Lunedì 10 dicembre 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 dicembre 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
Offerte di tirocini nelle aziende di tutta Europa
Ma è possibile andare anche oltre i confini Ue
Uno stage all'estero: ecco dove viaggiare
 
Andare all'estero per fare un'esperienza utile a costruire il proprio futuro lavorativo. Sono sempre di più le occasioni di stage proposte dalle aziende straniere ma molto pochi (appena il 2%) gli studenti italiani che ne approfittano (a differenza dei loro coetanei europei). Andare a vivere in un nuovo paese e trascorrere un periodo lontano da casa è senz'altro una scelta impegnativa ma anche un'importante opportunità di crescita personale e professionale per i giovani, in vista dell'entrata nel mondo del lavoro. Soprattutto in tempi di crisi lo stage resta un canale che dà speranza ai giovani sebbene i risultati, circoscritti all'Italia, non siano al top: solo uno stagista su 10 riesce nell'impresa di conquistare un'assunzione nel Belpaese (fonte Excelsior-Unioncamere). A dare una mano agli italiani in questa direzione è l'Isfol: il suo “Manuale dello stage in Europa” (scaricabile gratuitamente dal sito) è una vera e propria bussola per chi cerca uno stage all'estero, rispondendo alle classiche domande “come-dove-quando”, con tanto di consigli pratici super preziosi per affrontare il viaggio in uno dei 27 paesi europei o extra Ue.
COME FUNZIONA La scelta delle aziende in cui fare lo stage può avvenire via internet, tramite associazioni di categoria o attraverso portali web specializzati in offerte di tirocinio. Non solo: le stesse Università (e Cagliari è tra quelle più vivaci da questo punto di vista) offrono un valido aiuto agli studenti interessati a compiere all'estero una parte del proprio percorso formativo, attraverso i programmi internazionali, come l'Erasmus Placement. Ma si può contattare qualunque istituzione europea, l'Onu, le Ong e le associazioni studentesche. In ogni caso, gli esperti dell'Isfol consigliano di compiere la scelta tenendo conto di alcuni fattori, innanzitutto della lingua (generalmente occorre una buona conoscenza della lingua del paese di destinazione, spesso sostituibile con l'inglese), delle competenze professionali richieste e anche del costo della vita nella città in cui si dovrà soggiornare, mettendolo in rapporto, per esempio, al rimborso spese offerto dall'azienda o all'importo delle borse di studio che vengono elergite dall'Università ai vincitori dei bandi. È bene conoscere anche le opportunità di lavoro nel Paese e nell'impresa di riferimento. Trovato lo stage ideale, bisogna inviare il curriculum all'azienda prescelta (meglio quello europeo, da redigere nella lingua straniera richiesta per il tirocinio), allegare una lettera di presentazione (sempre in lingua) per descrivere le competenze di cui si dispone e le motivazioni della candidatura. Un requisito indispensabile: la flessibilità e una forte motivazione nel voler investire nello stage.
LE OPPORTUNITÀ I Paesi più ambiti sono quelli che presentano una maggiore varietà di offerte. La Francia offre maggiori opportunità a chi è interessato a investire nel turismo, nell'agroalimentare, nell'energia, nell'arredamento o nella chimica-farmaceutica, settori più dinamici. Gli stage devono essere oggetto di una convenzione tra lo stagista, l'impresa che l'accoglie e, per gli studenti, l'Università o l'ente di formazione. In Germania i comparti che offrono gli sbocchi principali per gli stagisti sono l'information technology, la chimica, l'elettrotecnica, la metalmeccanica, la finanza e la grande distribuzione: gli stage sono spesso gratuiti o retribuiti a seconda dell'azienda e del settore. Ricerca e sviluppo, high-tech, finanza, aerospaziale e nanotecnologie sono i settori più sviluppati in Inghilterra mentre in Olanda vanno anche la domotica, l'industria petrolchimica, l'elettronica.
 
Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
Mobilità
L'Università di Cagliari va in giro con “Globus”
 
L'Università di Cagliari offre agli stagisti varie possibilità di esperienze all'estero (in aziende, università o centri di ricerca), tramite i programmi Erasmus Placement (nei paesi Ue) o Globus (extra Ue), finanziati con fondi europei, regionali e di ateneo. Le informazioni sui bandi si ricevono al “Campus Aresu” (via San Giorgio). Dove vanno i sardi? In Europa ma anche fuori, dipende dal corso di laurea. Anche in Messico, Giappone, Australia (Medicina) o Sud America (Scienze Politiche). Secondo Giovanna Maria Ledda, prorettore vicario e responsabile per l'internazionalizzazione, «in Sardegna la percentuale degli studenti che partono è intorno all'1-2% degli iscritti, l'ideale sarebbe arrivare al 10%. Chi va all'estero si misura con altri mondi, diventa più consapevole delle proprie capacità e più disponibile a mettersi in gioco».
 
Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
I giovani e la formazione nell'impresa
Un primo passo verso il mondo del lavoro
Luca Murgianu *
 
L'Italia detiene il record negativo in Europa della disoccupazione giovanile. Sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio sono i ragazzi fino a 24 anni. Il tasso di disoccupazione in questa fascia d'età è del 29,6%: uno su 3 è senza lavoro, rispetto al 21% della media europea. Paradossalmente, però, le imprese faticano a trovare manodopera specializzata e artigiani. È il sintomo di una crisi che non permette, soprattutto alle piccole e micro imprese, di investire nel proprio futuro e non permette ai giovani, disoccupati o inoccupati, di pensare oltre il breve termine.
In Sardegna, però, il panorama occupazionale è più difficile: povero di imprese e di lavoro, vero e stabile, un contesto nel quale le opportunità di formazione dentro l'impresa rappresentano una prima forma di conoscenza del mondo del lavoro. Con gli stage, le aziende hanno, infatti, la possibilità di “conoscere” in modo approfondito una risorsa umana importante ma non completamente formata, in modo completamente gratuito o a un costo decisamente accessibile. Con l'idea e la necessità di “modellare” quella “risorsa” in base alle necessità dell'azienda, nell'ottica di una collaborazione più estesa o di una futura piena assunzione.
I giovani possono accedere al mondo del lavoro e conoscerlo da vicino, anche se per un periodo ben determinato, con la possibilità di essere guidati da chi ha più esperienza di loro. Nonostante tutto, i tirocini, che possono rappresentare “periodi di prova” sui generis, talvolta si sono trasformati in illecite e deprecabili forme di sfruttamento da parte di aziende poco serie. L'esperienza professionale all'interno di un'impresa, però, è importante perché la scuola dell'obbligo o l'Università, seppur qualificate, spesso non riescono a professionalizzare e trasmettere le competenze necessarie ai neo diplomati o laureati.
La recente riforma del lavoro, la quale delega il Governo a individuare forme di “riconoscimento di una congrua indennità”, anche forfettaria, in relazione alla prestazione svolta in sede di tirocinio, sarà uno strumento che lo renderà più appetibile per i giovani. Questo, sempre che ci si renda conto che comunque anche su questa parte di formazione la “mano pubblica” dovrà investire risorse proprie e non gravare ulteriormente sulle imprese.
Oltre i tirocini, esistono altre “soluzioni” che promuovono l'inserimento dei giovani all'interno delle aziende. La recente riforma del lavoro, infatti, intende valorizzare l'apprendistato come forma agevolata e prevalente di ingresso di questi nel mondo del lavoro. In particolare, l'artigianato si muove in questo solco essendo il settore con la maggiore vocazione all'utilizzo di tale contratto: il 12,5% delle assunzioni artigiane avviene infatti con l'apprendistato, a fronte del 7,2% delle aziende non artigiane. Ciò permette l'instaurazione di un rapporto stabile e duraturo, che può ridurre la distanza tra giovani e mondo del lavoro, e creare un'occupazione stabile e di qualità.
Confartigianato sta valutando e promuovendo ulteriori forme di collegamento tra scuola e lavoro che saranno oggetto nei prossimi mesi di specifiche iniziative.
* Presidente regionale di Confartigianato
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
Tuvixeddu, a marzo il parco archeologico
Marras: «Via le fioriere e meno ingressi: il principale in via Falzarego»
L'assessore comunale ai Lavori pubblici parla anche dell'Anfiteatro: «Sono orgogliosa di averlo chiuso»
 
«Il parco archeologico di Tuvixeddu sarà ultimato entro marzo. Stiamo lavorando per restituire al sito il rispetto che merita». Lo ha annunciato nei giorni scorsi l'assessore comunale ai Lavori pubblici, Luisa Anna Marras, nel corso della tavola rotonda “Tuvixeddu patrimonio dell'umanità?” promossa dall'Intercral Sardegna alla Cittadella dei Musei. «Stiamo facendo l'ennesima perizia», ha spiegato l'assessore, «finalizzata a un'ulteriore semplificazione di un progetto che abbiamo ereditato. Risistemeremo le strutture ammalorate ed elimineremo tutto ciò che non va bene a cominciare dalle fioriere, già oggetto di un'indagine della Procura. Gli accessi dovevano essere dieci, ma saranno ridotti. L'ingresso principale sarà in via Falzarego».
Infine una battuta sull'Anfiteatro. «Sono orgogliosa di averlo chiuso. In futuro non è detto che non possa ospitare spettacoli, l'importante è che siano fatti nel modo giusto». Per il presidente regionale di Legambiente, Vincenzo Tiana, «Tuvixeddu ha tutti i requisiti per ottenere il riconoscimento dell'Unesco», ha detto, «un anno fa la nostra associazione presentò alla Regione un progetto di legge per istituire il parco supportato da una petizione con 5 mila firme, ma è ancora tutto fermo. La buona notizia riguarda la tomba di Rubellio (in viale Sant'Avendrace) dove è in corso un restauro da 200 mila euro a cura del Ministero».
Poi ha parlato Simonetta Angiolillo, del Dipartimento di Archeologia. «Tuvixeddu è la necropoli più importante del Mediterraneo», ha sottolineato, «le sue potenzialità sono enormi. Credo che se si arriverà mai al parco, per la città i benefici saranno notevoli». Polemico Roberto Copparoni (Amici di Sardegna). «Oggi si costruisce meno ma i problemi restano irrisolti. Gli onori di casa sono stati fatti dal presidente regionale dell'Intercral, Giulio Melis. «Tuvixeddu è solo uno dei tanti temi che abbiamo affrontato negli anni», ha ricordato, «a parte la tavola rotonda, abbiamo proposto la consueta mostra di fotografia, pittura e scultura che quest'anno ha coinvolto ben 36 artisti da tutta l'isola e anche dall'estero per un totale di 180 opere esposte. Si tratta del record dal 1991 a oggi».
Paolo Loche
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
La cura è nella pianta
IL PREMIO. Un agrume che cresce in Baronia utilizzato per produrre farmaci
 
Non c'è solo una Sardegna che piange nel mondo dell'impresa. Grazie a quattro giovani donne di Sassari c'è anche una Sardegna che fa parlare bene di sé. Merito di una biologa ricercatrice, un medico, una commercialista e un'esperta di comunicazione. A partire dal 2009 hanno studiato e testato in laboratorio le proprietà di una pianta endemica, la pompìa, un agrume che cresce esclusivamente nei territori della Baronia.
Dalla loro ricerca è scaturita la formula per sviluppare, produrre e mettere in commercio farmaci naturali e innovativi, senza effetti collaterali, come antibatterici, antivirali e antinfiammatori, ricavati appunto dalla pompìa.
Il progetto, “Pha.re.co. essential oils”, che porta la firma di Marianna Bonesu, Grazia Fenu, Alessandra Cuccu e Mavina Scarzella, è stato classificato al settimo posto, su 64 presentati al concorso Pni (premio nazionale dell'innovazione) di Bari, ed è stato premiato a Verona da Mario Monti come migliore idea sarda al concorso nazionale di idee imprenditoriali, Italiacamp. La scoperta delle ricercatrici sassaresi coniuga salute, benessere e difesa del territorio in un percorso virtuoso che parte dall'università di Sassari, coinvolge il comune di Siniscola (con il quale è stato stipulato un accordo affinché tutta la pompìa prodotta venga utilizzata dall'università sassarese), e arriva fino al mondo dell'impresa.
«Oltre ai farmaci prodotti dall'olio essenziale, dall'acqua dell'agrume, dopo un processo di lavorazione, siamo in grado di realizzare anche prodotti cosmetici», spiega la biologa Marianna Bonesu. Ma c'è di più. «In questo processo non esistono scarti di lavorazione: il frutto scorzato, infatti, viene destinato all'industria dolciaria, mentre i residui vengono impiegati per la produzione di mangimi e compost per l'agricoltura». La prossima sfida? Il mercato del lavoro. Il progetto, infatti, verrà finanziato e consentirà di creare nuova occupazione.
Mauro Madeddu
 

LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Sassari
Un seminario
Ecco come si gestisce un microbirrificio
Alla Porto Conte Ricerche due giorni dedicati ai produttori sardi con le lezioni di esperti
 
SASSARI I produttori di birra artigianale possono contare su un sostegno scientifico. Giovedì e venerdì dalle ore 10,30, alla Porto Conte Ricerche di Tramariglio, sono in programma seminari di studio dal titolo «Aspetti tecnico gestionali dei microbirrifici». L’iniziativa è finanziata dalla Regione , nell’ambito delle attività del Parco Scientifico e Tecnologico, a conclusione delle attività di ricerca e sperimentazione di Porto Conte Ricerche.Durante le due giornate di studio verranno trattati i vari aspetti della produzione birraria nei microbirrifici. In particolare saranno approfondite le tematiche relative a materie prime, produzione, impianti produttivi, gestione del microbirrificio dal punto di vista economico e finanziario. Saranno fornite, inoltre, indicazioni relative alla coltivazione del luppolo. La prima giornata di lavori si aprirà con l’intervento del dottor Luca Pretti, ricercatore alla Porto Conte Ricerche, che spiegherà il ruolo e le attività della società di ricerca a supporto delle aziende sarde del settore birrario. Seguiranno gli interventi del dottor Stefano Buiatti dell’Università degli Studi di Udine e del dottor Giampaolo Tonello - tecnologo alimentare, che illustreranno in maniera dettagliata i processi produttivi e gli impianti. La seconda giornata, invece, sarà dedicata agli aspetti inerenti la gestione di un birrificio, la sanificazione degli impianti e agli adempimenti normativi, fino alla commercializzazione del prodotto, questi ultimi illustrati da Michele Barro, produttore birraio a livello internazionale il cui marchio è esportato fino in Usa e Australia.Si concluderà con un intervento del Dr. Josef Jezek – ricercatore delll’Hop Research Institute di Zatec in Repubblica Ceca, che approfondirà problematiche e prospettive della coltivazione del luppolo.Uno spazio apposito sarà dedicato a aziende birrarie provenienti da tutta la Sardegna. Oggi è l’ultimo giorno per l’adesione. La scheda d'iscrizione, disponibile sul sito www.portocontericerche.it deve essere inviata all’indirizzo e-mail: ricerca@portocontericerche.it.
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 18 - Olbia
ARZACHENA
Dibattito su cultura e turismo mercoledì all’auditorium
 
ARZACHENA Il Comune apre una finestra internazionale sulle prospettive di sviluppo legate alla cultura. L’amministrazione guidata dal sindaco Alberto Ragnedda organizza per mercoledì la tavola rotonda dal titolo “Nuove alleanze per Arzachena. Cultura e sviluppo territoriale: strumenti giuridici e modelli economici”. L’appuntamento si svolgerà nell’auditorium comunale e coinvolgerà docenti di diverse università italiane e straniere. Fra i relatori che interverranno, a partire dalle 11, Domenico d’Orsogna, professore di diritto amministrativo e direttore scientifico dell’Osservatorio e del master in Diritto ed economia per la cultura e l’arte dell’università di Sassari; Andrea Crismani, dell’’università di Trieste; Guido Ferilli, delle università Iulm di Milano e Iuav di Venezia. Le conclusioni della giornata di studi, aperta dal sindaco Alberto Ragnedda, sono affidate a un docente di caratura internazionale come Jesus Prieto de Pedro, dell’università di Madrid. Obiettivo della tavola rotonda mostrare come la cultura possa e debba dialogare con lo sviluppo e il turismo.
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 23 - Cultura-Spettacoli
STORIOGRAFIA »GLI ITALIANI IN AFRICA
Com’è difficile ricordare l’impero coloniale perduto
 “Memoria storica e Postcolonialismo, il caso italiano”: all’Università di Grenoble un convegno per fare il punto sulla ricerca, tra romanzo, cinema e graphic novel
di Luciano Marrocu
 
Il mio primo ricordo che abbia un sapore d'Africa, d'Africa coloniale intendo, è il salotto semibuio di una grande casa campidanese, la casa di un amico dei miei genitori. Niente bambole spagnole su divani in cretonne, niente bicchierini da rosolio in bella mostra su vassoi d'argento, niente fotografie di nonni in costume sardo ma, trionfante al centro del pavimento una pelle di leone con annessa testa imbalsamata e a fauci aperte. A contorno di questa presenza inquietante, sulle pareti, scudi e lance di foggia africana e fotografie dell'amico dei miei genitori, giovanissimo e in divisa, ritratto a fianco di giovani ragazze nere. L'amico dei miei genitori aveva speso diversi anni, da militare, nelle colonie italiane in Africa orientale e ne era tornato ricco di ricordi e racconti, soprattutto sulla fiabesca bellezza delle donne migiurtine. Dei suoi tanto galanti quanto si suppone predatori incontri con le migiurtine raccontava a mio padre e mio padre qualche cosa faceva trapelare. Fatto sta che, verso i miei tredici anni, la mitologica bellezza delle migiurtine era ormai entrata nel nostro lessico familiare. Se la stanza africana dell’amico dei miei genitori derivava la sua forza dal riferirsi al vissuto di una persona che frequentavo ogni giorno, stimoli non meno forti a proposito di razzismo e colonialismo provenivano dai libri. Lettore voracissimo di storie d'avventura passavo da Tex Willer a Sandokan, i quali, in modi politicamente tutt'altro che corretti, mettevano in scena un rapporto tra i bianchi e gli "altri" diverso, se non alternativo, a quello implicito nella stanza africana dell'amico dei miei genitori. L'unica donna che Tex Willer aveva amato era pur sempre un'indiana Quanto a Sandokan, ancora oggi continua a sembrarmi un leader antimperialista più convincente di altri che hanno popolato (o popolano) la realtà. Se poi allargo il quadro alle tante mie letture e ai tanti film visti di argomento coloniale, devo constatare che non sempre gli orientali erano "musi gialli", non sempre gli africani erano "sporchi negri", non sempre l'unico indiano buono era l'indiano morto. Ricordo poi, arrivato ai tredici anni, due libri che mi spinsero a dichiararmi enfaticamente antirazzista, “Il diario di Anna Frank” e “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. Tutto questo per sottolineare quanto diversi e contradditori fossero gli stimoli e gli stumenti a disposizione di un bambino, alla fine degli anni Cinquanta, per farsi una sua idea su razzismi e colonialismi. Se poi si trattava del colonialismo italiano, noi piccoli lettori – come in larga misura anche i lettori adulti – avevamo di fronte il nulla, o quasi. Nel Cervino, l'impegnativo sussidiario con cui si affrontava l'esame di licenza elementare, l'esperienza coloniale italiana si riduceva alle avventurose spedizioni africane di Vittorio Bottego, uno degli eroi insieme a Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Florence Nightingale di cui bisognava conoscere vita morte e miracoli. «I manuali scolastici della Repubblca – ha scritto Nicola Labanca, uno dei massimi storici del colonialismo italiano – erano stati sempre reticenti sul tema delle colonie dell'Italia liberale e fascista. Addirittura nei primissimi anni del dopoguerra, con l'eclissi del libro di testo unico, era scomparsa la propaganda del regime ma anche la stessa menzione delle vecchie colonie: i manuali scolastici semplicemente avevano cancellato le pagine dedicate all'impero perduto». Giudicando imbarazzante quel capitolo della storia patria, gli estensori dei programmi e dei manuali scolastici avevano pensato bene di non turbare le nostre menti infantili, anche perché risultava difficile, vigente la costituzione repubblicana, contenere i diversi capitoli dell'esperienza coloniale italiana, soprattutto i più recenti, nelle retoriche e negli schemi nazionalistici che continuavano a dominare i libri di testo delle elementari e delle medie. La vicenda sulla quale i manuali si prodigavano in esercizi di reticenza continuava a essere presente nei racconti degli italiani che l'avevano vissuta e in alcuni casi continuavano a viverla. Noi che ci occupiamo di storia, lavorando per lo più su fonti scritte, siamo portati a sottovalutare il peso dell'enorme flusso di narrazioni orali che accompagnano e seguono ogni vicenda collettiva. Narrazioni che per quanto variegate e contraddittorie (comunque, difficilmente documentabili) assumono a volte la forza del luogo comune. Anche perché queste narrazioni collettive vengono per così dire affidate a narratori specializzati. E così come toccò ai reduci supplire coi loro racconti al silenzio ufficiale sui soldati italiani fatti prigioneri dagli alleati fu concesso ai coloni italiani – quelli tornati in patria e quelli rimasti nelle ex-colonie – di raccontare la loro storia, che, nel silenzio ufficiale, fu assunta tout court come la storia dell'esperienza coloniale italiana

Questionario e social

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