Lunedì 14 febbraio 2011

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 febbraio 2011
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
 
    
 
L’UNIONE SARDA
  
1 - L’Unione Sarda / Prima Pagina Pagina 2
La differenza tra scontro e confronto
Le parole scritte, gli avversari e le idee
di Giuseppe Marci
Non la voglio fare drammatica e, almeno nel mio caso, capisco che è una piccola cosa. Però non è buona.
L’ufficio di chi scrive sulle pagine di un giornale è delicato: la sua parola può aiutare a capire o confondere le idee e oggi c’è già abbastanza confusione in giro. Cerco di calibrare le parole, studiando il significato di ognuna; mi attengo al vocabolario, quasi cercando una (im)possibile dimensione scientifica della scrittura.
Un tema non da poco è quello della ricezione e delle relative pressioni fatte su chi scrive. Quando una volta usai il termine giustizialismo, un mio giovane collega se ne adontò e volle farmi una lezione di lingua italiana. La ricevetti con umiltà, sapendo che c’è sempre da imparare, anche per chi, come me, è stato allevato a pane e vocabolario Palazzi. Poi, via via, li abbiamo moltiplicati, i vocabolari, fino a quello che adopero oggi e su cui leggo alla voce giustizialismo: «Nel linguaggio giornalistico e politico, tendenza a utilizzare la magistratura come strumento per conseguire obiettivi politici». Esattamente quello che intendevo dire. Con la postilla: nelle circostanze della vita, in quelle piccole dei nostri posti di lavoro e in quelle grandi della res pubblica, è meglio cercare il consenso democratico, piuttosto che sperare in una soluzione giudiziaria di ogni faccenda.
In un’altra occasione ricevetti un sms da una mia amica: «Ma tu ce l’hai a morte con...», e di seguito il nome del precedente governatore della Sardegna. Che io non ho mai nominato, perché penso che il problema non siano gli uomini ma le idee, non i singoli ma le maggioranze. In ogni caso non ce l’ho mai avuta a morte con nessuno e ho piacere di confrontare le idee con tutti; in uno scambio cavalleresco che non prevede l’uccisione dell’avversario.
Forse ciò è inattuale; non posso farci niente e, d’altra parte, il mio patto fondamentale è con il Lettore e a lui solo devo fedeltà e chiarezza.
Così gli spiego, come è mio dovere fare, che se parlo di Università non sto chiedendo finanziamenti per me, ma sto affrontando una questione generale. Tanto più, se, come è giusto che sia, proietto il problema nel 2050, quando io, per ovvie ragioni anagrafiche, sarò a spasso nelle praterie celesti. Almeno spero.
Nessuna preoccupazione e nessun allarme; e non facciamo come la mia amica che riduceva tutto a una modesta contesa fra due esseri umani. Io sto cercando di dire una cosa diversa: che non ci sarà nessun futuro per la Sardegna, se gli amministratori pubblici continueranno a pensare all’oggi, al domani e, forse, al doman l’altro. Bisognerebbe, invece, avere l’ardire di progettare pensando alle generazioni future. Per loro, non per me, sto chiedendo un grandioso sforzo di idee e di finanziamenti.
Io sto bene così e non ho bisogno di niente. Grazie, come ricevuto.
 
 
2 - L’Unione Sarda / Primo Piano
Udc e Pd prendono coraggio dopo l’uscita di Napolitano sul «rischio elezioni»
Casini e Bersani ora chiedono il voto
ROMA Dopo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato sabato per la prima volta di rischio elezioni è come se il termine, ormai, non fosse più un tabù per nessuno. Anche per la stessa maggioranza.
Non solo, tutti i leader dell’opposizione cominciano a chiederle a gran voce: da Gianfranco Fini a Pier Luigi Bersani. Il ministro dell’Interno leghista, Roberto Maroni, ammette: il rischio per la legislatura paventato dal capo dello Stato «è reale». Mentre un altro ministro del Carroccio, Roberto Calderoli ricorre addirittura alla metafora biblica: «Sembra di stare davanti alla torre di Babele che sta per sgretolarsi».
Ma è soprattutto dal centrosinistra che l’idea di tornare alle urne prima del tempo sembra farsi strada senza troppi patemi d’animo. «Se non cambiano le cose - afferma il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini - meglio votare». Ci dimettiamo tutti e due, è la proposta-sfida che Fini fa a Berlusconi, e poi si va al voto. Prima però - un po’ perchè il Cavaliere non sembra intenzionato ad abbandonare Palazzo Chigi anzitempo, un po’ per ammiccare alla Lega - meglio fare il federalismo e la legge elettorale.
Anche Bersani ribadisce che tutto sommato il voto anticipato a questo punto sarebbe il minore dei mali e difende a spada tratta il capo dello Stato «duramente attaccato dai giornali del premier». «È l’unico in grado, ora come ora», interviene il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, di «tenere il timone dritto» evitando che la barca affondi. Il premier si deve dimettere e si deve tornare al voto, incalza Oliviero Diliberto (Pdci), «nel solco delle indicazioni di Napolitano».
Il Pdl, però, contro l’ipotesi elezioni-subito e quasi a voler rispondere a Napolitano fa quadrato e con una mega-nota (quasi tre cartelle) congiunta di tutti e quattro i vertici dei gruppi parlamentari di Camera e Senato (Fabrizio Cicchitto e Massimo Corsaro, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello), mette in chiaro alcune cose. Prima di tutto la maggioranza in Parlamento c’è eccome. È vero che la situazione «è grave», ammettono, ma i numeri ci sono. Come dimostrano i vari voti di fiducia che si sono ripetuti negli ultimi tre mesi (dal 14 dicembre in poi) compresa la mozione contro il ministro della Cultura, Sandro Bondi.
Poi, il Parlamento sta lavorando. Non è vero che è paralizzato. E per dimostrarlo citano i testi esaminati e da esaminare: dalla riforma dell’ Università al ddl milleproroghe.
Ma è contro Fini che la maggior parte dei parlamentari lancia invettive: chi gli dice di prendersi una vacanza perchè «in stato confusionale», chi definisce il suo neo-partito «sciacallo» del Pdl.
Il clima, insomma, benchè tutti a parole diano ragione a Napolitano sulla necessità di abbassare i toni, torna ad infiammarsi.
 

 
 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
3 - La Nuova Sardegna / Pagina 10 - Sardegna
Il mistero del piano del lavoro 
Ci sono i soldi ma mancano le decisioni. E i disoccupati crescono 
ALFREDO FRANCHINI 
CAGLIARI. C’è un grande mistero nelle stanze della politica sarda: il piano del lavoro. Voluto dal sindacato e dal Consiglio regionale che ha approvato la Finanziaria con un forte stanziamento per l’occupazione, il piano è oggetto di varie riunioni. Ma nessuno sa come riempirlo; l’unica cosa certa è che bisogna fare in fretta a meno che 190 mila disoccupati non sembrino pochi.
«I sindacati hanno chiesto e ottenuto un impegno per il Piano straordinario per il lavoro», ricorda Enzo Costa, segretario generale della Cgil, «ma la definizione di una strategia per attuare misure concrete viene sempre rimandata. Anche nell’ultimo incontro con il presidente Cappellacci, è stato preso un impegno che rimanda tutto a tavoli ancora da convocare, decisioni ancora da prendere».
 La svolta nelle politiche del lavoro è ineluttabile anche perché è cambiata la composizione sociale e il welfare trema di fronte alla crisi delle famiglie che erano il primo ammortizzatore sociale, sia pure mai riconosciuto. Nell’isola 72 giovani sardi su cento non lavorano e, in gran parte nemmeno studiano più: un dato impressionante che emerge dal Report «Mercato del lavoro in Sardegna» elaborato dal Centro di Relazioni industriali dell’Università di Cagliari. E preoccupa la disoccupazione femminile: che nel Sulcis addirittura tocca il valore del 68% secondo lo studio curato da Maria Letizia Pruna.
 Come rimediare? Nell’ultima settimana il sindacato sardo ha avuto due incontri: il primo con l’assessore al Lavoro, Franco Manca, e il secondo con la Giunta Cappellacci. È emerso che, per riempire di contenuti il piano del lavoro, bisogna ragionare su alcune dinamiche che possono arrivare dall’alto ma anche nascere dal basso. Qualsiasi piano del lavoro, però, deve essere inserito in un contesto più ampio: la premessa è che non si può creare occupazione se non c’è crescita, sviluppo, redistribuzione del reddito. Se il Censis divide il mercato del lavoro tra oudsider, cioè i non garantiti, e gli insider bisogna sempre ricordare che ormai anche i garantiti incontrano difficoltà perché non ce la fanno a campare con mille euro al mese. La famiglia che, grazie alle pensioni o agli stipendi, hanno contrastato la disoccupazione giovanile sono anch’esse in difficoltà. Dunque creare lavoro sia con gli interventi della mano pubblica ma anche con le forme di lavoro autonomo, l’autoimprenditorialità. Per Luciano Uras, capogruppo di Sinistra ecologia e libertà, però, anche queste forme mutualistiche devono essere incentivate diversamente, magari con un salario minimo garantito ai giovani. Il mondo del lavoro cambia sotto la spinta della globalizzazione dopo che le nuove tecnoclogie hanno messo fine al modello taylorista legato alle grandi fabbriche. Si parla di terzializzazione, flessibilità e ci si dimentica spesso delle risorse umane. Nell’era della prima repubblica il mercato del lavoro veniva rappresentato da una piramide alla cui base si trovavano i lavori umili per i quali non c’era bisogno di studiare. In quel mercato, però, chi studiava poteva salire i gradini della piramide. Oggi prevale l’immagine di una clessidra con un restringimento sul livello intermedio: si lavora nei profili bassissimi e in quelli elevatissimi. I livelli intermedi sono discriminati. Dunque non devono avere spazio solo le imprese tradizionali ma anche quelle sociali e civili: pluralizzando il tipo di imprese si può dare qualche risposta in più a quei livelli che oggi sono intrappolati nella «clessidra».
 Dal Rapporto del Centro studi di relazioni industriali risulta che i ragazzi sardi tra i 15 e i 24 anni sono 173 mila: solo la provincia di Olbia-Tempio ha un valore di attività giovanile al di sopra della media nazionale, con il 38,5% ma con un calo nell’ultimo anno di quasi dieci punti. Il Medio Campidano non supera il 22,5%, la provincia di Cagliari il 24,4%, le province di Sassari e Oristano si attestavano al 32%, l’Ogliastra e il Sulcis al 25%, Nuoro al 27,7%. Sono gli elementi di un disastro annunciato da tempo. Di una flessibilità imperante non controbilanciata da ammortizzatori sociali che non siano la cassa integrazione.
 
    
QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
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Questionario e social

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