Lunedì 31 dicembre 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 dicembre 2012
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA
 

1 - L’Unione Sarda / Provincia di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
Muravera
Formazione, tirocini di sei mesi per laureati

Tirocini formativi e di orientamento extracurriculari al Comune di Muravera organizzati con la collaborazione dell’Università. Il progetto è rivolto a neo laureati dell’Università di Cagliari e avrà una durata di sei mesi. Si inizia con quattro neo laureati in diverse discipline: informatica, scienze politiche, economiche o giuridiche, ingegneria e materie umanistiche. L’obiettivo è favorire la partecipazione dei giovani alle tematiche locali, regionali, nazionali ed europee, incoraggiando la riflessione e il dialogo con le Istituzioni. L’iniziativa è promossa dalle associazioni Elsa e Aegee Cagliari e dall’Anci. Il finanziamento è della Regione. «Il progetto avviato a Muravera», dicono il sindaco Marco Fanni e l’assessore al Bilancio, Francesco Todde, «si svilupperà nei prossimi mesi in tutte le otto province della Sardegna attraverso undici laboratori che tratteranno tematiche come associazionismo, mobilità, polis e politica, cittadinanza attiva». L’assessore Naomi Manca: «Il Comune ha deciso di incentivarli anche attraverso il riconoscimento di un rimborso spese mensile».
 


2 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 20 - Edizione CA)
Festa degli universitari
Gli universitari si danno appuntamento in via Università, davanti al locale Ritual, dove stasera, dalle 22, hanno in programma un ritrovo con musica in compagnia degli organizzatori e i deejay del gruppo “Ready to celebrate”. Selezioni a cura di dj Andrea Laddo, Therio, Matteo Spedicati e vocalist Garghy.

  
 
3 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 33 - Edizione CA)
Il premio Nobel aveva 103 anni. La passione per la ricerca, gli ideali
L’Italia perde la sua scienziata, una vita al servizio del mondo
ADDIO RITA LEVI MONTALCINI: esile, forte, impegnata 
«La mia vita è lunga e piena di splendide cose, ma quello che importa sono i valori», aveva detto per i suoi 100 anni e l’unico regalo che davvero desiderava era «un mondo che creda nei valori etici» e nella scienza, perché «senza scienza non c’è futuro». Poche battute che racchiudono il frutto dell’esistenza di Rita Levi Montalcini, vero e proprio simbolo della ricerca italiana, premio Nobel, scomparsa ieri pomeriggio a Roma nella sua casa in via di Villa Massimo, a due passi da Villa Torlonia. Nell’ultima settimana la senatrice a vita aveva confidato alle sue strette collaboratrici che si sentiva molto stanca e provata. Ieri era con alcune persone care che, accortesi del peggioramento delle sue condizioni, hanno chiamato un’ambulanza. Troppo tardi. La camera ardente sarà aperta oggi alle 15,30 al Senato, il funerale il 2 gennaio a Torino con rito ebraico.
Difficile dimenticare l’immagine di donna elegante e sobria, quell’aspetto esile che nascondeva una personalità fortissima. Anche ieri studiava, come una scolaretta, nella sua piccola camera traboccante di libri e fogliettini di appunti. Nata a Torino il 22 aprile 1909, fin da bambina diceva di «non essere interessata ad una società dagli uomini né a un futuro di buona moglie o di buona madre». Si iscrisse a Medicina e studiò nella scuola dell’istologo Giuseppe Levi insieme a Salvador Luria e Renato Dulbecco, che come lei sarebbero diventati Nobel.
Le leggi razziali la costrinsero a trasferirsi in Belgio. Poì tornò a Torino, dove aveva allestito un laboratorio di fortuna in camera da letto, una stanzetta di due metri per tre: un periodo difficile, ma fertile, del quale non si stancava mai di raccontare. Nonostante i pochissimi mezzi (ma preziosi, come le uova di pollo in piena guerra) scoprì fenomeni fondamentali legati allo sviluppo del sistema nervoso e alla morte cellulare. I bombardamenti la costrinsero a trasferirsi vicino ad Asti e poi a Firenze, dove nel 1944 lavorò come medico al servizio degli alleati (e dove capì che fare il medico non faceva per lei), e nuovamente ad Asti.
Nel 1947 il grande passo verso gli Usa, dove le era stata offerta una cattedra nella Washington University di St. Louis. «Ci ritrovammo sulla stessa nave», raccontava Dulbecco, legato alla Montalcini da una fortissima amicizia. «Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, di ciò che volevamo fare». Quello che avrebbe dovuto essere un soggiorno di pochi mesi si trasformò in un’esperienza di 30 anni. Rita Levi Montalcini teneva molto a dire che l’11 giugno 1951 segnò la sua scoperta fondamentale: il fattore di crescita delle cellule nervose, Nerve Growth Factor (Ngf). Una scoperta che, diceva, «andava contro l’ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni». Ricerche premiate dal Nobel per la medicina, condiviso nel 1986 col suo studente Stanley Cohen.
Ma la Montalcini non ha mai dimenticato l’Italia, dove dal 1961 al 1969 ha diretto il Centro di Neurobiologia del Cnr (dal 1969 al 1979 ha diretto il Laboratorio di Biologia cellulare). È stata presidente dell’Istituto europeo per le ricerche sul cervello, dove i suoi allievi proseguono la ricerca sul fattore Ngf, e ambasciatrice della Fao. Costante anche l’attività a favore delle donne, con una fondazione intitolata al padre. E infine la politica: furono polemiche feroci quelle tra il Pdl e Rita Levi Montalcini durante il governo Prodi, nel 2007. La senatrice a vita votò sempre a favore del Professore e fu più volte determinante per la sopravvivenza dell’esecutivo.
L’importanza della scoperta della studiosa, a partire dalla terapia per l’Alzheimer
Quella «meravigliosa molecola» Che cosa è l’Ngf, il fattore di crescita delle cellule nervose

Lutto senza confini per la scomparsa di Rita Levi Montalcini. Il presidente della Repubblica ha appreso la notizia direttamente dalla nipote Piera, alla quale ha espresso commossa partecipazione e il cordoglio del Paese: «Luminosa figura della storia della scienza» e «orgoglio per l’Italia», l’ha definita Napolitano. E il premier Mario Monti la ricorda come «una donna carismatica e tenace, che ha dato battaglia per l’intera esistenza per difendere i valori in cui credeva». Impossibile riportare tutte le reazioni, tanto più che la fama della scienziata italiana va ben oltre i confini nazionali.
Il suo nome è indissolubilmente legato a un «meraviglioso» tuttofare, una molecola. A oltre 60 anni dalla scoperta del fattore di crescita delle cellule nervose è ormai sempre più chiaro che questa proteina entra in gioco anche nel controllare fenomeni finora sfuggiti a ogni formula biochimica, come l’innamoramento. «Una molecola vitale» che Rita Levi Montalcini ha sempre considerato importante tanto nello sviluppo dell’individuo quanto in quello della specie umana.
Quando l’Ngf venne scoperto la sua importanza sembrava legata unicamente al sistema nervoso. Oggi le applicazioni più promettenti sono quelle legate ad una possibile terapia dell’Alzheimer: i primi test negli Stati Uniti, dove l’Ngf è stato “impacchettato” in un virus innocuo e iniettato nel cervello per stimolare la formazione dei neuroni nelle aree lesionate. In Italia la molecola è stata sperimentata sotto forma di collirio per curare le ulcere della cornea. Allo studio anche la possibilità di sperimentare l’Ngf contro la sclerosi multipla.
Molte delle ricerche che stanno lentamente avvicinando l’Ngf al letto dei pazienti sono condotte nell’Istituto europeo per le ricerche sul cervello, voluto e presieduto dalla stessa Montalcini. Per esempio, uno dei suoi più stretti collaboratori, Pietro Calissano, ha messo a punto all’Ebri un metodo di coltura delle cellule nervose nel quale è possibile riprodurre gli stessi danni prodotti dalla malattia di Alzheimer. Sembrano esserci nuove prospettive anche per utilizzare fattori di crescita come l’Ngf per combattere forme di depressione particolarmente difficili da trattare con i farmaci tradizionali. Pare forte anche il legame fra Ngf e stress e nel 2005 il fattore di crescita è stato sperimentato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, sull’astronauta europeo Roberto Vittori.
L’Ngf è anche la prima molecola degli innamorati. Una ricerca condotta nell’università di Pavia ha dimostrato che il livello di questa proteina è più alto all’inizio dell’innamoramento e molto più presente che in coppie consolidate o nei single.
 
 
 
4 - L’Unione Sarda / Sport Vari (Pagina 29 - Edizione IF)
Il 23 gennaio le elezioni del comitato regionale: favoritissimo il presidente uscente
IL CONI CAMBIA SENZA CAMBIARE
Fara si ricandida: «Serve una persona affidabile»
Vedi la foto Presidente Gianfranco Fara, perché ha deciso di ricandidarsi?
«Non è una scelta mia, non ne avevo intenzione. È una spinta arrivata da molti presidenti federali che mi hanno sollecitato. Passiamo a un Coni completamente nuovo e cè un po’ di paura in questa fase transitoria. Serviva una persona che avesse la credibilità e l’esperienza per evitare la confusione in questa fase e risolvere eventuali problemi».
Cosa è stato fatto in questi ultimi quattro anni?
«Intanto c’è da sottolineare il rapporto prolifico tra le varie federazioni e il Coni, poi il ruolo che questo ha ricoperto nel portare avanti la politica dello sport disabili, in affiancamento al Comitato paralimpico. Spesso iniziative del Coni sono stati punti di riferimento anche del Cip per l’inserimento in un contesto scolastico nel quale non c’era nulla».
Da domani mancheranno i comitato provinciali.
«Non sappiamo ancora come agiremo. A Roma stanno definendo nei bilanci del 2013 le risorse per i comitati regionali. Purtroppo si annunciano tagli su Giocosport, Giochi della Gioventù e Giochi scolastici. In questo settore tutto è da inventare. È un punto dolente, non c’è dubbio».
Abolirle non è stato un autogol?
«L’ho sottolineato nella riunione di Roma alcuni giorni fa. Il personale trasferito dai comitato provinciali deve essere utilizzato in qualche modo. Per far funzionare sul territorio le delegazioni bisogna trovare spazi, magari nella scuola, per avere le strutture e poter lavorare con la scuola stessa e le province. Conto di avere dalla regione le risorse per poter tenere una sede per le quattro delegazioni».
Il fiore all’occhiello dell’ultimo quadriennio?
«La Scuola dello Sport, con il Laboratorio di ricerca scientifica che in tre anni ha messo in relazione il mondo universitario con quello sportivo. Un connubio di assoluto successo, per il quale ringrazio il rettore dell’Università di Cagliari, Giovanni Melis: 46 progetti di ricerca portati a termine e dieci pubblicazioni in riviste internazionali e 26 progetti presentate nei congressi scientifici. E poi la banca dati degli impianti sportivi di tutti i 377 comuni sardi, un’opera enorme, preziosa e inedita tra tutte le regioni. La prossima settimana sarà pubblicata anche in forma cartacea. Infine, l’albo delle società».
E la promozione?
«Il Turisport è stato un importante veicolo di promozione. Cercheremo di riproporlo perché ha avuto oltre 40mila visitatori. L’Esperia ha messo un proprio stand e ha ottenuto duecento iscrizioni. Dobbiamo migliorarlo con manifestazioni di prestigio per aumentare l’interesse di pubblico e federazioni e incentivare lo sport come richiamo turistico nella bassa stagione».
Lo stato di salute dello sport sardo?
«Abbiamo mandato due atleti all’Olimpiade, contro nessuno di Pechino: è un buon risultato Ma abbiamo altri risultati importanti, dalla Torres femminile, alla Dinamo, dalla Promogest alla Pallamano Sassari, passando per le squadre di Tennis e il Cus Cagliai di basket. In rapporto al numero degli abitanti non siamo gli ultimi in Italia. Paghiamo i soliti problemi: tasse gara, spese di viaggio, insularità».
Il problema più grave che ha affrontato?
«Nel professionismo direi la situazione del Cagliari, visto che tre sindaci di Cagliari e uno di Elmas non sono ancora riusciti a risolvere il problema dello stadio». ( c.a.m. )
 
 
 
5 - L’Unione Sarda / Provincia di Nuoro (Pagina 30 - Edizione CA)
DESULO. Dalla chimica alla medicina, quarant’anni di studi sul coenzima energetico
«ECCO SVELATO IL Q10 SEGRETO»
Gian Paolo Littarru, scienziato, è nel gotha della ricerca 
Nonostante i mastodontici passi da gigante compiuti dalla Scienza moderna, a livello mondiale, l’elisir di lunga vita non è stato ancora scoperto e resta il sogno nel cassetto di qualsiasi scienziato, che cerca di svelare i segreti del benessere.
LA RICERCA Gian Paolo Littarru, 69 anni, medico e docente universitario originario di Desulo, è entrato nel gotha della medicina internazionale per i suoi studi sul coenzima Q10, sostanza fondamentale per il metabolismo energetico delle cellule, che, senza di essa, non possono produrre l’energia necessaria a svolgere le normali attività quotidiane. Scoperta per la prima volta circa 50 anni fa, questa molecola è collocata nel cuore dei meccanismi produttori di energia del nostro organismo ed esercita anche un’importante funzione antiossidante. Il ricercatore sardo, ordinario di Biochimica all’Università di Ancona, fondatore dell’International Coenzyme Q10 Association (Icqa), una vita di studi tra Italia e Texas, dall’inizio della sua carriera scientifica ha concentrato tutte le energie sullo studio del coenzima Q, una molecola sintetizzata da tutti gli organismi animali, essenziale nei processi di produzione di energia nelle nostre cellule. Già all’inizio della sua carriera, il professor Littarru ha studiato la funzione del coenzima Q nel lievito e negli animali superiori, poi ha proseguito la ricerca a livello umano. All’inizio degli anni ’70 ha messo in evidenza che si verifica un deficit di coenzima Q (coenzima Q10 nell’uomo) nel cuore di malati affetti da cardiopatie. «È stata indubbiamente una grande soddisfazione studiare la molecola. In principio - spiega il professor Littarru - la si studiava solo dal punto di vista chimico e l’interesse era prettamente scientifico. Nel tempo, grazie agli studi condotti nell’Università di Ancona, sono venuti alla luce vari suoi ruoli. Qualche decennio dopo la sua scoperta si è affacciata anche al mondo della medicina. Veri studi hanno sottolineato l’utilità anche in situazioni di malattia e scompenso cardiaco. Va sottolineato come questa sostanza (riconosciuta in Italia sia come farmaco che come integratore alimentare) è molto importante per la funzionalità delle arterie». Littarru in collaborazione con altri ricercatori ha approfondito la funzione di questa molecola nelle alterazioni chimiche che danno inizio all’arteriosclerosi, e la sua funzione difensiva nei processi di deterioramento delle cellule.
IL CONSESSO SCIENTIFICO L’associazione internazionale che studia il Q10 continua la sua preziosa opera di ricerca, ha un comitato esecutivo formato da 14 scienziati dei 5 continenti, e organizza ogni due anni un congresso internazionale che ha luogo alternativamente in Europa, Stati uniti, Giappone. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali e di diversi libri. Nell’ambito di ricerca collabora con chimici organici, cardiologi, pediatri endocrinologi e ricercatori nelle varie discipline di base della Medicina.
DALLE ORIGINI ALLA FAMA La fama internazionale, il prestigio e la passione per la ricerca non hanno fatto mai dimenticare a Gian Paolo Littarru le sue origini desulesi. Figlio di Salvatore e Maria, emigrati nel depoguerra prima a Oristano e poi a Cagliari, il futuro scienziato frequentò il liceo classico Dettori e nel ’67 si laureò in Medicina e Chirurgia all’università cattolica di Roma. Qui è diventato ricercatore, poi professore associato di Chimica biologica. Il trasferimento ad Ancona e le sue frequenti ricerche ad Austin, in Texas, ne hanno fatto uno scienziato di calibro internazionale. Torna a Desulo ogni estate e di recente è stato insignito di un premio, il tagliere d’argento, che il coro Montanaru e il Comune assegnano a desulesi che si sono particolarmente distinti in campo culturale e civile.
Massimo Melis
 
  


LA NUOVA SARDEGNA 
 
6 - La Nuova Sardegna / Pagina 4 - Ed. Nazionale
ADDIO GRANDE DONNA
Ci lascia in eredità impegno e coraggio
Rita Levi Montalcini è morta ieri nella sua casa di Roma. Aveva 103 anni. Ha lavorato ai suoi studi fino alle 21 di sabato sera, nella piccola camera dove passava gran parte del suo tempo. Ieri poco prima di pranzo aveva avvertito i suoi collaboratori di non sentirsi troppo bene. I domestici si sono allontanati per qualche minuto per recarsi in farmacia, ma al loro ritorno il premio Nobel era già morta. Oggi la camera ardente al Senato, dalle 13,30 alle 21.00. Parteciperà il Presidente della Repubblica. Le esequie avranno luogo il 2 gennaio a Torino in forma privata.
di VITTORIO EMILIANI
Con Rita Levi Montalcini scompare a 103 anni una delle più importanti e innovative figure di scienziato del nostro tempo, uno dei pochi premi Nobel italiani, una delle rare donne giunte da noi ai vertici della ricerca. Lo scrittore Primo Levi, torinese come lei, la definì, felicemente, «una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa». Sempre appropriata nel vestire, nell’atteggiarsi, nel parlare. Quando era senatrice a vita, dall’estrema destra, fra insulti e derisioni, le giunse l’offerta di un paio di stampelle. «In pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche» e «del tutto indifferente agli ignobili attacchi», avrebbe espletato, assicurò, le funzioni di voto fino in fondo: non le serviva alcuna stampella. Concluse sferzante: «A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà", mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria». Rita Levi Montalcini era figlia di Adamo Levi ingegnere elettrotecnico e matematico e della pittrice Adele Montalcini, con una sorella gemella, Paola, pure pittrice e un fratello maggiore, Gino, anch’egli pittore e scultore. Famiglia molto stimata in quella Torino dove la borghesia ebraica, colta e impegnata, aveva un ruolo importante dopo la "parificazione" voluta da Carlo Alberto. Con una forte moralità che si sposava alla «mancanza di animosità e ad una naturale tendenza ad interpretare fatti e persone dal lato più favorevole». Con un laicismo di fondo che rendeva le sorelle Levi prive di paraocchi, tenaci nel perseguire studi e ricerche. Quando l’amata governante viene colpita dal cancro, la ventenne Rita decide, nonostante l’avversa opinione del padre, di iscriversi a Medicina a Torino. Avrà quale maestro un altro Levi, Giuseppe, padre della scrittrice Natalia Ginzburg, istologo, e come compagni Salvador Luria e Renato Dulbecco futuri Nobel, che il professor Levi istrada alla ricerca col metodo, insolito per l’Italia, della coltura in vitro. Dopo la laurea, si specializza in neurologia e psichiatria. Di fatto quando cade sugli italiani ebrei la mazzata delle infami leggi razziali. Comincia una vera odissea. Espatria in Belgio per proseguirvi le ricerche neurologiche. Ma nel ’40 il Paese è invaso dai nazisti. Rientra clandestinamente a Torino allestendo un laboratorio prima in casa e poi, dopo i pesanti bombardamenti, nella campagna astigiana. Lavora già alla problematica dei centri nervosi che rimarrà per lei dominante. L’intera famiglia, dopo il ’43, fugge a Firenze, di nascondiglio in nascondiglio, in case di amici, fino alla Liberazione. Con enorme sforzo fisico e psichico la ricercatrice cede il passo al medico: si occupa di tutto, anche «portantina e infermiera». Nel dopoguerra il salto decisivo di qualità alla Washington University di Saint Louis nella ricerca sui neuroni, sugli agenti della crescita nervosa. Ricerca che, assieme al biochimico Stanley Cohen, suo allievo, la porterà nel 1986 al Nobel. Rita Levi Montalcini destina una parte consistente del premio alla costruzione di una nuova Sinagoga a Roma, pur continuando a dichiararsi laica, atea. Ecco un altro carattere distintivo di questo personaggio straordinario: cittadina del mondo, libera da ipoteche di tipo teologico o ideologico. Con una eccezionale attitudine al fare, all’organizzare, ovunque vada: al CNR, alla presidenza dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Non c’è campagna umanitaria che non la veda presente e attiva, nonostante la grave maculopatia che le toglie purtroppo la vista. Eppure non ha mai cessato, si può dire, di testimoniare presso i giovani la necessità di non farsi «ipnotizzare» dalla tv, di praticare, assieme allo studio, sport e giochi capaci di stimolare la capacità creativa. Fino all’ultimo li ha esortati così: «Pensate al futuro che vi aspetta, non temete le difficoltà, io ne ho passate molte e le ho attraversate senza paura».
   
     

QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
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Questionario e social

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