Domenica 20 marzo 2011

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 marzo 2011

 

Rassegna quotidiani locali
A cura dell’Ufficio stampa e web

 L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia (Pagina 19 - Edizione CA)
Elezioni, la sfida dei manifesti
L'esperto: «Ma i voti si prendono in altro modo» 
In città compaiono i primi “sei per tre” dei candidati sindaci e di due aspiranti consiglieri comunali
 
Per ora sono quattro, due candidati sindaci e due aspiranti consiglieri comunali, equamente divisi tra centrodestra e centrosinistra e uniti dalla strategia di propaganda elettorale. Quasi sincronizzati («sapevo che gli altri stavano si stavano preparando e ho aspettato la loro mossa», confida uno) Massimo Fantola, Massimo Zedda, Anselmo Piras e Claudio Cugusi hanno aperto la sfida dei manifesti “sei per tre”, tappezzando i cartelloni pubblicitari della città con i loro volti e, in qualche caso, con un antipasto di programma. In via Cadello, come in una piccola tribuna politica su strada, sono uno affianco all'altro e propongono i loro slogan nell'arco di trenta metri.
FANTOLA Massimo Fantola ha scelto un messaggio diretto dove elenca i punti cardine della «Cagliari per tutti» che vorrebbe: grandi eventi, spettacoli, olimpiadi estive, «perché chiunque possa praticare lo sport e possa divertirsi». Spiega Fantola: «I manifesti servono per esprimere la mia passione per la città, accompagnata da una serie di prospettive future, alcune a lunga scadenza e alcune immediate». La campagna elettorale sarà finanziata in gran parte da una cena in programma per venerdì prossimo (quota da 50 euro a testa) alla quale «spero che venga un migliaio di persone».
ZEDDA Massimo Zedda si è affidato «ad alcuni amici sardi emigrati» per studiare la strategia di comunicazione. Il manifesto: «Ora tocca a tutte le Cagliari che ci sono», verrà seguito da altri nei prossimi giorni. Quando sarà on line anche il nuovo sito internet. I soldi per pagare la campagna? «Per ora è tutto è anticipato da me, anche se farò una sottoscrizione diffusa per avere tanti piccoli finanziatori», dice Zedda.
CUGUSI Il consigliere uscente del Pd Claudio Cugusi ha speso 3.000 euro per avere 20 cartelloni affissi per 15 giorni in tutta la città. Prevede di spenderne «al massimo 10.000» alla fine della campagna elettorale, «e arriveranno tutti dai miei sostenitori: una persona, che dopo le elezioni renderà conto delle spese, si sta occupando di raccogliere i soldi». Anche in questo caso, il messaggio è semplice: «Un amico in comune», a metà strada tra il neologismo di Facebook e un efficace doppio senso, suggerito da due esperti di comunicazione.
PIRAS Il sei per tre dell'assessore alle Politiche sociali Anselmo Piras invece è fatto in casa: «Me ne sono occupato direttamente io». Lo slogan: «da Emilio Floris a Massimo Fantola», nel segno della «continuità». Cene elettorali? «Sì, ma non per raccogliere soldi». Poco più di mille euro spesi, per sei cartelloni «che non porteranno nemmeno un voto, lo so, ma almeno danno visibilità».
L'ESPERTO Su questo è d'accordo anche Giuseppe Argiolas, docente di marketing nella facoltà cagliaritana di Economia: «Servono per far ricordare il viso e il nome, non sono sufficienti a conquistare la preferenza elettorale». Come si organizza una campagna elettorale? «I metodi utilizzati adesso assimilano la questione politica alla vendita di un prodotto, e la cosa mi lascia molto perplesso. Se ci si ferma qui, a un paio di cartelloni sei per tre, è una mancanza della politica. Anche perché storicamente alle comunali c'è quello che viene chiamato overflow informativo : i candidati sono tanti e si perdono nella massa. L'elettore è talmente bombardato di informazioni che non riesce a carpirne neanche una». E allora? «Meglio il politico che concretamente si impegna tutti i giorni. E ascolta la gente. La comunicazione è questo. Il manifesto invece è unidirezionale: dico qualcosa agli altri, ma non sento quello che hanno da dirmi».
MICHELE RUFFI

 LA NUOVA SARDEGNA
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Tariffe, con il Sapei cadono gli alibi
Operatori, industrie e privati attendono l’abbattimento dei prezzi
Paolo Giuseppe Mura: «Il futuro dipende dalle prossime mosse»
La parola agli esperti. Il coordinatore degli ultimi tre piani regionali fa un primo bilancio delle scelte
 
 CAGLIARI. Adesso che il cavo Sapei, due anni dopo i tempi previsti e a quasi undici dalla prima decisione, è stato posato, che cosa succederà al sistema produttivo sardo? Le imprese, non solo le multinazionali come Alcoa e Portovesme, ma anche le piccole e piccolissime strozzate da un costo globale energetico più alto della media nazionale, ne trarranno benefici? E soprattutto: come si colloca questa imponente infrastruttura, per dimensione capacità e investimento, nel dibattito sulla presenza nell’isola di una centrale nucleare?
 Il parere degli esperti è articolato: il nuovo collegamento da solo non basta a risolvere i problemi industriali ed energetici dell’isola, ma può spingere, quasi per assurdo, i suoi governanti ad adottare le soluzioni migliori e più logiche, quasi mai quelle da loro cercate in questi ultimi anni. Il costoso (700milioni di euro) cavo che attraversa il Tirreno oggi serve a Terna per migliorare l’esercizio della rete, domani potrebbe avere una funzione economica.
 La soluzione. Il Sapei è un pezzo della soluzione del problema, come abbattere il differenziale di produttività e di redditività del nostro sistema manifatturiero, ma non è la soluzione. «Dipende dalle nostre scelte, tenendo però presente che mai come oggi non siamo noi a scegliere il nostro futuro. Governi, accordi comunitari, trattati internazionali, ci guidano verso una politica energetica a grandi linee già tracciata. La Sardegna può solo stare ai margini, ma deve cercare di prevedere almeno qualcuna delle tante incognite». Paolo Giuseppe Mura, direttore del dipartimento di ingegneria del Territorio dell’università di Cagliari, è il coordinatore dei piani energetici regionali: ha lavorato con gli ultimi tre presidenti Pili, Soru e Cappellacci. Il suo team ha dato veste tecnica allo slogan «Sardegna piattaforma energetica»; dai suoi studi è emersa l’opzione eolica, «ma non mi faccia dire come è finita, perché tutto ciò non ha a che fare con la politica energetica né con la logica», e nei poderosi volumi del primo e del secondo piano energetico, le due carte più pregiate che la Regione poteva giocare per abbattere la sua insularità economica erano per l’appunto il Sapei e il Galsi, il metanodotto Algeria-Sardegna-Toscana.
 Le carte. Una delle due è sul tavolo, «combattuta qui e a Roma da sindacati (Cgil) e grandi imprese, consapevoli che l’interconnessione reale faceva cadere molte rendite di posizione e obbligava a rendere più efficente il sistema produttivo», l’altra (il gasdotto) è nella mente di Dio: non si sa quando verrà completato e soprattutto quando distribuirà i suoi benefici al sistema. Ma il cavo, con i suoi 500 megawatt in entrata e gli altrettanti in uscita serviva in principal modo all’eolico.
 L’eolico. «Non vorrei esser frainteso - precisa Mura, i cui allievi hanno collaborato alla realizzazione di alcuni progetti di parchi eolici bloccati dalla giunta Cappellacci - ma col Sapei siamo in condizioni di esportare, a costi bassissimi, energia prodotta nell’isola; se riuscissimo ad abbattere anche questi costi il vantaggio per il sistema sarebbe duplice: produciamo a costi competitivi ed esportiamo sui mercati esterni una merce che ha valore senza che distanza e mare diventino un handicap. Quando mai è accaduto?». La mannaia dello scorso anno sull’eolico ha risolto alla radice il problema, anche se le sentenze del Tar rischiano di vanificare i piani di Cappellacci.
 Il carbone. Se l’eolico è fermo, ma forse ripartirà, anche se non arriverà ai 2000 megawatt di potenza teorica, il carbone si trova ad un bivio. E.On dovrebbe costruire la nuova centrale a Fiumesanto, per la quale ha ottenuto le autorizzazioni dal ministero, ma ha chiesto tempo. I tedeschi vogliono una proroga di un anno prima di decidere se far partire o meno l’investimento, e non è detto che nel 2012 apriranno i cantieri; il carbone Sulcis deve combattere tra difficoltà burocratiche, incertezze gestionali, ritardi autorizzativi e progettuali e pesanti attività di lobbies contrarie al suo utilizzo.
 Il valore. Senza eolico e carbone il Sapei perde buona parte del suo valore aggiunto, «ha senso e aiuta il sistema economico sardo con queste due produzioni, altrimenti ha una funzione, pur importante - continua Mura - ma legata all’esercizio della rete, e all’efficenza del sistema». L’addio alle ipotesi nucleari, non tanto per i niet del mondo politico, ma per ragioni tecniche (le centrali pensate dal governo hanno una taglia non inferiore ai 1400 megawatt di potenza, ci vorrebbero tre Sapei per metterle in connessione con il sistema, a meno che non si chiudano o si mettano a riserva tutti i gruppi di Fiumesanto e Portovesme) fa sì che il Sapei, per un lungo periodo fungerà da automatico calmiere nella formazione del Pun, il prezzo medio di acquisto alla Borsa elettrica. «Nei prossimi mesi diversi attori stranieri si affacceranno alle porte delle imprese sarde: offriranno contratti più convenienti di quelli che sono costretti a fare i produttori in loco, perché acquisteranno in Francia, o dal nord-Europa, pagheranno il trasporto e venderanno qui da noi a 20,25 euro in meno a megawatt». Visto che le spese di “trasporto”, termine applicato all’energia tecnicamente improprio ma chiaro, valgono 10 euro a megawatt, i margini di guadagno per gli intermediari rimangono consistenti.
 Il mercato. Le parti in campo sanno cosa li aspetta: i produttori, oggi rappresentati dal duopolio di fatto (come ha ricordato nelle sue relazioni ufficiali l’Autorità per l’energia e il gas) Enel-E.On subiranno un danno dall’entrata in esercizio del Sapei perché non potranno più approfittare dei vincoli della rete; i consumatori nel medio-periodo avranno un vantaggio, perché potranno aprirsi al mercato.
 Il Gestore. Premesso che nessuno dei protagonisti (produttori, grandi e piccoli consumatori, Regione e governo) ha la sfera di vetro in grado di vedere cosa accadrà addirittura da qui a tre mesi, il regista del Sapei di oggi e soprattutto di domani (che in termini industriali vuol dire cinque anni) sarà il Gestore del Mercato Energetico, l’autorità pubblica che regola le contrattazioni nel nostro paese. Per il 2011, soprattutto in estate, dove la domanda cresce, monitorerà la curva di consumo e dei prezzi, poi imporrà modifiche alle quote di riserva. Sino a ieri il sistema sardo, era costretto, proprio per l’assenza di interconnessione, a mettere in riserva (pronta all’uso in caso di necessità) una quota pari all’80 per cento dell’energia immessa regolarmente in rete; tutto ciò aveva un effetto negativo sul prezzo finale. Adesso i grandi produttori potranno vendere l’energia in riserva, o fare manutenzioni agli impianti, per renderli più efficenti. Ma per i singoli utenti sardi questa piccola rivoluzione infrastrutturale, che ci avvicina alle grandi reti europee (come l’altra forse ancora più decisiva, quella del gas) non avrà effetti immediati sulla bolletta. I privati domani pagheranno l’energia come ieri. Le imprese pagheranno di meno. Ma non per questo risolveranno in un colpo i loro problemi di redditività e di penetrazione nei mercati esteri.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura e Spettacoli
Difesa del diritto e centralità della cultura
Nel volume edito dalla Cuec i principali nodi analitici che accomunano i due pensatori
 
«Il soldino dell’anima» (Cuec Editrice, 222 pagine, 14 euro) prende il titolo da una frase di Antonio Pigliaru: «Il soldino dell’anima se non viene speso va perduto». Invito a spendersi, nel rapporto con gli altri e con il mondo, con coraggio, senza opportunismi. Il volume nasce per iniziativa di Giorgio Baratta, per decenni docente di Filosofia all’Università di Urbino e tra i fondatori della International Gramsci Society. Quando Baratta, nel gennaio del 2010, è morto dopo una lunga malattia, il suo lavoro è stato proseguito da Terra Gramsci e dal Comitato Archivio Antonio Pigliaru. L’idea del volume è quella di approfondire il rapporto tra Pigliaru e Antonio Gramsci. I contributi raccolti sono quelli dello stesso Baratta, di Giulio Angioni, di Francesco Carta, di Paolo Carta, di Francesco Cocco, di Gian Luigi Deiana, di Rina Fancellu Pigliaru, di Federico Francioni, di Salvatore Mannuzzu, di Attilio Mastino, di Benedetto Meloni, di Michela Murgia, di Alessandra Pigliaru, di Vindice Ribichesu, di Giorgio Serra.
 Per Giorgio Baratta i principali nodi analitici che accomunano i due pensatori sono «centralità della cultura», «difesa del diritto», «scuola e civiltà». Temi che restano ancora attualissimi.
 

Questionario e social

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