Giovedì 11 ottobre 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
11 ottobre 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 42 - Edizione CA)
Nobel per la chimica
Premiati studi sui “sensori” delle cellule
 
Conoscere le armi segrete che permettono alle cellule di comunicare con l'esterno e di adattarsi all'ambiente, ma anche strumenti più raffinati per progettare farmaci sempre più precisi e mirati: sono queste le conseguenze più importanti delle ricerche premiate con il Nobel per la chimica. Ad aprire la strada, rispettivamente negli anni Settanta e Ottanta, sono stati gli americani Robert Lefkowitz, della Duke University, e Brian Kobilka, dell'Università di Stanford.
Va alle loro ricerche il merito di avere «avvicinato» come in uno zoom la complessa rete dei «sensori» (chiamati recettori) che si trovano sulla superficie delle cellule e che le mettono in comunicazione con il mondo esterno, che siano gli ormoni in circolazione nell'organismo oppure la luce, o il freddo. Ognuna delle innumerevoli cellule del corpo umano ha una superficie costellata di recettori specializzati nel legarsi a una determinata sostanza, proprio come ogni serratura ha la sua chiave. Per avere un'idea di quanto sia sconfinato questo campo di ricerca, basti pensare che la mappa del genoma umano ne ha individuati almeno 800, ma quelli noti non arrivano a cento.
Ma almeno 30 anni prima che fosse completata la mappa del genoma umano, Lefkowitz ha trovato il modo per riconoscere un recettore e per classificarlo. I loro studi hanno fornito cioè una sorta di «stele di Rosetta» che ha permesso di riconoscere l'azione dei recettori. Il loro punto di partenza sono stati i recettori delle proteine G, le serrature molecolari specializzate nel legarsi a neurotrasmettitori come l'acetilcolina fondamentale per la trasmissione dei segnali nervosi, la dopamina legata al controllo di battito cardiaco e pressione sanguigna, la serotonina che regola l'umore, così come i recettori che si legano a cannabinoidi e oppiacei.
Lefkowitz ha cominciato a inseguire le tracce dei recettori nel 1968 servendosi della radioattività: agganciava un isotopo dello iodio agli ormoni per inseguirne il cammino e in questo modo ha scoperto che esistono tante famiglie diverse di recettori, ognuna specializzata nel legarsi a sostanze diverse.
Una volta individuati i recettori, ha cominciato a osservarli da vicino per capire come funzionano.
A compiere il secondo passo, negli anni '80, è stato Kobilka, che si è servito degli strumenti della genetica. Ha isolato il gene che controlla i recettori dell'adrenalina e si è accorto che somigliano molto a quelli che nell'occhio reagiscono alla luce: era la chiave per capire che tutti i recettori si comportano secondo uno schema comune. Questa scoperta permette oggi di progettare farmaci sempre più mirati e precisi, quasi intelligenti, per combattere le malattie.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 22 - Edizione CA)
In tenda per laurearsi
Gli studenti contro i tagli alle borse di studio
UNIVERSITÀ. Un presidio sotto la sede del Consiglio regionale
 
«Un tempo si diceva: il figlio dell'operaio non si può permettere l'università. Stiamo tornando a quei tempi». Una tesi da scongiurare, quella di Jessica, la studentessa che ieri mattina ha aperto l'assemblea degli universitari. Piazzate le tende, portati i sacchi a pelo e appeso gli striscioni, hanno dato vita ad un presidio che li vedrà sino a questa sera sotto il palazzo del Consiglio regionale.
LA VERTENZA La protesta degli studenti cambia sede; dopo il palazzo dell'Ersu, il rettorato, le aule universitarie, da ieri mattina è approdata in via Roma. Il gruppo di rappresentanza studentesca Unica 2.0 ha scelto questa sede per sottoporre all'attenzione della Giunta e a tutti i cittadini quella che chiamano «l'ennesima vertenza sarda». «Stiamo parlando di decine di migliaia di studenti che si trovano in difficoltà a causa di grandissimi errori nella gestione dei fondi - afferma Marco Meloni, rappresentante degli studenti in senato accademico - e siamo venuti qui perché pensiamo che la Regione abbia grandi responsabilità nei confronti del taglio di 2 milioni e mezzo di euro per il diritto allo studio». In primo luogo «il finanziamento attuale non copre l'importo necessario perché tutti i ragazzi che ne hanno diritto possano percepire la borsa di studio». Lamentano inoltre la mancanza di fondi per la costruzione di una Casa dello studente, di una mensa universitaria, di servizi dedicati. E sottolineano il fatto che quest'anno i posti letto disponibili sono appena 550 a fronte di più di 15 mila ragazzi fuorisede.
IL CAMPUS «Auspichiamo da tempo che Consiglio e Giunta si occupino di questo problema - continua Meloni - soprattutto quando vediamo che vengono finanziati con milioni di euro le scuole private, il campus Sant'Efisio e gli oratori. Soldi spesi dalla Regione in un momento in cui le emergenze sono altre». Margherita Lecis Cocco Ortu, rappresentante degli studenti in consiglio d'amministrazione precisa: «Questi tagli talmente incisivi non fanno che peggiorare una situazione già precaria, di contro vengono stanziati milioni di euro per finanziare i privati, come il campus Sant'Efisio. Non siamo contrari al fatto che possano esserci accordi tra Regione e privati, chiariamoci, ma in questo momento pensiamo che strida terribilmente».
Alice Marras, rappresentante degli studenti all'Ersu ha le idee chiare: «Chiediamo il rifinanziamento immediato delle borse di studio in modo che tutti gli studenti idonei non beneficiari abbiano non solo il diritto ma anche la possibilità di studiare».
Veronica Nedrini
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 22 - Edizione CA)
Via Montesanto e via Biasi
Beffa per i fuorisede: non trovano stanze nelle Case dell'Ersu
 
Vincere un posto alloggio in stanza singola alla Casa dello studente di via Montesanto non poteva che essere una bella notizia. Ma Nicola Corda, studente fuorisede al terzo anno di scienze motorie, residente a Neoneli, alcuni mesi fa non poteva immaginare che quella camera, tanto desiderata, non sarebbe stata più disponibile dopo la chiusura della struttura di via Montesanto per lavori, «l'unica dotata di camere singole», precisa il ragazzo.
«Da stanotte non so più dove andare a dormire», racconta. Due giorni fa, alle nove del mattino, ha ricevuto una telefonata da parte della segreteria della Casa dello studente che lo invitava a lasciare immediatamente la sua stanza provvisoria (nella Casa dello studente di via Biasi) perché trattasi di doppia e non di singola. Nicola, infatti, nell'attesa di un alloggio definitivo, e soprattutto perché c'erano dei posti ancora liberi, aveva preso possesso della sua vecchia stanza in via Biasi. Una camera doppia. «Aver vinto la borsa per la stanza singola - racconta, mentre accenna un sorriso ironico - avrebbe dovuto essere un grande privilegio, invece così non è stato. Mi sono ritrovato da un giorno all'altro senza nemmeno un letto e un tetto sopra la testa. Oggi ho saputo che poiché per me sono stati stanziati dall'Ersu 200 euro per compensare il posto alloggio che mi spettava di diritto e non ho avuto, sono costretto ad andar via pur essendoci dei posti liberi».
«Tra l'altro - continua lo studente - oggi ho appreso che nella Casa dello studente di via Businco c'erano delle stanze disponibili e nessuno mi ha detto niente. Tutto questo a inizio anno accademico non mi era stato comunicato». Da ieri sera è alla ricerca di un alloggio. Ha preso appuntamento per andare a vedere una casa in affitto. Non è fiducioso: «il proprietario mi ha detto che se dovesse capitargli di poterla affittare a due ragazzi per 10 mesi dovrò andar via».
I suoi amici e colleghi non si capacitano dell'accaduto e incalzano: «quest'anno oltre alle borse di studio dimezzate e alle Case dello studente chiuse, abbiamo fatto i conti una tassa per l'utilizzo di internet aumentata di 5 euro, da 10 a 15, e un pasto singolo in mensa aumentato di un euro, da 3,50 a 4,50». (ve.ne.)
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 22 - Edizione CA)
Bacaredda
Prestigiosa Borsa per uno studente
 
Prestigioso riconoscimento nazionale per un neodiplomato dell'istituto per geometri Bacaredda.
L'ormai ex studente della scuola di via Grandi, David D'Hallewin, già vincitore di numerosi premi legati al settore della grafica, si è aggiudicato un posto, coperto da borsa di studio per l'intera durata degli studi universitari, nel Collegio dei Cavalieri del Lavoro di Roma. «Si tratta dell'unico sardo, un caso di eccellenza del genere non si registrava da anni nell'Isola», spiega il preside del Bacaredda, Sandro Corso. David D'Hallewin ha avuto un profitto brillante durante tutta la sua carriera scolastica, dimostrando impegno e motivazione in numerosi progetti didattici. «In particolare il rilevo della chiesa di San Simone a Sa Illetta e lo studio delle tecniche architettoniche di Mies van der Rohe, senza dimenticare la sua sorprendente abilità progettuale con l'ausilio di software 3D». Il giovane è stato segnalato ufficialmente dalla sua scuola come meritevole di ricevere il titolo di Alfiere della Repubblica dal presidente, Giorgio Napolitano. (p.l.)
 

LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Attualita
Regione»La nuova vertenza
Soddu: «Meno autonomia e più sovranità per l’isola»
«Una moderna leadership sarda dovrebbe ricontrattare il patto con lo Stato in modo che possiamo scegliere il nostro futuro nelle sedi del vero potere»
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI «Meno autonomia e più sovranità: non per chiedere l'indipendenza, ma per decidere da protagonisti là dove si trovano davvero i nuovi centri di potere, a Roma come in Europa». Pietrino Soddu a 83 anni ha la grinta di un ragazzo. Per il suo progetto sono però indispensabili due condizioni: «La prima è dar vita a una classe dirigente politica capace di rinegoziare il patto con lo Stato sugli spazi per l'isola, la seconda è che si esca da questa Torre di Babele dove tutti con arroganza pensano di riuscire a toccare il cielo e invece parlano linguaggi tanto diversi che alla fine nel caos nessuno capisce l'altro». «Che cosa voglio dire? Che, di fronte all’ incomunicabilità generalizzata, anche su questi temi ci dobbiamo sforzare di trovare la stessa lingua e fare scelte unitarie per ridefinire i nostri rapporti rispetto alle competenze centrali», spiega Soddu, tra gli storici artefici dell’autonomia sarda.
Nel frattempo i tagli della spending review e gli scandali non rischiano di affossare l’isola?
«Le Regioni a statuto speciale come la nostra si trovano da tempo in uno stato di sofferenza. Siamo entrati in un cono d'ombra quando la modifica del Titolo V della Costituzione una decina d'anni fa ha spostato in alto l'asticella di tutte le autonomie delle Regioni a statuto ordinario lasciando la nostra dove si trovava in precedenza. Da allora si è avviato un processo per il quale tutti hanno più o meno gli stessi poteri. E le aree ricche del Paese, come per esempio la Lombardia, avendo anche più risorse, si possono permettere persino di stipulare accordi internazionali o di aprire all'estero uffici che assomigliano a vere ambasciate».
Qual è allora la ricetta per superare l'impasse?
«Non esiste un'unica soluzione. Perché nessuno può dire di avere la verità in tasca. Penso comunque che in questa fase, se la Sardegna rinunciasse a molte delle sue competenze esclusive o concorrenti su certe materie come, che so io, l'agricoltura, in cambio potrebbe chiedere di sedere da pari a pari a Bruxelles per contribuire a formare le decisioni che la riguardano, per esempio a proposito di pastorizia o viticoltura».
Come mai pensa a una via del genere?
«Perché tutto si sta spostando verso una governance più ampia, quantomeno europea, direi quasi mondiale. E le questioni sul tappeto non sono più quelle del 1948, quando le Regioni nacquero. Oggi la governance è cambiata, così com'è mutata la struttura del potere politico. E tutto questo ovviamente ha messo in crisi le autonomie locali. Mi sembra evidente come l'Europa sia sempre più una federazione che trova i propri interlocutori negli Stati, non nelle Regioni».
A questi processi si aggiunge la necessità di fronteggiare una delle crisi economiche più pesanti dal dopoguerra.
«La crisi minaccia di travolgere la stessa struttura del Paese. E un governo di emergenza come quello guidato da Monti mette mano al sistema accentrando, riconducendo cioè al centro tutte le possibilità di controllo-verifica della spesa pubblica. Il suo obiettivo dichiarato è proprio quello di contenere lo splafonamento dei conti per rendere la situazione complessiva dell'Italia meno pericolosa».
E in tutto questo che cosa si dovrebbe fare nell'isola?
«Intanto noi sardi dovremmo acquisire maggiori consapevolezze. Solo fino a poco tempo fa sembrava che la navigazione fosse favorevole e in Italia si potesse puntare verso un'accentuazione del federalismo interno con la possibilità di avventure quasi rivoluzionari. Oggi navighiamo con il vento contrario».
Con quali pericoli?
«Intravedo due tendenze. La prima può portare verso il mito dell'indipendenza, magari senza capire se ci conviene effettivamente e se la maggioranza della nostra gente è d'accordo su quest'impostazione. La seconda può riportarci indietro sino all'accettazione dell'accentramento statale».
Ma la Regione che cosa potrebbe fare?
«La sua crisi come istituzione mi pare chiarissima. Tra disoccupazione, mancanza di prospettive per i giovani, disastro industriale, agonia della pastorizia, nell'opinione pubblica si è fatta strada l'idea che in fondo gli interlocutori sia preferibile trovarli altrove, che sia meglio affidarsi allo Stato. Insomma, così come per le Province più che per i Comuni, di fronte all'entrata in scena di un soggetto fortissimo come la Ue, si riducono gli spazi per le Regioni».
Lei descrive questi passaggi come un cambiamento epocale: è così?
«Oggi far vivere bene Stato, Regioni e Province è impossibile. Senza stracciarsi le vesti, con un confronto che parta da fondamenti basati sull'umiltà, va rimessa in discussione l'architettura complessiva di questi rapporti tenendo presente sempre la governance complessiva».
Il ceto dirigente dell'isola è pronto per questo mutamento d'orizzonte?
«Ho la sensazione che tra molti intellettuali, tanti esponenti della cultura e della politica stia passando la tesi che i problemi si possano risolvere solamente con gli strappi, tagliando anziché cucendo, come per esempio si è fatto con i referendum. Intendiamoci: esistono grosse questioni morali, problemi etici da non sottovalutare, il richiamo al fatto che chi amministra la cosa pubblica debba servire gli interessi generali e non i propri è sacrosanto».
Però…
«Però, lo ripeto, non c'è in campo un'unica verità. In effetti, occorrerebbe una nuova classe dirigente che rivendicasse una prospettiva per il futuro postmoderno che ci attende. Ma la nostra società mi pare avvolta nel torpore, quasi esangue: a ogni modo, incapace di esprimere questa leadership. Un vicolo cieco, insomma. Nel frattempo, se aspettiamo troppo, quel processo a cui ho fatto cenno ci travolgerà».
Dunque: come si può affrontare questo stato di cose?
«Con un dibattito molto ampio, senza pregiudiziali. Dobbiamo salvare l'originalità, l'autenticità, della posizione sarda. Difendere lo schema pattizio. Contraendo, appunto, un nuovo accordo con lo Stato centrale che ci dia sufficienti garanzie di autogoverno».
In che modo?
«Non parlo ovviamente di una elargizione da parte di uno Stato-Monarca o di un Re-Parlamento, ma di una linea di tendenza nella quale il popolo sardo scelga il livello di autogoverno possibile nell'ambito della cornice costituzionale. Un percorso specifico rispetto a quello di altre aree, contro la spinta molto forte in atto per un livellamento fra tutte le regioni».
Nella pratica quale metodo si dovrebbe seguire?
«Intanto ci dev'essere la consapevolezza che questo nuovo patto non porta alla dichiarazione d'indipendenza o alla rivoluzione. La Storia ci ha insegnato che cosa è successo anche di recente nell'ex Jugoslavia seguendo questa via. Io credo che la conquista di nuovi spazi la si possa raggiungere attraverso una lotta politica serrata nella quale si definiscano i confini reciproci».
Il governo parla di una revisione della Costituzione: ci sono i tempi per farla, secondo lei?
«Non credo sia possibile nei prossimi mesi. Interpreto la posizione di Monti più come una dichiarazione d'intenti, la segnalazione di un problema per contenere la crisi. Ma del resto non è che se la questione slitta, non esista. La classe dirigente dell'isola deve avere la consapevolezza che prima o poi dovrà farsene carico».
Già, ma come?
«Inserendosi da subito nel dibattito nazionale. Se fossi alla Regione, sarei molto preoccupato di trovarmi in un territorio pieno di macerie come il nostro, dove manca qualsiasi prospettiva. Dovremmo avere la consapevolezza di trovarci in un periodo nel quale s'impone una ricostruzione simile a quella del dopoguerra. Invece, a quanto sembra, non abbiamo idea di come entrare in questo quadro postmoderno».
Intanto si annunciano tagli sempre più consistenti: su sanità, trasporti e così via…
«Come per gli aspetti giuridici dei mutamenti nel diritto, non mi soffermerei più di tanto su questi elementi. Penso di più al disegno complessivo e al ruolo della Sardegna in un mondo che è cambiato profondamente e che continua a cambiare. In passato l'autonomia è stata sostenuta perché era un punto di forza, una stampella, un motore in più per fronteggiare la debolezza del nostro sistema. Oggi, se la si concepisce in maniera tradizionale, minaccia di tramutarsi in un ostacolo».
Per quale ragione?
«Sto sempre attento alla volontà popolare. E quando sento che i politici regionali sono visti come i baroni feudali, penso che sia indispensabile una svolta decisiva. L'assenza dei grandi partiti e delle grandi ideologie del passato ci deve spingere verso contromisure alternative»
Quali, in definitiva?
«La chiave sta nel trovare quel linguaggio unificante di cui parlavo: non si può fermare il mondo moderno, bisogna che ci adeguiamo, che scopriamo gli strumenti più opportuni per il patto con lo Stato, che conquistiamo gli spazi per concorrere alle decisioni che interessano l'isola. Solo in questo senso potremo affermare la nostra nuova sovranità».
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
COMMENTI E VALUTAZIONI
Mastino: l’ateneo è attento a quell’eredità
 
CAGLIARI Una ventata di aria fresca, una rivoluzione profonda, un tempo di attese e speranze. Attilio Mastino, rettore dell'Università di Sassari, era giovane studente liceale quando il Vaticano II iniziava i lavori. «Alla Gaudium et Spes ho dedicato una ricerca presentata al concorso Veritas – dice adesso – Il concilio ha determinato nella Chiesa un salto epocale, un cambiamento di mentalità: ha generato nuove forme di associazionismo e detto alla Chiesa che era giunto il momento improcrastinabile di un profondo rinnovamento». «Molte promesse sono state mantenute, qualche altra si è affievolita col tempo – prosegue – Nella nostra università esiste una consulta per i rapporti con la Chiesa. È presieduta dal professor Francesco Soddu, che al 50.mo del Concilio dedicherà un apposito incontro». «Molto il Vaticano II ha dato alla Chiesa sulla spinta notevole di papa Paolo VI, che si è fatto carico della sua attuazione- rileva Giampiero Lecis, presiedente provinciale di Confartigianato - La riforma liturgica ha rivoluzionato e avvicinato i fedeli agli eventi religiosi. Sui altri fronti il Concilio non è stato sfruttato in tutte le sue potenzialità. Per esempio il ruolo dei laici è ancora limitato, non sempre per colpa della gerarchia, ma anche per il venir meno della aggregazioni laicali più sensibili al tema della corresponsabilità e del sacerdozio comune. Anche non tutti i laici cattolici in politica l'hanno fatto testimoniando integralmente il Vangelo. L'impegno nelle istituzioni doveva essere ispirato a una scelta religiosa invece qualche volta è degenerato in altre opzioni più pratiche». «La stagione conciliare - osserva il sociologo Salvatore Cubeddu - ha valorizzato la nostra giovinezza. In quegli anni e sulla scia di quel magistero molti di noi hanno fatto scelte rilevanti per la loro vita. Poi, col passare degli anni, i vertici della gerarchia successivi agli anni conciliari hanno come avuto paura di affidarsi completamento al soffio dello Spirito». (m.g.)
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Sassari
Intorno a Bisarcio riemergono i resti del borgo medievale
Si è conclusa ieri la prima fase di uno stage archeologico che ha coinvolto dottorandi e studiosi da tutto il mondo
di Barbara Mastino
 
OZIERI È terminata ieri la prima fase dello stage di Open Archaeology che per un mese ha coinvolto trentacinque tra archeologi, dottorandi e studenti di atenei di tutto il mondo in una ricerca nel villaggio medievale vicino alla Basilica di Sant’Antioco di Bisarcio. Lo stage, guidato dall’ordinario di Archeologia dell’università di Sassari professor Marco Milanese, è stato promosso dall’assessorato alla Cultura del Comune di Ozieri, dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e dall’Ateneo sassarese con una duplice finalità: fornire agli studiosi un’opportunità di ricerca sul campo e aprire delle prospettive di valorizzazione del sito, nel quale già si pensa di creare un “parco archeologico”. Obiettivo primario dello stage, come a suo tempo spiegato dal professor Milanese, è stato verificare la potenzialità del borgo per «consegnare al Comune e alla Soprintendenza uno strumento conoscitivo per la promozione dell’area e per la sua protezione, in modo da evitare possibili impatti distruttivi». Ciò attraverso «un progetto ampio, che ha una ricca agenda di domande e vede in modo nitido la valorizzazione del sito e la sua trasformazione, in tempi rapidi, in risorsa turistica». Il villaggio di Bisarcio, pur non sconosciuto, era sino a poco tempo fa lontano dagli sguardi della comunità scientifica. Lo studio ha quindi avuto come primo obiettivo la sua mappatura, effettuata sia tramite l’osservazione a terra sia attraverso l’utilizzo di un Drone Octocopter digitale per il rilevamento aereo. Grazie a queste osservazioni si è potuto rinvenire le tracce dell’insediamento e individuare circa 120 edifici. «È stata realizzata una planimetria - ha spiegato Milanese - per comprendere la pianificazione urbanistica, le strade, le schiere di edifici, gli spazi privati o pubblici, la chiesa, il probabile cimitero, il rapporto con l’area episcopale: un risultato che in genere si ottiene dopo molti anni di scavi. Da qui si è iniziato a datare i vari livelli del villaggio e delle sue trasformazioni nel tempo». Una ricerca di grande interesse, quindi, che qualche tempo fa era stata anche oggetto di un convegno-dibattito da titolo “Quali prospettive per le Nuove generazioni?” promosso dal Rotary Club Ozieri, uno dei principali sostenitori dello stage con gli sponsor Monte Acuto Marathon, Punto Bar, Pizzeria Trecy, Ccn Ozieri in Centro, Panificio Sanguinetti. Nell’occasione si erano illustrate le prime risultanze della ricerca e si era presentato il progetto ai diversi giovani presenti - tra cui gli studenti Margherita Canu del liceo classico, Andrea Tedde del liceo scientifico e Dennis Sanna dell’Istituto tecnico e agrario ai quali nell’occasione è stata consegnata una borsa di studio da 500 euro offerta dalle famiglie dei soci defunti Maria Madau e Nino Calvia Barrrocu e dal Club. Il pubblico ha poi potuto ascoltare le testimonianze del professor Milanese e di alcuni dei partecipanti allo scavo. Tra questi il giovane archeologo giapponese Toshiaki Egawa, giunto in Sardegna grazie a una borsa di studio del Rotary di Fukuoka Ovest. «Un esempio dell’impegno in favore della valorizzazione dei giovani che caratterizza l’azione del Rotary a livello internazionale», ha commentato il presidente del club Ozierese Fiorenzo Saturno.
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura-Spettacoli
il futuro dell’isola
L’agroalimentare può rilanciare lo sviluppo locale
Da oggi a Seneghe al via la “Scuola estiva Sebastiano Brusco”: tre giorni di incontri
di Pasquale Porcu
 
SENEGHE Tramontato il sogno della industrializzazione dell’isola, inseguito (spesso in maniera vana) il progetto di un turismo diverso e rispettoso dell’ambiente, quali strade hanno le comunità locali, i paesini dell’interno sempre più spopolati, di avviare dei progetti che sappiano mettere insieme ambiente, cultura ed economia? Per il settimo anno consecutivo, si svolgerà a Seneghe la Scuola di Sviluppo Locale intitolata alla memoria di Sebastiano Brusco, l’economista e sociologo sassarese scomparso qualche anno fa. Di Brusco, questa iniziativa, dice Benedetto Meloni direttore della Scuola « cerca di raccogliere lo spirito analitico, vocato alla ricerca dei meccanismi di costruzione sociale di ogni azione di policy finalizzata allo sviluppo a declinazione territoriale. Coerentemente con le linee cognitive di Progetto Sardegna, Brusco ha connesso lo sviluppo locale, per distretti e aree arretrate, ad una serie di interventi a un tempo molto difficili e poco costosi, basati sulla formazione e non sul trasferimento di risorse, sull’immissione delle competenze, sul nesso tra formazione e sviluppo, su centri di servizi reali che hanno a che fare con l’informazione e la formazione di saperi». L’iniziativa, ospitata nella Casa Aragonese del Comune di Seneghe, si svolgerà da oggi a domenica 14 Ottobre. I sistemi agroalimentari. Tema di questa edizione della Scuola sarà sui “Sistemi agroalimentari e sviluppo locale”, ossia la declinazione del rapporto tra sistemi alimentari e sviluppo locale sostenibile. Le ragioni di questa scelta, fanno sapere gli organizzatori della Scuola, «sono derivate dalla rilevanza delle specificità locali di tipo agroalimentare ed enogastronomico e dei saperi connessi, dai vantaggi comparati che ne possono derivare, intesi come occasioni possibili di sviluppo, dai mutamenti recenti nei consumi negli stili di vita, dai modelli alternativi/innovativi di produzione e consumo, e sopratutto dalla centralità dei territori e dello sviluppo rurale nelle politiche europee e regionali». Come si vede, si tratta di un tema oggi centrale, originariamente sviluppato nell'ambito degli studi sulla ruralità e in particolare della sociologia rurale, che sta progressivamente diventando un tema interdisciplinare tra coloro che si occupano di sviluppo. La Scuola. La Scuola di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” è emanazione congiunta del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali (Istituto di Ricerca Sociale) dell’Università del Piemonte Orientale, del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari, del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, del Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica di Piacenza e del Centro Studi di Sviluppo Rurale dell’Università della Calabria.A testimoniare l’ampio respiro che l’iniziativa, nata nel cuore dell’Alto Oristanese nel Luglio del 2006, si è guadagnata sulla scena socio-economica nazionale, come punto di riferimento per il confronto e l’acquisizione di competenze specifiche sul tema dello sviluppo locale e delle politiche territoriali regionali ed europee. Intorno alla Scuola si è costituita una comunità scientifica, inserita in una rete internazionale, che coinvolge un numero ormai elevato di docenti e di alunni. «La Scuola– dice Benedetto Meloni– non ha certo “inventato” la problematica dello sviluppo locale, ma l’ha declinata in maniera originale, in particolare per la varietà di approcci teorici e di esperienze pratiche, riferite non solo a sistemi produttivi locali di tipo industriale. Uno dei tratti caratterizzanti la Scuola è stata costantemente la partecipazione di operatori e policy maker di diversa provenienza geografica e disciplinare, il che ha reso l’esperienza scientifico-didattica seneghese non solo uno spazio fisico del confronto e dello scontro tra narrazioni di casi di sviluppo locale, descritti e valutati sistematicamente per la loro esemplarità, ma anche un laboratorio teorico che si è andato via via consolidando». Non solo Accademia. La Scuola non ha un carattere esclusivamente accademico, ma intende aprirsi ai soggetti che nel territorio svolgono funzioni primarie relativamente al tema della promozione dello sviluppo locale. Si presenta di fatto come un corso di alta formazione intensiva, che si rivolge anche a portatori di esperienze sul campo, alle aziende e ai soggetti chiave dell’attuale quadro istituzionale (Regione, Province, Comuni e Camere di Commercio), operatori territoriali di sviluppo (Gal, Distretti), esponenti delle comunità locali.«Anche la scelta dello sfondo seneghese, come sede di svolgimento della settimana di dibattiti, seminari e lezioni nei quali la Scuola è articolata,– ribadisce Meloni– non risponde a casuali considerazioni logistiche, ma riflette la volontà di riprendere, esattamente nello stesso luogo in cui ebbe origine, le fila di un’esperienza pionieristica, vecchia di mezzo secolo per ragioni strettamente cronologiche, ma estremamente innovativa nei propri intenti e nelle proprie pratiche, tanto da avere lasciato un’eredità preziosa, non solo sul piano simbolico, alla riflessione contemporanea sulla centralità dei territori come protagonisti della crescita economica. Nell’Alto Oristanese, infatti, si avviò il Progetto Sardegna dell’Oece (1958-1962), un esempio del tutto originale di ricerca-azione in un contesto comunitario locale, che assunse come suo paradigma distintivo la rilevanza delle dimensioni sociali dello sviluppo e della formazione del capitale umano e del capitale sociale come precondizioni delle iniziative di sviluppo territoriale». Perché Seneghe. Quel modello di sviluppo così in anticipo sui tempi propugnava la valorizzazione del tessuto connettivo dell’attività economica locale, nelle sue risorse sia fisiche che umane, tanto potenziali e implicite nelle attività esistenti, quanto evidenti nei meccanismi della quotidianità. Una valorizzazione da perseguire attraverso l’assistenza tecnica e la formazione, le sole strategie capaci di rafforzare le tradizioni culturali e del sapere tecnico locale, non malamente importato ma piuttosto “scoperto” in quanto occasione di crescita già esistente.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura-Spettacoli
I destinatari
Dai pubblici dipendenti agli studenti
 
La Scuola di sviluppo locale Sebastiano Brusco non si rivolge solo all’Accademia. E’ rivolta, invece, a pubblici dipendenti, operatori di sviluppo locale, aziende: soggetti gestori della Programmazione Negoziata; agenti di sviluppo, dirigenti e funzionari di Regione, enti regionali, Province e Comuni, operatori di sviluppo locale dei Gal, delle Camere di Commercio, aziende. E poi a Studenti laureandi o neolaureati; studenti del MASL (Master Sviluppo Locale dell’Università del Piemonte Orientale) e del MUST (Manager dello sviluppo turistico territoriale e della gestione delle imprese turistiche); 10 studenti, da selezionare sulla base del merito, usufruiranno di una borsa di studio che coprirà le spese dell’ospitalità e sarà a carico dei Dipartimenti di appartenenza.
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura-Spettacoli
I relatori, i temi e i partecipanti: il programma dei lavori
 
I lavori della Scuola prenderanno il via oggi dalle 16 alle 19 con la riunione preliminare del Comitato Scientifico e dei partner. Domani, venerdì, i lavori riprenderanno alle 9 con i saluti diAntonio Luchesu, sindaco di Seneghe:Antonello Arru ,presidente della Fondazione Banco di Sardegna;Gianfranco Bottazzi : direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni;Pietrino Scanu, presidente della Camera di Commercio di Oristano;Benedetto Meloni , direttore della Scuola. Pi, a partire dalle 9:30 i lavori entreranno nel vivo. Il tema è quello dei “Sistemi agroalimentari locali sostenibili” , introduce e coordinaAda Cavazzani (Università della Calabria). Intervengono Maria Fonte (Università di Napoli Federico II), Annamaria Vitale, Silvia Sivini, Alessandra Corrado (Centro Studi per lo Sviluppo Rurale – Università della Calabria), Ester Cois e Alessandra Guigoni (Università di Cagliari). Discutono Giuseppe Gaudio (Istituto Nazionale di Economia Agraria - INEA)Enrico Ercole (Università del Piemonte Orientale Luca Garavaglia (Università del Piemonte Orientale).Alle 15 si parlerà di Agricoltura locale e consumo sostenibile. Introduce e coordina Angelo Pichierri (Università di Torino). PresentanoFrancesco Di Iacovo (Università di Pisa), Giorgio Osti (Università di Trieste), Giovanni Carrosio (Università di Trieste). Discutono Alessandro Mario Ferrario (Confartigianato Imprese Cuneo), Aide Esu(Università di Cagliari). Sabato alle 9 si parlerà di Filiera corta e reti agroalimentari. Introduce e coordina Filippo Barbera (Università di Torino) Presentano Franco Mantino (INEA),Alessandro Corsi (Università di Torino),Matteo Puttilli (Politecnico di Torino), Michele Salis e Marco Locci (Università di Cagliari), Discutono Antonello Podda (Università di Cagliari)Silvia Doneddu (Università Autonoma di Barcellona). Alle 15 perRisorse territoriali per la sostenibilità. Si parlerà della produzione di vino e di olivicolturaIntroduce e coordina Enrico Ciciotti (Università Cattolica del Sacro Cuore – LEL Piacenza) Presentano Filippo Barbera (Università di Torino),Elisabetta Virtuani (Università Cattolica del Sacro Cuore – LEL Piacenza), Lucrezia Lamastra (Università Cattolica del Sacro Cuore – LEL Piacenza), Gabriella Da Re (Università di Cagliari) Discutono Franco Mantino (INEA) Francesco Timpano (Università Cattolica del Sacro Cuore – LEL Piacenza)
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 42 - Cultura-Spettacoli
STOCCOLMA
Chimica, premio Nobel a Kobilka e Lefkowitz
 
STOCCOLMA Il Nobel per la Chimica 2012 è stato assegnato agli americani Robert Lefkowitz e Nrian Kobilka . Lefkowitz, 69 anni, è nato nel 1943 a New York e attualmente insegna nella Duke University; KobilKa, 57 anni, è nato nel 1955 a Little Falls e insegna fisiologia cellulare nell’università di Stanford Il Nobel per la Chimica ha premiato le ricerche condotte da Lefkowitz e Kobilka sui sensori (recettori) che si trovano sulla superficie delle cellule e che le aiutano ad adattarsi all’ambiente esterno. In particolare i due ricercatori hanno ricostruito la mappa completa dei recettori delle proteine G, che aiutano le cellule a reagire a stimoli importanti come la luce, gli odori, i sapori, e a sostanze che regolano l’umore, come la serotonina, e ad altre come adrenalina e dopamina. Brian K. Kobilka ha 57 anni e insegna Fisiologia molecolare e cellulare e Medicina alla Stanford University School of Medicine. Nato a Little Falls, in Minnesota, si è laureato alla University of Minnesota di Duluth. Come borsista post-dottorato ha lavorato con Robert Lefkowitz (il suo maestro) alla Duke University, dove ha partecipato alla clonazione del recettore beta-adrenergico. Kobilka, passato alla Stanford University nel 1989, è conosciuto soprattutto per le sue ricerche sulla struttura e attività dei recettori accoppiati a proteine G. Robert J. Lefkowitz ha 69 anni ed è uno scienziato americano molto conosciuto per i suoi studi nei recettori a proteine G. Nato da una famiglia di origini ebree a New York, si è laureato nel 1966 in Medicina e Chirurgia alla Columbia University. Nella metà degli anni Ottanta ha clonato il primo gene per il recettore beta-adrenergico e, in seguito, per un totale di 8 recettori adrenergici (per adrenalina e noradrenalina). Questa ricerca ha portato alla scoperta che tutti i recettori accoppiati a proteine G hanno una struttura molecolare simile. Attualmente conosciamo 1000 recettori nel corpo umano che appartengono alla stessa famiglia.
 
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12 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Ed_Cagliari
Tagli alle borse di studio: la protesta degli universitari
 
CAGLIARI Sono scesi in piazza gli studenti universitari contro i tagli alle borse di studio, agli alloggi, e per chiedere politiche attive ed una Regione a misura di studente. Fra volantinaggi e dibattiti passeranno la notte nelle tende nell'atrio del Palazzo.
 
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13 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Ed_Cagliari
cultura
Il popolare nell’Ottocento, iconografia di un secolo lungo
 
CAGLIARI Questa mattina alle 9 presso la sala conferenze del Ghetto degli Ebrei in via Santa Croce a Cagliari, si terrà il seminario annuale nazionale SISSCo organizzato sotto l’egida dell’associazione Giorgio Asproni e con il patrocinio della Regione , Provincia , Comune e Università. L' incontro in questione, da tenersi con la collaborazione della facoltà di lingue e letterature straniere dell' università sarà dedicato al tema immagini del popolo e del popolare nel lungo 800. Le relazioni spazieranno dall’iconografia elettorale europea fra Sette e Ottocento, alla prospettiva regionale sarda con i simboli, allegorie e rappresentazioni di un’identità sarda: popolo e mito della nazione nella Sardegna dell’800; si proseguirà poi con la cultura popolare, la scienza e lo spettacolo rappresentata dall’arte del tatuaggio a fine 800 ed a concludere saranno le cartoline illustrate della Grande Guerra, tra tradizione e modernità. Commenterà, Sandro Morachioli della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Michele Ciampi

Questionario e social

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