UniCa UniCa News Rassegna stampa Domenica 18 dicembre 2011

Domenica 18 dicembre 2011

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
18 dicembre 2011

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA 
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro (Pagina 56 - Edizione CA)
«Salvate l'università»
L'associazione Asusc striglia le istituzioni
Chiesta la revisione dell'accordo di programma firmato nel 1992
 
Agguerriti, sempre più motivati pur in mezzo a mille difficoltà e soprattutto disposti a lottare fino in fondo perché Nuoro abbia una vera università. Mentre intorno al dibattito su fondazione, ateneo nuorese sì, ateneo nuorese no, denaro speso bene o male, politici e amministratori si sfidano a fuochi incrociati, non si spegne la voce dell'Asusc (Associazione per il sostegno dell'università della Sardegna centrale) che, allarmata dalle ultime nuove su una possibile stretta ai cordoni della borsa, chiede la revisione dell'accordo di programma del 1992 tra Comune, Provincia, Ministero, Regione e atenei cagliaritano e sassarese.
TROPPE ASSENZE L'obiettivo è quello di ufficializzare un'intesa che sia in grado di “garantire erogazioni dovute e certe”, recita un comunicato. Fa una sorta di bilancio di fine anno, l'Asusc, e a più di un mese dalla tavola rotonda promossa dall'esecutivo comunale di Orgosolo, invita i governi del territorio a mettere le carte in tavola e chiarire la propria posizione su tutta la vicenda. «Alla luce dell'assenza, in quell'occasione, della maggior parte delle amministrazioni, c'erano solo Fonni, Oliena e Ottana - continua la nota - l'Asusc ha fatto propria la domanda di Antonio Sassu, docente di Politica economica nell'ateneo Cagliari, se le comunità del territorio vogliano veramente l'università per le zone interne. Il dubbio di professor Sassu è calzante e ci porta a chiederci se i sindaci dei paesi della nostra provincia non abbiano partecipato alla mattina di studio perché non interessati, oppure perché non sufficientemente informati sull'argomento o, ancora, perché si sono sentiti messi da parte per quanto attiene la decisione della Provincia di trasformare il Consorzio in Fondazione di partecipazione».
A ORGOSOLO L'incontro di Orgosolo, cui aveva presenziato anche l'assessore regionale Sergio Milia, aveva registrato l'assenza del sindaco di Nuoro Alessandro Bianchi e del presidente Roberto Deriu, presenti invece il commissario straordinario consortile Caterina Loi, l'assessore nuorese all'Istruzione Paola Demuro e la delegata Franca Carroni. Il sodalizio conclude con una tirata d'orecchie generale. «Qualsiasi sia la ragione che li ha spinti ad agire in questo modo - incalza - si deve a priori sottolineare che la cultura e l'economia della nostra terra hanno urgente bisogno di una trasformazione radicale, e in questo senso l'università è elemento che genera fecondità culturale e, in particolare con il confronto con altre realtà italiane e straniere, produce studio, ricerca, competitività e dinamismo».
Francesca Gungui
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 67 - Edizione CA)
ANNIVERSARI. Cent'anni fa nasceva a Mondovì
Franco D'Aspro, lo scultore piemontese che si fece sardo
 
Cento anni fa, il 17 dicembre, nasceva a Mondovì, da padre abruzzese e madre toscana, Franco d'Aspro, il grande scultore destinato a farsi sardo d'elezione. Nell'isola venne - giovane di 27 anni -, nella primavera 1938, per una mostra alla galleria Palladino di via Manno. Qui trovò l'amore e l'ambiente nel quale sviluppare il suo straordinario talento educato alle Belle Arti di Bologna e nello studio d'arte di Vincenzo Gemito a Napoli.
Impiantò, negli anni della guerra, una fucina per la fusione del bronzo a Villamassargia; negli anni Cinquanta si trasferì a Cagliari, dove fu tra i promotori del liceo artistico di via Sant'Eulalia (insegnò Figura modellata). Studiò e replicò le tecniche d'arte dei nuragici, dando vita ad una originalissima produzione di bronzetti. Morì, il 14 settembre 1995, a 84 anni, sul traghetto che il 16 settembre 1995 lo riportava a Cagliari dopo un breve soggiorno a Roma con la moglie Immacolata. È sepolto a Elmas.
Sono almeno una trentina i centri isolani che posseggono sue opere, talvolta di grandi dimensioni, collocate in piazze, chiese, cimiteri. A Cagliari sono stati censiti ventitré siti pubblici con suoi lavori: dal piazzale di Bonaria dove, dalla visita di Paolo VI (1970), campeggiano una caravella e la Vergine sulle onde del mare, al viale Sant'Ignazio, in cui dirimpetto alla chiesa dei Cappuccini s'alza una statua del santo di Laconi, al viale Trieste dove a cinquanta metri d'altezza svetta una gigantesca Madonna del Carmine.
Ma ancora notevole è la serie dei busti, in bronzo o in pietra: all'interfacoltà (Dante Alighieri), all'ex clinica Medica (Ippocrate, il professor Aresu), all'ex istituto di Anatomia umana (il protomedico Porcell), a Ingegneria (prof. Mario Carta), al Conservatorio di musica (Pierluigi da Palestrina), all'Ospedale civile (i primari chirurghi Garau e Ligas), alla Camera di Commercio (Carlo Delcroix), alla Biblioteca universitaria (Francesco Alziator e Anna Marongiu Pernis), al Municipio (Grazia Deledda), e ancora negli uffici della Provincia (i suoi celebri cavalli in corsa) e nella Banca d'Italia (tre pannelli rappresentativi del lavoro in Sardegna), nella casa massonica (dove per lunghi anni insegnò il Rito Scozzese), in entrambi i camposanti cittadini.
Grandi crocifissi, Pietà, ostensori, stazioni della via Crucis, candelabri, bassorilievi episcopali e bacoli pastorali si trovano ancora nella cattedrale (e nel museo diocesano), nelle chiese di Santa Lucia, di San Domenico, di Ausonia e nel santuario di Sant'Ignazio. Diversi suoi manufatti raccontano scene sarde anche in pubbliche istituzioni della penisola e perfino al Cremlino e nella Library of Congress di Washington. Per due volte insignito dal governo italiano del diploma di benemerito della Cultura e dell'Arte, a Franco d'Aspro sono state dedicate diverse monografie e di recente anche alcune tesi di laurea.
Una parte notevole del magazzino artistico da lui lasciato alla famiglia è stato acquistato dal Comune di Sinnai che ne ha fatto una mostra permanente ospitata nel museo-pinacoteca. Cagliari dovrebbe pensare di onorarne la memoria magari intitolandogli una strada o un compendio culturale, secondo una richiesta peraltro presentata al Comune da un anno. Intanto, per rendergli onore, si pensa di allestire una mostra fotografica di Roberto Satta.
Gianfranco Murtas
 

LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Prima Pagina
Università, alleanza federativa tra Sassari e Cagliari
L’idea rilanciata dai rettori dei due atenei. Azienda mista: nessuna convenzione con la Regione
Necessario un fronte comune e superare le ataviche rivalità per fare fronte ai tagli
 
 SASSARI. Gli atenei sardi siglano un patto federativo per far fronte ai tagli che rischiano di mettere in ginocchio l’intero sistema universitario isolano. La proposta è stata lanciata durante l’incontro, organizzato dal gruppo consiliare regionale del Pd. I due rettori, Attilio Mastino e Giovanni Melis dicono che bisogna mettere da parte i campanilismi e ragionare in un’ottica di rete con l’intento di affrontare la crisi razionalizzando la spesa e ottimizzando le risorse. I tagli determineranno una riduzione dei fondi pari a 16 milioni per Cagliari e 10 per Sassari.
 
Pagina 8 - Sardegna
Università, patto Sassari-Cagliari
I rettori dei due atenei rilanciano l’idea di un’alleanza federativa
LA RIFORMA Ripensamenti sui corsi di Giurisprudenza a Nuoro Azienda mista, nessuna convenzione con la Regione
ANTONIO MELONI
 
 SASSARI. Un patto federativo tra gli atenei sardi per far fronte ai tagli che rischiano di mettere in ginocchio l’intero sistema universitario isolano. La proposta è stata lanciata durante l’incontro, organizzato dal gruppo consiliare regionale del Partito democratico nell’aula magna di Lettere a Sassari. I due rettori, Attilio Mastino e Giovanni Melis, affiancati da una nutrita rappresentanza di docenti e ricercatori, hanno fatto il punto alla luce delle dolorose ripercussioni della recente riforma che ha costretto l’accademia italiana a una severa dieta dimagrante. Un invito oltre gli steccati per superare l’atavica rivalità tra le università isolane, che da sempre si contendono primati e riconoscimenti.
 Per farlo - hanno rimarcato i rettori - occorre mettere da parte i campanilismi e ragionare in un’ottica di rete con l’intento di affrontare la crisi razionalizzando la spesa e ottimizzando le risorse. Non sono mancate le critiche. Il rettore Melis, infatti, ha espresso parere sfavorevole sulla decisione dell’università di Sassari di attivare la sede gemmata di Giurisprudenza a Nuoro. La replica di Attilio Mastino non si è fatta attendere. E qualche minuto dopo è arrivato, puntuale, il mea culpa del rettore sassarese: «Oggi mi rendo conto che è stato un errore». Ma questi aspetti rischiano di essere marginali di fronte ai dati snocciolati ieri durante i lavori, a cui hanno partecipato, fra gli altri, il segretario regionale pd Silvio Lai, il capogruppo in consiglio regionale Giampaolo Diana e il consigliere Luigi Lotto. È toccato proprio a Mastino, reduce dall’ultima riunione della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane), illustrare i numeri di quello che più che un bilancio sembra un bollettino di guerra. La scure delle sforbiciate si abbatte pesantemente sul fondo di finanziamento ordinario facendo registrare un preoccupante meno 4,45 per cento. Taglio che sulle singole università determinerà una riduzione dei fondi pari a 16 milioni per Cagliari e 10 per Sassari.
 Mastino ha poi denunciato apertamente la totale situazione di stallo dell’Azienda ospedaliero-universitaria sassarese per effetto della mancata stipula della convenzione con l’assessorato regionale alla Sanità. In un contesto del genera pesa, e non poco, il ritardo nel completamento dell’Orto botanico e di altre opere che devono essere ultimate in tempi stretti. Temi che il 16 gennaio prossimo saranno al centro della cerimonia inaugurale del nuovo anno accademico. Alla quale, ha annunciato il rettore, parteciperà il ministro dell’Istruzione.
 La proposta di un patto federativo fra Cagliari e Sassari è voluta e sostenuta anche dal Forum regionale universitario. Micaela Morelli e Cristina Cabras, esponenti dell’organismo di rappresentanza degli atenei sardi, ritengono definitivamente conclusa la stagione della rivalità e sostengono la proposta di condividere risorse e risultati «A patto che - hanno concluso - la politica faccia la propria parte». L’idea dell’alleanza contro la crisi piace anche al segretario regionale Silvio Lai, che, chiudendo i lavori dell’incontro, ha rimarcato l’importanza e l’esigenza di stare insieme: non solo per fronteggiare la crisi, ma anche per reggere più efficacemente il confronto con le università straniere. «Ma c’è una condizione: gli atenei devono conservare identità e autonomia», ha concluso Lai.
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Oggi è un filo blu di cotone: domani si potrà telefonare col cappuccio di una felpa
Annalisa Bonfiglio Progettiamo circuiti elettronici indossabili, con materiali economici come i polimeri: questo ci permette di non avere come vincolo obbligato la miniaturizzazione degli apparecchi
DALL’INVIATO ROBERTO MORINI
 
 CAGLIARI. La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita nei giorni scorsi dall’università di Cagliari alla volta di un’azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili.
 Un precario al comando
 Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell’università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell’Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell’isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l’attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senza nessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell’isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l’anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza.
 Con Bonfiglio e Cosseddu all’inizio della ricerca c’erano anche Beatrice Fraboni, ora all’università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell’Epfl, l’École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo.
 Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po’ di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni.
 Plastica al posto del silicio
 Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo.
 Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l’uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull’ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot.
 Più grande è bello
 Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l’altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici».
 E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio.
 Dall’iPad all’unPad
 La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell’oggetto fisico elettronico. Non più l’oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia.
 La pelle del robot
 Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall’aspetto un po’ accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d’inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l’università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell’aria, di individuare possibilità e pericoli.
 Nanoparticelle? Sì e no
 Ma torniamo al filo, che è la base del transistor, che a sua volta è la base di tutti i circuiti elettronici. Dunque. «Si parte da un normale filo di cotone - spiega Cosseddu - e si rende conduttivo bagnandolo in un polimero, il pedot:pss. Se vogliamo aumentare la sua conducibilità elettrica aggiungiamo nanoparticelle metalliche. Noi abbiamo usato l’oro. Ma per i nostri scopi basta la plastica. Il filo che abbiamo inviato a Bologna non contiene nanoparticelle metalliche». Poi si passa e realizzare una specie di cavo coassiale, indispensabile per arrivare al transistor. Come struttura ricorda quello dell’antenna della tv. Ma molto è più sottile: alla fine mantiene infatti l’aspetto di un comune filo di cotone. Sul cotone reso conduttivo si stende un polimero isolante e poi un terzo strato di polimero semiconduttore. «Il transistor - spiega ancora Cosseddu - nasce proprio dall’intreccio di questi fili nel tessuto».
 Chimica, sempre chimica
 Fra i problemi ancora da superare c’è l’estetica: quel filo e quindi quel tessuto per ora è rigorosamente blu. Un classico, certo. Ma un vincolo, visto che tessuto significa moda. «Per questo c’è la chimica organica. Non sarà difficile intervenire sui polimeri per cambiarne il colore senza modificare le prestazioni», è certo Cosseddu. Insomma: la Sardegna non riuscirà più a liberarsi della chimica. E soprattutto di quella, come i polimeri, che deriva dal petrolio. Verde o blu che sia.
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Il programma. Discussione in aula magna dalle 16,30
Più ricerca, innovazione e buona politica per dare una svolta al governo dell’isola
 
 SASSARI. «Conoscenza e regole. Per un governo diverso della Sardegna»: se ne parlerà a partire dai libri «La Sardegna delle eccezioni» di Giacomo Mameli (Cuec) e «Esperienze di governo del territorio» (Laterza) a cura di Antonietta Mazzette.
 L’appuntamento è per domani a partire dalle 16,30 nell’aula magna dell’Università centrale. Organizza il Centro Studi Urbani. Dopo i saluti del rettore Attilio Mastino, dialogheranno sulla centralità della conoscenza e la necessità di avere regole certe e condivise per costruire un diverso sviluppo sociale ed economico della Sardegna: Renato Soru, ex presidente della giunta regionale; Valerio Calzolaio, sottosegretario all’Ambiente durante l’ultimo governo Prodi; Camillo Tidore, autore del saggio «Dalla Rinascita al Piano paesaggistico in Sardegna: storie di ordinario consumo del territorio»; Sandro Roggio, architetto ed ex membro della Conservatoria delle coste. È previsto un dibattito al quale hanno dato la loro adesione esponenti di associazioni ambientaliste, come Massimo Fresi della segreteria regionale Legambiente, imprenditori che dell’innovazione e della cultura hanno fatto un loro punto di forza, come Daniela Ducato, recentemente premiata con il Green Oscar per l’imprenditoria alla Biennale di Milano, e studiosi che hanno saputo coniugare rigore scientifico e impegno civile, come Giuseppe Pulina, docente della Facoltà di Agraria dell’ateneo sassarese. Coordina la discussione Giovanni Meloni, ex deputato.
 
Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Il sapere, carta vincente
La Sardegna si salva solo se investe in conoscenza
Un dibattito sullo sviluppo possibile organizzato dall’Università Soru tra i relatori
ANTONIETTA MAZZETTE
 
L’epistemologa Nicla Vassallo scrive: «Mettetevi comodi, chiudete gli occhi e immaginate di perdere tutte le vostre conoscenze; quel risultato di testimonianza, percezione, introspezione, ragionamento, memoria, accumulo di informazioni e di “sapere che...”, ma anche delle conoscenze dirette e competenziali (il saper fare). Ebbene, vi guardate intorno e non sapete chi siete, né dove siete, né da che cosa siete circondati. Basta questo semplice esperimento mentale perché anche un bambino capisca che conoscenza è questione assai concreta e ha a che fare con la nostra quotidianità. La cornice della conoscenza è data dalle regole, che devono essere chiare e rispettate da tutti, giacché sono il presupposto stesso della convivenza sociale.
 Con questo sguardo concreto usiamo le parole Conoscenza e Regole come filo rosso del convegno che il Centro Studi Urbani ha organizzato per domani e che che parte da due libri: «La Sardegna delle eccezioni» di Giacomo Mameli (Cuec 2011) ed «Esperienze di governo del territorio», che chi scrive ha curato per Laterza. Molto diversi tra loro, entrambi i libri tentano di dimostrare che dove ci sono conoscenza (anzitutto del territorio) e rispetto delle regole (leggi e norme sociale), si possono costituire le basi per uno sviluppo durevole, in termini di produzione materiale e immateriale. Dove invece esse sono carenti e neppure rientrano nell’orizzonte di chi detiene il governo - politico ed economico - l’esito finale è assenza di prospettiva e povertà non solo materiale.
 La Sardegna versa in una condizione di declino, resa più acuta dalla crisi finanziaria che si è abbattuta in Europa e in Italia. Di che cosa è fatto questo declino? 1. Di un sistema produttivo debole, e lo smantellamento industriale ne è l’esito finale; 2. di calo demografico e assenza di ricambio della popolazione - oggi molti parlano di catastrofe antropologica riferendosi all’abbandono dei piccoli comuni, ma quando Marcello Lelli iniziò a parlarne agli inizi degli anni Settanta quasi tutti lo ignorarono; 3. di svuotamento delle funzioni produttive della terra, con conseguente abbandono e degrado dei territori coinvolti; 4. di nuovi fenomeni migratori, e se in passato chi andava via sperava di migliorare le proprie condizioni e poter riportare in loco le proprie fortune, oggi questa speranza non c’è più, soprattutto quando riguarda i giovani. C’è ormai una diffusa rassegnazione, anche per la cronica incapacità della classe dirigente ad avere lo sguardo lungo, l’unico indispensabile se si vuole costruire un modello di sviluppo che renda per davvero questa terra ricca di possibilità.
 Dentro questa crisi, però, troviamo anche segni positivi (come ad esempio le storie di impresa raccontate da Giacomo Mameli) che indicano con chiarezza che il futuro della Sardegna è strettamente connesso sia alla conoscenza delle potenzialità del territorio e al rispetto delle sue peculiarità, senza stravolgerle, sia alla capacità di applicare una forte competenza professionale su ciò che si fa.
 Vale a dire che la conoscenza è, oggi più di ieri, la «materia» prima su cui investire, ma ciò contrasta nettamente con il fatto che la regione si colloca ai primi posti per gli abbandoni scolastici. Il che significa che nel prossimo futuro l’istruzione media, oggi già bassa, è «destinata» ad abbassarsi ulteriormente, magari a fronte di poche eccellenze che comunque prescindono dal livello medio. È come per il gusto nel vestire che fino a un recente passato rendeva la popolazione italiana riconoscibile nel mondo per stile e che invece ora riguarda pochi esempi di eccellenza.
 È giunto il momento di abbandonare le scorciatoie, quali le fabbriche dell’effimero come i campi da golf e le politiche fondate sul cemento, che, come si è visto non assicurano benessere se non a pochi, mentre i costi ambientali ricadono interamente sulla società. Diventa invece assolutamente urgente affrontare in modo organico l’insieme di problemi sociali (povertà e disoccupazione) e ambientali, anzitutto, risanando quei vasti territori tra i più compromessi del Mediterraneo; in secondo luogo, recuperando la vocazione produttiva, a partire dall’agricoltura e dalla pastorizia, giacché non va dimenticato che il primo problema globale del XXI secolo è il cibo.
 Ma enunciare non basta. Sono necessari volontà politica e metodo nell’affrontare questi grandi ordini di problemi. In questo senso diventa fondamentale saper utilizzare la conoscenza esperta (ricerca scientifica e saperi locali), peraltro già presente e solida in Sardegna, e metterla a disposizione dei territori. Ciò può essere fatto all’interno di unità territoriali omogenee che siano in grado di monitorare le potenzialità, quali i Sistemi locali del lavoro, nei quali amministrazioni, istruzione, proprietà di suolo e imprese dialoghino con il sapere scientifico per capire come rendere i loro territori produttivi, coinvolgendo in questo processo (anche in termini di formazione e motivazione) i giovani, compresi i tanti che non studiano e non lavorano.
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Sassari
Decaduta l’assemblea del parco
Ora va nel freezer anche Porto Conte
 
 ALGHERO. Non è soltanto il Piano urbanistico a essere tornato nel surgelatore, ma anche il Piano di gestione del Parco regionale di Porto Conte. Con lo scioglimento del consiglio comunale, infatti, a cascata è decaduto anche l’assemblea dell’azienda speciale dell’area protetta, che coincide appunto con quella civica. Rimarrà in carica fino alla nomina del nuovo consiglio comunale solo il cda presieduto da Francesco Sasso (foto) e composto da Alberto Zanetti e Angelo Ibba. Un consiglio che avrà comunque solo poteri di ordinaria amministrazione. Il presidente, infatti, potrà gestire gli atti necessari al corretto funzionamento degli uffici e dei servizi svolti dall’Ente Parco e adottare atti straordinari solo se necessari per evitare perdite di finanziamenti e garantire entrate già previste. Per l’approvazione invece del Piano di gestione occorrerà dunque attendere. Tuttavia l’ufficio del Piano appositamente costituito un anno fa e guidato dal coordinatore Nicola Sechi, direttore del Dipartimento di Scienze botaniche, ecologiche e geologiche dell’Università di Sassari, sta definendo gli ultimi dettagli dello strumento di pianificazione dell’area naturale protetta. E l’Ente pertanto sarà pronto a portarlo in assemblea non appena questa sarà di nuovo in carica. L’attività del Parco non si arresterà e proprio entro questo mese sono previste importanti iniziative a conclusione di altrettanti progetti avviati.
 

Questionario e social

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