Sabato 12 gennaio 2013

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 gennaio 2013

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 41 - Edizione CA)
La strega Burocrazia fra le culle vuote
Sempre meno adozioni
Cagliari, il Ciai e le Missionarie somasche a convegno
 
Un tempo si diceva che l'adozione serviva per dare una famiglia a un bambino, e non un bambino a una famiglia. Oggi è vero anche il contrario, e intraprendere il cammino entusiasmante e doloroso di un'adozione è spesso prendersi cura di una doppia ferita: della coppia e della sua impossibilità ad avere un figlio proprio, e del bambino adottivo che ha perso l'unico amore di cui ci importa in assoluto, quello di chi ci mette al mondo.
Non a caso, e per altre varie ragioni, le adozioni sono sempre più difficili e in numero minore. Nel giro di due anni, almeno quelle internazionali sono calate del 23 per cento e in molti casi si rivelano un percorso complesso. Come è emerso nel convegno “I bambini e le bambine hanno tutti i diritti del mondo. Il principio di sussidiarietà e l'adozione internazionale come strumento di tutela” che si è svolto a Cagliari, è cambiata la tipologia delle famiglie che chiedono di adottare un bambino e assai diversi sono i bambini adottati. Secondo Paola Crestani, presidente del Ciai, il primo ente italiano autorizzato per le adozioni internazionali, fino a pochi decenni fa era il principio di solidarietà ad animare questa scelta, oggi è il desiderio di riempire un vuoto, di contro è aumentata l'età dei bambini adottivi, che spesso hanno una salute precaria e compromessa e lunghe storie di sofferenza. Non aiuta la complessità dell'iter burocratico che le famiglie devono seguire, i tempi di attesa che variano da due a tre anni, e i costi: fino a 25 mila euro per adozione.
Organizzato dal Ciai e dalla Procura generale delle Missionarie somasche Figlie di san Girolamo Emiliani, in collaborazione con il Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia dell'Università e la Provincia di Cagliari, all'incontro, che ha illustrato i limiti e i vantaggi dell'adozione internazionale, hanno partecipato, accanto alle istituzioni ed esperti, il presidente della Corte d'appello per i minori di Città del Guatemala, Miguel Giordano, e il console dell'Ambasciata del Guatemala a Tokyo Miguel Giordano junior. Quest'ultimo ha riportato l'esperienza del Giappone, dove a tutt'oggi ai bambini non sono riconosciuti i diritti fondamentali e i minori abbandonati vengono accolti negli orfanotrofi di quartiere. L'adozione, hanno ribadito i relatori, tra cui Marinella Polo e Anna Cau, presidente e sostituto procuratore del Tribunale dei minori di Cagliari, e la neuropsichiatra Laura Tedde, è una soluzione felice nei casi di abbandono e maltrattamento di minori. L'esperienza ci dimostra, ha raccontato Luciana Fancello, dirigente psicologo dell'Asl 8, che la stragrande maggioranza di questi bambini ha buone capacità di recupero e si inserisce positivamente nella famiglia e nella nuova realtà sociale.
L'adozione è un percorso che arricchisce entrambi, anche se faticoso. Un aspetto problematico rimane il bisogno di radici del bambino, quella domanda irrisolta “chi sono?” che probabilmente lo accompagnerà per tutta la vita. Ma l'adozione per molti minori rappresenta l'unica possibilità di condurre una vita dignitosa. Per questo, ha ricordato suor Silvia Carboni delle Missionarie somasche, è incomprensibile la scelta della Regione sarda di interrompere i finanziamenti agli enti autorizzati nell'isola che avevano garantito a numerose coppie di regalare la speranza di una vita migliore a tanti piccoli.
Franca Rita Porcu
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 40 - Edizione CA)
Visita guidata a una commedia
Che faticaccia farvi ridere Mastandrea, Aprea e Torre all'università di Cagliari 
I due interpreti e l'autore-regista di “Qui e ora”, al Massimo fino a domani
 
«E c'era questa grande voglia di confrontarci, con Mattia. E pure di picchiarci».
Se qualcuno sospetta che dietro una commedia brillante, dietro un dialogo divertente, dietro una battuta lieve e godibile ci siano litri di adrenalina e anche di bile, ha perfettamente ragione. Ieri a confermarlo ex cathedra - nel senso che hanno parlato nella gremita aula magna di Studi Umanistici, a Cagliari - sono stati Valerio Mastandrea, Valerio Aprea e Mattia Torre. I primi due sono gli interpreti di “Qui e ora”, in scena ancora oggi e domani al Massimo, mentre il terzo li dirige come regista dopo aver scritto il testo.
Ieri, chiacchierando con Enrico Pau, Antioco Floris e Francesco Abate, rispettivamente regista, docente e giornalista-scrittore-dj, Torre e i Valeri hanno raccontato non tanto il dietro le quinte, quanto il prima della pièce. Quel momento snervante e promettente in cui la commedia è ancora come il golem nelle mani del Rabbi Loew: un colosso di argilla, potentissimo ma informe, difficile da domare e tuttavia bisognoso di cure e di attenzione. Tanto che gli applausi incassati in questi giorni a Cagliari, scelta per la prima nazionale, oltre che di soddisfazione hanno un'eco di sollievo.
La commedia funziona. Funziona il duello fra due tipi umani, o meglio tipacci, distanti mille miglia finché la casualità li fa scontrare, letteralmente. Funziona tutto, ma che fatica.
Torre: «Il fatto è che Valerio e Valerio sono tragicamente competenti. Scrivere per due persone che hanno una formazione teatrale e pure autoriale è un inferno».
Mastandrea: «Purtroppo... Ahò, quando comincio a parlare di questa commedia attacco sempre con “purtroppo”... Purtroppo il fatto è che conoscersi e stimarsi non è necessariamente un punto di forza, quando c'è da lavorare e inevitabilmente vengono fuori momenti di tensione. Certo, poi l'altra sera la prima è andata bene e ora Mattia è rilassato perché crede che sia tutto a posto, ma mica è così... Vedrai mo'...». E ride. Anzi, sghignazza.
Aprea: «Quest'estate, quando vedevo Valerio che lavorava su questa cosa, avevo un unico pensiero: “Meno male che non ci sono dentro”. Poi un giorno mi telefona e fa: “Te devo parla'”. E lì ho capito. E infatti quando ci siamo visti lui ha capito che avevo capito. E ho accettato, alla fine ho accettato. Per una serie di motivi. Economici, più che altro». E sghignazza anche lui.
Mastandrea: «Sarà che non sono più un ragazzino, ma devo dire che montare questo spettacolo è stato una fatica vera. Arriva quel momento di crisi in cui ti chiedi: “Ma questa cosa la gente la capirà? Rideranno?”. È un po' come ristrutturare una casa: in testa hai un progetto, ma non saprai mai come verrà fuori finché non ci vivi dentro. Bella 'sta metafora edilizia, no?».
Torre: «Non sapevamo se magari il pubblico al quarantesimo minuto avrebbe cominciato ad annoiarsi e ad andarsene».
Mastandrea: «Ammazza, gliel'hai suggerita giusta, eh? Ragazzi, allora: occhio all'orologio e al trentanovesimo giù sbadigli e cominciate ad alzarvi...».
Torre: «I personaggi li abbiamo creati evitando le contrapposizioni più classiche, da fiction: laico-cattolico, proletario-borghese, destra-sinistra... Volevamo personaggi più tridimensionali, alla Boris».
Mastandrea: «Il mio personaggio all'inizio doveva essere un uomo di chiesa. Poi abbiamo cominciato a lavorarci sentendoci non dico quotidianamente, non dico neppure settimanalmente, ma mensilmente sì, e alla fine il personaggio è venuto fuori. Con il suo invece - indica Aprea - era più facile: gli assomiglia proprio, so' uguali. È chiaro che lo sto insultando? Bene. No, per concludere col mio personaggio e come lo abbiamo voluto tratteggiare: sai quando dice che “il volontariato è il cancro di questo Paese”? Ecco, era proprio per far capire quanto è testa di cazzo. Ma me sa che ce l'abbiamo fatta, no?».
Celestino Tabasso
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Libri in Sardegna (Pagina 43 - Edizione CA)
Omaggio a Manconi
Due libri sulla Sardegna spagnola 
 
In occasione del congedo dall'università di Sassari di Francesco Manconi, per molti anni docente di storia moderna e autore di fondamentali studi sulla Sardegna spagnola, la Cuec pubblica due nuovi libri che ruotano attorno alla figura e all'opera dello storico sassarese. Il primo è una raccolta di otto saggi dello stesso Manconi e il secondo un volume a lui dedicato da autorevoli studiosi.
Rimediare alle omissioni della storiografia spagnola e italiana, colpevoli di aver per troppo tempo affrontato le vicende storiche della Sardegna con un distacco scientifico frutto di provincialismi e di ipoteche nazionalistiche e superare approcci datati e ideologici per analizzare il comportamento della classe dirigente sarda nella gestione del potere locale. Sono questi i principali intenti che costituiscono il fil rouge della ricerca negli otto saggi di Francesco Manconi che compongono il libro "Una piccola provincia di un grande impero. La Sardegna nella Monarchia composita degli Asburgo (secoli XV-XVIII). Manconi offre al lettore una raccolta di saggi, pubblicati nel recente passato in Italia e all'estero su riviste scientifiche e in atti di congressi, che analizzano i maggiori avvenimenti politico-sociali dell'isola durante l'epoca degli Asburgo. È un'opera senza dubbio meritoria perché le tematiche complesse che sono affrontate vengono sviluppate con un approccio storiografico innovativo che riconsidera come valore imprescindibile la peculiarità della monarchia ispanica, caratterizzata da una dimensione pluralista e composita, sovranazionale, della quale la Sardegna era piena e legittima componente. Specialista della storia dei rapporti fra la Corona aragonese e la Sardegna catalana, Manconi affronta e demolisce il pregiudizio ideologico che per secoli ha condizionato la lettura e la comprensione della Sardegna spagnola, una vulgata inaugurata nel 1720 dai Savoia e più volte riproposta sia in epoca risorgimentale sia in epoca fascista, dimostrando come la storia dei sardi non sia stata diversa da quelle altrui, ma come semmai essa sia stata contaminata e più complessa e frammentata di altre.
Grazie ad un approccio metodologico innovativo per la storiografia regionale sarda, Manconi analizza le dinamiche politico-sociali isolane nel più vasto e composito quadro della corona spagnola, sottraendo così all'oblìo della memoria situazioni, momenti peculiari e di passaggio, come altissime figure chiave del passato isolano sconosciute ai più.
Il riconoscimento e l'apprezzamento internazionale che gode lo storico sassarese è testimoniato sia dagli stretti rapporti col mondo accademico e scientifico spagnolo sia dalla recente pubblicazione " Tra Italia e Spagna. Studi e ricerche in onore di Francesco Manconi" (Cuec 2012, 220 pp., €19) curata dal collega dell'ateneo turritano Giuseppe Mele. È questo un testo di grande interesse sia per l'autorevolezza degli autori italiani (Anatra, Cipollone, Lepori, Marrocu, Murgia, G. G. Ortu, Preto, Tore, Turrini, Turtas) ed europei (Edelmayer, Guia Marín, Torres Sans) che hanno collaborato al progetto, sia perché i temi affrontati contribuiscono a chiarire e meglio comprendere la storia della Corona aragonese e i suoi rapporti con la Sardegna catalana.
Luca Lecis
 

LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 30 - Ed_Cagliari
DISABILITÀ»PROCEDURA ILLEGITTIMA
Aids, l’Authority bacchetta l’ateneo
Il Garante ritiene sia stata violata la privacy di uno studente sieropositivo che aveva chiesto l’assistenza del tutor
di Gabriella Grimaldi
 
SASSARI La bacchettata da parte del Garante è nero su bianco. E all’università non è rimasto altro che annullare la procedura di assegnazione del tutor agli studenti disabili creando un disservizio a decine di famiglie che oggi si trovano in difficoltà nell’assicurare ai propri figli un aiuto importante. Ma ciò che fa discutere è il motivo alla base del provvedimento: e cioè il ricorso della Lila, l’associazione per la lotta all’Aids, per violazione della privacy ai danni di uno studente sieropositivo. La scabrosa vicenda viene denunciata dalla responsabile regionale dell’associazione Brunella Mocci. «Una storia che sembra arrivare da un passato oscuro – dice la volontaria – tanto è assurda, ma che dimostra come ancora oggi, e addirittura da parte di istituzioni portatrici di valori altamente culturali, sia possibile ricevere trattamenti basati sul pregiudizio e sulla paura». Tutto è cominciato nel 2011 quando uno studente ha fatto domanda per ottenere il tutoraggio, un servizio messo a disposizione da alcuni anni dall’università secondo un regolamento appositamente studiato per mettere in contatto i tutor selezionati con gli studenti bisognosi di aiuto di vario genere a causa di una disabilità. Il tutor veniva dunque assunto dall’ateneo con un contratto previsto dalla legge e svolgeva il suo lavoro accanto allo studente. Il regolamento prevedeva anche che, al momento della domanda, venisse allegato un certificato contenente la diagnosi in modo che i funzionari addetti a questo protocollo (“riservato” proprio per motivi di privacy) potessero comunicare al tutor con quale tipo di disabilità (mentale o fisica o non visibile immediatamente) avrebbe avuto a che fare. «Questo per tutelare il lavoratore – spiegano dagli uffici universitari – ma anche lo studente che avrà così un servizio migliore». Tutto a posto dunque. Non fosse per il particolare che lo studente in questione era portatore di una disabilità tutta particolare: si trattava di un giovane Hiv-positivo, un malato di Aids insomma. Una pratica che in effetti non era mai capitata prima sul tavolo della commissione disabilità. «Lo studente – afferma Brunella Mocci – ha chiesto per quale motivo il tutor dovesse sapere la natura della sua patologia, conoscendo già le norme di legge e di civiltà che tutelano i sieropositivi contro le possibili discriminazioni. A quel punto gli impiegati degli uffici appositi sono tutti andati nel pallone. Al tutor, che nel frattempo era stato informato della patologia di cui soffriva il giovane, è stato anche chiesto di firmare una dichiarazione con la quale affermava di essere consapevole del tipo di diagnosi che stava alla base della disabilità. L’assistente si è tirato indietro e lì si sono verificati bruttissimi episodi di intolleranza, trattamenti considerati dal nostro associato quantomeno di pregiudizio, rimpalli di responsabilità e continui rinvii. Alla fine di questo calvario un altro tutor ha capito la situazione e si è reso disponibile a firmare la famosa dichiarazione. Così la persona ha potuto concludere la tesi e laurearsi. Va aggiunto che l’università ha anche preteso un certificato del medico curante in cui non si parlava di Hiv ma di un generico possibile pericolo di infezione». Per questi motivi l’associazione ha deciso di presentare ricorso al Garante della privacy. Il Garante ha chiesto spiegazioni sulla procedura alla commissione disabilità è poi ha invitato gli uffici a sospendere la procedura perché in contrasto con la tutela della privacy. Tutta la vicenda viene letta in maniera diversa dai responsabili del servizio all’interno dell’ateneo. Ammissioni sul tentativo («sbagliato») della commissione di prendere tempo davanti a un problema che non si era mai presentato prima, ma nessun dubbio sulla legittimità della procedura. «Siamo sicuri che l’iter messo a punto a suo tempo non violava la privacy – ribatte l’attuale presidente della commissione medica Paolo Enrico –. Quando ho ricevuto l’incarico di presiedere la commissione tuttavia la situazione era in stallo completo. Allora ho parlato con lo studente e gli ho spiegato che la possibilità di avere l’assistenza era legata indissolubilmente alla comunicazione della diagnosi. Così è stato fatto e la persona ha potuto concludere con successo gli studi. Mi dispiace tantissimo per come sono andate le cose ma purtroppo l’invito del Garante ha causato l’annullamento della procedura». Oggi, sulla base del nuovo regolamento approvato per l’anno accademico corrente, l’università si limita a fornire il contributo a chi ne ha diritto ma spetta agli stessi disabili il compito di individuare un tutor e assumerlo con un contratto non meglio identificato. Una difficoltà che era stata denunciata nei giorni scorsi dai familiari e che per il momento non ha trovato soluzione. Il presidente della commissione annuncia però che l’università ha appena richiesto un’audizione al Garante per poter illustrare meglio la situazione e tentare di sbloccarla. «Intanto è stata dimostrata tutta l’inadeguatezza degli uffici – conclude Brunella Mocci – e lo studente coinvolto porterà con sè per molto tempo il ricordo delle umiliazioni subite in quel periodo».

Questionario e social

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