Martedì 28 gennaio 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
28 gennaio 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 11 - Edizione CA)
LA MEMORIA IN SARDEGNA | CRONACA
Il problema della trasmissione della tragedia dopo la scomparsa dei testimoni diretti
In Italia le persecuzioni furono possibili con le corresponsabilità del fascismo che promulgò le leggi razziali del 1938
LO STORICO: IL RUOLO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA SCUOLA
Claudio Natoli
L’istituzione in Italia e in Europa della Giornata della memoria costituisce un fatto importante, anche perché bisogna essere consapevoli che la memoria di Auschwitz è stata per lungo tempo ben lontana dal divenire parte integrante della rinascita democratica e civile dopo la Liberazione. All’opposto, essa è andata incontro a fenomeni di emarginazione e di vera e propria rimozione nella sfera pubblica e nella coscienza collettiva. Di più: come ha ricordato Primo Levi, i sopravvissuti non trovarono interlocutori disposti ad ascoltarli e finirono per scegliere il silenzio piuttosto che la testimonianza. La memoria di Auschwitz era, infatti, particolarmente scomoda, perché non chiamava soltanto in causa il ruolo determinante svolto da Hitler, e dalle SS, ma anche uno spettro molto più ampio di corresponsabilità che andavano dalle élites tradizionali del potere ai silenzi delle Chiese, all’apatia, all’indifferenza, al rifiuto di vedere e di sapere da parte della maggioranza della popolazione tedesca.
Ma la questione andava ben al di là di un caso esclusivamente tedesco. Vi erano le corresponsabilità del fascismo italiano, di tutti i governi collaborazionisti e degli Stati satelliti della Germania nazista, senza il cui concorso la Shoah a livello europeo non sarebbe stata possibile, e quindi la questione dei comportamenti dei governi e delle burocrazie, ma anche della passività di gran parte delle popolazioni in quasi tutti i paesi occupati. Nel caso specifico dell’Italia, vi era un senso comune diffuso che accreditava l’immagine autoassolutoria secondo cui le leggi razziali del 1938 sarebbero state una mera concessione formale di Mussolini a Hitler e sarebbero state per giunta applicate senza rigore e senza convinzione dalle autorità fasciste, anche perché avrebbero incontrato la ripulsa generale del popolo italiano. Da allora il quadro si è andato modificando (una data fondamentale fu il processo Eichmann a Gerusalemme) ed in tal senso un ruolo è stato svolto dall’enorme lavoro di ricerca portato avanti dagli anni ’60 dagli storici tedeschi e dalla storiografia internazionale, e anche da quelli italiani, che hanno messo in luce il coinvolgimento del regime fascista nel "cono d’ombra" della Shoah. Se oggi tracciamo un bilancio di quanto si è fatto sinora in Italia nell’ambito della Giornata della memoria, il giudizio è complessivamente positivo. Resta, infine, il problema della trasmissione della memoria, nel momento in cui veniamo messi di fronte alla prospettiva della inesorabile scomparsa di tutti i testimoni diretti.
Come afferma Enzo Collotti «la memoria individuale è spontanea, ma la memoria collettiva la teniamo viva se è legata a un processo di conoscenza: ma questo implica l’intervento attivo dello storico, delle istituzioni dell’istruzione, della scuola».
  
 
 

2 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 11 - Edizione CA)
Sterminio e resistenza  
«Spezzare le reni alla Grecia», la stentorea fantasia guerresca del Duce, è diventata nella memoria nazionale uno fra i simboli delle disastrose velleità belliche del fascismo, che spediva i soldati al fronte con le scarpe di tela e il moschetto del 1891. Meno nota, nelle campagne di Jugoslavia e Grecia, è l’ignavia italiana, genuflessa davanti alla supremazia militare e politica della Wehrmacht e pronta, da potenza occupante che finì per essere occupata, a collaborare tacitamente nel rastrellamento degli ebrei, ritagliandosi un ruolo rilevante nella macabra attuazione della Soluzione finale. A ricordarlo alla gremita aula magna della Facoltà di Lettere di Cagliari è stato ieri Enzo Collotti, il grande storico dell’Europa nazista, intervenuto alla conferenza dedicata alla Giornata della Memoria, "Fascismo e nuovo ordine mediterraneo". La lectio di Collotti ha seguito la presentazione del professor Francesco Atzeni , il saluto del sindaco Massimo Zedda, gli interventi della docente Donatella Picciau e della storica Luisa Maria Plaisant.
«Diversi storici, fra i quali Tone Ferenc, hanno ormai dimostrato come in Slovenia si procedette alla deportazione della popolazione di Lubiana e delle zone circostanti. Qui sarebbe dovuta sorgere una colonia italiana», racconta Collotti. Ad Arbe, nell’arcipelago croato, sorse un campo di concentramento dove furono rinchiusi decine di migliaia di jugoslavi, tradotti nei campi di sterminio al sopraggiungere dei tedeschi. L’esempio ispirò gli ustascia croati, che con la benedizione delle locali gerarchie cattoliche intrapresero una crociata contro ebrei e serbi ortodossi, prodromo e memoria per le sanguinose guerre degli anni ’90. Una parte degli ebrei si rifugiò nella Croazia italiana: «Gli italiani non avevano d’improvviso abbandonato l’antisemitismo», spiega Collotti. «La mancata cessione fu un atto di ribellione nei confronti dei tedeschi. Accadde anche in Grecia, a Salonicco, dove il console Zamboni cercò di concedere la cittadinanza italiana ai perseguitati, privati perfino del cimitero, sul quale sorse l’università. Era stata cancellata perfino la memoria della loro esistenza».
Dei 150 mila ebrei greci e jugoslavi furono solo 20 mila a salvarsi. Fra questi l’enclave di Zante, al centro dell’’intervento dello storico tedesco Cristoph Shminck Gustavus. La disobbedienza dell’arcivescovo ortodosso Crisostomus e del sindaco Karer furono reali nella piccola isola greca. Ai nazisti che chiedevano l’elenco degli ebrei risposero con un foglio contenente solo due nomi: i propri. La comunità ebraica si dava alla macchia, nascosta dalla solidarietà locale. Il sindaco e l’arcivescovo, oggi, sono alberi nel giardino dei Giusti fra le nazioni, nel museo di Yad Vashem, Gerusalemme.
Luca Foschi
 
 
 

3 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 13 - Edizione CA)
L’ultimo sondaggio dell’Istat
Cresce l’emigrazione In Italia cresce l’emigrazione, soprattutto da parte degli italiani. Troppi i diplomati ed i laureati che lasciano il nostro Paese, mentre diminuisce l’immigrazione. Il quadro emerge da un report dell’Istat relativo al 2012.
 




LA NUOVA SARDEGNA

4 - La Nuova Sardegna / Pagina 15 - Sardegna
UNIVERSITÀ DI SASSARI 
Oli essenziali da “sa pompìa”, premiata start up al femminile 
di Salvatore Martini
SASSARI Da prodotto di nicchia per preparare i dolci della tradizione siniscolese a stella emergente nel campo della fitoterapia, per sa pompìa il passo è stato breve. Da alcuni anni l’agrume giallo dalla forma bitorzoluta, caratteristico del territorio di Siniscola, sta vivendo un’ascesa inarrestabile. La start up Phareco dell’Università di Sassari che si occupa di estrarre dal frutto oli essenziali dalle proprietà terapeutiche ha ottenuto un nuovo successo, piazzandosi tra le 22 idee vincitrici del concorso nazionale “La tua idea per il Paese”, presentate lo scorso 10 gennaio a Roma alla presidenza del Consiglio dei ministri. Un successo dietro l’altro per l’equipe tutta al femminile composta da Grazia Fenu e Marianna Bonesu del dipartimento di Scienze biomediche dell’ateneo sassarese e da Alessandra Cuccu e Maria Gavina Scarzella, che l’anno scorso hanno ottenuto il primo posto regionale nell’Italia Camp. Gli oli essenziali che si ricavano dalla scorza dell’agrume hanno proprietà lenitive, antinfiammatorie, antibatteriche e antimicotiche: l’ideale per creare saponi, creme, prodotti cosmetici e medicinali che potrebbero affermarsi nel campo farmacologico e del benessere, tutti a base di un prodotto naturale che per secoli è stato utilizzato esclusivamente in ambito dolciario. A Siniscola, infatti, l’agrume – il cui nome scientifico, vista la sua forma bizzarra, è Citrus mostruosa – viene lavorato con miele e zucchero per produrre dolci sopraffini. Alcuni anni fa la svolta. Sa pompìa, che fa parte dei presìdi di Slow food per la tutela della biodiversità, è stata prima impiegata in progetti di valenza sociale per poi passare rapidamente a quelli scientifici. Grazie a un protocollo di intesa siglato nel 2010 tra il Comune di Siniscola, la Asl, l’Università di Sassari e l’Istituto agrario di Siniscola, è stato possibile avviare le ricerche in laboratorio che hanno consentito di svelare le proprietà farmaceutiche dell’agrume. Un successo indiscutibile, e che potrebbe aprire le porte a nuovi studi. La startup Phareco essential oils si gode il meritato trionfo. L’evento che si è tenuto a Roma ha avuto grande eco, annoverando tra i partecipanti i presidenti dell’associazione Italia Camp, Antonio Catricalà e Fabrizio Sammarco, e i presidenti della fondazione Italia Camp, Gianni Letta e Pier Luigi Celli. La bontà dell’idea d’impresa è stata riconosciuta anche dalla Camera di commercio di Sassari che ha premiato il lavoro con un voucher da 10mila euro, piazzandolo al primo posto tra i beneficiari. Non male, se si pensa che tutto è partito da uno strano frutto giallo dalla forma bitorzoluta.


 

5 - La Nuova Sardegna / Pagina 17 - Cultura-Spettacoli
L’OPINIONE 
Istruzione di qualità per salvare le università della Sardegna 
di ANDREA MONTELLA 
Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari
E’ auspicabile che, nonostante il poco tempo che ci separa dalle elezioni regionali, i candidati alla carica di governatore trovino il tempo per un confronto sulla Scuola e sull’Università. E che fossero anzi gli studenti, attraverso le loro associazioni, tra Cagliari e Sassari, a sollecitare l’iniziativa. Questo perché non si può parlare di futuro, di sviluppo della Sardegna, senza affrontare il nodo cruciale dell’istruzione e della formazione. Sono ben note le posizioni non lusinghiere dell’Italia per la diffusione dell’istruzione universitaria: nel 2012, secondo il rapporto Eurostat, nel nostro paese interessava solo il 21,7 per cento dei soggetti con una età compresa tra i 25 e i 34 anni. Un dato che ci colloca al penultimo posto in Europa - davanti solo alla Turchia - e ben lontani dal target del 27 per cento di laureati che viene posto dall’Ue. In Sardegna la situazione è ancora peggiore: l’accumularsi degli effetti del calo demografico e della crisi economica è all’origine della riduzione degli iscritti negli atenei sardi. Peraltro, le proiezioni di popolazione, uno strumento da cui l’Università non può prescindere nel programmare la propria azione, lascia intravvedere uno scenario di impoverimento demografico: ed è una preoccupante realtà la fuga dei giovani che lasciano la Sardegna per studiare altrove, facendo venir meno forze vive e risorse d’intelligenza. Quali iniziative e rivendicazioni avanzare perché le politiche ministeriali non penalizzino gli Atenei delle aree più deboli e non allarghino la forbice tra aree forti e aree deboli, favorendo l’emigrazione studentesca da queste ultime? E come consolidare, per il futuro, i risultati ottenuti nella soddisfacente collaborazione tra le due Università di Cagliari e Sassari con la Regione? Al di là dello schieramento politico che andrà al governo della Regione, si dovrà lavorare per continuare su una strada che ha aperto nuove prospettive e ha portato a raccogliere un confortante successo nel migliorare la qualità della ricerca e della didattica e nell’aprirsi all’internazionalizzazione. Una strada che può allontanare l’ipotesi di un’Università "federata" della Sardegna, ipso facto sostenibile ed efficiente. Una cosa è certa. L’Università deve produrre, con i propri ricercatori/docenti, attività di ricerca riconoscibili e valutabili in un sistema nazionale e internazionale competitivo, come quello del mondo di oggi. Essere competitivi è indispensabile per ottenere una adeguata quantità di fondi pubblici, in un sistema che attribuisce una quota del finanziamento in relazione ad una serie di indicatori di performances accademica, rappresentativi anche della qualità della ricerca e della didattica. Se vogliamo che gli atenei sardi possano continuare la loro storia di secoli bisogna essere capaci di attrarre più studenti, più studenti sardi e se possibile anche studenti dalla penisola e dalle coste del Mediterraneo. Come? Dovremo mettere in campo idee e progetti. Ma, intanto, dobbiamo orientare e convincere sia gli studenti, sia i loro genitori, che l’università sarda è prima di tutto concepita per dare loro il miglior servizio possibile con le risorse disponibili. L’offerta formativa, in particolare deve essere di qualità, sostenibile negli anni ed adeguata alle richieste del mercato del lavoro e con una visione ampia. E con riferimento agli studenti, l’università oggi deve saper incarnare il ruolo di luogo di studio e di incontro con la conoscenza, laddove la conoscenza viene prodotta. I problemi sul tappeto sono tanti. E nessun momento come questo sembra più propizio per discutere dell’Università che vogliamo.




QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
Link: rassegna stampa MIUR

 

Questionario e social

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