Martedì 21 gennaio 2014

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
21 gennaio 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
L’UNIONE SARDA

1 – L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 19 - Edizione CA)
Milioni di euro per l'acquisto e la ristrutturazione ma l'ex hotel Moderno di via Roma è chiuso
CASA DELLO STUDENTE, BOCCIATO L'ERSU

Né turisti né studenti. L'ultimo appalto è di mezzo milione di euro per rifare l'impianto idrico e il riscaldamento, ma la Casa dello studente di via Roma è ancora chiusa. Quella dell'estate scorsa è solo l'ultima spesa che è stata fatta per mettere a norma la struttura, dopo che tutti gli interventi precedenti - con relativa interruzione del servizio per gli studenti - non sono bastati a risolvere i problemi dell'edificio. Alla fine degli anni Novanta l'Ersu pagò sei milioni e mezzo per acquistare Palazzo Vivanet e la scelta di affidare agli studenti universitari fuori sede l'ex Hotel Moderno fu al centro di un acceso dibattito. E da quando lo storico palazzo, simbolo della Cagliari distrutta dalle bombe e ricostruita, è passato nelle mani dell'Ente regionale per il diritto allo studio di Cagliari non ha mai avuto vita facile. L'edificio non si è rivelato adatto alla sua nuova funzione e più volte gli universitari sono stati costretti a lasciare gli alloggi per problemi tecnici, ma l'ultima volta non ci hanno più fatto ritorno. Anche la storica edicola che si trova sotto i portici ha chiuso i battenti e le porte sbarrate della Casa dello studente sono simboli della decadenza del salotto buono della città, che si affaccia sull'altrettanto malandata piazza Matteotti, col suo sportello per le informazioni turistiche abbandonato.
SAN GIOVANNI DI DIO L'Università gioca un ruolo fondamentale nella riconversione delle strutture che per anni hanno animato il centro storico. Dopo anni di costosi interventi tampone anche l'ospedale Civile sta perdendo il suo ruolo di più antico presidio sanitario in città e il progressivo trasloco dei reparti verso il Policlinico di Monserrato sta lasciando al suo destino l'imponente struttura del San Giovanni di Dio progettata dall'architetto Gaetano Cima nell'Ottocento. La dismissione in atto riguarda tutto il polo sanitario compreso tra via Porcell e via San Giorgio. Da anni gli studenti di Medicina non affollano più la ex Clinica Aresu nella Fossa di San Guglielmo e verso la grande struttura oltre la 554 stanno migrando anche tutti reparti pediatrici della Clinica Macciotta. Mentre si svuotano le stanze di quegli edifici - comprese la Clinica Macciotta e la Clinica pediatrica - i tecnici dell'Ateneo stanno progettando il futuro dell'area, puntando sulla realizzazione dell'archivio storico e della biblioteca dell'Università, ma anche una serie di aule per gli studenti, con laboratori e sala congressi. Nel progetto curato dall'Ufficio tecnico dell'Università in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e Architettura è previsto anche un collegamento nel costone che separa la parte alta (Palazzo delle Scienze) e quella bassa (ex Clinica Aresu). Ma tutti i progetti di recupero restano ancora sulla carta, e nel frattempo il San Giovanni di Dio e i palazzi vicini si apprestano a svuotarsi delle storiche funzioni rischiando di sprofondare nell'abbandono. (m. z.)
 
 
 
2 – L’Unione Sarda / Quartu Sant'Elena (Pagina 24 - Edizione CA)
LA PRODUZIONE DI SARFILM
Vuole ritirarsi, intanto monta un nuovo video

L'età avanza (Salvatore Sardu ha 72 anni), i committenti di documentari - soprattutto enti pubblici - sono squattrinati e tagliano tutte le spese per la cultura e nessuno se la sente di investire in produzioni cinematografiche o televisive. «Sono anche stanco», sospira il regista, «sarebbe tempo di ritirarmi, ma è un peccato che tutto ciò che ho girato in mezzo secolo finisca in uno sgabuzzino. Per questo ho pensato al museo del cinema sardo, ma non ci spero più». A proseguire l'attività non può essere suo figlio Andrea, 41 anni, laureato in Graphic Design a Londra e poi rientrato in Sardegna, interessato all'unico genere cinematografico che Salvatore Sardu non ha mai voluto praticare: la fiction.
Pensionato dopo la carriera da insegnante, il regista di Arbus ma quartese d'adozione è condannato a continuare a lavorare nel mondo del video. «La sede di via Polonia è della Sarfilm: posso venderla solo se cedo la società, ma in un momento come questo nessuno vuole investire nell'acquisto di una piccola casa di produzione, anzi: nessuno vuole investire in cultura». Così, mentre la mano sinistra tenta di chiudere definitivamente la saracinesca, la destra continua a impugnare la videocamera ad alta definizione.
Il suo prossimo lavoro, in fase di montaggio, è un documentario sulle proteste di piazza a Cagliari nell'ultimo decennio: perfettamente coerente con l'anima contestatrice, un tempo (o forse ancora) rivoluzionaria, di Sardu. Documenterà molte decine di proteste di piazza, di studenti e lavoratori. «D'altra parte», sorride Sardu, «le prime immagini che ho girato con la cinepresa 8 millimetri che acquistai nel 1967 furono nella mia ex facoltà: Economia e commercio. Un anno prima che accadesse nel resto d'Italia, trovai il cancello chiuso e il cartello “ facoltà occupata ”: gli studenti mi fecero entrare e io girai il documentario. Quel giorno, capii che quella era la mia strada». (l. a.)
 
 
 
3 – L’Unione Sarda / Salute (Pagina 46 - Edizione CA)
CORSA ALLA TECNOLOGIA
Le staminali che arrivano dalla Germania
Volontariato e progresso scientifico. Sono i due concetti base dell'intervento del professor Licinio Contu, già titolare della cattedra di Genetica medica all'università di Cagliari, alla conferenza sulla donazione del midollo osseo. È un pioniere dei trapianti, lo studioso nuorese. Parlando davanti all'assessore alla Sanità, Simona De Francisci, ha voluto mettere in rilievo il ruolo insostituibile del volontariato nel settore delle donazioni. Volontariato vuol dire Admo (Associazione donatori di midollo osseo) quella miriade di gruppi e persone presenti in tutta l'Isola che da anni si batte, con successo, per diffondere la cultura della donazione. Senza di loro, la Sardegna non avrebbe un albo con 21.900 donatori in possesso di tutti i requisiti necessari (a fronte di 25 mila iscritti nel Registro).
Sul fronte del progresso tecnologico, Contu ha lanciato un allarme: l'Italia e la Sardegna si devono adeguare alle più moderne acquisizioni per la selezione dei donatori. È una condizione indispensabile per poter consolidare la posizione di primo piano raggiunta in questo campo. La scienza fa progressi continui, ma Centri di tipizzazione e Centri di riferimento regionali fanno fatica a stare al passo coi tempi. In Italia e in Europa, dove, ancora una volta, si impone la Germania: «L'80 per cento delle cellule staminali emopoietiche usate nei trapianti europei proviene da donatori tedeschi» ha detto il professore, reduce da una riunione della Commissione nazionale sul settore. «La Sardegna ha una posizione di primo piano, non può abbandonarla: ma deve avere il sostegno delle istituzioni». Cioè della Regione. E l'assessore De Francisci ha promesso che non lascerà cadere il suo appello. ( l.s. )
 
Da Licinio Contu a Carlo Carcassi, 20 anni di ricerca e organizzazione
Per talassemici e leucemici la salvezza arriva dal trapianto
«La prima ricerca del donatore si fa in famiglia: investe tutti, minorenni, maggiorenni, anche ultracinquantacinquenni. Purché sani. Le possibilità di trovarlo oscillano fra il 25 e il 30 per cento. Ma non è stato sempre così».
Parla il professor Carlo Carcassi, direttore del Centro regionale trapianti, sede del Registro dei donatori di midolli osseo.
«Vent'anni fa, se un talassemico o un leucemico non aveva un donatore compatibile in famiglia, le probabilità di individuarne uno all'esterno erano pari a zero. E se il trapianto era l'unica terapia efficace e non poteva essere eseguito, la mortalità era pari al cento per cento. Oggi, per chi non ha un donatore familiare, la possibilità di trovarne uno fra i 20 milioni censiti nel mondo arriva al 70 per cento».
Per i sardi, come già detto, le cose vanno anche meglio: chi non ce l'ha fra i parenti stretti, ha il 50 per cento di probabilità di reperirlo nell'Isola. Situazione molto più favorevole di quella esistente nelle altre regioni, per non parlare dell'estero. «Il fattore isolamento, causa di tanti inconvenienti per i Sardi, sotto il profilo genetico, in questo caso è diventato un vantaggio. Infatti, geneticamente siamo più uguali . Nel senso che la popolazione attuale è formata dai discendenti delle 50 mila persone sopravvissute in Sardegna alla peste del 1600. Quando i Sardi erano appena 300 mila.
Il docente cagliaritano sottolinea quanta strada si è fatta in questo campo, nel trattamento della talassemia e delle leucemie quando la chemio non è efficace. Non solo col miglioramento dei farmaci e dei protocolli terapeutici utilizzati per preparare e condizionare i pazienti, ma anche nelle tecniche di selezione dei donatori. Un settore in cui il progresso della tecnologia consente di ottenere risultati sempre migliori.
Sotto questo profilo, i donatori sardi scontano due handicap: «Il primo riguarda i fabici, cioè i soggetti carenti dell'enzima G6PD (glucosio-6-fosfato-deidrogenasi). Nonostante diversi studi scientifici attestino che sono stati coinvolti nelle donazioni fra familiari, il Registro nazionale tende a escluderli». C'è il timore, spiega il professor Carcassi, «che lo stress farmacologico possa rappresentare un rischio aggiuntivo da evitare. L'altro handicap riguarda i donatori portatori di beta-talassemia, che in Sardegna sono uno su otto». (l. s.)



QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
Link: rassegna stampa MIUR

 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie