Lunedì 13 dicembre 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
13 dicembre 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Prima pagina - editoriale
Gli effetti della crisi
L’Italia che non studia e che non lavora
di Giuseppe Marci
 
È stato il mio primo allievo. L’unico a cui abbia fatto lezioni private. Eravamo giovani e quasi coetanei: io all’università, lui al liceo. Gli insegnavo l’italiano; la letteratura e la scrittura nelle quali continuo a credere di poter trovare le chiavi per interpretare il mondo e cercare di porvi un principio ordinatore.
L’ho incontrato, casualmente, in un parcheggio, dopo anni che non ci vedevamo. Non è stato difficile parlare senza imbarazzi e subito ha raccontato di sé e del suo lavoro di insegnante. «Mi si è aperta una finestra - ha concluso - e vado in pensione». Ha accompagnato le parole con la mimica del viso che diceva: «Il mondo è cambiato, in peggio; la scuola non è più quella che abbiamo conosciuto; gli alunni sono distanti da noi: sembra che appartengano a un’altra specie con cui è difficile comunicare; sono stanco e deluso».
Il suo volto era in quel momento, per me, l’immagine dell’Italia come la dipinge il rapporto annuale del Censis: priva di desideri e speranze, ripiegata su se stessa. Sostanzialmente in crisi. Due milioni e 242 mila giovani tra i 15 e i 34 anni, per lo più donne e residenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Vivono così, in un Paese bloccato che ha fronteggiato la crisi economica globale con drastici tagli della spesa per la scuola, per i reagenti chimici e le lenzuola negli ospedali, per l’assistenza ai deboli, ai sofferenti, agli anziani. Tecnicamente sarà anche una buona ricetta, quella di Tremonti; ma ha ucciso la speranza.
I giovani senza lavoro e gli anziani che vogliono lasciarlo, con un esodo che assomiglia alla rotta di Caporetto. Interi settori che perdono gli addetti: nessuno li sostituirà e vanno via prima di aver trasmesso il patrimonio di conoscenze del quale dispongono. Si è spezzata la catena che in ogni campo rappresentava il ritmo stesso della vita, con gli anziani che spiegavano le metodologie del lavoro, osservavano le prime prove, correggevano, incoraggiavano.
Quelli che rimangono al loro posto si sentono smarriti, sanno di essere soli e privi degli strumenti per fronteggiare l’emergenza. Gridano e non sono ascoltati. Cercano di resistere, anche se giorno per giorno il loro numero si assottiglia e la tentazione di cedere incalza.
Finirà la crisi. Ne verremo fuori, in un modo o nell’altro. C’è da chiedersi, però se sarà possibile, in quali tempi, e per opera di chi, ricostruire un tessuto culturale che non è fatto soltanto da opere d’arte e da monumenti ma dall’intelligenza, dalla sensibilità, dalla fiducia delle donne e degli uomini che credono in se stessi e nel proprio Paese.
Stemperate le passioni legate alla contingenza politica si dovrà pur capire che l’aver ignorato tale problema è la colpa più grave di questo Governo e di quelli che l’hanno preceduto.
 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 13
«La riforma Gelmini? Positiva, ma...»
«Bene la semplificazione formativa, non si pensi solo ai tagli»
L’intervista. Parla l’ex rettore Pasquale Mistretta, per 18 anni alla guida dell’Ateneo
 
«No ai parenti? Vale per altre categorie, ma ci si accanisce sempre sui professori».
«Gli atenei oggi sono una torre d’avorio, autoreferenziali. Se entrassero esterni ci sarebbe maggiore sinergia con la società civile. E questo è positivo soprattutto per una realtà come quella sarda, fatta da un milione e mezzo di persone. Dovremmo avere più interazioni anche con aziende del Continente e non solo».
Pasquale Mistretta è stato rettore dell’ateneo cagliaritano per 18 anni. Durante la sua gestione ha visto proporre e fallire diversi interventi legislativi sulla ricerca e sull’Università. Dopo l’approvazione alla Camera, il ddl Gelmini ha la strada spianata per diventare legge dello Stato. L’ex magnifico analizza i punti positivi e quelli, a suo parere, negativi della riforma.
La riforma blocca a sei il numero massimo di anni in cui uno può essere rettore, mentre lei lo è stato per 18.
«I miei colleghi saranno più sfortunati di me (ride, ndr). La limitazione parte dal presupposto che i rettori fossero manovratori di società e finanze pubbliche. E quindi da vincolare. Invece non è così. Non si capisce perché un politico possa fare il parlamentare per decenni e invece un rettore debba avere limiti».
Il Ddl Gelmini impedisce l’assunzione di parenti fino al quarto grado pena la riduzione dei finanziamenti. Però l’attuale rettore, Giovanni Melis, ha il figlio professore associato nel suo dipartimento.
«Se uno è bravo può vincere dovunque. Qui abbiamo tanti bravi docenti che vengono da fuori. È un falso problema, soprattutto a Cagliari. Per tante altre categorie si pone la stessa questione. Invece ci si accanisce sempre e solo sui professori».
Ammetterà che il problema esiste.
«Quando la Gelmini dice che la legge è contro i baroni è il classico messaggio di voler colpire qualcuno invece di incentivare l’eccellenza».
Questo il punto negativo. E quelli positivi?
«Ce ne sono tanti. Il riordino del sistema del Consiglio di amministrazione, senato accademico, dipartimenti. Stabilisce delle regole certe».
Allora perché professori, ricercatori e studenti si oppongono?
«Gli studenti pensano sia solo una questione di tagli, senza pensare ai vantaggi della semplificazione formativa, che significa avere maggiore duttilità quando si entra nel mercato del lavoro. Se un ingegnere è specializzato, può trovare sbocco in un solo campo. Se invece ha conoscenze in diversi settori, ha più possibilità di trovare un impiego».
Quello che contestano è anche l’entrata dei privati nei Cda.
«Il problema è più nelle persone che si scelgono che nello schema».
Si spieghi meglio.
«La proposta si presta a disfunzioni. Ma se qualcuno pensa che una banca o un’azienda, attraverso l’Università, voglia impadronirsi delle teste e dei saperi sbaglia. Al massimo un’impresa è interessata a vendere».
E quindi perché entrare nell’Università?
«Ripeto, gli atenei oggi sono autoreferenziali. L’ingresso degli esterni è auspicabile».
L’altro punto contestato sono i fondi. L’Università in Sardegna è finanziata dalla Regione?
«La Regione dovrebbe finanziare se vuole atenei di “peso”».
La valutazione degli studenti sui docenti è un’innovazione giusta?
«Se si desse la possibilità ai ragazzi di valutare la puntualità dei professori, la disponibilità negli orari di ricevimento, la presenza a lezione, sono favorevole. Se dovesse essere un giudizio sulle competenze scientifiche e didattiche sono contrario: sarebbero giudizi demagogici e fuorvianti».
Insomma, la riforma per lei è positiva.
«Ciò che conta in ogni riforma è trovare le persone giuste per governarla».
MARIO GOTTARDI
 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 13
Università, domani la sfilata degli studenti
Concentramento in piazza Garibaldi alle 9 e corteo fino a piazza del Carmine
 
Occupazione simbolica del rettorato e poi corteo, da piazza Garibaldi fino a piazza del Carmine. Professori, studenti, ricercatori, personale tecnico amministrativo e precari dell’ateneo cagliaritano domani saranno in piazza per manifestare contro il ministro dell’Università e il governo Berlusconi.
In vista del voto di fiducia in discussione alla Camera, il movimento di protesta alla riforma universitaria, che include i ricercatori della “Rete 29 aprile”, gli “Studenti contro la crisi” e quelli di Unica 2.0, si è dato appuntamento domani in piazza Garibaldi alle 9. Il corteo si snoderà attraverso via Sonnino, via XX settembre, via Roma, via Sassari e piazza del Carmine.
Per ribadire ancora una volta la contrarietà al Disegno di legge Gelmini sulla ricerca pubblica e il riordino degli atenei - «che metterebbe in grave pericolo la qualità e l’esistenza stessa dell’Università pubblica statale», scrivono in una nota i ricercatori - una rappresentanza del mondo accademico occuperà simbolicamente il rettorato, «a significare la difesa dell’Università pubblica». La delegazione dal quartiere di Castello si unirà successivamente agli altri manifestanti in piazza Garibaldi, per sfilare uniti fino a piazza del Carmine.
 
4 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari - Pagina 16
Trexenta
Master and back, protesta dei laureati contro i criteri di selezione
 
I giovani laureati della Trexenta alzano la voce per protestare conto le scelte della Regione che considerano discriminanti per chi vuole partecipare ai tirocini Master and back. Lamentele rivolte contro l’esclusione dei ragazzi che hanno scelto percorsi formativi non universitari per svolgere il tirocinio. Un problema che riguarda laureati di tutta la Sardegna e che ancora una volta vede sul piede di guerra decine di ragazzi di Senorbì, Selegas, Guasila, Gesico, Mandas e Siurgus Donigala . Alcuni mesi fa i ragazzi non conoscevano i nomi delle aziende candidate per attivare i tirocini e dovevano accollarsi le spese di assicurazione per pagare le assicurazioni obbligatorie. La nuova protesta è tutta contro i criteri di selezione, che devono essere rivisti. Lo dicono a chiare lettere i ragazzi che hanno inviato una lettera al presidente della Regione Ugo Capellacci e all’assessore al Lavoro Francesco Manca. «L’esclusione di giovani laureati dotati di eccellenti curriculum scolastici, per il solo fatto di aver scelto percorsi formativi non universitari, solleva notevoli dubbi sulla legittimità dei criteri previsti dal bando. I fondi europei hanno lo scopo di finanziare l’Alta Formazione, perciò non possono essere esclusi i master non universitari dotati dei requisiti di eccellenza e alta specializzazione».
SEVERINO SIRIGU
 
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 11
Amarcord. La storia
La gara dei carretti tra universitari, nel ’70 l’ultima sfida
 
Per i cagliaritani era come un piccolo gran premio di Formula Uno, tanto era l’entusiasmo del pubblico. La gara dei “carretti” universitari, evento simbolo della goliardia, era una corsa unica nel suo genere. Sono passati esattamente quarant’anni dall’ultima volta in cui quei veicoli artigianali, lanciati a velocità folle, sfrecciarono nella discesa di viale Merello: era il 1970. Da allora non i è più ripetuta, anche se in tanti che in quegli anni erano giovani la ricordano ancora, compresi i nomi dei vincitori più celebri.
I PREPARATIVI Già qualche mese prima della corsa, i garage degli studenti universitari si trasformavano in vere e proprie officine. Il carretto era essenzialmente una tavola di legno, su cui venivano montati quattro o sei cuscinetti a sfera oliati. Grazie ad un sistema di cavi d’acciaio in tensione, riusciva a supportare il volante di un camion. Il freno era costituito da un copertone inchiodato nella parte posteriore, che si azionava saltandoci sopra, per causare attrito sull’asfalto. Insomma, macchine artigianali, ma efficienti e soprattutto velocissime. Tre giorni prima della corsa si svolgevano le prove (fuorilegge) nella discesa di viale Europa, e già lì si iniziavano a contare lividi e fratture, che non mancavano mai.
GLI EQUIPAGGI Il fatidico giorno della sfida, i carretti si schieravano alla partenza, tutti pitturati e tirati a lucido, tanto da sembrare delle mini auto da corsa. Centinaia di cagliaritani seguivano la gara, questa sì autorizzata dall’amministrazione comunale, e facevano il tifo lungo il tragitto, che naturalmente restava chiuso al traffico. I carretti erano generalmente una quindicina, ognuno con un equipaggio di quattro persone, tranne due: il primo, chiamato “il tram”, aveva a bordo addirittura otto universitari, e altrettanti ne contava quello costruito a forma di bottiglia di Coca Cola. Si trattava di una gara a cronometro, con un piccolo premio in denaro al primo classificato. Ospite d’onore era il “Pontefice Massimo”, uno studente fuori corso recidivo eletto capo della goliardia, che con i suoi accoliti e il “boia” (un finto cattivo), seminava il terrore fra le matricole. Chi non pagava un piccolo pizzo o veniva sorpreso a circolare sprovvisto del famoso papiro (un foglio di pergamena con disegni osceni, uno stampo di rossetto e un buco fatto con la sigaretta), oppure non conosceva a memoria il decalogo di leggi scritte in latino sul papiro, andava incontro a scherzi di ogni tipo, anche piuttosto pesanti.
LA GARA La partenza, con rincorsa, avveniva negli ultimi cento metri di viale Buoncammino, da dove i carretti imboccavano poi la ripida discesa verso piazza d’Armi. Chi ci riusciva, si immetteva, dopo aver affrontato una curva a gomito, in viale Merello. Molti si schiantavano contro il grosso pino che fungeva da spartitraffico in piazza d’Armi, altri invece, per evitare il pino, finivano direttamente dentro la Facoltà di Ingegneria. I pochi che riuscivano a entrare in viale Merello, raggiungevano una velocità davvero folle, con la quale affrontavano le varie curve. Qualcuno si infilava sotto le auto parcheggiate prima di raggiungere il curvone finale di viale Fra Ignazio e affrontare l’ultima salita, a spinta. All’arrivo i frati cappuccini erano sempre pronti ad offrire un “cordiale a tutti i piloti, esausti quando non malconci per la folle corsa. La premiazione avveniva a novembre, durante la festa delle matricole che inaugurava l’inizio dell’anno accademico.
BOTTE E GOLIARDIA L’ultima volta accadde nel 1970. Poi arrivò la contestazione e le botte in piazza fra rossi e neri. La goliardia, lentamente, sparì, e l’innocuo carretto a cuscinetti che aveva entusiasmato generazioni di universitari cagliaritani lasciò il posto alle molotov e alle spranghe.
FRANCESCO FUGGETTA

Questionario e social

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