Venerdì 31 agosto 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 agosto 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
È un paese di centenari
Sono sette gli anziani che hanno superato il secolo
ASSEMINI. L'Istat: in rapporto alla popolazione è una percentuale altissima
 
Assemini città di centenari. A dirlo sono le statistiche Istat sulla popolazione residente al primo gennaio 2011. Se nell'intera Sardegna si contano in tutto 374 centenari, quindi 22 ogni 100 mila abitanti, i 7 residenti presenti a Assemini vogliono dire un rapporto di 26 ogni 100 mila residenti. «Ma il dato più singolare registrato ad Assemini», sottolinea il presidente del Consiglio provinciale di Cagliari, Roberto Pili, cofondatore del Gruppo di ricerca sull'invecchiamento attivo (Gria), «è che gli ultracentenari sono quattro maschi e femmine». E poco conta se pochi giorni fa uno dei nonnini asseminesi è deceduto all'età di 104 anni.
MENO DONNE «È noto che le donne hanno un'aspettativa di vita alla nascita superiore rispetto a quella degli uomini», sottolinea ancora Roberto Pili, inserito anche nella Comunità della Longevità internazionale costituita nel 2010 e di cui fanno parte, oltre la Sardegna, anche Corea e Giappone dove il tema riscuote molto interesse, «ma tutti i dati vengono smentiti dalle percentuali registrate a Assemini».
LA STATISTICA I numeri parlano chiaro. «Mediamente in Italia, e così anche nel resto dei Paesi occidentali», conferma Luisa Salaris direttrice del Gria e demografa alla facoltà di Scienze politiche dell'università di Cagliari, «il rapporto tra femmine e maschi è stimato pari a 4, ovvero per ogni uomo centenario si contano 4 donne». Diverso è in Sardegna «dove il rapporto è stimato pari a 2,6, anche se in alcune zone da tempo il numero dei maschi e delle femmine longeve è pressoché paritario». Ad Assemini, invece, tutto viene ribaltato. «Il rapporto tra i sessi scende a un valore dello 0,75 e, diversamente dalle aspettative, i maschi centenari addirittura superano numericamente le loro coetanee».
TERZA ETÀ In città si invecchia a lungo e bene. Meglio ancora i maschi. E a darne conforto sono sempre i numeri. «La popolazione degli ultra sessantacinquenni è cresciuta del 19 per cento contro il 9 per cento a livello regionale» sottolinea ancora Luisa Salaris, «mentre l'aumento degli ultra ottantenni e degli ultra novantenni dal 2007 al 2011 sono cresciuti rispettivamente del 38 per cento e del 10 per cento contro l'aumento del 21 per cento e del 5 per cento osservato a livello regionale».
E a conferma di questo, i dati forniti dall'ufficio Anagrafe del Comune dicono che ai sette (sei da qualche giorno) centenari fanno loro compagnia 102 novantenni e 735 ottantenni. Tutto questo nonostante in città insista una struttura della popolazione particolarmente giovane «dove la componente demograficamente definita anziana degli oltre sessantacinquenni», conclude l'esperta Luisa Salaris, «pesa per il 18 per cento della popolazione totale rispetto il 23 per cento registrato a livello regionale».
Gian Luigi Pala
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Oristano e Provincia (Pagina 28 - Edizione CA)
MONTIFERRU. 887 anni
Scano, il record di longevità ai fratelli Cocco?
 
Nella sfida fra Sardegna e Friuli sulla famiglia più longeva, Scano Montiferru gioca la carta decisiva. Secondo il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell'Università di Sassari, infatti, il record appartiene al piccolo paese del Montiferru, grazie al dato registrato della famiglia Cocco: dieci fra fratelli e sorelle, con una somma di età che arriva a 887 anni, contro gli 818 dei Melis in Ogliastra e gli 848 vantati dal Friuli. Inoltre, presenta la rilevanza significativa della contemporaneità di due fratelli centenari. Nessuno dei fratelli Cocco è più vivo: ma la longevità, quale dato genetico riferibile al particolare nucleo familiare, è un valore oggettivo. Ne è certo il ricercatore Gianni Pes, medico genetista, autore delle ricerche che hanno riguardato anche l'Ogliastra. «Il Guinnes Word Record non ha lavorato con attenzione - afferma - Loro sostengono che questa ricerca è riferita agli ultimi sette anni. Se è pur vero che i fratelli di Scano oggi non ci sono più, è anche vero che sette anni c'erano . Come mai non se ne sono accorti? Avrebbero potuto rivolgersi a noi che abbiamo i dati dell'Isola raccolti da oltre vent'anni». Secondo Pes, il caso di nuclei familiari di particolare longevità non è raro, e ricorda la «coppia di gemelli vivente a Cannigione che ha compiuto cento anni. Dal punto di vista scientico, fenomeno raro e quindi più significativo». Ecco i Cocco: Maria Grazia morì a 102 anni, Augusto Andrea a 103, Candido a 93, Aurelio a 87, Angelo a 83, Giuseppe a 90, Anna a 85, Mariangela a 87, Antonio a 80, Giovanni Giuseppe a 74. Sommando le settimane aggiuntive all'età di morte, si arriva a 887. L'unico che morì a 18 anni fu Pietro, ma a causa di un incidente. «La famiglia Cocco, nel suo complesso, è finora certamente più longeva di quella di Perdasdefogu» afferma Pes, secondo cui non vale il discorso relativo al tema dell'inquinamento ambientale contrapposto alla longevità ogliastrina.
Per il sindaco di Scano Franco Frascaro, la precisione giunge a restituire verità: «È una particolarità del nostro paese e ci sembra giusto che non sia dimenticata: ai fratelli Cocco spetta finora il primato e questo è un dato scientifico non contestabile». ( a. n. )
 

LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
L’ULTIMA SFIDA: ORA SOLUZIONI CREDIBILI
di FRANCESCO PIGLIARU e ALESSANDRO LANZA
 
L'angoscia degli operai del Sulcis e le aspettative per un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie meritano il massimo rispetto. Ma soprattutto meritano il massimo impegno da parte delle istituzioni, oggi chiamate a proporre con urgenza soluzioni credibili, lontane dal balbettio demagogico a cui abbiamo spesso assistito. Carbosulcis e Alcoa sono vicende decisive per il futuro dell'isola. Per quanto riguarda il carbone, il tema è presto riassunto. Nel 1996 il Corriere della Sera pubblicò un articolo che ebbe molta risonanza. Veniva ricostruita, con dovizia di dettagli, la lunga sequenza dei contributi pubblici concessi alle miniere. Già da allora la situazione era molto critica: i soli sussidi a fondo perduto concessi dallo Stato nel decennio 1985-1995 avevano superato i 900 miliardi di lire. Cui andrebbero aggiunti, per completezza, gli interventi diretti dell'Eni (250 miliardi nel 1985), i contributi concessi dalla Regione Sardegna in tutti questi anni, e l'impegno dell'Enel ad acquistare l'energia prodotta con il carbone del Sulcis.
Carbone acquistato a un prezzo di oltre il cento per cento superiore al normale costo di produzione dell'impresa elettrica. Valeva la pena di impegnare tutti questi soldi per tenere aperte produzioni sulla cui sostenibilità economica c'erano già allora fondati dubbi? Il fatto è che di fronte a emergenze di occupazione e di reddito, l'istinto italiano, sbagliato, è di esercitare un vero e proprio accanimento terapeutico a favore dell'impresa in crisi, anche quando le prospettive di mercato sono improbabili o nulle. Sono interventi che bruciano risorse pubbliche preziose e, creando false aspettative, consumano futuro. Quasi sempre sarebbe più saggio lasciare le imprese al loro destino e occuparsi invece dei lavoratori, sostenendo il loro reddito e accompagnandoli con servizi di qualità (orientamento e formazione, in primo luogo) verso una nuova occupazione. Per dare un'idea dell'ordine di grandezza degli sprechi che si generano per sostenere cause (imprenditoriali) dubbie, provate a immaginare cosa sarebbe successo se i soldi spesi per il carbone del Sulcis fossero stati attribuiti non all'impresa ma, appunto, ai lavoratori. Potenzialmente, ogni lavoratore avrebbe avuto a disposizione una dote iniziale di un miliardo di lire, avrebbe potuto godere per vent'anni di una rendita mensile di circa 1400 euro, e a fine periodo il capitale iniziale sarebbe rimasto invariato. Tutto questo per sottolineare che una frazione di quei soldi così malamente spesi sarebbe stata sufficiente a finanziare interventi capaci di aiutare le persone a trovare nuova occupazione. Ma le lezioni del passato rimangono in gran parte inascoltate. Oggi come ieri, la ragione fondamentale all'origine della crisi delle miniere del Sulcis non si è modificata. E' un carbone di scarsa qualità, ha troppo zolfo e costa troppo per poter essere utilizzato in modo economico, qualunque sia la tecnologia adottata. E si fa dunque fatica a capire perché le tecnologie di carbon sequestration, costose e incerte anche in contesti più favorevoli ma richieste a gran voce qui in Sardegna, dovrebbero cambiare improvvisamente in meglio la situazione. Il caso Alcoa è simile. La Sardegna non produce bauxite e, persino con favorevolissime condizioni di costo (e non è questo il caso), sarebbe anti economico importare allumina ed esportare alluminio. Non c'è un mercato al mondo in cui questo accade. Mentre si discute di Alcoa, in Russia e in Arabia Saudita - dove esiste un costo dell'energia incomparabilmente più basso - realizzano impianti grandi 5 o 6 volte lo smelter di Portovesme, con enormi economie di scala capaci di ridurre ulteriormente i costi. Il problema supera i confini regionali: riduzioni importanti di capacità produttiva sono in programma in tutta Europa. Una classe politica seria dovrebbe dirsi e dire che ragioni strutturali e non di congiuntura impediscono che queste produzioni possano continuare a offrire un credibile futuro economico. Poi dovrebbe affrontare con urgenza il tema di cosa fare in alternativa. Nel Sulcis e per il Sulcis non mancano proposte ragionevoli e di buon senso. Nel territorio ci sono almeno due importanti attrattori in grado di creare occupazione diffusa e sostenibile: la straordinaria dotazione di bellezze naturali e la ricchezza della storia mineraria. In più, c'è un agro-alimentare di qualità che, come in gran parte della Sardegna, può crescere ben oltre il suo livello attuale. In altre parti del mondo, Europa compresa, risorse di questa qualità e dimensione sono state sufficienti a dare reddito, occupazione, benessere a grandi comunità territoriali. Non è facile ma si può fare anche da noi. Bisogna però capire questo: che la vera emergenza per il Sulcis non è una fabbrica che va via o una miniera che chiude. E' invece una qualità delle istituzioni che oggi non dà garanzie sufficienti a coloro che devono affrontare le profonde e anche dolorose (socialmente ed economicamente) trasformazioni necessarie per raggiungere una nuova sicurezza economica. Chi li accompagnerà in quel percorso? Chi li orienterà, offrendo loro consulenze di certificata professionalità? Chi li aiuterà ad acquisire le competenze di cui hanno bisogno per diventare piccoli imprenditori o per essere assunti in una nuova, diversa impresa? Chi gli garantirà, e a quali condizioni, un reddito nel periodo di orientamento e formazione? Chi è in grado di sbloccare le bonifiche per rendere credibile la prospettiva di un decente e sostenibile sviluppo basato sulla bellezza paesaggistica del territorio? Chi si occuperà, e come, e con quali tempi, di semplificare la vita a chi vorrà investire nel Sulcis? I territori che hanno gestito con successo crisi profonde sono stati in grado di dare risposte positive a tutte queste domande. Le loro istituzioni hanno saputo adottare con decisione una prospettiva chiara e hanno evitato che si trasformasse in occasione di sprechi e di elargizioni a favore di interessi di parte. Governo, regione e autorità territoriali dichiarino subito, ognuno per il proprio ambito di competenza, come intendono garantire che i prossimi interventi straordinari a favore del Sulcis saranno ora più efficaci rispetto a quelli del disastroso passato: per esempio, in che modo intendono sbloccare la pluriennale vicenda di bonifiche finanziate ma mai effettuate? Quali correttivi adotteranno perché il parco geo-minerario si faccia davvero e diventi un credibile attrattore internazionale? E così via. "Cosa" fare è piuttosto ovvio. "Come" riuscire a farlo , come sbloccare resistenze e interessi di parte, no. Una migliore performance istituzionale è il passaggio obbligato e urgente per dare un futuro accettabile al Sulcis e all'intera Sardegna. In sua assenza, rimarremo incastrati in un su connottu senza alcuna prospettiva.
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Attualita
ALLA LUISS DI ROMA
Finanza come gioco, sfida tra 26 università
 
ROMA Banchi dell'università che si trasformano in desk operativi e studenti che diventano trader finanziari, con tanto di schermi accesi h24 per seguire le oscillazioni dei mercati di tutto il mondo. È quanto sta accadendo alla Luiss di Roma da ieri (e fino a domani) nella tre giorni dedicata alla Rotman European Trading Competition La sfida, che riproduce le dinamiche dei mercati e delle Borse, permetterà ai 26 team provenienti da altrettante università del Vecchio Continente di confrontarsi in una "battaglia" a colpi di azioni, obbligazioni e derivati. Si ripropone, dunque, alla Luiss Guido Carli la versione europea della Rotman International Trading Competition, la nota competizione internazionale di trading che solo nell'ultima edizione ha fatto confluire a Toronto - cuore finanziario del Canada - centinaia di studenti e docenti da ogni parte del mondo. Nella scorsa edizione, infatti, sono state ben 50 le squadre di 44 università che si sono confrontate tra loro e, sfiorando la vittoria per appena 10 centesimi di differenza nel punteggio finale, il Blue Team della Luiss si è aggiudicato la medaglia d'argento con 44,95 punti, classificandosi alle spalle del team B del Baruch College (City University of New York), salito al vertice del podio con 45,05 punti. La squadra guidata dal professor Emilio Barone, e composta da Marco Salerno, Alessandro D'Atri, Maria Paola Satolli e Aldo Ballarini, che ha battuto atenei blasonati del calibro dell'Mit di Boston, della Chicago University e della Columbia University, passa il testimone alle giovani leve (età media 22 anni): Nicolò Balice, Alessia Botticella, Rebecca Calderoni e Giulio Marini.
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Ed_Oristano
Un premio per la tesi di laurea sull’Oristanese
 
Scadono il 10 settembre i termini per la partecipazione al concorso bandito dalla Camera di commercio per premiare le tesi di laurea che approfondiscono le dinamiche e le prospettive di sviluppo del territorio della provincia. L'ottava edizione prevede ben cinque premi, istituendo per la prima volta in via sperimentale, una suddivisione tra le tesi di laurea specialistica e quelle di laurea triennale. In particolare per gli autori di tesi di laurea specialistica, magistrale, dottorato di ricerca, master universitario sono previsti tre premi: 1.500,00 euro al primo classificato, 1000,00 euro al secondo e 800,00 euro al terzo classificato. Per gli autori di tesi di laurea triennale, invece, sono previsti 800 euro al primo classificato e 600 euro al secondo. Il bando del concorso consente la partecipazione dei laureati nelle Università ubicate negli Stati dell'Unione europea che abbiano discusso la tesi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2011 . La domanda di partecipazione al concorso va presentata entro le ore 13 del prossimo 10 settembre alla Segreteria generale della Camera di commercio, Via Carducci 23 - II Palazzo Saia, 09170 Oristano.
 
 

Questionario e social

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