UniCa UniCa News Rassegna stampa Domenica 30 dicembre 2012

Domenica 30 dicembre 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 dicembre 2012
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda / Provincia Sulcis (Pagina 24 - Edizione PC)
AMBIENTE. Piano per recuperare i residui di piombo e zinco
Un tesoro nelle discariche
C’è un tesoro nascosto nelle discariche lasciate in eredità dalle attività minerarie. Sono i residui di piombo, zinco e di altri minerali che potrebbero essere sfruttati negli attuali processi industriali. Il loro valore si aggirerebbe intorno al milione di euro. Parco geominerario e Regione hanno stretto un patto per avviare degli studi precisi.
Il protocollo di intesa agirà su diversi fronti dello sviluppo sostenibile. Per Giorgio La Spisa, assessore regionale alla Programmazione «si intraprendono una serie di azioni per la restituzione agli usi legittimi dei siti minerari e industriali contaminati attraverso interventi necessari di bonifica, riassetto e riutilizzo del territorio dei Comuni ricadenti nell’ambito del Parco Geominerario». Il costo dell’operazione si sta definendo in questi giorni: una parte sarà finanziata dalla Regione, il resto con il contributo dell’ente Parco.
«L’intesa - spiega il direttore dell’ente Parco Francesco Usalla - riassume tutti gli obiettivi dello statuto del Parco, dalla promozione turistica, alle bonifiche, alla ricerca nei campi delle energie alternative». Gli studi saranno coordinati da Parco, Forgea international e Cinigeo, il Consorzio interuniversitario costituito dagli atenei di Cagliari, Bologna, Trieste e La Sapienza di Roma. «Si commissionerà - prosegue Usalla - uno studio di fattibilità per verificare l’esatta quantità e il valore economico dei minerali, utili per l’industria, presenti nelle discariche». Poi si cercheranno investitori: i risultati saranno messi a disposizione dei privati. L’obiettivo è trovare piombo, zinco e minerali che l’industria sfrutta come superconduttori, magneti, nei laser, nelle fibre ottiche o nelle saldature per migliorare le proprietà del tungsteno. «Per noi - chiarisce Nino Granara, commissario straordinario del Parco - è una grande soddisfazione sapere che la Regione collaborerà col Parco per il suo sviluppo». (m. c.)
 
 
2 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Il web si mobilita nuovamente per la ragazza colpita da un raro tumore al colon
Federica, gara di solidarietà «Adesso ho un obiettivo: passare il test per Medicina»
Nella rete è nata ed è il web a supportarla. L’articolo di ieri dedicato a Federica Cardia e alla lotta contro un raro tumore al colon è stato postato (parzialmente) da più persone sin dal primo mattino su Facebook scatenando un effetto domino impressionante. Post su post, Mi piace su Mi Piace , condivisioni su condivisioni. Tanto da renderne impossibile il conteggio. Ma ha anche fatto sì che le donazioni ripartissero con vigore. Il tutto mentre Federica faceva i conti con una febbre a 38 (effetto collaterale dei farmaci) ma avesse la forza di infilare fra i propositi del 2013 «Iscrivermi al test di Medicina».
NUOVO PROPOSITO Come sarebbe a dire? «Sarebbe a dire che ho un’idea che mi ronza da tempo nella testa», spiega, «mi piacerebbe tanto intraprendere questa avventura perché per districarmi nel mondo delle mie cure per non cadere mai fra le braccia di santoni che ti vogliono guarire con le code di rospo bisogna studiare con attenzione. E alla fine mi sono appassionata». Federica Cardia, 30 anni, ha già una laurea in Scienza della Comunicazione con una specializzazione in editoria digitale che gli aveva fruttato subito un ottimo lavoro alla Sony PlayStation di Roma. Impiego che ha dovuto lasciare quando la malattia l’ha messa al tappeto e per sopravvivere sta provando sul suo corpo un protocollo sperimentale.
LE DONAZIONI Il racconto della sua storia su queste pagine (Federica si era già raccontata a RaiUno, su tanti siti web e radio MonteCarlo) ha come primo impatto rilanciato le donazioni: «Già di buon mattino attraverso il sistema PayPal ho ricevuto da 25 benefattori nuovi contributi», spiega, «che si vanno ad aggiungere ai 35mila euro raccolti da quando ho aperto il sito Tanto Vinco Io in cui chiedevo sostegno terapeutico, economico e morale per non soccombere al verdetto di incurabilità emesso a dicembre del 2011».
LA SOLIDARIETÀ DEL WEB Ed è proprio il supporto morale ciò che più di ogni altra cosa da ieri si è rinvigorito attraverso Facebook, Twitter, www.unionesarda.it (ieri alle 20 in 5.116 hanno letto la sua storia) e il suo sito personale www.tantovincoio.it. Decine e decine di commenti pubblici tanto da far dire a Federica: «Ho un tifo pauroso, cavolo, altro che curva sud». Ma oltre a messaggi visibili nelle bacheche degli utenti Facebook (nel grafico, garantendo l’anonimato ne riportiamo solo una piccola parte) ci sono quelli arrivati personalmente alla mail della ragazza cagliaritana che con il finire delle vacanze natalizie tornerà a Roma per affrontare un nuovo ciclo di chemioterapia abbinato a cure mirate che in gran parte coincidono con il metodo Di Bella. .
I MESSAGGI Alcuni fra i più significativi messaggi li ha selezionati per noi la stessa Federica scegliendo soprattutto quelli spediti da famiglie di malati o da persone guarite: «Carissima Federica, ho letto di te sull’Unione Sarda e sono felice che tu stia bene. È davvero una gioia leggerti e questo mi da un po’ di speranza per mio fratello [...]. Aspetto tue notizie e ti abbraccio forte e voglio anche io donarti un sorriso il 3 gennaio compio 5 anni libera (carcinoma mammario , 5 anni fa) festeggio insieme a te!» (Rosa) . «Cara Federica, sarai subissata di messaggi e sono certo che ti farà piacere. Ho una richiesta da farti a nome della mia famiglia: tieni duro, per te e per tutti quelli che dalla tua forza d’animo troveranno la loro forza per reagire e vincere il male». (Raffaele) . «Ciao Federica, sono Elisabetta, combatto contro un tumore al seno da ormai tre anni [...]. Io non voglio assolutamente arrendermi, ho letto che hai fatto un test in Germania da cui hanno potuto individuare a che farmaci è resistente il tumore ed a quali meno. Puoi darmi informazioni e qualche dritta? Ho pensato anche al Metodo Di Bella. (Elisabetta) . «Lotta con forza, sei una persona splendida, fallo per te, ma anche per i tanti che da oggi, come me, guardano a te con tanta speranza e per la curva sud dei tuoi tifosi, che vogliono cantare con te “Alè ohoh, Federica ha vinto per noi!”». (Raffaele) .
Red.Cro.


3 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 42 - Edizione CA)
1/1/1983: gli Usa “smilitarizzano” Internet
DAL PROGETTO ARPA, CREATO COME SCUDO CONTRO L’URSS, NASCE IL WEB
Da 30 anni nella Rete, figlia anarchica della Paura
Quando una grande potenza militare agisce sull’onda della paura, generalmente per l’umanità non ci sono buone notizie in arrivo.
Quella volta però andò in modo diverso.
Era la fine degli anni Cinquanta quando ad Ike Eisenhower, presidente degli Stati Uniti ed ex generalissimo delle truppe americane nella seconda Guerra Mondiale, andò il caffè di traverso. I russi nel ’57 avevano bruciato gli States nella corsa allo spazio, mandando in orbita il primo satellite artificiale. Superiori tecnologicamente e ben dotati di missili nucleari, i sovietici sembravano decisamente in grado di colpire per primi, decretando inizio e fine di una ipotetica terza Guerra. Da una rapida inchiesta presidenziale emerse che l’alleato di ieri nella lotta contro il nazismo, oggi nemico sempre più agguerrito, avrebbe potuto facilmente neutralizzare i centri di comunicazione americani.
Le contromisure possibili erano due. Aggredire per primi oppure proteggere il bersaglio, rendendolo leggero, diffuso, meno vulnerabile.
Fortunatamente Eisenhower - come quasi tutti quelli che l’hanno conosciuta di persona - non adorava la guerra. Nel 1953, presidente da tre mesi, parlando all’associazione americana dei direttori di quotidiani poco dopo la morte di Stalin, aveva spiegato che «questo mondo in armi non sta solo spendendo denaro. Sta spendendo il sudore dei suoi operai, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi giovani. [...] Questo non è un modo di vivere che abbia un qualsiasi senso. Dietro le nubi di guerra c’è l’umanità appesa a una croce di ferro».
Quattro anni dopo fu coerente con quel discorso: fra colpire per primo o nascondere il bersaglio, scelse la seconda opzione. Fu così che nacque Arpa.
La Advanced Research Projects Agency era un’agenzia che doveva condensare lo sforzo intellettuale e scientifico degli Usa per riacciuffare la supremazia militare. Aveva le università e i centri di ricerca come partner privilegiati, e il problema che si pose con maggiore urgenza fu quello di creare un sistema di comunicazione che un attacco missilistico non potesse decapitare. Se ne occupò il direttore del servizio informatico dell’Arpa, lo psicologo Joseph Carl Robnett Licklider, che mise insieme una squadra di ricercatori particolarmente brillanti e, senza cedere alla tentazione della modestia, la battezzò Rete Informatica Intergalattica. Il modello di riferimento era il Sage, il sistema dei radar che dalle Hawaii all’Alaska monitoravano i confini americani. Il salto da compiere rispetto al Sage era far comunicare tra loro alcuni cervelloni elettronici, in modo che le tante intelligenze accademiche e militari dell’Arpa potessero scambiarsi dati e analisi, in modo molto più rapido, efficace e interattivo rispetto ai radar.
I “galattici” di Licklider si lasciarono alle spalle il vecchio sistema di comunicazione fra elaboratori e il medioevo tecnologico delle schede perforate. In sostanza misero i computer in grado di parlarsi. Ora si trattava di farli parlare tutti nella stessa lingua, e di passare dall’ambito di uno scambio di telegrammi a quello, per intenderci, di una riunione in teleconferenza.
Se ne occupò un altro giovane ricercatore, Larry Roberts, che l’Arpa con una certa forza persuasiva aveva indotto lasciare la sua scrivania al Mit Lincon Laboratory. Era il 1966 e il 29enne che faceva parlare fra loro i computer diventò l’uomo di punta dell’Arpanet, la rete di comunicazione dell’Arpa. Più che i militari, furono gli altri ricercatori a storcere il naso davanti alla sua intuizione: messi in rete, i computer avrebbe lavorato come neuroni di una mente collettiva, con una diffusione orizzontale dei dati. E visto che la conoscenza - o meglio l’informazione - è alla base di qualunque potere, è evidente che l’idea di spargere in modo pulviscolare i dati - anziché tenerli chiusi negli scrigni elettronici di ciascun centro - non allettasse i sacerdoti dell’elettronica.
Ma la strada era quella, e tre anni dopo Leonard Kleinrock dell’Ucla fu incaricato di creare il primo collegamento telefonico da computer a computer fra l’Università della California di Los Angeles e lo Stanford Research Institute.
Era il primo vagito del web, o meglio i primi due pezzettini di cavo che si intrecciavano per creare il primo nodo di quella che sarebbe diventata la Rete. Due mesi dopo si aggiunsero l’università di Santa Barbara e quella dello Utah. Poi vennero la Bbn, il Mit, la Rand Corporation, la System Development Corporation e Harvard.
I laboratori dei migliori atenei americani avevano un club virtuale dove frequentarsi, confrontarsi e comunicare in tempo reale. Sul finire degli anni 70 nuovi protocolli vennero messi a punto per rendere fluida la comunicazione e la trasmissione: le informazioni viaggiavano sempre più secondo un modello liquido, scegliendo su base statistica il canale lungo il quale riversarsi come un’infiltrazione d’acqua trova varchi e pertugi per colare da un ambiente a un altro.
Nessun missile avrebbe potuto centrare il centro direzionale della conoscenza per l’ottimo motivo che non c’era. C’era una rete non gerarchica, non rigida, non schematica, che avrebbe reagito alla neutralizzazione di un nodo irrorando di informazioni tutti gli altri.
Privo di una testa, il Sistema non poteva essere decapitato.
Era un modello a prova di attacco, ma non di curiosi. La democratizzazione elettronica delle informazioni apriva troppe porte a troppi sguardi per i gusti dei militari che l’avevano voluta e finanziata. A metà anni ’70 l’Agenzia per la Comunicazione della Difesa americana si era già dotata del Defense Data Network, il suo arcigno sistema di comunicazione via computer fra settori delle forze armate. La rete era un capolavoro che scintillava sotto lo sguardo di troppi ammiratori e il primo gennaio 1983 il ministero della Difesa Usa, dopo aver messo a punto e sperimentato un’altra rete militare, il Milnet, lasciò Arpanet-internet, da quel momento semplicemente internet, al suo destino.
Che fu, ed è, quello di connettere non più generali terrorizzati o giovanissimi nerd dell’informatica, ma 2 miliardi di esseri umani che oggi da un monitor all’altro si scambiano informazioni e confidenze, pettegolezzi e opinioni, foto porno e prenotazioni di viaggi. Recensioni di libri. Consigli commerciali. Virus informatici. File musicali. E auguri di buon anno.
Celestino Tabasso
 
 
4 - L’Unione Sarda / Provincia Sulcis (Pagina 24 - Edizione PC)
IGLESIAS. Ex Rockwool
Papà occupa, il figlio si laurea sulla vertenza
Ufficialmente sono 54, ma in realtà all’elenco ufficiale dei lavoratori ex Rockwool se ne dovrebbe aggiungere uno. È un ragazzo che a gennaio compirà 26 anni, gli ultimi quattro dei quali passati a sostenere direttamente la lotta del padre, lavoratore ex Rockwool, e degli altri colleghi in attesa di ritornare al lavoro: al punto che Cristian Strina, figlio di Nunzio, sul suo profilo Facebook fa seguire al nome la dicitura ex Rockwool in lotta. Non solo: alla lunga vertenza legata alla chiusura dello stabilimento che produceva lana di roccia nella zona industriale di Iglesias ha dedicato anche una tesina, in occasione dell’esame di Psicologia della comunicazione organizzativa sostenuto alla facoltà di Scienze politiche dove si è laureato. Una scelta spontanea, a sostegno di una vertenza che vede ancora i lavoratori protagonisti dell’occupazione della galleria Villamarina di Monteponi.
CLIMA DI ATTESA Anche in queste ore, in cui c’è attesa di sapere se la protesta cesserà prima di Capodanno, Cristian è accanto al padre che, insieme ad altri colleghi, si alterna nel gazebo allestito di fronte l’ingresso della galleria occupa: «Sin dall’inizio - racconta - ho ritenuto doveroso partecipare in quanto coinvolto in prima persona: la battaglia dei lavoratori era, ed è ancora, rivolta alle famiglie e non potevo astenermi. Ho sempre pensato che se non sosteniamo la lotta noi figli dei lavoratori per primi, è difficile chiedere agli altri di farlo».
«TROPPO SOLI» Al riguardo Cristian non esita a esprimere una punta di rammarico: «Nei primi anni siamo stati piuttosto soli, mentre mi sarei aspettato di più perché la fabbrica era molto competitiva e avrebbe potuto dare ancora tanto a Iglesias. Nell’ultimo periodo, invece, devo ammettere che abbiamo avuto abbastanza sostegno e questo mi rende contento. Ora il mio unico desiderio è che mio padre e i colleghi ritornino presto al lavoro».
Cinzia Simbula
 
 
5 - L’Unione Sarda / Provincia Medio Camp (Pagina 29 - Edizione PC)
GUSPINI. Oggi i premi
Riconoscimento agli studenti più meritevoli

Il premio “Onore al Merito” è un riconoscimento che l’amministrazione comunale di Guspini da quest’anno conferisce agli studenti, neo diplomati e laureati, che hanno concluso gli studi con il massimo dei voti. «L’abbiamo istituito per riconoscere l’impegno e la serietà con cui molti giovani hanno affrontato il percorso di studi», dice il sindaco Rossella Pinna. La premiazione è prevista per oggi a mezzogiorno nella sala consiliare storica del Comune. I premiati si sono laureati o diplomati nell’anno accademico o scolastico 2010/2011. Sarà una cerimonia semplice ma significativa, con la partecipazione dei familiari e degli amici dei protagonisti della giornata.
«Questo attestato vuole sottolineare l’importanza che lo studio riveste nella società moderna, fondamentale per lo sviluppo culturale, sociale ed economico», afferma il primo cittadino, «abbiamo bisogno di giovani preparati perché è alle nuove generazioni che affidiamo il nostro futuro e quello del nostro paese. Abbiamo molta fiducia in loro». L’amministrazione comunale vuole dare un riconoscimento a quei giovani che nell’espletamento dei loro studi hanno profuso tutte le loro energie e capacità attitudinali fino a raggiungere un risultato meritevole di apprezzamento da parte dei professori.
«Ai migliori studenti guspinesi giunti al traguardo dei loro studi il premio deve fungere da stimolo perché affrontino con la stessa dedizione e caparbietà che hanno dimostrato fino a oggi le sfide future che li attendono: per la situazione economica del momento non sarà certamente facile, ma siamo convinti che riusciranno nell’impresa». Questi i nomi dei laureati e diplomati cui andrà il riconoscimento: Matteo Atzori, Giorgia Bianco, Roberta Cocco, Emanuela Fois, Michela Garau, Riccardo Ghiani, Sebastian Ruggiero, Katiuscia Usai e Valentino Vargiu. Riceveranno dal sindaco una pergamena e un oggetto di artigianato artistico realizzato a Guspini.
Gian Paolo Pusceddu
  


LA NUOVA SARDEGNA 
 
6 - La Nuova Sardegna / Pagina 24 - Cagliari
Capodanno low cost per gli universitari
CAGLIARI Responsabili, anche sotto le feste. Gli studenti universitari si preparano a festeggiare l’inizio del nuovo anno, sempre in compagnia ma “low cost”. «Per Capodanno non abbiamo organizzato alcun evento in particolare - spiega Marco Meloni, presidente del Consiglio degli studenti - io starò a Cagliari come tanti altri ragazzi che ho sentito. In questo periodo di crisi non ci sono tanti soldi da spendere in cene esagerate o viaggi. Staremo tra amici, in giro nelle piazze. Una scelta low cost». Al bando dunque il superfluo anche perché i giorni da dedicare alle festività sembrano già terminati. In attesa dell’inizio del secondo semestre gli universitari dovranno prepararsi per gli esami previsti per i mesi di gennaio e febbraio. Intanto venerdì alcuni studenti del gruppo Unica 2.0 hanno trascorso una serata con i ragazzi che da qualche giorno vivono in tenda, davanti alla sede del Consiglio regionale. «Abbiamo incontrato “i figli della crisi” - spiega Meloni - per una cena sociale. Con l’inizio delle lezioni riprenderemo anche le assemblee e valuteremo possibili iniziative». Il Capodanno all’insegna del risparmio delizierà dunque anche gli universitari che, dalle 22 potranno attendere l’arrivo del nuovo anno nelle piazze cagliaritane e sbizzarrirsi con ogni tipo di ballo. Dallo ska alla disco music, dal raggae al punk. Liscio e tango. Intanto diversi locali dell’hinterland cagliaritano si preparano a festeggiare il capodanno con cocktail di benvenuto e dj. E per il primo gennaio arriva lo ‘sveglione’, una passeggiata lungo la pineta di Sinnai.
Bettina Camedda
 
 
7 - La Nuova Sardegna / Pagina 12 - Sardegna
«Io ho scelto la Spagna ma ho nostalgia di Sassari» 
IL PROGETTO ERASMUS, UNA BORSA DI STUDIO, POI L’OPPORTUNITÀ DI UN LAVORO 
La laurea in Scienze politiche gli ha aperto la strada per partecipare alla costruzione di un archivio sulla storia del franchismo
di Antonio Mannu
MADRID «Sono arrivato in Spagna una prima volta nel’95, con l’Erasmus, quando ero ancora all’Università. Sono rimasto per un anno accademico e Madrid, da subito, mi è piaciuta moltissimo. Era un periodo felice, una sorta di gran finale di ciò che è stata la Movida. Anzi il ’95 è stato definito come l’ultimo anno della Movida madrilegna». Incontriamo Luca Tedde a Madrid, a casa della fotografa Cristina Garcia Rodero. «La Movida fu come un risveglio, un movimento artistico e culturale nato da persone che provenivano dal mondo dell’arte. Fra loro anche personaggi oggi noti, come Almodovar, che per la cronaca ha iniziato come musicista punk. E’ stato un fenomeno che si è distinto per i suoi eccessi, nato però da una volontà forte, da una necessità: recuperare il tempo perduto in quarant’anni di dittatura». Luca Tedde è nato a Sassari nel ’69, da molti anni frequenta la Spagna, Madrid in particolare. Si è laureato a Sassari, in Scienze Politiche, con una tesi sul franchismo. «Bisogna tener conto del fatto che il tempo della dittatura è stato un periodo oscuro, di repressione brutale. Questo è ancora percettibile, dopo tanti anni, se si parla con chi lo ha vissuto. Il franchismo era una sorta di teocrazia e i suoi pilastri erano la Chiesa, le Forze armate e lo Stato. L’ideologia dominante era quella di un cattolicesimo repressivo e reazionario. Non esisteva l’ individuo, non si era nulla se non si apparteneva ad un clan, che poteva essere la famiglia così come la parrocchia». Mentre il mondo, quantomeno occidentale, dopo la tragedia della guerra si orientava verso una maggiore democrazia e maggiori libertà individuali, la Spagna faceva un percorso inverso. La guerra civile aveva lasciato il segno ma con Franco al comando arrivò, dice Luca, una sorta di disfacimento spirituale. «Il franchismo ha distrutto, o meglio ha cercato di distruggere, la voglia di vivere degli spagnoli. Inoltre, fino agli Anni Cinquanta, qui c’erano enormi problemi di indigenza. Sotto Franco questo era un paese cupo e triste. Quando è arrivata la libertà la Spagna è esplosa, la Movida è stata anche questo, una reazione, uno sfogo. Riprendiamoci la vita, la nostra città, l’arte. Riprendiamoci quello che ci hanno tolto. Ed è accaduto con intensità iberica, senza mezze misure».Luca racconta di Malasagna, il quartiere dove la Movida è nata. Nel 1995, a lui, grande appassionato di musica, sembrò il paese dei balocchi, pieno di locali dove si suonava dal vivo, e si suonava la musica che gli piace. «Trovavo fantastico il fatto che si potessero ascoltare, nello stesso locale, i grandi del blues e del soul nero e il punk dei Ramones, o passare dai Clash al flamenco. Che in realtà è anche normale, perché c’è un filo conduttore: è tutta musica che viene dalla gente, da una tradizione orale, che non si impara a scuola o all’accademia». Dopo il periodo dell’Erasmus Luca ha occasione di tornare a Madrid grazie ad una borsa di studio. Entra in contatto con la Fondazion Juan March, dedita in particolare alla promozione artistica ma che, a fine Anni Ottanta, aveva dato vita ad un centro di ricerca in scienze politiche e sociali fondato dal professor Juan Linz, uno studioso del franchismo, della guerra civile e della transizione spagnola alla democrazia. Per la tesi Luca aveva lavorato anche su Linz. Si presenta al centro di ricerca, comincia a lavorare ad un progetto ideato dalla direttrice della biblioteca. Si trattava di realizzare un archivio da una vasta documentazione, raccolta da Linz stesso e dalla moglie, formata da articoli di dieci quotidiani spagnoli che i due avevano sistematicamente ritagliato dai giornali, a partire dalla morte di Franco e fino ai primi Anni ’80. Il materiale era conservato a casa di Linz, vicino a New York, dove lui aveva vissuto dagli Anni Cinquanta. E così Luca viene inviato negli Stati Uniti, per fare una prima stima del materiale in vista della creazione di un archivio pubblico. Al momento del nostro incontro Luca abita ad Alcalà de Henares, nota come luogo natale di Miguel Cervantes e per l’antica Università. Una città di circa 200.000 abitanti, decisamente provinciale rispetto a Madrid. «Per certi aspetti può ricordare Sassari, anche se ha più abitanti. Però Sassari ha i suoi vantaggi: il mare vicino, la campagna, gli spazi aperti. Cose che ora apprezzo e prima non vedevo. Sassari infatti mi ha sempre fatto venir voglia di andar via, una sensazione che sentivo fin dai tempi della scuola. Percepivo distanza tra ciò che sentivo a livello emozionale, la voglia di vivere, la musica, e quello che vivevo a scuola e fuori dalla scuola, all’Azuni o in piazza d’Italia. Che poi piazza d’Italia la rimpiango: è stata una perdita quando, alla fine degli Anni Ottanta, non c’è più stata. Questo l’ho capito quando sono venuto a Madrid. La gente a Sassari aveva l’abitudine di andare e incontrarsi lì, senza bisogno di chiamarsi, di telefonare. La piazza era un luogo di incontro, che ti faceva incontrare la città». Più che con Sassari però Luca sente il legame con la Sardegna. «A volte sento quasi una mancanza fisica dell’isola, della terra. Mi manca il mare, mi manca la Gallura con le sue spiagge e le sue rocce: Rena Majore, Santa Teresa, la Valle dell’Erica. Prima di andare via dalla Sardegna non mi rendevo conto di ciò che avevo. Ho passato intere estati andando poco o niente al mare, senza godere di tanta bellezza. Ora è diverso. Mi piace la Sardegna, ma attualmente mi sto orientando verso un radicamento in Spagna. Anche se mi piacerebbe trovare un lavoro che mi consenta di trascorrere dei periodi nell’isola».
 
 
8 - La Nuova Sardegna / Pagina 26 - Sassari
Il calendario lunare delle genti prenuragiche 
Le ipotesi sulle conoscenze del sistema di stelle e pianeti da parte degli antichi sono state esposte in un affollato convegno sull’archeoastronomia 
SASSARI Si fa sempre più chiaro il quadro delle ricerche sulla conoscenza dei fenomeni celesti da parte delle genti prenuragiche. A conclusione dei lavori del II convegno internazionale di Archeoastronomia, tenuto a Sassari nell’aula magna dell’università centrale, emerge chiaramente che i sardi antichi conoscevano i fenomeni celesti. L’orientamento degli ipogei, la ricorrenza di una serie di dati emersi durante le rilevazioni effettuate negli ultimi dodici mesi dagli specialisti di Aristeo e della Sat (Società astronomica turritana) - che hanno promosso e organizzato l’evento - inducono gli studiosi a supporre che gran parte dell’attività dei sardi antichi fosse organizzata e gestita in funzione o in accordo con la conoscenza dei movimenti dei corpi celesti. Nei 350 ipogei (su circa 3.500 presenti nell’isola), finora presi in considerazione nel 45 per cento dei casi, gli ingressi sono risultati orientati a Sud (con un valore da + o - 30° gradi), il 25 per cento a Est (da 0 a 10°) e un numero, per ora molto limitato, a Nord. Rilevazioni che contribuiscono a rafforzare l’ipotesi, con la quale gli studiosi di Aristeo e della Sat avevano chiuso la precedente sessione di ricerca: cioè che le genti prenuragiche avessero una certa confidenza con il moto lunare e solare, conoscenze funzionali a tracciare un elementare calendario utile alla gestione delle principali attività legate a un’economia di tipo agro-pastorale. «Un punto di partenza, non certo una conclusione», ha spiegato in apertura Simonetta Castia, presidente della società Aristeo . Un caso a sé, tutto da indagare, rappresenta, invece, la necropoli di Anghelu Ruju, impiantata su un’area decisamente più ampia rispetto alle altre, in cui gli studiosi hanno individuato tre diverse tendenze di orientamento in relazione alle tre distinte aree di dispersione dei monumenti sepolcrali: Sud-Est; Est e Sud-Ovest. Per lavorare sui 350 ipogei, distribuiti in tutta l’isola, in una vasta area che va dal Monte Acuto al Basso Sulcis, sono stati impiegati strumenti di precisione utilizzati secondo meccanismi collaudati e validati scientificamente. L’ipotesi più plausibile è che impianti che presentano lo stesso orientamento possano essere stati costruiti nel rispetto del medesimo criterio, ma è chiaro che si tratta di congetture- «E in ogni caso _ tiene a precisare Michele Forteleoni, della Società astronomica turritana _ bisognerebbe indagare a fondo sulle motivazioni». Il lavoro è ancora in corso e l’obiettivo del team di ricerca è quello di arrivare a esaminare almeno mille siti per poter formulare altre ipotesi che abbiano base scientifica. Contributi preziosi sono arrivati anche dagli altri relatori che si sono alternati al microfono durante l’intera giornata, in particolare da Lavinia Foddai che ha proposto una serie di ipotesi relative alla rilettura del complesso ipogeico nella valle del Riu Mulino (Giave); Andrea Polcaro che ha riferito dell’orientamento astronomico delle tombe megalitiche nel Mediterraneo orientale fra il IV e il III millennio avanti Cristo; Valentina Leonelli che ha illustrato, interpretandoli, i modelli di nuraghe rinvenuti nelle più recenti campagne di scavo. Nel pomeriggio è stata la volta di Roberto Sirigu, che ha proposto una riflessione critica sulla metodologia di ricerca in archeologia ragionando sui dati relativi al sito di Santa Vittoria di Serri; Elio Antonello che ha proposto un’interpretazione dell’attività agro-pastorale in età classica rileggendo Esiodo e Mario Codebò che ha parlato di montagne meridiane.
  
    

QUOTIDIANI NAZIONALI
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Questionario e social

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