Domenica 25 marzo 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 marzo 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA

 
L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
LANUSEI. L’inchiesta con 20 indagati
Poligono di Quirra, 160 morti sospette
 
«Spero di aver aiutato i sardi alla scoperta della verità». Lo dichiara Evandro Lodi Rizzini, il fisico di Brescia che ha trovato torio radioattivo fuori norma nelle ossa di dodici delle diciotto salme di pastori riesumate. Venti gli indagati, 160 le morti sospette.
 
Cronaca Regionale (Pagina 8 - Edizione CA)
Poligono, una fabbrica di tumori
Il pm Fiordalisi: 160 morti sospette
Torio radioattivo nelle ossa di dodici delle diciotto salme riesumate 
di Paolo Carta
 
«Spero di aver contribuito a fare chiarezza su quel che è accaduto nel Salto di Quirra. Sono contento di aver aiutato la Sardegna, fornendo una serie di risultati delle mie indagini al Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi. Poi la lettura dei dati e le scelte spettano ad altri. Cioè ai giudici e ai voi sardi». Evandro Lodi Rizzini non dice altro. È il fisico di Brescia e del Cern di Ginevra che ha trovato torio radioattivo nelle ossa dei pastori morti attorno al Salto di Quirra. Su diciotto salme riesumate, sono stati ritrovati dati superiori alla norma in dodici casi. È la prova, secondo la Procura, del rapporto diretto tra attività svolte nel poligono dal 1956 a oggi praticamente senza controllo, il disastro ambientale tra Perdasdefogu e Villaputzu, certificato da analisi su analisi, e l’insorgenza di malattie e tumori in chi ha frequentato quella zona.
VENTI INDAGATI Da qui l’avvio di conclusione delle indagini recapitato da Fiordalisi a venti indagati: sei ex comandanti del poligono di Perdas, due responsabili del distaccamento a mare di capo San Lorenzo, il tenente Walter Carta (responsabile del servizio di Prevenzione del poligono nonché ex sindaco di Forza Italia di Perdasdefogu), quattro esperti dell’Università di Siena (avrebbero taciuto sulle quantità di torio ritrovate nei terreni, in alcuni punti 35 volte superiori al fondo naturale del terreno), tre membri della commissione Difesa (i controllori del lavoro dell’Ateneo toscano), due chimici della Sgs di Torino (accusati di aver detto il falso quando hanno assolto dall’accusa di inquinamento le attività militari), il sindaco di Perdasdefogu, Walter Mura (Pd) e il professore universitario cagliaritano Pierluigi Cocco (medico competente della base) per aver ostacolato le indagini.
L’ACCUSA Secondo il Procuratore Domenico Fiordalisi e i consulenti scelti in tutta Italia, il poligono di Perdasdefogu e Quirra è una fabbrica di morte. Guerre simulate e test di armi, svolti senza alcun controllo, hanno inquinato il terreno di metalli pesanti e sostanze radioattive come il torio e l’uranio impoverito, causato problemi alle falde acquifere e sospeso nell’aria polveri nocive. Da qui circa 160 morti sospette. Potrebbero essere causate da qualsiasi delle attività svolte nel Salto di Quirra: i lanci dei missili al torio e all’amianto; il brillamento di munizioni e armi obsolete spedite in questo meraviglioso angolo di Sardegna da tutta Italia; l’interramento di rifiuti militari (pezzi di radar, amianto, pneumatici, componenti elettriche) nei terreni dove poi pascolavano gli animali condotti al pascolo dagli allevatori; l’esposizione a radar superpotenti; il test degli oleodotti per i quali sono arrivati a Quirra anche clienti cinesi; i test del razzo Zefiro, considerati dagli esperti «fabbrica di nanoparticelle cancerogene».
LE SERVITÙ Tutto questo mentre in Sardegna il dibattito politico è imperniato sulla mozione che verrà presentata in Senato dal parlamentare olbiese del Pd Gian Piero Scanu. Obiettivo: ridimensionare il peso delle servitù militare in Sardegna. Lo stesso Parlamento nei mesi scorsi aveva approvato all’unanimità l’impegno di chiudere i poligoni sardi qualora fossero stati dimostrati l’inquinamento e la pericolosità delle attività svolte sulla salute dalla popolazione.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
Cgil
La Camusso martedì sarà all’Università di Cagliari
 
Non si allentano le tensioni tra il ministro del Welfare, Elsa Fornero, e il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Il tema è il lavoro e, come è ovvio, il tanto discusso articolo 18.
L’ennesimo scambio di battute si consuma, questa volta, a Cernobbio e il teatro è il Forum della Confcommercio.
«Debbo dire che c’è un po’ di rammarico da parte mia che alla fine la riforma non è condivisa pienamente, ma è una buona riforma», è l’esordio della Fornero che, di primo mattino, spiega alla platea dei commercianti i punti del ddl sul mercato del lavoro e ricorda che è frutto di un lungo dialogo con le parti sociali.
La risposta della Camusso non si fa attendere. Mentre il ministro è ancora impegnato in una delle sessione dei lavori del convegno, il segretario della Cgil, sulla terrazza di Villa d’Este, risponde: il governo «aveva tutte le condizioni per non doversi rammaricare, le trovo un po’ lacrime di coccodrillo».
Susanna Camusso, insomma, non arretra di un millimetro e si prepara a una lunga battaglia col governo. La leader della Cgil sarà martedì pomeriggio a Cagliari: parteciperà alla Facoltà di Scienze Politiche (ore 15,30) alla presentazione del volume della Cgil sarda sul tema «Precarietà: da dove viene e dove va».
Fabio Perego
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 58 - Edizione CA)
Il teatro sposa la filosofia: è l’allegria della mente
Tanti studenti in sala per una festa dell’anima 
Il Massimo di Cagliari gremito, molti fuori, all’esordio del Festival
 
Pagare un biglietto, di sabato mattina, per chiudersi quattro ore in una sala, a sentir parlare di filosofia. O restar male perché non c’è più posto. C’è speranza se questo accade a Cagliari, se uno spazio teatrale abitato tutte le sere, fino a martedì, dai “Fratelli Karamazov”, si anima di giorno per affrontare i temi che l’anima russa di Dostoevskij porterà alla luce la sera. Nella platea del Massimo, e su, in loggione, c’è il pubblico che di solito va a teatro ma anche quello che non ci va, e ci sono loro: gli studenti cagliaritani, quelli nuoresi, di altri centri, arrivati in pullman a sentir parlare Remo Bodei e Antonio Delogu di paura della libertà.
Bel colpo di teatro. E non è un caso che a battezzare la prima edizione del Festival della Filosofia sia un filosofo che qui è nato 72 anni fa per poi andare nel mondo e tornare quando può. Nel giugno del 2010, su questo stesso palco, il Comune consegnò a Bodei (attualmente alla Ucla di Los Angeles) il premio del Ritorno, e fu quella l’occasione per affrontare il tema della nostalgia, della separazione, dell’esilio. Molti cagliaritani vennero a sentirlo. A presentarlo c’era Roberta De Monticelli, sua collega, docente di Filosofia della persona all’Università San Raffaele di Milano. Deve essere nata quel giorno, in lei, l’idea di riportarlo al Massimo, e con lui altri filosofi, di coinvolgere nella sfida lo Stabile di Sardegna, di cui Guido De Monticelli è direttore artistico, di trasformare una serata in un festival, un premio per uno in un premio per tutti. E allora eccolo il palco del teatro Massimo con la sua scenografia, sullo sfondo il tavolo lungo sei metri intorno al quale i fratelli Karamazov «fanno conoscenza». Raccoglie il fuoco della passione e dell’intelletto, coagula l’intero dramma.
È più corto, meno ingombrante, quello che accoglie i primi protagonisti del Festival. Bodei e Delogu parlano dopo i padroni di casa Maria Grazia Sughi, Corrado Giannetti, Guido De Monticelli; dopo l’assessore comunale alla cultura Enrica Puggioni, dopo Roberta De Monticelli e Pierluigi Lecis, i filosofi ideatori del festival. E per oltre tre ore, davanti a quegli studenti arrivati a sentirli, danno il via all’esperimento. Disquisiscono di coscienza etica, di nuovi possibili modi di convivenza, di ricerca di spazi autentici di relazione, di coinvolgimento attivo. Di senso. Una festa dell’anima, dice Roberta Monticelli, intorno a due pezzi importantissimi del pensiero che si sfiorano e si incontrano: il teatro e il discorso filosofico. Una contaminazione affascinante «che sveglia l’allegria della mente», pone domande, apre varchi per progetti futuri. Un seme gettato, aggiunge Lecis, un festival al quale si partecipa non passivamente, ma facendosi coinvolgere. Questo è l’obiettivo che l’iniziativa si prefigge, non a caso i promotori hanno scelto la forma del dialogo. Anche se nell’incontro augurale tra Bodei e Delogu un po’ manca. Sarà che sono rivolti verso il pubblico, e non uno di fronte all’altro, sarà l’assenza di un Socrate provocatore (De Monticelli sarebbe perfetta), i loro interventi non si fondono come potrebbero. Ma la festa è appena all’inizio. Stamattina alle 11.30 (dopo l’affollatissimo incontro di ieri con Zagrebelsky-Loche, dedicato al Grande Inquisitore e preceduto dall’attore Franco Graziosi con “La leggenda” dostoevskiana), Vito Mancuso discuterà con Alessandro D’Alessandro su “Florenskij e la spiritualità: Occidente e Oriente”. Alle 16 Sergio Givone e Pier Paolo Ciccarelli parleranno di Grazia e di Legge. E alle 19, in scena, di nuovo loro, i Karamazov.
Maria Paola Masala
 
Cultura (Pagina 58 - Edizione CA)
L’incontro con Loche
Zagrebelsky e il Grande Inquisitore
 
Nel Massimo echeggia ancora il verbo dostoevskiano quando Anna Maria Loche prende posto per un dialogo socratico «nel quale non si sa bene chi interpreterà il maestro», afferma il suo compagno dialettico, Gustavo Zagrebelsky. Franco Graziosi ha appena terminato la lettura de “La leggenda del Grande Inquisitore”, capolavoro nel capolavoro dei “Fratelli Karamazov”, parabola oscura raccontata dal rivoluzionario Ivan al religioso Aleksey: nella Spagna della Santa Inquisizione il Cristo, tornato per la redenzione delle anime, viene imprigionato. Nella notte il vecchio Inquisitore gli porge visita, apostrofandolo in un lunghissimo monologo: la storia degli uomini si rivela un incubo nel quale la libertà è sacrificata da secoli per la sopravvivenza del genere umano. Cristo ascolta in siderale silenzio, condannato al rogo. «Una gemma solitaria che brilla di luce ambigua, inquietante», esordisce Zagrebelsky. «In molti individuano nella Leggenda la prima profezia sulla società di massa. Nel 1861 Dostoevskij si recò a Londra per la seconda Esposizione Universale. Milioni di anonimi individui infiammarono l’anima del più grande epilettico della storia, che negli istanti precedenti le crisi sperimentava il distacco dal corpo, l’eternità».
Inquisizione totalitaria o Messia, salvati e sommersi, Creonte e Antigone, come suggerisce la Loche. «La Leggenda ha per la prima volta risposto alla domanda sul perché gli uomini obbediscano al potere rinunciando alla libertà», continua l’intellettuale piemontese. Non è certo un caso che la parabola dostoevskiana abbia attirato negli ultimi due decenni un interesse particolare da parte di molti pensatori. La massa postnovecentesca è stata distratta, acquistata, ridotta a pingue catalessi da inquisitori evaporati. «Il Grande Inquisitore rappresenta la ragione di stato, è un personaggio dolente, è come ce lo immaginiamo. Come ce lo immaginiamo»?, si chiede Zagrebelsky in un silenzio che si trasforma in riso collettivo, nell’unico velato riferimento alla politica italiana del passato prossimo. La leggenda è un’anomalia nei polifonici romanzi del grande maestro russo. Un monologo enigmatico che confonde. La figura crudelmente, gloriosamente umana dell’Inquisitore e quella aerea, eterna del Cristo: bene e male si intrecciano nella pienezza del bello che «salverà il mondo». I quesiti proliferano, e durano nei secoli come i complotti. C’è solo un gesto nel Cristo di Dostoevskij: terminato il monologo, il bacio sulle labbra dell’Inquisitore, che si ritrae, in un brivido. Al messia verrà risparmiata la morte, purché continui la sua opera di salvazione lontano, nei meandri dell’umanità. «Il racconto e il bacio sono un enigma che solleva domande, come tutti i veri classici», chiude Zagrebelsky. A breve si alzerà il sipario sulla riduzione dei “Fratelli Karamazov”. La letteratura si è fatta filosofia, la filosofia teatro, il teatro vita.
Luca Foschi
 
Cultura (Pagina 58 - Edizione CA)
Primo tema, la paura della libertà
La condizione umana tra inquietudine, mistero, verità
Remo Bodei e Antonio Delogu protagonisti del dialogo che apre la manifestazione
 
Remo Bodei, con quel suo modo rassicurante, comincia con un racconto di Kafka, e può esserci qualcosa di più inquietante sulla condizione umana? “La tana” (1924) è la metafora dell’indecisione, l’oscillazione tra tranquillità e pericolo. Tutte le uscite sono uscite di insicurezza, ci ammonisce il filosofo, e il suo, in fondo, è un invito a percorrerle rivolto soprattutto ai giovani che ha di fronte, ché gli altri con la loro paura della libertà hanno già fatto i conti. Ma non basta la semplice esortazione illuministica o kantiana, ammonisce. Non si può chiedere alle persone di essere libere, se non lo sono, e la tensione verso la sicurezza è più forte del desiderio di guardare al futuro. È questo il senso del fallimento della libertà, del suo soccombere di fronte ad altri impulsi vitali. «Agire provoca una perdita dell’innocenza. Molto più comodo obbedire, respingere le responsabilità, far parte di un gregge». C’è tuttavia una certezza in questa miseria che ci caratterizza: ci sono diversi gradi di libertà, «e se è vero che la forza di gravità ci attira verso la terra, Nureyev che piroetta nell’aria è più libero del bambino che gattona. E più conosciamo i condizionamenti che subiamo più siamo liberi».
Il vero tremendo mistero della libertà è il suo legame col male. La libertà può essere anche il male, avverte Bodei citando Epicuro e Pareyson. «Se ne discute da millenni, io non ho la soluzione, ciascuno dovrebbe essere capace di trovarla per suo conto. Noi dobbiamo dare i semi, ma la piantina la dovete curare voi». Nella sua lezione in tre tappe parla di Spinoza e del Qohelet, di Tolstoj e del Grande Inquisitore dostoeskiano, di Huxley e Platone. Ma ricorda anche l’amico Edmondo Berselli e le sue previsioni su un futuro di povertà, la ricerca di qualcosa che renda l’esistenza meno bulimica, l’assunzione di nuove responsabilità. «Possiamo dare un senso al nostro agire essendo ospiti grati e non ingrati della vita. Soggetti attivi e non passivi».
Temi cari alla speculazione di Antonio Delogu che chiamando in causa la società liquida di Baumann sottolinea l’inconsistenza reale di quella enorme, apparente libertà di cui godiamo. Al contrario, siamo preda del conformismo e del consumismo, vittime tutti di quell’«automatismo del soggetto anonimo» di cui parla Giuseppe Capograssi (filosofo caro a Delogu). È l’individuo collassato su se stesso, privo di responsabilità. «Siamo convinti di essere protagonisti, in realtà la libertà della coscienza si è diluita in una grigia opacità. In questo vuoto esistenziale possiamo solo riscoprire noi stessi». Si rifà al Libro dell’inquietudine di Pessoa, il filosofo sassarese, e si appella a una autoritas che possa fungere da punto d’appoggio alla nostra libertà, a una verità (quella cara a Simone Weil), indipendente da ciò che io voglio o la maggioranza vuole, auxilium e non potere. È la coscienza interiore, concorda Bodei, quella sola che opponendo resistenza ai nostri impulsi può consentire alla colomba di Kant di prendere il volo.
M.P.M.
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
L’intervento del presidente della Camera Fini ieri a Sassari
«Crisi molto preoccupante, in Sardegna più che altrove»
Giuseppe Meloni
 
SASSARI Stavolta tocca a Gianfranco Fini, un mese dopo il capo dello Stato, mettere le dita nelle piaghe dell’Isola. Al presidente della Camera basta una mattinata a Sassari - l’occasione sono le celebrazioni per i 450 anni dell’università - per arrivare alle stesse conclusioni di Napolitano: «In Sardegna la crisi è molto, molto preoccupante». Peggio che altrove.
L’APPELLO DELLA LOMBARDO Non lo inganna l’accoglienza al teatro Verdi, col coro dell’ateneo che intona il Gaudeamus igitur (l’inno che da secoli rivolge agli studenti l’invito spensierato: Godiamocela, finché siamo giovani ). Fini mostra di gradire, e dopo i saluti alle autorità ne aggiunge uno per il pontifex maximus dei goliardi. Ma non presta orecchio solo ai canti, sente tutti gli oratori.
Soprattutto Claudia Lombardo: la presidente del Consiglio regionale chiede anche a Fini, come già a Napolitano, di prendere a cuore la vertenza Sardegna. «Vogliamo solo quel che ci spetta, il riconoscimento di diritti sacrosanti», ripete lei, descrivendo ancora una volta l’Isola come una «polveriera», con «la tensione sociale alle stelle». Contenuti ripresi dall’assessore regionale al Lavoro Antonello Liori, in rappresentanza del governatore Ugo Cappellacci, e del sindaco di Sassari Gianfranco Ganau («nella vertenza con lo Stato si discuta anche dei tagli alle università»).
LA RISPOSTA «Come si potrebbe dissentire dalla presidente Lombardo?», chiede retoricamente Fini fermandosi brevemente con i giornalisti (molto brevemente: per via di un’intervista esclusiva promessa a La7). «È evidente - prosegue - che tutti i livelli istituzionali devono prendere coscienza della necessità di affrontare una crisi che è molto preoccupante, specie in Sardegna».
Di più, sulle cose sarde, il presidente della Camera non dice. «Non sono io il Governo», risponde secco a chi vorrebbe conoscere il suo parere sulla trattativa tra Palazzo Chigi e la Regione. E nell’intervento pubblico che chiude la celebrazione del Verdi si concentra quasi esclusivamente sui temi della cultura e dell’istruzione, anche in relazione allo sviluppo e al futuro dei giovani: «La crisi che stiamo vivendo - riflette - non è solo economica, comporta un serio disagio esistenziale. Le nuove generazioni perdono fiducia nello studio come strumento di promozione sociale, immaginano che staranno peggio dei loro genitori».
UGUAGLIANZA Restituire speranza ai giovani, spiega Gianfranco Fini, è uno dei compiti dello Stato e delle istituzioni. Quei compiti elencati dall’articolo 3 della Costituzione - che sancisce il principio, caro alla sinistra, dell’uguaglianza sostanziale - e citati integralmente dall’ex leader di An: «Rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano l’uguaglianza dei cittadini», impedendo «l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Nel suo discorso Fini riprende anche un tema introdotto da Attilio Mastino, rettore dell’ateneo turritano: la cooperazione accademica con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, specie all’indomani della primavera araba. «Ma col venir meno delle dittature post-coloniali - avverte il presidente - si rende necessaria, piaccia o meno, anche una riflessione su una questione strategica: quella della compatibilità tra Islam e democrazia».
 
Provincia di Sassari (Pagina 22 - Edizione OL)
SASSARI. Il rettore
Compleanno dell’Ateneo: sete di futuro
 
«Laurearsi conviene ancora e il valore del titolo di studio deve essere tutelato». Sono parole del rettore dell’Università di Sassari Attilio Mastino che, in un appassionato discorso, ha rivisitato le tappe storiche dell’ateneo analizzando le prospettive future. Alla presenza del presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini e delle autorità, il rettore ha messo sul piatto i traguardi e le difficoltà di un’istituzione che ha 450 anni di storia, celebrati nella cornice del Teatro Verdi di Sassari.
Una storia, quella dell’Università, che ha attraversato i secoli, accogliendo nel suo seno studenti e professori che poi sono diventati uomini di stato come Antonio Segni, Francesco Cossiga, Giovanni e Luigi Berlinguer che hanno contribuito a rendere grande quel collegio gesuitico istituito nel 1558 e che ha conosciuto i primi corsi nel 1562.
«Vogliamo ricordare la profondità della storia che si sta rinnovando - ha detto Mastino - e pensare un’università più competitiva a livello europeo».
Le novità legislative hanno profondamente modificato gli assetti delle università italiane e il rettore ne è consapevole. «Questa problematica, in Sardegna - prosegue - ha una valenza grande. Tanti laureati non trovano sbocchi professionali e l’università ha il compito di aprire l’isola al mondo».
I numeri di Almalaurea parlano di un tasso di disoccupazione del 37%, 7 punti sotto la media italiana. A un anno dalla laurea solo il 38% risulta occupato contro la media nazionale del 56%. Dati che anche Azzurra Solinas, rappresentante degli studenti, ha avuto modo di conoscere, non nascondendo, nel suo intervento, le difficoltà in atto: «Vogliamo un mondo universitario basato sul merito - ha detto la giovane - con atenei che non siano esamifici e dove si combatte il nepotismo».
Il presidente della camera ha poi tratto le conclusioni: «Non rassegniamoci a un’eterna fase di transizione perché questo è spesso un alibi per lasciare le cose come stanno. È necessario lavorare oggi per rendere migliore il domani».
Antonio Brundu
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
Alcolismo, i quindicenni bevono troppo
I risultati del progetto “Alcohol imprinting”: un ragazzo su tre lo fa per «rallegrarsi»
 
I ragazzi tra i quindici e sedici anni fanno abbondante uso di alcolici. Non solo, i giovani consumatori non sono a conoscenza delle conseguenze e dei danni all’organismo, in particolare al sistema nervoso centrale, che la dipendenza da alcol può causare. Un dato allarmante che emerge dai risultati del progetto Alcohol imprinting, presentato ieri alla Cittadella Universitaria di Monserrato. Lo studio è stato realizzato dal Centro per il Trattamento dei disturbi Psichiatrici Alcol-correlati della Asl 8 e da Graziella Boi, psichiatra del Dipartimento di Salute mentale.
I RISULTATI Sentirsi grandi e all’altezza di un gruppo o una situazione di disagio familiare e malesseri individuali, sono alcuni dei motivi che spingono gli adolescenti a ubriacarsi. Queste risposte sono emerse dalla lettura dei 1595 questionari, rigorosamente anonimi, distribuiti nelle prime classi degli istituti superiori di Cagliari e hinterland. «Il progetto ha l’obiettivo di sensibilizzare giovani, insegnanti e famiglie per favorire la prevenzione dei danni causati all’organismo dall’abuso di alcol». Sono le parole di Graziella Boi che si sofferma sulla scarsa conoscenza, da parte degli intervistati, dei danni che derivano dalla dipendenza alcolica. I numeri dicono che il 47% dei ragazzi e il 52% delle ragazze, hanno risposto correttamente a meno della metà delle domande cui sono stati sottoposti. Il 33% ha ammesso di aver ricorso agli alcolici e alle droghe per tirarsi su e cercare di rallegrarsi. Una percentuale maggiore (46%) ha confermato il fatto che alcol e sostanze stupefacenti sono serviti a passare una serata divertente con gli amici. Non solo, le risposte disegnano uno scenario di rischiosa normalità: «Sabato sera beviamo alcolici con gli amici e ci ubriachiamo» oppure «i miei genitori bevono vino e birra durante i pasti. A volte apro l’armadio e bevo un po’ di vodka».
FATTORI DI RISCHIO «Ci sono due tipi di fattori che portano i ragazzi a ricorrere all’alcol», spiega Boi, «quelli esterni e quelli individuali». Sui fattori esterni precisa: «I ragazzi fanno riferimento, spesso, a un gruppo di amici che influenza le scelte dell’adolescente per un agire condiviso. Inoltre, bisogna stare attenti: se per un genitore adulto è normale bere uno o due bicchieri di vino a pasto, non deve esserlo per un ragazzo adolescente per il quale è decisamente pericoloso. Bisogna avere molta attenzione». Il problema si complica quando subentra la debolezza di un adolescente, come riferisce la psichiatra: «Ci possono essere fenomeni di vulnerabilità genetica individuale grazie alla quale l’alcol induce a malattie psichiatriche. Spesso la cosiddetta depressione adolescenziale viene aggravata dal consumo di alcolici».
MARCHIO INDELEBILE «Il nome del progetto non è stato scelto a caso», racconta ancora Graziella Boi, «l’utilizzo della parola “imprinting” vuole significare che la dipendenza da alcol è un marchio indelebile che una persona si porta dietro. L’alcolismo prevede una remissione e non una guarigione che si ottiene soltanto con l’astinenza completa».
Matteo Sau
 
L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Quartu Quartieri (Pagina 26 - Edizione CA)
A lezione di nuraghe
Sul “Diana” conferenze in diverse scuole
LITORALE. L’archeologo Enrico Atzeni ne parlerà ai ragazzi
 
Il Nuraghe Diana dev’essere visto come una testimonianza preistorica nel territorio quartese. Dopo aver seguito diverse campagne di scavo negli ultimi quindici anni, l’archeologo Enrico Atzeni, docente universitario di paleontologia e antichità sarde, ha avviato un ciclo di incontri nelle scuole cittadine sull’importanza del sito di Is Mortorius per tutto il Golfo di Cagliari.
L’iniziativa rientra in un progetto sulla ricostruzione della propria identità promosso della Deputazione di storia patria, la prestigiosa istituzione statale fondata nel 1833, con il supporto di ministero dell’Istruzione, Regione e Comune. In città sono coinvolte le scuole medie Alfredo Rosas e Lao Silesu, l’istituto tecnico Primo Levi e il liceo Motzo.
Domani il professor Atzeni, che del progetto cura la parte relativa alla preistoria e alla protostoria della Sardegna, terrà un nuovo incontro con gli studenti della Rosas.
Il Nuraghe Diana continua ad affascinare anche le nuove generazioni: ora si attende l’avvio di una nuova campagna scavi, ma anche la messa in sicurezza del sito. I lavori, per un importo di circa novantamila euro, sono stati banditi già da diverso tempo dalla Conservatoria delle Coste, agenzia regionale proprietaria del compendio di Is Mortorius.
Attorno al Nuraghe sono già emersi elementi che fanno presupporre che lì si trovi un intero villaggio. L’avvio degli scavi dovrà servire proprio a trovare la conferma di questa ipotesi. La messa in sicurezza, invece, sarà fondamentale per aprire questo sito preistorico, il più importante della costa sudorientale sarda, alle visite dei turisti. (g. mdn.)
 
L’UNIONE SARDA
7 – L’Unione Sarda
Sulcis Iglesiente (Pagina 24 - Edizione PC)
La riforma non decolla
Il pressing di Napoletano sul Geoparco
 
La riforma del Parco geominerario è in piena bufera. Del problema si è interessato anche il presidente della Repubblica che ha risposto all’appello lanciato il mese scorso dalla Consulta delle associazioni. Ma lo scontro è tutto sardo e viaggia sui confini dei pareri del Parco, le autorizzazioni che si devono chiedere a Villa Pertusola se si muove foglia negli 81 Comuni del Consorzio. Questo il succo degli Stati generali del Parco di martedì scorso. C’erano tutti: dal presidente della Regione, Ugo Cappellacci, assessore alla difesa dell’Ambiente Giorgio Oppi, a Comuni, Province, Università, sindacati e Consulta.
LE ASSOCIAZIONI Secondo le associazioni c’è stata unanimità sulle modifiche al decreto istitutivo e allo statuto del Parco e la Regione ha accolto la proposta della Cgil di inserire la vertenza Parco tra le priorità da risolvere nel confronto con Roma. Unico neo su un problema che si credeva superato ma riapparso «inaspettatamente - scrive la Consulta in una nota - all’insaputa di quasi tutti i partecipanti». La Consulta non specifica la difficoltà ma il dibattito sui Pareri del Parco è palese anche su Facebook e Tore Cherchi è stato cristallino in un comunicato i giorni scorsi: non sarebbero competenza di un ente di ricerca e per rivedere la faccenda sarebbe necessario un passaggio in Parlamento. Per la Consulta la soluzione c’è: restringere «alle sole emergenze minerarie il vincolo di tutela».
IL DECRETO L’operazione sarebbe permessa anche dal decreto istitutivo «senza doverne modificare i limiti territoriali originari, come è stato inaspettatamente proposto di fare, spezzettando il Parco». La soluzione adeguata, per le associazioni da mesi in presidio a Cagliari, sarebbe quella proposta da Oppi: «varare entro i prossimi 10-15 giorni il testo definitivo della riforma da sottoporre all’approvazione della Giunta Regionale per il successivo inoltro al Ministero dell’Ambiente per la firma del Protocollo di Intesa che potrà dare finalmente avvio all’attuazione della riforma del Consorzio del Parco».
Miriam Cappa
 

LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
Fini elogia l’ateneo: «Pochi vantano una storia così»
Cerimonia al Verdi per i 450 anni dell’Università. Lombardo rilancia la vertenza Sardegna
 
SASSARI. «Mi è bastato dare un’occhiata al curriculum di questo ateneo per capirne la grandezza». Il presidente della Camera Gianfranco Fini ieri ha partecipato alla solenne cerimonia per i 450 anni dell’Università. Folla al Verdi, dove Claudia Lombardo, la presidente del Consiglio regionale, ha rilanciato la vertenza Sardegna.
 
Pagina 23 - Sassari
Fini: «Pochi atenei vantano una storia così»
Il presidente della Camera elogia i talenti sfornati dall’Università e cita Antonio Segni
Il governo e le istituzioni devono prendere coscienza della gravità della crisi economica che investe la Sardegna
 
 SASSARI. Quattrocentocinquanta anni di storia sono un respiro lunghissimo. Il rettore Attilio Mastino, per riassumere questa fetta di millennio, distilla 40 minuti di racconto. Il presidente della Camera Gianfranco Fini è convinto: «Mi è bastato dare un’occhiata al curriculum di quest’Ateneo per capirne la grandezza».
 E poi: «Altro che realtà minore e periferica. La sua orgogliosa reazione ai tagli e ai rischi di soppressione ha una valenza di metafora con la situazione dell’Italia. L’Università è un simbolo di resistenza di fronte a una condizione difficilissima».
 Il colpo d’occhio, al teatro Verdi, è suggestivo. Dietro il presidente della Camera, schierato sul palco, c’è l’intero senato accademico e i gonfaloni delle città e delle province fanno da sfondo. Danvanti, seduti in platea, decine di sindaci circunnavigati da fasce tricolori e molta politica sparsa sui palchi. Pochissimi studenti, tanti accademici. Ma in fondo quest’anagrafe importante si addice a questa cerimonia solenne e molto istituzionale. Fini cita Antonio Segni: «Come non ricordare una personalità come la sua, che ha dato prestigio non solo all’Università ma ha dato lustro alla nazione intera. Non sono molti gli atenei d’Italia che possano vantare storia e talenti come quelli sfornati da Sassari». Un simile patrimonio non può essere dilapidato, e infatti Fini invita a guardare al futuro: «L’impegno a sostenere l’Università dev’essere prioritario per tutti coloro che, amando quest Paese, vogliono renderlo migliore domani. Dall’Università dipende la fiducia e la preparazione delle nuove generazioni. Ci sono temi importantissimi da affrontare, sui quali occorre aprire subito il dibattito: uno di questi è la primavera araba, la compatibilità dell’Islam con la democrazia». Il presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo invece ricorda a Fini un altro macigno che pesa sul futuro dell’isola: la vertenza sulle entrate e gli impegni che lo Stato non rispetta. «La Sardegna è una polveriera pronta a esplodere, le tensioni sociali sono arrivate a livelli insostenibili». Il Governo dovrebbe avere la massima attenzione sulla questione sarda». Non c’è molto da rispondere: anche Napolitano, durante la sua toccata e fuga, aveva tastato il polso a un’isola malata e ribollente di rabbia. Fini perciò è di poche parole: «Come si fa a non dare ragione alla Lombardo? Le istituzioni, a tutti i livelli, devono intervenire al più presto».
 
Pagina 23 - Sassari
Dura critica da parte della rappresentante degli studenti
«Stiamo diventando esamifici e c’è ancora troppo nepotismo»
 
 SASSARI. Un anno difficile, che non ha fiaccato lo spirito combattivo degli universitari sassaresi. Azzurra Solinas, rappresentante degli studenti nell’ateneo turritano, affronta tematiche cruciali che toccano i punti nodali di un sistema nella delicata fase di transizione. «Il nuovo sistema di valutazione ha abbassato lo standard di qualità degli atenei che spesso diventano solo degli esamifici».
 Durissima poi la critica della della rappresentante studentesca nei confronti del nepotismo e «sull’assenza - a suo dire - di una reale lotta al fenomeno all’interno del sistema universitario italiano».
 Ma il nodo centrale del suo intervento è proprio il rinnovamento e la necessità impellente di individuare strategie nuove per raccogliere la sfida imposta dagli altri atenei e stare su un mercato difficile: «Purtroppo la legge 240 - ha proseguito Azzurra - non tiene conto dei provvedimenti finanziari, da qui l’impossibilità di offrire agli studenti servizi validi e destinare alla ricerca risorse sufficienti che consentano l’adozione di nuove tecnologie».
 Il punto dolente, come sempre nei momenti di crisi, sono gli atenei del Meridione, fiaccati prima dai tagli, poi dall’emigrazione intellettuale verso le sedi del nord Italia. «In molte università hanno cercato di rimediare ai tagli imposti al fondo di finanziamento ordinario con l’incremento delle contribuzioni studentesche, rimedio a cui la nostra università ha tentato di non ricorrere tenendo conto della crisi, perciò diciamo che essere studenti in Sardegna è una condizione estremamente difficile».
 Ciò che gli studenti sassaresi chiedono - ha rimarcato Azzurra Solinas, riprendendo un concetto espresso dal presidente del consiglio regionale Claudia Lombardo - «Non è un trattamento privilegiato, ma solo pari diritti e uguali opportunità rispetto ai colleghi d’oltre Tirreno». In chiusura, dati alla mano, la studentessa ha elencato i recenti successi dell’ateneo: dall’apertura della residenza di via Rosello agli impegni di spesa per la ristrutturazione di quelle di via Verona e via Padre Manzella, dalla partecipazione al bando per la dotazione tecnologica al contenimento delle tariffe per la mensa fino al contributo per l’abbattimento del costo del trasporto urbano.
 «Tuttavia ribadiamo la nostra indignazione - ha concluso Azzurra Solinas - per il taglio della Regione sul diritto allo studio, la drastica riduzione dei contributi per gli affitti e il mancato finanziamento del bando relativo alla cooperazione internazionale». (a.me.)
 
Pagina 23 - Sassari
«L’isola è una polveriera che esplode»
Nel suo intervento la Lombardo si sofferma sulla vertenza entrate
ANTONIO MELONI
 
 SASSARI. E’ proprio nei momenti difficili che i sardi sfoderano la grinta e affrontano la situazione. Lo sa bene Claudia Lombardo, presidente del consiglio regionale, che ieri mattina ha rilanciato con forza la vertenza Sardegna.
 Al presidente della Camera Gianfranco Fini, ha presentato, senza infingimenti, la situazione drammatica di un’isola martoriata ma non vinta, che rivendica i propri diritti, a cominciare dall’annosa questione delle entrate per concludere con gli effetti della crisi che ha dato il colpo di grazia al corpo morente dell’industria. «Non chiediamo di essere i primi - ha detto il presidente dell’assemblea regionale, rivolgendosi a Fini - ma non vogliamo neanche essere secondi ad alcuno, perciò chiediamo il rispetto dei nostri diritti e la soluzione della vertenza entrate oltre a quelle annose che hanno messo in ginocchio il sistema industriale». Questioni note, ma rilanciate con rinnovata energia di fronte alla platea gremita del teatro Verdi. Sul valore della cultura ha puntato l’assessore regionale Antonello Liori guardando all’Università come luogo di confronto per la diffusione di un sapere condiviso e rilanciando la necessità di modernizzare il sistema come strategia per uscire dal tunnel della crisi. Sulla stessa frequenza le parole espresse in apertura dal sindaco di Sassari Gianfranco Ganau: «Attraversiamo un momento di profonda crisi che nel nostro territorio è ancora più acuta perciò sento di condividere tutta la preoccupazione manifestata dal magnifico rettore nei giorni scorsi in occasione della visita del presidente della Repubblica». Non meno incisivo l’intervento di Marco Mancini, presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane, che ha indicato una ricetta in tre punti per affrontare la crisi: «Servono sviluppo, autonomia e programmazione e soprattutto un deciso stop ai tagli dei finanziamenti destinati alla ricerca e alla formazione». Tirando le fila dell’intera mattinata, il rettore Attilio Mastino ha tracciato un quadro di sintesi delle difficoltà, ma anche delle speranze coltivate dall’ateneo turritano alla soglia dei 450 anni di storia: «Andiamo verso la costruzione di un ateneo nuovo, capace di misurarsi in un confronto internazionale, ma fortemente ancorato a un’identità e a una storia speciali, consapevoli che sia necessario un forte impegno di innovazione e modernizzazione, un deciso cambiamento che richiede determinazione, ma anche fantasia e creatività nonché capacità per dare spazio a tutti coloro che abbiano talento competenze e merito». Conclusione in bellezza con la premiazione dei 51 migliori studiosi dell’Università che, alla presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini, hanno ricevuto dal rettore la medaglia con il sigillo dell’ateneo.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
Concorso per camici bianchi, due ricorsi
Medico accusa: «I candidati firmarono gli elaborati»
Criticato il metodo e i criteri di selezione adottati dall’Aou
ELENA LAUDANTE
 
 SASSARI. La decisione di assumere tre dirigenti medici scegliendo da una graduatoria di un’altra azienda pubblica, poi la marcia indietro: bisogna bandire una selezione sassarese. Ma quel concorso ha procedure peculiari. Come quella di far firmare ai candidati l’elaborato di una delle tre prove. Saranno due tribunali diversi, quello del Lavoro e quello amministrativo, a fare chiarezza sulle procedure seguite dall’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari per assumere tre dirigenti medici con contratti a tempo indeterminato. A fare ricorso è stata una dottoressa prima scelta nella graduatoria di un precedente concorso all’Asl di Oristano, e poi scartata. A quella decisione era seguita un’altra, apparentemente contrastante con la prima, e cioé dopo aver ottenuto da alcuni medici della graduatoria oristanese la loro «disponibilità» all’assunzione, il dietrofront, e il bando realizzato ex novo. Tutto parte da un accordo tra aziende di Sassari e Oristano, una convenzione che consentiva alla prima di attingere medici dalla classifica stilata dalla seconda durante una selezione.
 Sembra scelta razionale, dettata dall’esigenza di coniugare «le esigenze di celertià del procedimento di assunzione con i principi che regolano l’accesso agli impieghi pubblici” è scritto nella convenzione. La Aou di Sassari “scorre” la graduatoria dell’altra azienda, e arriva alla quarta. A settembre 2009 chiede alla dottoressa la disponibilità ad essere assunta. Lei, che è sassarese, risponde all’istante e manifesta l’interesse. Il contratto sembra perfezionato. Ma nessuna risposta arriva dall’Azienda. Passano giorni, lei invia solleciti, e poi mesi. Secondo i suoi avvocati Rita Vallebella e Maria Immacolata Marginesu, quella richiesta di disponibilità e la sua conferma rappresentano un contratto in piena regola.
 L’udienza, per questo fronte, è a settembre. Ma nell’agosto 2010 arriva la marcia indietro dell’Azienda: bandisce un concorso per due dirigenti con lo stesso profilo professionale ricercato a Oristano. Il medico contattato un anno prima ovviamente partecipa. Supera la prima prova, conclude la seconda, fa per consegnare il suo lavoro su carta protocollo alla commissione, ma viene richiamata: la invitano a mettere la firma sul foglio, anche davanti alla sua titubanza. «Violazione dei principi di imparzialità», scrivono gli avvocati Vallebella e Marginesu nel ricorso che sarà discusso al Tar il 7 maggio. Nel quale contestano anche altri aspetti di quella selezione, che la dottoressa non passa, superata da due colleghi. E cioé il parere contrario del direttore amministrativo, Pietro Tamponi, sulla delibera del commissario Giovanni Cavalieri che in sostanza approvava il concorso. Nel preambolo della delibera quel parere non era riportato per esteso, o meglio difettava della sua posizione «contraria». Posizione che avrebbe obbligato il commissario a motivare l’adozione di quella delibera nonostante il parere negativo del direttore amministrativo.
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Nazionale
Poddighe: «L’Atene sarda sforni lavoro»
La sfida del regista teatrale: trasformiamo la nostra cultura in occupazione
VALERIA GIANOGLIO
 
 NUORO. Stanco di sentirsi ripetere la solita solfa «ma voi siete l’Atene sarda, la città dei musei e della cultura» per poi vedersi attorno un mucchio di nuoresi alla disperata ricerca di lavoro, Gavino Poddighe, regista e attore barbaricino, dal suo palco privilegiato dell’associazione culturale «I segni delle radici», lancia in queste ore la sfida delle sfide.
 È una vera e propria chiamata alle armi che rivolge a tutti i nuoresi e ai rappresentanti delle associazioni. L’obiettivo ambizioso si condensa in cinque parole: «Trasformare la cultura in lavoro». Creare, insomma, grazie alla santa alleanza con altri concittadini, un progetto con tutti i crismi per far decollare finalmente un distretto culturale barbaricino di cui si parla da anni ma che nessuno sinora ha mai visto. O che fino a questo momento ha vissuto soltanto brevi sprazzi semi-abortiti come il parco Deledda. «La scommessa, la sfida che stiamo lanciando nel sonnacchioso e depresso panorama cittadino non è facile - dice Poddighe - ma vale la pena provarci con intelligenza, caparbietà e perseveranza, ne va del presente e in particolare del futuro dei nostri figli, molti dei quali sono costretti a lasciare la città che non offre opportunità lavorative e progetti di vita. Nuoro si sente svuotata di anime e intelligenze. Ma c’è un tesoro nascosto, inesplorato da un punto di vista economico e occupazionale, quel tesoro giace nelle librerie, nelle biblioteche e nella case dei nuoresi. Quel tesoro sta nella letteratura prodotta in città e sulla città, quel tesoro è l’intelligenza, l’immaginazione, il talento, la fantasia e la creatività dei nuoresi, di ieri e di oggi». Dopo la dovuta premessa sull’Atena sarde, Poddighe si addentra nella spiegazione del suo progetto per convertire la cultura, di cui Nuoro è piena, in lavoro, di cui Nuoro è carente. «Tradotto in moneta sonante - dice, infatti, questa potenzialità ha un valore insestimabile. La nostra associazione “I segni delle radici”, apolitica e apartitica, aperta a tutte le persone che credono nel progetto “Cultura uguale occupazione”, si occuperà, con gli enti che aderiranno, alla creazione di un sistema turistico culturale nuorese, formato da giovani appositamente preparati, che incrementi il flusso turistico in città, spontaneo e di gruppi scolastici, si occupi dell’accoglienza, della guida, dell’intrattenimento degli stessi, dell’organizzazione di eventi all’altezza dell’immagine di Nuoro città del Nobel». La prima riunione di questa sorta di chiamata alle armi, si è tenuta proprio ieri sera, nella sede dell’associazione di Poddighe, “I segni delle radici”, al numero civico 53 di una via che, ironia della sorte, porta proprio il nome della nuorese più illustre: Grazia Deledda. Altre riunioni con l’obiettivo di creare il tanto atteso distretto culturale nuorese sono in programma da domani, per tutta la settimana, nella stessa sede, dalle 17.30 alle 20. Per chi volesse fornire spunti o chiedere informazioni sul progetto, comunque, c’è anche il numero di telefono 389/8009819 o segnidelle radici@tiscali.it.
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
I corpi radioattivi di Quirra
Cerio e torio nelle salme riesumate. Il pm: test sui radar falsati
Indagati generali, docenti, tecnici, il sindaco di Perdasdefogu. Medico epidemiologo si dimette
«Bambini malformati nell’area vicina al poligono militare»
 
 PERDASDEFOGU. Nelle salme dei pastori di Quirra ci sono cerio e torio, metalli radioattivi in grado di aumentare il rischio di cancro e di provocare danni al fegato. È legata all’esito delle analisi la svolta nell’inchiesta sul Poligono: venti gli indagati dalla procura di Lanusei, tra loro medici, docenti universitari, il sindaco di Perdasdefogu Walter Mura e sei generali. Novità per quanto riguarda i test sui radar: secondo la Procura sarebbero stati manomessi. Il medico epidemiologo Pierluigi Cocco si è dimesso: dalle sue indagini non risultava un’incidenza significativa di tumori.
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Metalli radioattivi nelle salme di Quirra
La presenza di cerio e torio ha portato alla svolta nell’inchiesta che vede 20 indagati
Tre generali, ex comandanti del Poligono, avrebbero nascosto brillamenti non autorizzati
 
 PERDASDEFOGU. La grande novità si chiama «cerio». È un metallo delle cosiddette “terre rare” che viene utilizzato nella fabbricazione artificiale del torio. Per il consulente del pm Domenico Fiordalisi, Evandro Lodi Rizzini, non ci sono dubbi: c’era anche cerio, nelle ossa della maggior parte dei pastori riesumati nell’ambito dell’inchiesta su Quirra. Era nelle tibie analizzate, in buona compagnia con il torio, come già si sospettava da tempo. Il torio era in «una quantità che presenta un andamento crescente con l’età per i deceduti che hanno esercitato pastorizia nel poligono».
 Ma è stata proprio la presenza del cerio, ad allarmare la procura: perché in quanto elemento artificiale e non comune in natura, non ci si aspettava di trovarlo nelle salme degli allevatori. Ha una svolta tutta chimica, dunque, l’inchiesta sul poligono di Quirra condotta dal procuratore Domenico Fiordalisi. Una svolta che è approdata avant’ieri con venti avvisi di chiusura delle indagini notificati dalla squadra mobile nuorese e dalla forestale ad altrettanti indagati eccellenti.
 Sei generali indagati per omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri: Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Walter Maulon, Carlo Landi, Paolo Ricci. Due colonnelli comandanti del distaccamento di capo San Lorenzo accusati anch’essi dello stesso reato dei primi sei militari: Gianfranco Fois e Fulvio Ragazzon, insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione del poligono dal 2000 fino al 2008, Walter Carta. Tre componenti della commissione del ministero della Difesa accusati di omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri: Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro.
 Quattro docenti universitari e tecnici dell’istituto di scienze ambientali di Siena, Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Antonello Luigi Di Lella. Due chimici dell’Sgs, Gabriella Fasciani e Gilberto Nobile, già indagati dalla prima ora per falso ideologico e adesso anche per ostacolo aggravato alla difesa di un disastro. Il medico del lavoro e docente universitario, Pierluigi Cocco, accusato, insieme al sindaco Walter Mura, tra le altre cose, anche di favoreggiamento aggravato.
 I bambini malformati. Tre generali, in particolare, ovvero Molteni, Cecchetti e Quattrociocchi, tutti ex comandanti del poligono di Quirra, sono accusati anche di aver «ostacolato l’opera di difesa in caso di disastro e omesso di riferire alle Aziende sanitarie di Lanusei e di Cagliari, e ai sindaci di Escalaplano e di Villaputzu e alle altre autorità competenti, che da molti anni avvenivano, con modalità illecite, brillamenti nel poligono in una zona che per le particolari caratteristiche orografiche poteva corrompere, adulterare o addirittura avvelenare le due sorgenti di acqua di Escalaplano e della frazione di Quirra». In quelle zone, si legge nell’avviso di chiusura indagini emesso dal procuratore Fiordalisi, «si erano più volte verificati casi di bambini gravemente malformati» e si cita il caso di una donna di Escalaplano «ancora in vita tra incredibili sofferenze. Poco prima della nascita, la sua abitazione è stata raggiunta dalle polveri dei brillamenti militari portate dal vento».
 I radar “citotossici”. Qualche novità, rispetto alle indagini degli ultimi mesi, emerge anche intorno alle analisi fatte sulle emissioni elettromagnetiche delle postazioni radar del poligono. I test, in quella occasione, ovvero nel giugno scorso, non avevano trovato nulla di anomalo o di potenzialmente pericoloso per la salute umana. Ora, tuttavia, la procura ogliastrina dice di aver scoperto il perché: qualche addetto alle postazioni aveva abbassato la potenza dei radar prima del test che risultò, dunque, secondo la procura, assolutamente falsato.
 «Nessuna cautela». I docenti universitari e tecnici senesi indagati, Riccobono, Protano, Baroni e Di Lella, sono invece accusati di aver contribuito «a esporre alla radioattività militari, civili e pastori, nonché i numerosi animali da allevamento, con l’artificio di presentare come indagine tossicologica l’indagine geochimica effettuata, senza denunciare il grave pericolo delle anomale concentrazioni di torio riscontrate nelle aree che sono considerate “ad alta intensità militare”».
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Il medico epidemiologo si dimette
Pierluigi Cocco, accusato di avere ostacolato la giustizia, lascia l’incarico Dalle sue indagini non risultava un’incidenza significativa di tumori
 
 PERDASDEFOGU. Cinquecento suoi concittadini, ieri sera, lo hanno accolto con un applauso scrosciante alla riunione che aveva convocato per spiegare le sue ragioni. Walter Mura, forte dell’appoggio dei foghesini, non pensa alle dimissioni, perché, lo ha detto sin dall’inizio, «nessuno mi ha accusato di rubare, ma solo, in sostanza, di aver esposto opinioni diverse e di difendere il mio paese». Per il momento, alle 18 di ieri, al suo ingresso nell’auditorium stracolmo dell’Ipsia, dove aveva chiamato a raccolta tutti, ha letto le accuse con le quali la procura di Lanusei lo ha iscritto nei giorni scorsi nel registro degli indagati: ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato.
 Le dimissioni di Cocco. Il medico del lavoro e professore associato all’università di Cagliari, Pierluigi Cocco, invece, annuncia le sue dimissioni dall’incarico nel poligono ma anche dal prestigioso ruolo di componente dell’Agenzia europea dell’ambiente. Ma solo, dice, per ragioni di correttezza, «perché di fatto questa situazione mi costringe a farlo». «Ho sempre e soltanto svolto il mio lavoro come dipendente dell’azienda ospedaliera universitaria di Cagliari - dice - In tutti questi anni, nel poligono, ho solo lavorato come medico del lavoro per conto dell’azienda ospedaliera da cui dipendo, ho rappresentato un ente pubblico per fare la sorveglianza sanitaria su un altro ente pubblico».
 Il medico si difende.Alle 10 di ieri, mentre il caso-Quirra si è già scatenato su tutti i mass-media e infuriano le inevitabili polemiche tra favorevoli e contrari all’inchiesta, tra chi chiede la chiusura del poligono e chi, invece, lo difende a spada tratta, Pierluigi Cocco mostra senza remore la sua profonda amarezza. Lo fa da professionista, senza clamore, ma con una decisione che gli deriva da 40 anni trascorsi tra studi sui linfomi, indagini epidemiologiche, e lunghi anni di esperienza medica e di ricerca trascorsi negli Usa. Lo fa dall’alto di un curriculum lungo una cinquantina di pagine, trenta delle quali solo di pubblicazioni. È sua anche una delle quattro indagini epidemiologiche condotte sul poligono: una indagine che non aveva trovato una incidenza significativa, né tantomeno allarmante, di tumori nella popolazione del posto.
 Ha appena ricevuto molte telefonate, il professor Cocco, e una consistente catena di solidarietà da parte di colleghi, e lo dice anche che «da questo momento in poi, lo capite bene, per tutelarmi dovrò parlare attraverso un avvocato». Ma ci tiene a mettere soltanto qualche piccolo punto fermo, in mezzo a un numero di accuse che lo hanno scosso nel profondo: omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri, omissione di atti d’ufficio per motivi di igiene e sanità, ostacolo aggravato alla difesa da un disastro, favoreggiamento aggravato. Secondo le accuse, lui e «l’ingegner Walter Mura», «in concorso tra loro quali pubblici ufficiali e autorità sanitarie» avrebbero «di propria iniziativa diffuso false informazioni di tipo sanitario, in data 10 marzo 2011, per indurre le persone a non collaborare con la magistratura e la polizia giudiziaria nelle indagini nei confronti dei generali comandanti il poligono di Perdasdefogu per il delitto di omicidio plurimo di pastori e civili».
 L’accusa di «malafede». Ma l’accusa che, a detta del sindaco, probabilmente tocca di più sia lo stesso Mura, sia il docente universitario Cocco, è quella di «malafede». Entrambi, infatti, secondo la procura ogliastrina, avrebbero avuto «anche incarichi molto remunerativi» da parte dell’Aeronautica. Il primo cittadino di Perdasdefogu, su questo punto, aveva replicato sin dalla prima ora, dicendo di aver avuto solo un incarico in quindici anni, e di aver guadagnato 6mila euro. Il professor Cocco, dal canto suo, tiene solo a precisare che le uniche cifre ricevute sono state quelle ricevute dal suo dipartimento e legate al finanziamento di una ricerca. (v.g.)
 
LA NUOVA SARDEGNA
12 – La Nuova Sardegna
Pagina 43 - Cultura e Spettacoli
Torna la tubercolosi: una giornata dedicata ai pericoli della malattia
L’infezione, che sembrava ormai debellata, è ora in tutto il mondo un grave problema di sanità pubblica
EUGENIA TOGNOTTI
 
Neppure il più pessimista degli attivisti del movimento antitubercolare poteva immaginare, a fine Ottocento, all’indomani della scoperta del bacillo della Tbc da parte di Robert Koch, che più di un secolo dopo sarebbe stato necessario istituire una «giornata della tubercolosi», fissata per il 24 marzo.
 Dopo una spettacolare regressione epidemiologica, a cominciare dagli anni Cinquanta, la malattia ha conosciuto negli ultimi decenni un’inversione di tendenza e oggi rappresenta in tutto il mondo, un grave problema di sanità pubblica che provoca allarme anche in un Paese a bassa incidenza come l’Italia. A favorirne la diffusione, in particolare nelle grandi capitali europee e nei Paesi in via di sviluppo, hanno contribuito molti fattori, tra cui l’aumento d’individui con compromissione dell’immunità dovuta all’infezione da Hiv/Aids, e l’uso indiscriminato di antibiotici, che ha provocato la selezione e la disseminazione nel mondo di batteri multi-farmaco resistenti. Ma non è meno importante il ruolo svolto dall’eziologia sociale, per riprendere una definizione cara agli igienisti del XIX secolo. La ricomparsa della malattia sembra essere legata alla povertà dei gruppi di popolazione “a rischio”, tra cui i migranti, che sperimentano condizioni, quali miseria, sovraffollamento degli alloggi, fatica, carenze nutritive, marginalità urbana, che, nell’Ottocento, favorivano la diffusione della tubercolosi nei malsani quartieri delle grandi città in crescita sotto la spinta dell’industrializzazione.
 Una malattia unica, dunque, con caratteri speciali rispetto ad altre malattie infettive: l’agente è un batterio trasmesso da persona a persona, principalmente attraverso l’inalazione di goccioline di secrezioni respiratorie (“aerosol”).
 Nella maggior parte dei casi, l’infezione si localizza nelle basse vie respiratorie ed è contenuta dal sistema immunitario. Ma in caso di compromissione permanente o temporanea del sistema immunitario, al momento dell’infezione o dopo l’acquisizione dell’infezione, i micobatteri possono diffondersi e “attaccare”.
 I dati forniti dall’Oms indicano che oggi un terzo della popolazione mondiale è infettata dal Mycobacterium tubercolosis. Un’emergenza che chiama all’azione i governi e gli organismi sanitari internazionali per sviluppare piani di eradicazione della malattia, basati su un’efficace prevenzione, vaccino (al momento, il vecchio Bcg è l’unico disponibile), diagnosi e terapia. Di qui la necessità di puntare sul potenziamento della ricerca per svilupparne un nuovo vaccino e sistemi di diagnosi che, in tempi rapidi, possano identificare i pazienti con malattia attiva (che sono sintomatici e infettivi), differenziandoli dai soggetti con l’infezione tubercolare latente (non sintomatici e non infettivi). Su questo fronte è impegnato il gruppo di ricerca del laboratorio di Micobatteriologia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari che fa capo alla professoressa Stefania Zanetti, in collaborazione con il gruppo di Micobatteriologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, coordinato da un microbiologo sassarese, che di recente si è occupato dell’emergenza del Gemelli).
 Le importanti acquisizioni a cui sono giunti - comunicate su riviste scientifiche internazionali - potrebbero portare a sviluppare un kit diagnostico, per una diagnosi rapida di malattia attiva, capace di assicurare l’avvio tempestivo della terapia antitubercolare, rafforzando gli strumenti di controllo. Malattia vecchia e sempre nuova, contemporanea, come ci ricordano l’Oms e le incalzanti notizie di giornali e Tv, la tubercolosi rappresenta oggi un’emergenza globale.

Questionario e social

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