Sabato 24 settembre 2011

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 settembre 2011

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro (Pagina 23 - Edizione NU)
Ricercatori mordi e fuggi
Il rettore Melis: «Niente soldi a chi studia fuori»
UNIVERSITÀ. Sessanta giovani sono rientrati ieri per un giorno a Nuoro
 
Che abbiano scelto la strada delle Lettere, della Matematica, delle Scienze pure o applicate, a unirli è un ideale unico contrassegno di appartenenza: nomadi dello scibile, valigia sempre in mano studiano, approfondiscono e sognano l'applicazione reale dei risultati a cui giungono. Per la “Notte dei ricercatori” ieri l'esercito dei 60 cervelli in fuga, è rientrato per un giorno a Nuoro. Dibattiti nelle scuole, banchetti informativi, scambi di opinioni. Tra loro una nicchia particolarmente nell'ombra: gli assegnisti, freelance della Ricerca, i quali ancora più dei ricercatori tout court, operano nel silenzio, senza il benestare dei baroni delle Università, sempre a caccia del finanziamento regionale o europeo per portare avanti il proprio lavoro.
AFRICA E SVEZIA Vario il campionario. Il settore dell'agroalimentare è il filo rosso della vita professionale di Chiara Sulas, 33 anni, che prima di indagare sull'insilamento delle leguminose, ha girovagato per cinque anni tra l'Africa e l'Europa per specializzarsi in biologia molecolare, epidemiologia e biotecnologia: «Ma poi? - si chiede - che seguito avrà tutto il mio operare? Difficilmente posso sperare in un futuro accademico, visto che non ho professori di riferimento su cui appoggiarmi». Così Fabrizio Chessa, in attesa del concorso per dottorato a Sassari, specializzato in Scienze sociali, 41 anni, nel curriculum l'erasmus in Svezia, un dottorato in Scozia «e tante corse per trovare chi sovvenzionasse le mie ricerche. E dopo? Gli stessi enti pubblici spesso commissionano degli studi e poi li lasciano nei cassetti. Uno spreco di risorse umane ed economiche». Valentina Sulis si è laureata in Lettere alla Cattolica e sta conducendo un lavoro sui riti matrimoniali in Barbagia: «Mi hanno assegnato 60 mila euro per due anni - racconta - ma ho paura che possa diventare un obolo. Quando avrò finito in che modo potrà proseguire il percorso che ho cominciato?».
IL GIOCO DELL'OCA Altro iter, stessa storia, Manuel Floris, 39 anni, parte della vita vissuta in Spagna, è un astrofisico che opera all'interno del Crs4, il Centro di ricerca della Sardegna, e attualmente si sta concentrando sulle radiazioni solari dirette, nell'ambito di un progetto che coinvolge anche l'imprenditore di Ottana Paolo Clivati. «Non so ancora bene cosa ne sarà di me quando scadranno i tempi dell'assegno, è un modo farraginoso di procedere. Rischiamo di dover ricominciare ogni volta tutto da capo».
GLI ATENEI SARDI In mattinata nell'auditorium della Satta, la veloce inaugurazione della kermesse, da parte del sindaco Alessandro Bianchi, l'assessore comunale all'Università Paola Demuro, alla presenza di Giovanni Melis, rettore dell'Università di Cagliari e Pietro Luciano, preside di Agraria nell'ateneo sassarese. Sullo sfondo la vessata quaestio dell'Università a Nuoro, ma il team istituzionale sceglie di rimanere sui temi generali. L'unico a sbilanciarsi in qualche modo é Melis, per ribadire da una parte ribadisce che «vista la situazione dei tagli e delle restrizioni Cagliari di più per Nuoro non poteva fare».
AUTARCHIA Poi Melis stigmatizza «i rimborsi regionali a favore degli universitari che se ne vanno fuori dell'Isola» che, a detta del rettore, diversamente rimarrebbero in Sardegna senza gli aiuti. «Ma che discorsi sono? - ribatte Fabrizio Mureddu, 35 anni, titolare di un assegno di ricerca con alle spalle un dottorato tra Toledo e Pisa - tutti dovrebbero essere messi in condizione di scegliere, e ben vengano gli aiuti pubblici quando servono».
Francesca Gungui
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 22 - Edizione CA)
Il progetto complementare al campus
Social housing universitario al San Giovanni di Dio
 
Forse ci siamo, dopo dieci anni tormentati, Cagliari potrebbe dotarsi del campus universitario in viale La Playa. Perdere i 30 milioni di finanziamento sul tavolo sarebbe un ulteriore schiaffo morale nei confronti degli studenti, che hanno già visto spendere circa 40 milioni di euro per la sola acquisizione delle aree. I tempi stringono ed Ersu, Comune e Regione sono chiamati ad una sinergica collaborazione per avviare uno dei progetti all'esame dei tecnici.
Cagliari città universitaria è un tormentone che ci ripetiamo da anni, oggetto di studi e di accurate pianificazioni dei dipartimenti universitari di ingegneria e di architettura. Eppure la politica non è stata in grado di dare concrete risposte alla città, in un continuo rimbalzo di contrapposizione, spesso istituzionale ed ideologica, fra Campus ex Sem e campus naturale. Siamo convinti che i due progetti debbano essere complementari. Un'unica struttura non è sufficiente. Sono circa 35 mila le persone che ruotano intorno all'Ateneo, circa 10 mila gli studenti fuori sede e mille quelli che avrebbero diritto all'alloggio Ersu ma che, per mancanza di un'adeguata offerta di posti letto, si affidano al mercato degli affitti privati, spesso in nero.
L'Università si sviluppa, in buona parte, nel tratto che da piazza d'Armi arriva fino alle pendici del Castello. È qui che si trova una delle strutture che fra pochi anni dovrebbe tornare nella disponibilità della città: l'Ospedale Civile. Il monumentale edificio progettato da Cima ha la facciata rivolta verso il quartiere medievale e dà le spalle all'Orto botanico: potrebbe rappresentare un vitale nodo della città universitaria del futuro, collegando il polo di viale S.Ignazio con l'altra parte del centro.
In tempi di cinghie strette, i finanziamenti per la sua riqualificazione si potrebbero garantire attraverso un progetto di social housing universitario. Esperienze analoghe sono state sperimentate in altre città d'Europa, dove grazie alla sinergia fra pubblico e privato si sono creati o rivalorizzati edifici storici. La nuova politica sociale abitativa, applicata anche a quella universitaria, garantirebbe prezzi più bassi di quelli di mercato e contribuirebbe ad accogliere in città gli studenti, che un domani saranno il motore dello sviluppo locale.
Stefano Gregorini
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Commenti (Pagina 17 - Edizione CA)
Punti di vista
Le suore dei poverissimi in cerca di un tetto
 
La comunità delle suore di Madre Teresa di Calcutta, che da anni assiste i poverissimi in via Porcell, ha ricevuto lo sfratto dal rettore dell'Università di Cagliari. Quei locali, evidentemente, sono troppo importanti per l'Ateneo! Vedremo come saranno utilizzati. La nuova sede che per ora si prospetta non consentirà alle suore, aiutate da centinaia di volontari, di offrire lo stesso tipo di accoglienza: né pasti, né un rifugio per la notte. Peccato davvero. Chi ha frequentato la comunità, conosce lo spirito di fraternità sincera e di gioia che trasmettono le piccole, infaticabili suore. Lì si dispensano pasti, si forniscono alloggi, si assistono le persone anche dal punto di vista morale, in uno spirito comunitario che unisce i poveri estremi (spesso immigrati) e i volontari, contagiati dal carisma delle Suore. Qui c'è il volontariato più puro ed autentico, quello che non chiede e non vuole contributi pubblici, dove tanti lavorano, donano e pregano nel più completo anonimato. Perché Cagliari vuole perdere questo esempio di carità? Perché le autorità, Università, Provincia, Comune, non offrono uno dei tanti edifici pubblici? La loro azione politica ne sarebbe nobilitata.
Fabrizio Carta
Non solo pane, non solo un tetto per la notte: è amore senza condizioni né giudizi che le suore di Madre Teresa offrono agli ultimi degli ultimi, aiutate da tanti silenziosi volontari. Speriamo che il loro lavoro non vada perduto. Però mi sembra che a doversi attivare siano la Curia (per ovvi motivi) e il Comune, perché le suore garantiscono un servizio sociale. Non l'Università, che ha ben altri fini istituzionali: l'insegnamento e la ricerca scientifica. E per conseguirli, in tempi di tagli, ha bisogno di mettere a frutto l'intero suo patrimonio, anche immobiliare.
Daniela Pinna
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Provincia Sulcis (Pagina 23 - Edizione PC)
Iglesias
Monteponi, le ultime tre lauree dell'Università
 
«Forse per l'ultima volta ho visto l'aula magna piena». Era triste Anna Musinu, presidente del corso di laurea in Scienza dei materiali, quando ieri mattina si è conclusa la cerimonia di laurea di tre dei suoi studenti: sa, come tutti, che la discussione delle tesi di Nicola Occhiati, Valentina Simbula e Claudia Valente, ha fatto calare il sipario sull'Università di Monteponi. È stato loro il compito, involontario, di chiudere un capitolo iniziato nel 1997 con l'istituzione del corso di laurea nel villaggio minerario alle porte di Iglesias, luogo strategico per quel tipo di studi. Così il giorno di festa ha assunto un sapore dolce-amaro per la consapevolezza che villa Bellavista, diventata sede della cosiddetta Università diffusa, non ospiterà più studenti, né docenti. Resta un master e qualche altra iniziativa collaterale, ma l'attività didattica vera e propria è storia che appartiene al passato. Un destino segnato da tempo, conseguenza della decisione presa nel 2009 dal corpo docente che aveva deciso di dirottare le nuove iscrizioni alla cittadella universitaria di Monserrato. I tagli da parte del Governo centrale hanno poi fatto il resto. «La situazione sta precipitando - conferma Anna Musinu - non solo nelle sedi periferiche. Non si investe per la scuola e mancano i docenti: di questo passo saremo costretti a tagliare corsi anche a Cagliari». Il rammarico per l'esperienza di Monteponi ormai conclusa è forte: «È stata un'esperienza molto soddisfacente, il corso di studi aveva trovato a Monteponi la sua sede ideale per via delle caratteristiche ambientali, mentre il trasferimento a Monserrato ha fatto un po' perdere la sua specificità».
Cinzia Simbula
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 61 - Edizione CA)
FISICA. Dopo il clamoroso annuncio del Cern
I neutrini superveloci, una rivoluzione? «È presto per dirlo» 
 
L'annuncio del Cern di Givevra si è guadagnato le copertine e le prime pagine di tutti i giornali e di tutti i siti web. Un esperimento internazionale (chiamato Opera) a guida italiana avrebbe osservato fasci di particelle elementari - nella fattispecie composti da neutrini di tipo muonico - che si muovono a velocità più elevata della velocità della luce nel vuoto. Tale velocità è rappresentata tipicamente con il simbolo “c” e corrisponde a circa 299792 km percorsi in un secondo (cioè poco più di un miliardo di km all'ora). I dati collezionati in oltre tre anni di esperimenti dalla collaborazione Opera indicherebbero per i neutrini una velocità circa 7 km al secondo più rapida di “c”.
L'esperimento è concettualmente semplicissimo e si basa su una relazione fisica fra spazio percorso e tempo impiegato a percorrerlo. Nel caso dell'esperimento Opera lo spazio percorso corrisponde alla distanza (circa 730 km, con un'incertezza di soli 20 centimetri) fra il luogo di produzione dei neutrini, presso il Cern di Ginevra, e il luogo ove i neutrini vengono rivelati, presso i Laboratori del Gran Sasso. Ci si aspettava che il tempo di volo dei neutrini fra il Cern e il Gran Sasso fosse più lungo rispetto ai circa 2,4 millesimi di secondo impiegati per coprire la distanza da parte di un segnale che si propaga alla velocità della luce nel vuoto. E invece, con sommo stupore in primis degli stessi ricercatori coinvolti nell'esperimento, questo tempo di volo è risultato inferiore, per soli 60 miliardesimi di secondo, con una incertezza di circa 10 miliardesimi di secondo. Ciò, preso alla lettera, implica che i neutrini esaminati hanno una velocità di 299798 km al secondo, appunto circa 7 kilometri al secondo più rapida rispetto a “c”.
Se si tratterà di una rivoluzione nel mondo della fisica lo potranno dire solo gli esperimenti e le verifiche degli anni a venire. Il tempo di volo dei neutrini su distanze cosmiche era stato misurato in passato grazie all'osservazione nel 1987 di una stella esplosa nella Grande Nube di Magellano e si era riscontrata, secondo le attese, una velocità inferiore a “c”. Sebbene moltissimi controlli siano stati compiuti dagli autori dell'esperimento Opera, qualche aspetto potrebbe dunque essere sfuggito e il prossimo passo della comunità della ricerca sarà di organizzare esperimenti indipendenti di test del risultato.
Quanto all'aspetto teorico, gli stessi autori, guidati dall'italiano Antonio Ereditato, hanno deliberatamente evitato, nella loro pubblicazione, di lanciarsi in qualsivoglia tentativo di discutere le implicazioni di questa loro scoperta. E certamente, prima di proclamare la necessità di superare le teorie che fondano la fisica moderna, il cammino da fare è ancora lunghissimo. Piace però concludere notando che oggi, fra i colleghi e nel mondo della ricerca fisica, sebbene fra mille cautele, si percepiva un'eccitazione palpabile, riflesso del fatto che lo slancio alla contestazione delle teorie correnti è insito nella scienza. La scienza non può e non potrà mai “dimostrare” una teoria fisica, ma solo “falsificarla”, ossia fare un esperimento - Opera potrebbe essere uno di questi - che mostra come la teoria, anche quella apparentemente più solida e che ha già superato un'infinità di test, sia invece incompleta e quindi da modificare.
Andrea Possenti
Direttore Osservatorio astronomico di Cagliari
 
Cultura (Pagina 61 - Edizione CA)
L'esperimento Opera
I ricercatori: «Un pugno nello stomaco»
 
La scoperta che i neutrini viaggiano verosimilmente più veloci della luce è stata «un pugno allo stomaco», racconta Dario Autiero, coordinatore dell'analisi fisica dell'esperimento Opera. Eravamo increduli, «perché francamente non ce l'aspettavamo», spiega il ricercatore che ha presentato ieri a Ginevra i sorprendenti risultati insieme a Antonio Ereditato, coordinatore della collaborazione internazionale Opera. «Il primo pensiero era appunto che doveva esserci qualche errore. Ed infatti abbiamo poi passato sei mesi a fare verifiche», precisa Autiero, del Centre National de Recherche scientifique (Francia), dove è approdato dopo aver studiato all'Università di Pisa e trascorso dieci anni al Cern.
«È molto più confortevole nella vita dei ricercatori misurare degli effetti che tutti gli altri si aspettano di trovare. Trovare qualcosa di nuovo è più difficile perché poi bisogna provarlo, verificare che non ci siano errori», aggiunge. All'inizio l'esperimento Opera era stato ideato per studiare la trasformazione dei neutrini muonici in neutrini tau, «ma poi, quando abbiamo cominciato a prendere dei dati con il fascio Cngs (Cern Neutrions To Gran Sasso) ci siamo accorti che sarebbe stato possibile fare anche misure di tempo e nel 2008 abbiamo installato un sistema che permette di fare queste misure con grande precisione. L'analisi è stata un'analisi cieca, nel senso che non eravamo coscienti del risultato, volontariamente, ed abbiamo avuto accesso al risultato solo dopo che avevamo terminato tutte le misure di calibrazione di tempo e distanza».
Solo «a questo punto abbiamo preso coscienza del risultato ed abbiamo passato altri sei mesi a fare delle verifiche. Il punto più delicato è stato quello della sincronizzazione del tempo tra il Cern e il Gran Sasso» ed «abbiamo chiesto ad un altro istituto europeo indipendente di rimisurare la sincronizzazione e verificare che fosse effettivamente al livello del nanosecondo come ci aspettavano. E questa a mio avviso è stata la verifica più importante».
 
L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
«Sì alle larghe intese»
Beppe Pisanu rilancia da Cagliari il governo di solidarietà:
«Serve un'ampia maggioranza per tranquillizzare i mercati» 
 
Metti un senatore del Pd, alla festa del Pd, a confronto con un senatore del Pdl. Finisce che gli applausi più forti li prende quello che gioca in trasferta: non solo perché si chiama Beppe Pisanu, non solo perché elogia Enrico Berlinguer (che in Sardegna fa sempre presa). Ma soprattutto perché, pur con la prudenza consueta, le parole del presidente della commissione Antimafia mettono di fatto una pietra tombale sulla seconda Repubblica berlusconiana, invocando «una tregua tra i partiti, una fase di larghe intese per uscire dalla crisi».
LA TREGUA Finché lo dice il centrosinistra, conta fino a un certo punto: ma da uno dei big del Pdl fa tutto un altro effetto. «La crisi economica - sottolinea Pisanu aprendo il faccia a faccia, all'Exmà di Cagliari, col democratico Luigi Zanda - si intreccia con quella politica, che alimenta la sfiducia dei mercati». L'unica via d'uscita è «la creazione di una larghissima maggioranza parlamentare, che mostri anche all'estero una mobilitazione comune».
Un po' come la solidarietà nazionale negli anni '70: ed è qui che scatta l'omaggio a Berlinguer. «La Dc - ricorda l'ex ministro dell'Interno - perdeva voti, il Pci cresceva e avrebbe potuto sedersi sulla riva del fiume ad aspettare la nostra fine. Invece, di fronte alla crisi economica e al terrorismo, Enrico capì, con Aldo Moro, che si dovevano unire le forze migliori del Paese».
IL PREMIER Che una fase simile, nel prossimo futuro, debba passare attraverso un passo indietro di Silvio Berlusconi, Pisanu non lo dice apertamente ma lo fa capire: «Se il presidente intenda farsi da parte non lo so, dipenderà dalle decisioni sue ma soprattutto dai mercati e dalle autorità internazionali», aggiunge sibillino. Le larghe intese, nella sua visione, non sono solo una reazione all'emergenza, ma una transizione verso un sistema politico diverso dall'attuale, che privilegia le forze estreme, e «a dettare l'agenda dei due poli sono Di Pietro e Bossi».
Un sistema in cui «non ci saranno più berlusconismo e antiberlusconismo, e ci si potrà aggregare sulla base delle idee per lo sviluppo del Paese». Del resto, aggiunge il presidente dell'Antimafia, «già oggi mi trovo spesso più facilmente d'accordo con un amico come Zanda che con molti del Pdl».
IL PD Il vicecapogruppo dei senatori Pd ricambia le cortesie, ma non dimentica che «berlusconismo e antiberlusconismo sono cose diverse: il secondo è figlio del primo. Il premier è il nodo che impedisce il rilancio del Paese. Guardate come lui e la Gelmini hanno massacrato, negli ultimi anni, l'università e la scuola». Quanto all'alternativa, «non nego le difficoltà del Pd. Ma è un partito che ha unito due grandi anime, e non è vero che non si sono amalgamate: tra i militanti sì, i problemi restano tra qualche dirigente». Poi, certo, «discuteremo sempre: siamo l'unico partito che non ha un proprietario».
LA SARDEGNA Da Beppe Pisanu anche qualche battuta sulla situazione sarda: «Non sono il lord protettore di Cappellacci», risponde a chi gli chiede del suo presunto ruolo di ispiratore del presidente della Regione, «ma condivido la sua linea che mette gli interessi dei sardi davanti a quelli di parte, anche del suo partito».
Giuseppe Meloni
 

LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Gallura
Gestione d’impresa e turismo sostenibile all’Università c’è il ricercatore Jafar Jafari
 
OLBIA. Il polo universitario di Olbia parla straniero. Dopo aver ospitato Carlota Lorenzo Ramirez, professoressa dell’Università Castilla-La Mancha, in Spagna, questi giorni è presente Jafar Jafari. Il professore, invitato da Giacomo Del Chiappa, ricercatore e docente di Gestione e marketing delle imprese turistiche, è stato l’editore fondatore della rivista «Annals of Tourism Research», la rivista scientifica più importante a livello internazionale in campo turistico, ed è presidente fondatore dell’Accademia per lo studio del turismo. Jafari è arrivato a Olbia il 14 settembre e concluderà la sua esperienza oggi. Nel corso della sua permanenza ha partecipato ai lavori del Gruppo di studio e attenzione dell’Accademia di Economia aziendale sui temi del Management per la sostenibilità dello sviluppo turistico. Il gruppo è compsoto da unità di ricerca appartenenti a numerose università italiane, tra cui Sassari.
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 23 - Sassari
Gli universitari meritevoli
Domande per le premialità
 
 SASSARI. Scadono lunedì 26 settembre i termini per la presentazione della domanda per la selezione degli studenti meritevoli per l’anno 2010. La domanda dovrà essere effettuata on line sul sito web dell’Ateneo www.uniss.it. Gli studenti iscritti in corso ad un Corso di laurea triennale o di laurea magistrale o specialistica, o a ciclo unico dell’Università di Sassari alla data del 31 luglio 2010 possono presentare domanda per beneficiare delle premialità. Non saranno ammessi gli studenti che risultino immatricolati da più di un anno accademico rispetto all’anno di corso cui risultino iscritti e gli studenti che nel 2009/2010 erano iscritti in regime di “part time”, né chi ha beneficiato dell’abbreviazione di corso o del riconoscimento di carriere pregresse. Per le istruzioni e per verificare il possesso dei requisiti, consultare il sito web dell’Ateneo www.uniss.it
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
«Noi, figli di un dio minore»
La lotta dei docenti abilitati e abilitandi tagliati fuori dalle graduatorie
ANTONIO MELONI
 
SASSARI. Un decreto ministeriale è al centro della manifestazione di protesta inscenata ieri in piazza d’Italia da un folto gruppo di docenti. Un provvedimento varato nel 2008 nega loro l’accesso in graduatoria solo perchè immatricolati dopo il 2007. Una situazione assurda che penalizza ventimila docenti italiani, cinquecento in Sardegna un centinaio a Sassari.
 Così, d’intesa con i colleghi delle altre città sarde, hanno aderito al coordinamento nazionale «Docenti abilitati e abilitandi» per rivendicare parità di trattamento con gli altri. Ieri, di prima mattina, hanno allestito una postazione di fronte alla gradinata della Provincia condividendo spazi e proteste con i lavoratori del Csl in quella piazza diventata ormai palcoscenico del precariato. Dopo aver montato una piccola tensostruttura, hanno srotolato striscioni e appeso manifesti spiegando ai numerosi passanti il senso dell’iniziativa. E mentre un’orchestrina composta da un gruppo di docenti di musica attaccava con una marcetta, Maria Grazia Casu, portavoce e interprete del Coordinamento sassarese ha improvvisato una conferenza stampa: «Questa è la prima di una serie di iniziative che vogliamo promuovere per rivendicare parità di trattamento con i nostri colleghi già in graduatoria». Tutto risale all Finanziaria del 2007 quando le graduatorie permanenti vennero trasformate in graduatorie a esaurimento precludendo di fatto l’accesso ai dottori in possesso della lauera abilitante. L’assurdo è che nel frattempo le Università hanno continuato a istituire e far funzionare i corsi compresi quelli che immettono nelle classi di concorso. Oltre a Scienze della formazione primaria, anche strumenti musicali e Cobaslid, acronimo che indica i corsi che abilitano all’insegnamento di disegno. Naturalmente c’è chi intanto si laurea o si iscrive per la prima volta ignaro del destino che lo attende. Poi la cosa salta fuori e monta la protesta, nasce il coordinamento che comincia a sollevare la questione in diverse sedi. Nel 2008, lo Stato torna indietro e con un decreto analogo (il 137) il ministero dell’Istruzione riapre la graduatoria, ma solo per quelli immatricolati entro il 2007. «Tutti gli altri - prosegue Maria Grazia Casu - si sono trovati nelle condizioni di non sapere cosa fare e la manifestazione di oggi (ieri per chi legge ndr) è una delle iniziative messe in campo dal nostro ccordinamento per chiedere allo Stato di tornare indietro». «L’assurdo - incalza Giovanna Cabizzosu, già in possesso del titolo abilitante - è la palese disparità di trattamento rispetto ai nostri colleghi immatricolati entro quella data quasi che il termine faccia la differenza malgrado titoli, percorsi e preparazione siano identici». Il sit-in di protesta avviato ieri andrà avanti anche per tutta la giornata di oggi.
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 16 - Attualità
Più veloci della luce Dal Cern la conferma ai test sui neutrini
Le particelle hanno viaggiato da Ginevra al Gran Sasso in 2,4 millesimi di secondo
 
 ROMA. «Corale», «inaspettata», «sorprendente». C’è grande eccitazione al quartier generale del Cern di Ginevra per la scoperta che potrebbe rivoluzionare i fondamenti della fisica a cominciare dalla teoria della relatività di Albert Einstein. I neutrini, hanno confermato ieri i ricercatori dell’acceleratore di particelle più grande del mondo, viaggiano ad una velocità di 20 parti per milione superiore a quella della luce. Violando, di fatto, “il limite di velocità” del cosmo sinora conosciuto.
 Ad illustrare ai colleghi scienziati e alla stampa internazionale i risultati dell’esperimento «Opera» - che viene ora sottoposto al vaglio della comunità scientifica mondiale - sono stati ieri i due italiani che dal 2006 coordinano il progetto e il lavoro di 160 ricercatori provenienti da 30 istituzioni e 11 paesi: i professori Antonio Ereditato, dell’Università di Berna, e Dario Autiero, del Centro nazionale di ricerche scientifiche (Cnrs) di Parigi. E al termine dell’esposizione e della pioggia di domande, dalle prime di file di fisici, matematici e ingegneri è partito un fragoroso, lunghissimo applauso. Segno che nessun vizio di forma è stato rilevato.
 L’esperimento condotto potrebbe sembrare semplice. Nell’arco di tre anni i ricercatori hanno sparato ripetutamente fasci di neutrini attraverso la crosta terreste (15mila fasci in tutto per ottenere un valore statistico attendibile e accurato). E hanno misurato, con sistemi di altissima precisione (al nanosecondo) il tempo di volo tra la sorgente e il punto d’arrivo. Vale a dire sui 730 chilometri che separano i laboratori del Cern di Ginevra da quelli dell’Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso. Ed è qui che è arrivata la sconcertante sorpresa. I neutrini avrebbero dovuto percorrere i 730 km di distanza tra i due siti (con un’incertezza di 20 centimetri) in 2,4 millesimi di secondo, ma in realtà ci hanno messo 60 nanosecondi (60 miliardesimi di secondo) in meno di quanto avrebbero dovuto impiegarci per Einstein.
 «Si tratta apparentemente di una piccola differenza», ha spiegato Ereditato, «ma concettualmente è incredibilmente importante. La scoperta è così sorprendente che, per il momento, tutti dovrebbero essere molto prudenti. Non voglio neanche pensare alle possibili implicazioni», ha detto il ricercatore.
 Tuttavia se l’annuncio è stato fatto è perché al Cern sono ormai certi di non aver commesso errori. I calcoli sono stati rifatti decine di volte «perché francamente non ce lo aspettavamo», ha raccontato Autiero. «Il primo pensiero che abbiamo avuto era appunto che doveva esserci qualche errore. Ed infatti abbiamo poi passato sei mesi a fare verifiche», aggiunge il professore approdato in Francia dopo la laurea all’Università di Pisa e dieci anni trascorsi nelle viscere del Cern.
 Ma ogni test ha dato lo stesso esito. Ed è per questo che il Cern invita ora i colleghi di tutto il mondo a eseguire «nuove misurazioni indipendenti», come la pratica impone. Il dibattito è aperto e il resto, per ora, è fantascienza. In Giappone e negli Usa, però, i test di conferma sono già pronti. E si preparano mesi di intenso lavoro.
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Fatto del giorno
Stop a Berlusconi, feeling Pisanu-Zanda
E la situazione sarda? Il senatore del Pdl: «Cappellacci coraggioso, avanti così»
Il progetto di unità nazionale ma con il pressing Pd per togliere subito l’appoggio al governo
FILIPPO PERETTI
 
 CAGLIARI. Governo inadeguato, unità nazionale, ricostruzione etica, rilancio economico, recupero di credibilità. Sembrava di sentire due senatori dello stesso partito nel confronto tra Luigi Zanda (Pd) e Beppe Pisanu (Pdl) ieri sera alla festa democratica. E Pisanu ha anche incoraggiato Ugo Cappellacci ad andare avanti nella sua sfida al Pdl. Per un nuovo partito? «E chi l’ha detto?».
 Prima di salire sul palco per il dibattito con Zanda, Pisanu ha risposto ad alcune domande dei giornalisti. Una sulla situazione politica sarda e la «ribellione» di Cappellacci. Il presidente della commissione Antimafia, da diversi mesi in sintonia con il governatore, ha subito chiarito: «Io non sono il lord protettore di nessuno e Cappellacci non ha bisogno di protezioni. Semplicemente condivido la linea che ha scelto, ovvero di mettere gli interessi generali dei sardi al di sopra di qualsiasi altra valutazione anche legittima di parte, comprese ovviamente anche quelle del suo partito». Si viaggia verso un nuovo partito? «E chi l’ha detto? Ogni volta che emerge un dissenso si pensa che debba nascere un partito. Per la verità tutti i partiti politici italiani sono in difficoltà, occorre un rinnovamento, anche oltre gli schemi tradizionali di destra e di sinistra».
 Sul palco, nel confronto diretto moderato dal direttore dell’Unità Claudio Sardo, Pisanu e Zanda si sono trovati d’accordo su tutto, a iniziare dall’esigenza che si chiuda la fase del governo Berlusconi. O meglio, d’accordo quasi su tutto. Su un punto, infatti, la distanza è rimasta inalterata e non chiarita se non per sottintesi. E’ il punto sul sostegno ufficiale che Pisanu, nonostante il dissenso politico sempre più marcato nei confronti di Berlusconi, continua a garantire al governo con il voto in Parlamento. Dopo aver girato attorno all’argomento in diversi momenti, alla fine, per dare soddisfazione ad alcuni mugugni della platea della festa democratica nazionale (università e ricerca) che si chiude oggi all’Exmà, Zanda ha sfidato Pisanu: «Noi abbiamo fatto di tutto per mandare a casa Berlusconi, cosa possiamo fare di più? Ora vorrei tanto che fosse Pisanu a non votare più per questo governo». L’applauso è stato convincente. Ma Zanda, padrone di casa, non ha voluto mettere in difficoltà l’ospite e ha spiegato: «E’ un confronto importante, stiamo lavorando per un nuovo tessuto e siccome il traguardo comune non è lontano, quando ci sarà la liberazione, perché di liberazione si tratterà, questo tessuto tornerà utile per la ricostruzione».
 Ad introdurre il tema della fase di solidarietà nazionale è stato Pisanu. «La crisi economica - ha spiegato - si intreccia con la crisi politica e le due crisi si alimentano a vicenda. Questo intreccio va rotto chiamando a raccolta le migliori energie del Paese e ce ne sono tante». Dopo aver parlato di «decadenza dell’etica pubblica», di una «maggioranza numerica che non ce la può fare», dell’esigenza di «ridare prestigio all’Italia», dell’«evidente sfiducia dei mercati», il senatore del Pdl ha spiegato che «l’unica via d’uscita è rappresentata dalla costituzione di una larghissima maggioranza parlamentare». Che, oltre che rimettere a posto i conti e fare le riforme elettorali, dovrà rifare anche la legge elettorale».
 Zanda è andato giù duro negli attacchi a Berlusconi, considerato il vero responsabile della crisi nazionale. Il vice capogruppo del Pd non si è però voluto sbilanciare sulle formule politico-parlamentari: «La fortuna dell’Italia è di avere un presidente come Napolitano, facciamo decidere a lui».
 Pisanu ha però insistito su «no» alle elezioni anticipate: «Non risolverebbero i problemi, anzi sarebbe un vuoto pericoloso, si rivoterebbe con la stessa legge e lo scontro politico si accentuerebbe. Tenendo conto che se finisce il berlusconismo va in crisi anche l’antiberlusconismo». Come dire: c’è una vera alternativa? Ma Zanda ha risposto seccato: «Non mettiamoli sullo stesso piano, le colpe sono del berlusconismo così come erano del fascismo, non di chi si opponeva».
 Ampi i riferimenti alle fasi passate di unità nazionale: dalla Costituente alla lotta al terrorismo. E quando si è parlato del futuro dei partiti, Zanda ha difeso il Pd («siamo l’unico partito italiano, gli altri sono di proprietà di singoli») e il suo dibattito interno: «La democrazia interna è faticosa ma è la nostra vita, è la strada del futuro di un partito che deve essere strutturato perché la politica è una cosa seria».
 Stimolato su quali idee ci sono per il dopo Pdl e per superare l’attuale centrodestra, Pisanu si è un tantino sbilanciato: «Non penso a un partito unico dei cattolici, ma a un incontro di molti cattolici con non cattolici in un partito moderno e liberaldemocratico». Ma, ha concluso, occorre anche rimettere in discussione lo schema politico tradizionale perché «di fronte ai problemi nuovi posti dalla globalizzazione e dall’attuale crisi mondiale non ha più senso dividersi tra destra e sinistra». Nella platea in molti hanno dimostrato di non essere di questo avviso. Ma nel frattempo sarebbe già qualcosa, questo il sentire diffuso del popolo democratico, porre fine all’era berlusconiana. Ha ragione Zanda che il traguardo è vicino?

Questionario e social

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