da spendere in servizi mirati (Case dello studente, mense, borse di studio e contributi vari). (a. a.)



 
2 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 18 - Edizione CA)
VIENI A TORINO
L’Università degli studi di Torino seleziona ricercatori per il dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione (11/A1) dipartimento di Storia medievale (M-STO/01) dipartimento di Giurisprudenza (2/B2) diritto del lavoro.
Le domande dovranno essere indirizzate al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Torino - Via Verdi, 8 - 10124 Torino. Il testo dei bandi è sul sito www.unito.it è disponibile seguendo il seguente percorso “Lavorare in UniTo”. Per informazioni, telefonare allo 011.6702760/4 o inviare mail a concorsi.docenti@unito.it.



 
3 - L’Unione Sarda / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
UN NUOVO REGALO ALLE BANCHE?
Il decreto Imu-Bankitalia
Beniamino Moro
Nella conferenza stampa seguita all’approvazione del decreto Imu-Banca d’Italia, il governatore Visco ha precisato che la rivalutazione delle quote del nostro Istituto di emissione detenute dalle banche ordinarie (le quote maggiori sono di Banca Intesa e Unicredit, che hanno rispettivamente il 30 e il 22% del capitale) non costituisce un regalo alle stesse banche, ma un incentivo ad aumentare il loro credito alle imprese. Il relatore Marco Causi (Pd), ha ammesso che l’operazione è stata fatta per coprire i mancati introiti dell’abolizione dell’Imu 2013, da cui deriva il nome dello stesso decreto. L’opinione di autorevoli economisti, tuttavia, è che si tratti effettivamente di un regalo a favore delle banche e dell’erario, a scapito dei contribuenti. Ma come stanno le cose?
Il valore del capitale di Banca d’Italia (BI) è rimasto costante sin dalla sua costituzione (1936) all’equivalente odierno di 156 mila euro, pur fruttando alle banche detentrici delle rispettive quote dividendi sino al 4% delle riserve di BI, pari nel 2012 a 70 milioni di euro. Con la rivalutazione il governo aggiorna il valore delle quote alla redditività dell’investimento, in modo da consentire al patrimonio delle banche proprietarie un miglioramento contabile dei loro bilanci. Ciò potrà essere fatto valere negli stress test che verranno fatti nei prossimi mesi in vista del trasferimento della vigilanza alla Bce, ma sul punto quest’ultima non è d’accordo. Poi ricaverà dalla tassazione sulle plusvalenze contabili un importo di 1-1,5 miliardi con cui coprire il mancato gettito dell’Imu nel 2013.
Per l’aggiornamento del valore del capitale, la BI ha usato parametri oggettivi (valore attuale di una rendita perpetua di 70 milioni al tasso dell’1%), che portano a una cifra massima di 7,5 miliardi di euro. Togliendo l’imposta sulle plusvalenze, la rivalutazione patrimoniale netta delle banche si aggirerebbe sui 6 miliardi. Ciò porterebbe, ad esempio, il valore della quota di Banca Intesa (30%) dalle attuali 47 mila a 1,8 miliardi di euro e quella di Unicredit da 36 mila a 1,32 miliardi. (...) SEGUE A PAGINA 12

Politica Italiana (Pagina 12 - Edizione CA) Segue dalla prima pagina
Un nuovo regalo alle banche?
Beniamino Moro (...)
Anche se le procedure da seguire ancora non sono del tutto chiare, è assodato che tali incrementi sono solo contabili, da registrare nei bilanci delle banche, ma non implicano nell’immediato alcun trasferimento di fondi a loro favore né da parte di BI, né del Tesoro, mentre quest’ultimo incasserà realmente dalle banche una cifra compresa tra 1-1,5 miliardi di imposta sulle plusvalenze con cui finanziare lo sconto Imu 2013.
Tuttavia, i dubbi sull’operazione sorgono considerando due ulteriori regole imposte dal decreto: la prima limita al 3% la quota di capitale della BI che ciascuna banca potrà detenere (nel caso di Banca Intesa, tale vincolo obbliga la banca a vendere entro 3 anni il restante 27% di quote), con la facoltà di BI di comprare temporaneamente le quote eccedenti. Ciò implicherebbe un pagamento effettivo delle quote ritirate ai valori rivalutati: stando all’esempio, il 27% di Banca Intesa varrebbe circa 1,6 miliardi.
La seconda stabilisce invece che i dividendi pagati da BI sul capitale rivalutato potranno salire dagli attuali 70 (1% di rendimento) sino a un massimo di 450 milioni (6%). Ciò avvalora la tesi che senza questi due interventi della BI le quote eccedenti il 3% continuerebbero a valere ben poco sul mercato. Tuttavia, se BI fa salire i dividendi sino al 6% e si ricompra le quote eccedenti, allora queste diventerebbero appetibili sul mercato, ma solo al prezzo di un trasferimento a favore delle banche di risorse pubbliche (i rendimenti al 6% pagati da BI) che altrimenti andrebbero al Tesoro. Su questi e altri aspetti non secondari del decreto è urgente che intervengano i chiarimenti della stessa BI. Non meno importante, infine, è chiarire se le plusvalenze vadano computate nel bilancio 2013 (per farle valere negli stress test europei) o solo nel 2014, come stabilito a dicembre dalla Bce.
 
 
 
4 - L’Unione Sarda /
Cultura (Pagina 24 - Edizione CA)
IL CASO Patrimonio artistico contro deficit
L’IMPOSSIBILE CONTABILITÀ DELLA CULTURA  
«Quanto vale l’ingegno dei sardi che hanno costruito la reggia nuragica di Barumini? Una cifra inestimabile, se è vero che l’Unesco ha deciso di tutelare la genialità e non le pietre di basalto di Su Nuraxi. Davvero c’è un modo per quantificare il tuo Dna, il tuo sangue, la civiltà dei sardi?» Ancora: «Che valore avrebbe la navicella di Orroli o il capo di Uta?». Domande che l’archeologo Giorgio Murru rilancia alla Corte dei Conti, autrice di un’iniziativa che spiazza il mondo della cultura e dell’arte. I giudici contabili - la notizia è stata data dall’autorevolissimo Financial Times - accusano le agenzie di rating di essere state incaute nei reiterati downgrade nei confronti dell’Italia, un Paese con patrimonio culturale, artistico e paesaggistico che da solo basta a dire della nostra solidità finanziaria. Un’omissione, come si sa, pagata a caro prezzo in termini di spread e tasse. Uno scherzo da 234 miliardi che ora rivorremmo indietro da Standard & Poor’s. «Non si può contabilizzare tutto o pensare di mettere una sorta di Imu sui nuraghi: sono beni che non possono avere un valore catastale. Vorrei invece credere che la Corte dei Conti abbia voluto accendere una luce sul poco che si fa per valorizzare il patrimonio, rendendolo motore di ricchezza. Dove si va se per 200 musei sardi la Regione stanzia 30 milioni a fronte di un bilancio regionale di 10 miliardi?».
Poveri ma belli, anzi bellissimi. Basta guardarci intorno: dai monumenti al paesaggio italiano. «Ridurre un ragionamento sul patrimonio all’affidabilità creditizia mi pare fuorviante e pericoloso», avverte Francesca Bottari, docente, storica dell’arte ed esperta del rapporto tra beni culturali e paesaggio. «Così come la notizia è stata scagliata nel mondo mediatico sembra quasi che il patrimonio sia quantificabile. Ma il suo vero valore - incalza - è quello immateriale».
Ciclicamente, Giulio Tremonti docet, si inciampa in questa pazza voglia di attaccare a tutto un’etichetta con una cifra sopra, a garanzia dei nostri guai finanziari. «Che accade poi? Che la banca che mi dà i soldi e accende un’ipoteca sul bene, ne diventa proprietaria se io non onoro il debito? Ci vuole cautela», precisa la Bottari. «Il nodo di fondo - prosegue - è avere un valore capace di mettere in moto altro valore: ma noi siamo un popolo diseducato all’arte, abbiamo la percezione del suo possesso. Ma dobbiamo ancora imparare l’alfabeto per capire il valore immateriale di un palazzo o una piazza. A costo di sembrare banale, occorre formazione: la cittadinanza deve costruirsi una coscienza che non ha, e capire che valorizzazione non è una mera messa a frutto».
Più ottimista nel rintracciare un senso provocatorio alla sortita della Corte dei Conti è Felice Di Gregorio, docente universitario e profondo conoscitore del paesaggio sardo, come elemento capace di testimoniare storie bellissime: «Noi abbiamo risorse per crescere, naturali, culturali. Dobbiamo imparare a gestirle in modo appropriato». Si ritorna al via, alle nostre mancanze. «Solo noi abbiamo avuto i Medici, i romani ma anche le dune di Chia o Piscinas, l’Etna e il Vesuvio, millenni di storia da raccontare: milioni di persone si muovono solo per vedere un sistema di dune unico, una roccia che ha la forma dell’orso, un mare con un colore indimenticabile. Tutto questo rappresenta la nostra riserva aurea, ma non è metallo, non è acquistabile: non va sul mercato ma può avere un valore economico. Bisogna saper creare le migliori condizioni per gestire un paesaggio o un bene. Occorrono “le buone pratiche”, guardare altrove e prendere i buoni esempi».
Passare i confini di casa può far venire un gran malumore. Il ministro dell’economia francese ha stilato “L’économie de l’immatériel”, un rapporto che considera i valori immateriali, ai quali non è possibile dare un prezzo, come il fondamento della crescita di domani, «una ricchezza inasauribile, fonte di sviluppo e di prosperità». Se vogliamo poi sprofondare nella depressione basta pensare a quanto l’Italia investe nel suo patrimonio rispetto al Pil: «L’80 per cento in meno che in Estonia e il 70 per cento in meno che in Lituania», osserva Marco Minoia, Soprintendente ai beni archeologici di Bologna ma con la reggenza per Cagliari. «E per quanto i Paesi abbiano dimensioni diverse, questo denuncia una sproporzione». A fronte di un patrimonio archeologico eccezionale come quello sardo «in un territorio rimasto tutto sommato vergine, unico in Europa, con radici profonde di 3-4 mila anni fa non corrisponde un’attenzione altrettanto speciale».
La cultura è uno dei biglietti più preziosi per uscire dalla crisi. Con intelligenza e prudenza: nessuno ha dimenticato l’incredibile proposta della Finlandia di gestire il Partenone, mentre la Grecia sprofondava nel buio più nero. «Valutare il patrimonio storico e artistico per darlo in garanzia - spiega l’economista Giuseppe Usai - è un’idea fuori dal mondo. Restano i nostri ritardi sulla capacità di creare occupazione e ricchezza attraverso la cultura. E poi il declassamento era sulla fiducia».
In un Paese d’arte come l’Italia, dove però la Storia dell’Arte non si insegna più nelle scuole, l’iniziativa della Corte dei Conti non può che suonare bizzarra. Lo afferma il filosofo Remo Bodei «nel senso che il consistente patrimonio culturale italiano non è una merce e non può quindi entrare nel mercato (anche se può costituire un volano per il turismo). Ma in questo caso si parla di speranze non calcolabili».
Caterina Pinna
 
 
 



LA NUOVA SARDEGNA


5 - La Nuova Sardegna / Pagina 22 - Sassari
L’ERSU: CAMPUS,ORA DIALOGHIAMO
Poggiu: sconcertato per la bocciatura delle ex Semolerie, cerchiamo soluzioni
di Vincenzo Garofalo
SASSARI Il consiglio di amministrazione dell’Ersu boccia la proroga del contratto preliminare per la costruzione del campus universitario negli ex mulini Azzena, e, seppure controvoglia, tende la mano a Palazzo Ducale per trovare una soluzione alternativa e non rischiare di perdere i 20 milioni del Cipe. Incassato il no “politico” della Commissione urbanistica comunale alla realizzazione del residence per studenti in via Predda Niedda, il Cda dell’Ersu si riunisce nel pomeriggio di ieri per decidere che strada seguire. Il primo tentativo è quello di proporre un’ulteriore proroga al contratto preliminare firmato con la Cator . La proposta è bocciata: assente Canalis, il presidente dell’Ersu, Gianni Poggiu, si astiene, mentre gli altri consiglieri, Carlo Sotgiu, Ciriaco Carru e Antonio Puddu, votano no. Chiusa la riunione del Cda, l’ente affida a un comunicato stampa tutto il suo rammarico per come si è sviluppata l’intera vicenda: prima punta il dito contro Palazzo Ducale per le modalità con cui è stata affossata la proposta di variante urbanistica presentata dalla Cator; quindi, per bocca del presidente Poggiu, caldeggia un incontro con il Comune per cercare un nuovo sito dove realizzare il campus. «Si auspica che nell’immediato futuro si riesca a trovare, insieme alle istituzioni, una valida soluzione che tuteli il diritto allo studio universitario dando una risposta chiara e forte alle famiglie in difficoltà», dice Gianni Poggiu, commentando laconicamente la situazione. Molto più esplicito il contenuto del comunicato, in cui si parla di «grande stupore per la bocciatura nonostante il parere tecnico positivo pronunciato nei giorni scorsi dagli uffici del Comune». Il Cipe ha messo a disposizione 20 milioni (altri 20 li metterebbe la Regione) per il nuovo campus, ma questi soldi vanno impegnati entro il 30 giugno. Secondo la commissione urbanistica, che in ogni caso non rinnega il no “politico”, la variante al Prg necessaria, non riuscirebbe mai a ottenere il doppio lasciapassare (Comune e Regione) per quella data. «Troppe volte negli ultimi mesi son mancate risposte chiare e rapide da parte di un’istituzione che dovrebbe avere a cuore, come l’Ersu, la realizzazione di un progetto urbanistico di così grande rilievo», si legge nel comunicato. «Se il progetto negli ex Mulini Azzena non è più realizzabile, sarà necessario concordare in tempi strettissimi un incontro con la commissione a mirato a individuare nuove aree dove poter realizzare il progetto nei tempi necessari per non perdere il finanziamento».



QUOTIDIANI NAZIONALI

Link: rassegna stampa MIUR

 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie