UniCa UniCa News Rassegna stampa Martedì 30 novembre 2010

Martedì 30 novembre 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 novembre 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia - Pagina 19
Università e teatro, protesta comune
I corteo. In 350 ieri alla fiaccolata da piazza Costituzione al Palazzo delle scienze
 
Hanno i ceri in mano, quelli che si usano in cimitero, ma per le strade gridano: “Funerali non ne vogliamo”. Il rito funebre contestato è la riforma dell'Università in votazione finale oggi alla Camera, che secondo i manifestanti costituirebbe la morte dell'istruzione pubblica. Ricercatori, studenti e una rappresentanza dei lavoratori del Teatro lirico, oltre 400 persone, ieri sera hanno sfilato per le vie del centro per ribadire il loro dissenso contro i tagli a ricerca e cultura.
IL CORTEO Il concentramento è per le 17,30 in piazza Costituzione, ma il corteo partirà alle 18 passate, solo dopo aver acceso fiaccole e candele. Tenute in mano anche da alcuni politici: il consigliere comunale e regionale della Sinistra Radhouan Ben Amara, il segretario regionale di Rifondazione Gianni Fresu e il presidente della Provincia, Graziano Milia.
FIACCOLATA La marcia è sobria, caratterizzata più che dagli slogan scanditi solamente poco dopo la partenza - “giù le mani dall'Università” - soprattutto da un fitto vociare. In poco più di un'ora il serpente umano percorre via Manno, piazza Yenne, via Santa Margherita, via San Giorgio e via Ospedale, per fermarsi nel Palazzo delle Scienze.
LA VEGLIA Nell'edificio occupato da cinque giorni si lavora per gli ultimi preparativi in vista della “veglia”. Che inizia con il contributo dei lavoratori del Lirico, che hanno letto il contributo del tenore cagliaritano Gianluca Floris, “E se il Teatro lirico fosse mio?”.
In seguito collegamenti con gli occupanti del Rettorato dell'Università sassarese, la proiezione della trasmissione di Fazio e Saviano e quella di Gad Lerner, entrambe dedicate alla protesta dei ricercatori. E poi concerti e letture fino a questa mattina.
OCCUPAZIONE Non tutti gli universitari si sono fermati in via Ospedale. Un folto gruppo infatti ha occupato la facoltà di Magistero per una notte, giusto il tempo per organizzare alcune iniziative in programma per questa mattina, in concomitanza con la votazione a Montecitorio. Che verrà seguita in diretta dalle Aule 1 e 2 di Ingegneria e in quella “Boscolo” della Cittadella di Monserrato. (m. g.)
 
Cagliari e Provincia - Pagina 19
La mattina
 
La via crucis dell'Università. Così si potrebbe chiamare il corteo organizzato dagli “Studenti contro la crisi”. Un coordinamento spontaneo di universitari che non include sigle o collettivi, che ieri, a partire dalle 10, è riuscito a portare in piazza circa 350 ragazzi che hanno effettuato blocchi stradali temporanei e l'occupazione simbolica del Rettorato.
Il corteo è partito da Lettere per poi spostarsi in Ingegneria, nelle tre facoltà di viale Fra' Ignazio, in quella di Lingue, nel Palazzo delle Scienze e in Architettura. «Abbiamo organizzato un volantinaggio mirato», spiega Enrico Puddu, studente 22enne di Scienze politiche, «in cui abbiamo spiegato agli studenti quali saranno le conseguenze della riforma Gelmini nella loro facoltà». Il lavoro certosino di informazione include corsi tagliati, esami senza copertura dell'insegnamento e tutti gli effetti del Ddl che, secondo gli studenti, porterebbero al collasso dell'ateneo cittadino.
In ogni “stazione” il gruppo irrompeva nelle aule dove si teneva la lezione, distribuiva materiale e rastrellava studenti, che volentieri si univano ai loro colleghi alla volta della facoltà successiva. Tra un reclutamento e l'altro, i ragazzi hanno fatto qualche sosta fermando il traffico per pochi minuti. I blocchi sono stati effettuati in piazza d'Armi, in viale Buoncammino, in piazza Yenne e in via Santa Margherita.
La manifestazione si è conclusa in via Università, dove, sotto gli occhi degli agenti della Municipale e della questura, gli universitari hanno sfondato le porte del rettorato, per riunirsi in un'assemblea che si è conclusa poco dopo le 13.
Sempre ieri i consiglieri regionali di Sinistra ecologia e libertà, Massimo Zedda, Luciano Uras e Carlo Sechi hanno presentato un'interpellanza al presidente Cappellacci per sapere «se intenda opporre ogni legittima resistenza ad una riforma che inequivocabilmente danneggia l'università sarda» e «quali politiche e quali misure urgenti intenda mettere comunque in campo al fine di tutelare il diritto allo studio dei giovani sardi».
MARIO GOTTARDI
 
Provincia di Sassari - Pagina 26
Sassari. Continua l'occupazione
Mostre e dirette tivù: notte di passione per l'Ateneo turritano
 
Proiezioni, mostre e dirette tivù annunciano la veglia funebre dell'Ateneo turritano, una notte di passione in attesa della votazione del decreto Gelmini che arriverà questa mattina. Ricercatori, studenti e insegnanti sono ancora lì, asserragliati nell'aula di Eleonora d'Arborea, nel cuore del palazzone che ospita l'Università di Sassari: oggi sapranno se la loro protesta è servita a qualcosa, se il tanto contestato decreto sull'Università e la scuola pubblica sarà legge oppure no.
Lo sapranno per primi, perché nell'aula che da cinque giorni è il loro quartier generale, ci sarà la proiezione del voto in diretta dalla Camera dei deputati. Ieri sera, intanto, così come nelle altre università italiane occupate, c'è stata la veglia funebre, lunghe ore in attesa che arrivasse l'alba. Alla protesta del mondo universitario sassarese, ieri sera, si sono uniti anche gli artisti dell'Ex Q, che hanno voluto dare il loro contributo con delle proiezioni che raccontano la morte dell'Università cittadina.
Mostre, ma non solo. Nelle aule storiche ci sono state anche le proiezioni di trasmissioni televisive che hanno affrontato il tema della protesta, del mondo della scuola pubblica che non si piega e dice "No ai tagli". L'occupazione della sede centrale dell'Ateneo è scattata giovedì scorso, quando un gruppo di ricercatori si è stabilito sul tetto dell'edificio. Dopo una notte trascorsa sotto la pioggia è arrivato l'intervento del rettore Attilio Mastino che si è schierato dalla loro parte «Condivido la preoccupazione di ricercatori e studenti, e sostengo la loro protesta». Al primo atto della battaglia è seguita la manifestazione di sabato mattina, quando studenti universitari e non, insegnanti, ricercatori e comuni cittadini, hanno attraversato le vie del centro armati di cartelloni, striscioni, fischietti e megafoni. Due ore di marcia con tanto di sit in piazza d'Italia. Due ore di slogan contro la riforma del ministro Mariastella Gelmini e i tagli imposti dalla finanziaria di Tremonti. Poi, dopo le marce e gli slogan, i ricercatori sono tornati alla loro Università, non nei laboratori, ma in quell'aula diventata simbolo della protesta. Intorno a quel tavolo dove decine di computer portatili monitorano la situazione, divulgano notizie e scambiano informazioni con gli altri atenei occupati. Questa mattina ci sarà il verdetto: decreto Gelmini Sì o decreto Gelmini No.
MARIELLA CAREDDU
 
2 – L’Unione Sarda
Sulcis Iglesiente - Pagina 27
iglesias
Tesi di laura sull'antica “Sortilla”
 
C'è chi tenta da anni di riproporla, ma per ora è soltanto argomento di una tesi di laurea. La Sartiglia (a Iglesias veniva chiamata Sortilla), è stata oggetto dello studio compiuto da Antonio Littarru che venerdì prossimo alle 18 nella sede dell'associazione Lao Silesu (piazza Sella 34) presenterà lo studio “Sartiglia di Oristano, Sortilla di Iglesias, la corsa all'anello tra presente e passato. Memorie e patrimonio culturale”. Sarà presente anche la relatrice Maria Gabriella De Re. ( c. s. )
Il Consiglio comunale torna a riunirsi in doppia seduta oggi e domani alle 18 per discutere di otto punti all'ordine del giorno. Dopo le interrogazioni alla Giunta, l'esecutivo proporrà alcune variazioni al bilancio. In discussione anche il regolamento del sistema museale cittadino per la gestione del museo Archeologico di villa Sulcis, del museo Paleontologico e dell'area archeo di Monte Sirai. Fra i temi all'ordine del giorno, anche la verifica della situazione scolastica nel territorio alla luce della recente riforma ministeriale. I temi non trattati oggi si discuteranno domani alle 18. ( a. s.)
 
3 – L’Unione Sarda
Cultura - Pagina 44
Il ricordo Vanna Gessa Kurotschka
Etica, memoria, coscienza: le passioni di una filosofa
 
Ci sono persone di cui non si immagina facilmente la scomparsa, tanto prepotente è la loro vitalità, la loro energia, il loro vulcanico attivismo. Una di queste era Vanna Gessa Kurotschka, la filosofa sarda morta un mese fa. Avrebbe desiderato - se ne era discusso insieme - andarsene dal mondo, secondo le parole di Marco Aurelio (lo stoico imperatore romano), cadendo come un'oliva matura e benedicendo l'albero che l'aveva portata. Questo, purtroppo, non le è stato possibile a causa di una fine rapida e prematura.
Chi, ancora incredulo della sua assenza, ne ricorda la generosa, espansiva e allegra umanità, non dimentica le tappe della sua carriera e dei suoi meriti scientifici. Nata a Oristano, legatissima a Cabras, dove è sepolta, aveva studiato all'università di Cagliari, impegnandosi a lungo sull'analisi della tradizione aristotelica di filosofia pratica nella Germania del Seicento e del Settecento e, in particolare, sul ruolo da essa svolto nel campo dell'antropologia e dell'etica. In seguito, nei diciotto anni trascorsi a Berlino, “esperto” all'Istituto italiano di cultura e all'Ambasciata d'Italia, aveva approfondito la conoscenza della filosofia classica tedesca, soprattutto di Hegel, e incentrato le sue indagini sui rapporti fra filosofia, scienze empiriche della vita e filosofia della mente.
Al suo rientro in Italia, dove era diventata in breve cattedratica di Etica e antropologia filosofica all'università di Cagliari e membro del Consiglio di dottorato nella sua facoltà e nella LUISS di Roma, accanto agli studi su Vico, si era sempre più spostata sul terreno dei rapporti tra filosofia e neuroscienze. Del filosofo napoletano aveva studiato la polemica nei confronti del cartesianesimo nella costruzione di un modello di “mente sensoriale”, che, nella teoria del sapere poetico, Vico contrapponeva alla mente pura, senza alcuna relazione con la sensibilità. Nel campo dei rapporti con le neuroscienze era stata attratta, soprattutto, dai problemi relativi alla natura della memoria e della coscienza, su cui si era confrontata a lungo con i più prestigiosi rappresentanti del pensiero scientifico e umanistico organizzando in Sardegna diversi incontri internazionali. Negli ultimi anni aveva elaborato un complesso programma di ricerca su “Immaginazione, memoria, libertà”. Utilizzando la nozione vichiana di “logica poetica” (e, quindi, di creatività associata a un suo proprio ordine) e applicandola alla dimensione etico-politica dei processi deliberativi, affidava all'immaginazione il compito di esplorare le possibili soluzioni alle questioni pratiche.
Vanna era convinta che le scoperte nell'ambito delle neuroscienze avessero corroborato il modello anti-mentalistico di Vico e aperto la strada a una fruttuosa alleanza tra “le due culture” (quella umanistica e quella scientifica), che sembravano essersi irrimediabilmente separate nell'età moderna. Nello stesso tempo, voleva mostrare ai colleghi scienziati come le teorie naturalistiche della conoscenza, che tendono a vedere le idee sostanzialmente come secrezioni del cervello, non siano più sostenibili. Era necessario, diceva, facendo tesoro delle più recenti scoperte, rendere ancora più fecondo l'incontro tra filosofia e neuroscienze nel mostrare come cervello, coscienza e conoscenza non siano riducibili a un unico elementare livello. Da qui le domande che più le stavano ultimamente a cuore e che ci ha lasciato in eredità: In che misura si può salvare l'autonomia delle decisioni etiche e politiche coscienti rispetto a eventuali condizionamenti del nostro cervello? Quale forma di libertà è, dunque, compatibile con le più recenti scoperte della neurobiologia?
REMO BODEI
 
4 – L’Unione Sarda
Commenti - Pagina 13
La questione femminile vista da un Papa
Differenze uomo-donna secondo Wojtyla
 
L'Università di Cagliari ha onorato la memoria di Karol Wojtyla con un seminario sul suo pensiero politico, dal titolo Giovanni Paolo Magno . Sulla scia di suggestioni provocate da un recente lavoro di Attilio Mastino - Il titolo di “Magno” dalla Repubblica all'Impero al Papato - i relatori si sono interrogati circa l'opportunità di attribuire al Papa polacco il titolo di Magno, che in epoca romana era utilizzato per sottolineare le virtù personali degli imperatori. Particolare interesse ha suscitato l'intervento di Maria Corona Corrias, dedicato alle riflessioni contenute nella Mulieris Dignitatem , una lettera apostolica del 1988 nella quale, per la prima volta nella storia millenaria della Chiesa, un pontefice affronta la questione femminile venendo incontro alle rivendicazioni di quel femminismo emancipazionista, moderato e riformista, nato nell'Inghilterra del Seicento.
Dal contenuto non emerge un'astratta uguaglianza fra uomo e donna, ma una più concreta “uguaglianza nella diversità della specificità”. Pertanto, pur avendo gli stessi diritti, uomo e donna non sarebbero uguali: cosa del resto evidente sulla base dei dati biologici e psicologici. Il pensiero di Papa Wojtyla diventa però realmente rivoluzionario quando ritiene che tale differenza - contrariamente a quanto tradizionalmente avviene dentro e fuori la Chiesa cattolica - sia da considerare a vantaggio della donna: in quanto, a suo parere “Dio affidò l'uomo alla donna”.
Tale affermazione, che suona quasi scontata in una società “matriarcale” come quella della Sardegna, è da sola sufficiente a dimostrare la magnitudo del pensiero politico di Giovanni Paolo II. Nella sua ricostruzione di passi della Bibbia e del Vangelo si può leggere un femminismo cristiano che non solo precede nel tempo ma per certi versi supera nei contenuti quello laico. Un'operazione simile ricorda quella compiuta nel 1891 da Leone XIII con la Rerum Novarum quando, facendo ampi riferimenti ai testi di Tommaso d'Aquino e degli altri Padri della Chiesa, venne ricavata una dottrina da contrapporre a quella socialista. Sarebbe poi interessante chiedersi in che misura questo femminismo - nonostante le gerarchie vaticane abbiano spesso preferito occultarlo piuttosto che valorizzarlo - possa aver contribuito all'affermazione del cristianesimo nell'Impero romano, e alla sua tenuta nel corso dei secoli.
RICCARDO DELUSSU
(Università di Cagliari)
 
5 – L’Unione Sarda
Cultura - Pagina 44
Umberto Cardia, progressista speranzoso
Presentato “Il mondo che ho vissuto”, autobiografia del politico e intellettuale
 
La capacità di leggere la storia e la questione sarda. O l'invito a guardare il futuro con speranza. Eccoli alcuni dei caratteri distintivi del giornalista e politico sardo Umberto Cardia, alla luce dell'autobiografia Il mondo che ho vissuto , pubblicata da Cuec per la cura del Centro di studi filologici sardi. L'intellettuale studioso di Gramsci, che con il Pci è arrivato da parlamentare sino ai seggi di Bruxelles, nei primi anni Ottanta stese il suo racconto autobiografico spesso tra gli scali aerei, lunghi interstizi temporali negli intensi impegni politici. Momenti in cui meditare su una storia che si proiettava nella politica e che concerneva necessariamente anche la Sardegna.
«Per Cardia la politica è questione di larghe masse, frutto di lavoro complesso in cui il significativo ruolo dell'intellettuale va assunto con integrità e studio rigoroso». È innanzi tutto politico il pensiero riafferrato dallo storico Aldo Accardo, in occasione del ricordo dei giorni scorsi, a Cagliari, con il ricercatore Gianni Fresu, il segretario regionale del Pd Silvio Lai, il giornalista Carlo Manca e il docente universitario Giuseppe Marci che ha curato la pubblicazione invitando Joseph Buttigieg a scriverne la prefazione.
«Il suo amore per la politica è vissuto non come strumento per una scalata sociale, ma come impegno per il riscatto delle classi subalterne che subiscono gli effetti più negativi delle volte storiche», nota Gianni Fresu, sottolineando che Gramsci era per Cardia non solo oggetto di venerazione liturgica o iconografica ma una cassetta degli attrezzi per indagare il passato, comprendere il presente e costruire il futuro. Con un approccio alla scrittura da reportage, evidenzia Carlo Manca, ricordando che Cardia lavorò per cinque anni a Radio Sardegna. Tiene a promuovere l'attenzione e la cura nei confronti delle nuove generazioni, Silvio Lai: «Un punto che non c'è più e oggi ci si deve far carico di questa carestia». «Tra tutti gli uomini che ho conosciuto è stato quello a cui meglio si riferisce il termine di progressista», le parole di Marci. Con una sottolineatura: «Quando lo ascoltavamo ci sembrava di capire il mondo e andavamo via con la fiducia in mano».
MANUELA VACCA
 
6 – L’Unione Sarda
Cronaca di Oristano - Pagina 20
Piccola città
Terralba e Arborea La polemica infinita sulla bonifica
 
Allunghiamo, una volta tanto, lo sguardo oltre il cortile di casa, andando a vedere cosa succede tra Terralba e Arborea, dove è montata una polemica dal sapore antico; un pezzo di storia che riemerge dal lontano passato e si lega alle vicende dell'Unità d'Italia e del riformismo laico-socialista nella Sardegna di fine Ottocento. Problemi di vecchia data che riaffiorano con insolita verve polemica, riaprendo ferite mai sanate sullo stravolgimento degli obiettivi di quel progetto originario di rinascita territoriale, voluta da Felice Porcella, Antonio Pierazzuoli e Giulio Dolcetta.
In questo ritorno al passato ci aiutano e le riflessioni di Maria Carmela Soru, studiosa terralbese, docente di storia contemporanea all'Università di Cagliari, autrice del bel saggio “Terralba, una bonifica senza redenzione. Origini-percorsi-esiti” (Carocci editore Roma 2000). Il progetto di bonifica integrale elaborato dal Comune di Terralba nel primo decennio del Novecento aveva il merito, tra gli altri, di unire la volontà di rinascita locale a quella, più ampia, modernizzatrice del riformismo nittiano, senza piegarsi alla pianificazione industriale progettata dal governo. Nel corso della realizzazione di questo programma, come sottolinea l'autrice, «il cui avvio non a caso era coinciso con l'età giolittiana, (e che per un momento sembra destinata a vincere), quella tensione positiva approdò, anche a seguito di fattori esterni, dal fascismo alle banche nazionali, agli arroganti protagonisti del nuovo regime, a risvolti distorti, traducendosi non più in una trasformazione autentica delle risorse locali, bensì in una industrializzazione forzata dall'alto (e peggio) dall'esterno».
Ha prevalso così una logica esclusivamente economica, e il territorio del comune di Terralba ha finito per essere esautorato e mutilato da 13.479,32 a 3.487,69 ettari per la istituzione del nuovo comune di Mussolinia. Al contrario di quanto accadde a Marrubiu che riuscì a conservare il suo patrimonio di 2.383 ettari e una giurisdizione territoriale di 7.563,21 ettari, sufficienti a conservare l'autonomia vitale della popolazione per i suoi 1.619 abitanti. Ma non basta.
Nel processo di sistemazione idraulica, con la deviazione del rio Mogoro dell'allora comprensorio del Sassu nello stagno di San Giovanni, il territorio di Terralba viene privato di corsi d'acqua naturali. Ancora più grave la scelta per il reclutamento dei coloni, che non vengono assunti nelle campagne del Terralbese ma vengono fatti arrivare dal nord Italia. I sardi arriveranno solo dopo. Una ferita che ancora brucia quella del comune di Terralba e che oggi appare impossibile da rimarginare. E non saranno ricorrenti e accese discussioni a modificare un assetto territoriale ormai consolidato. Al di là delle polemiche resta valido un interrogativo: quella di Terralba è stata davvero una bonifica senza redenzione?
BEPPE MELONI

 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
Veglie e occupazioni contro la riforma Gelmini
 
SASSARI. Veglie e occupazioni anche a Sassari e Cagliari alla vigilia del voto alla Camera della riforma universitaria del ministro Gelmini. Solidarietà a ricercatori e universitari anche dagli studenti delle superiori.
 
Pagina 5 - Sardegna
CAGLIARI
In corteo fino al Palazzo delle Scienze. La solidarietà dei dipendenti del Lirico
BETTINA CAMEDDA
 
 CAGLIARI. Stretti al petto i libri di Cervantes, Chomski, Simon de Beauvoir, e quelli che hanno significato di più nella loro formazione. Nell’altra mano un lumicino. Sono i trecento studenti e ricercatori che ieri sera si sono riuniti nella veglia funebre in ricordo dell’università pubblica.
 Dopo il sit-in in piazza Costituzione, partito in sordina a causa del brutto tempo, il corteo ha raggiunto il Palazzo delle Scienze: una lunga processione di striscioni, cartelli e requiem. «Silvio Berlusconi, dimettiti per noi; Maria Stella Gelmini, dimettiti per noi; Sandro Bondi, dimettiti per noi...»: è la preghiera che ha conquistato l’attenzione di negozianti e passanti per le vie della città e che ha unito tutti in un’unica grande protesta. «In queste ore c’è stata una grande dimostrazione di impegno da parte di tutti gli studenti per un fine comune - dichiara soddisfatta Valentina Onnis, ricercatrice della Rete 29 Aprile -. Siamo qui, tutti insieme, in difesa della nostra Università, l’Università pubblica che rischia di essere smantellata».
 Un lavoro portato avanti da tanti malgrado la pioggia leggera ma incessante: dopo l’occupazione del Magistero e l’allestimento al Palazzo delle Scienze, nel primo pomeriggio gli studenti del gruppo Unica 2.0 hanno occupato la Torre dell’Elefante, il monumento simbolo della città, affiggendo lo striscione «Unica protesta» segno del disagio. Una protesta che si è fatta sentire per tutta la notte tra canti, musica e dibattiti, partita dapprima con il collegamento su Skype con gli studenti e i ricercatori dell’Università di Sassari, poi con la visione del programma «Vieni via con me» al quale ha preso parte Francesca Coin, ricercatrice di filosofia dell’Università di Venezia, che ha letto un elenco sottoscritto da tutti i ricercatori della Rete29Aprile.
 Stessa emozione quando si segue in diretta Gad Lerner in collegamento con gli studenti che da giorni occupano il tetto della facoltà di piazza Borghese. Segue un lungo applauso.
 Tra gli studenti anche una delegazione dei dipendenti del Teatro lirico reduci da un’assemblea permanente iniziata sabato che continuerà a oltranza. «Manifestiamo con gli studenti - spiega Massimiliano Ceccalotti, cantante -, per noi è un’esperienza nuova ma vogliamo portare avanti un obiettivo comune quello della cultura e del diritto allo studio. Abbiamo registrato un video coro e orchestra della Cremosa del Requiem di Mozart, una scelta fatta non a caso perché esprime il nostro urlo di dolore».
 Questa mattina dai poli universitari si seguirà la discussione del ddl Gelmini in diretta dalla camera.
 
Pagina 1 - Cagliari
LA CURIOSITÀ
Il Requiem per gli Universitari
 
CAGLIARI. «Lacrimosa dies illa, qua resurget ex favilla judicandus homo reus»: giorno di lacrime, quel giorno, quando risorgerà dal fuoco l’uomo reo per essere giudicato.
 È uno dei passi più commoventi del Requiem di Mozart, scelto non a caso dagli artisti del Teatro per essere donato agli studenti che stanno manifestando contro la riforma dell’Università. Ieri il brano le cui prime battute, secondo i filologi sicuramente mozartiane, sono rieccheggiate nel cameo donato agli studenti, è diventato quasi la colonna sonora della protesta sia degli universitari che degli artisti. Alla spalle dei musicisti e del coro, lo slogan simbolo delle proteste di questi mesi: «Non zittite l’arte». La stanno solo uccidendo.
 
Pagina 5 - Sardegna
La lunga veglia di studenti e ricercatori
Anche a Sassari attendono insieme in rettorato il verdetto della Camera sul ddl Gelmini
Ieri film e musica, stamattina il «processo» ai più celebri intellettuali dell’isola
ANDREA MASSIDDA
 
 SASSARI. Sulla volta che sovrasta l’atrio del rettorato un proiettore fissa le immagini di quattro giovani che manifestano sul tetto del proprio istituto scolastico. Sotto, nella piazza, i compagni li applaudono e sventolano un tricolore. Sequenze di questo autunno caldo italiano? Macché. La bandiera è quella francese e i ragazzi ribelli sono i protagonisti di «Zero de conduite» (Zero in condotta), film a dir poco profetico girato dal regista Jean Vigo nel 1933. Ieri gli studenti, i ricercatori e i docenti che da venerdì presidiano la sede dell’ateneo, grazie al consulenza degli artisti dell’ExQu, hanno scelto questa straordinaria pellicola per iniziare la lunga veglia che li terrà desti sino a stasera, quando a Montecitorio i deputati si saranno pronunciati sul disegno di legge Gelmini. In altre parole sulla tanto criticata riforma del sistema accademico.
 Il programma della serata prevedeva, contemporaneamente alla proiezione del film, il concerto di alcuni allievi del conservatorio «Luigi Canepa». Quasi una colonna sonora eseguita in diretta, la loro, con musiche di Bach, Sor, Hopfe e Haydin. Intanto nell’aula Eleonora d’Arborea, diventata da venerdì scorso il quartier generale dell’occupazione, decine di giovani appartenenti al «forum studentesco» lavoravano sulle prossime iniziative di lotta, discutevano, bevevano vino o succo di frutta, giocavano a poker o a scarabeo. Dietro la cattedra sulla quale in questi giorni si fa lezione, una vera e propria dispensa con Nutella, fette biscottate, termos di caffè e pentole con delizie preparate a casa dalle mamme.
 L’attesa era per le 21, quando tutti i presenti sono rimasti incollati davanti alla tivù per guardare «Vieni via con me», l’ormai celeberrimo programma di Fazio e Saviano che ieri notte ha ospitato alcuni ricercatori dell’associazione «29 aprile». Ricercatori che - manco a dirlo - hanno snocciolato l’elenco delle traversie passate durante il loro cursus universitario. Nel frattempo il gruppo più volenteroso di studenti preparava la sceneggiatura dello spettacolo in programma stamattina alle nove, sempre davanti all’ingresso del rettorato, quando alcuni improvvisati attori metteranno in scena una sorta d’inquisizione che giudicherà colpevoli di «istigazione alla cultura» alcuni famosi intellettuali sardi. Dopo una lunga consultazione, si stabilisce che il tribunale condannerà al bavaglio Gramsci, Pigliaru, Lussu, Satta, Azuni, Mannu e (quote rosa?) Grazia Deledda ed Eleonora d’Arborea. Mentre ancora si discuteva, qualcuno dal suo computer si collegava via Skype con il Palazzo delle Scienze di Cagliari. Era il confronto con il sud. E i complimenti sono stati reciproci: «Bravi voi che a Sassari vi siete calati dalla palazzina con lo striscione». «Bravi voi che a Cagliari siete saliti sulla torre dell’Elefante». Si lotta insieme aspettando il verdetto della Camera.
 
Pagina 6 - Sardegna
LA POLEMICA
«Dagli studenti critiche ingiuste noi non inquiniamo»
Il rettore Mastino difende l’industria «Bisogna tutelare i posti di lavoro che andrebbero persi»
 
 PORTO TORRES. Non è vero che hanno detto no alle bonifiche, «siamo operai, non ce lo possiamo permettere», e non è vero che è colpa della chimica se nell’area di Porto Torres c’è un’alta incidenza di patologie tumorali: «L’inquinamento risale agli anni Settanta, quando nelle fabbriche non si seguivano regole elementari dal punto di vista della sicurezza. Noi facciamo chimica pulita, e ne siamo orgogliosi». I cassintegrati della Vinyls rispondono al gruppo di studenti e ricercatori universitari che sabato pomeriggio gli hanno detto che «è ora di pensare ad alternative alla chimica. Perché siamo stanchi di chi inquina e semina morte». Accuse ingiuste, secondo gli operai e anche secondo un ex lavoratore del Petrolchimico. Dice Angelo Dedola: «I danni sono stati fatti 30-35 anni fa. Oggi è diverso, grazie alle moderne tecnologie e a una forte coscienza ambientalista. Per questo agli universitari dico di andarci cauti». E lo suggerisce anche il rettore Attilio Mastino, che sin dall’inizio della battaglia, proprio come ha fatto Legambiente, si è schierato al fianco degli operai della Vinyls. Spiega Mastino: «Sono un archeologo, sono molto sensibile alla tutela ambientale. Capisco le ragioni di tutti e dico che battersi per avere una chimica pulita è scontato. Ma sono vicino ai cassintegrati, in particolare ai più giovani, assunti un paio d’anni fa dall’Eni che ora non sembra in grado di garantirgli un futuro. E penso che l’Università non possa non farsi carico della crisi occupazionale del territorio. Per questo l’ateneo, come già detto in più occasioni, vuole partecipare alla sfida del risanamento del polo industriale, puntando sulla green economy, sull’energia pulita per un vero risanamento. In modo che industria, ambiente e turismo possano convivere senza entrare in contrasto». Parole sante secondo operai e sindacalisti, per diverse ragioni. «Al momento non ci sono alternative, dice Piergianni Rais dell’Ugl, «nessun comparto è in grado di garantire 4mila posti di lavoro, senza considerare l’indotto». Ma anche «perché - dice Massimiliano Muretti della Cisl - in realtà non ha senso parlare di alternativa all’industria. La chimica, la nostra chimica, non inquina, le emissioni sono a norma di legge, non come accade da altre parti». Per esempio in Cina o in India, dove la tutela della salute non esiste, gli operai lavorano in condizioni fuorilegge e il territorio ne paga le conseguenze. Ma non solo quel territorio. Il rischio è infatti legato alle importazioni. Dice Pietro Marongiu: «Il pvc prodotto in quei paesi può provocare danni enormi. Pensiamo al ciuccio dei bambini: qui siamo tranquilli perché la materia prima è prodotta nel nostro stabilimento e sappiamo in quali condizioni è stata lavorata. Un domani, se gli impianti Vinyls chiudessero, non sarebbe più così». (si. sa.)
 
Pagina 5 - Sardegna
La protesta raggiunge il Cern a Ginevra
Occupata la Normale di Pisa. Il rettore di Firenze ai professori: oggi niente lezioni
MONICA VIVIANI
 
 ROMA. Dal tetto del Cern di Ginevra al centro di Milano tappezzato di striscioni, passando per l’occupazione della Normale di Pisa e l’appello del rettore di Firenze ai docenti («Sospendete le lezioni») definito «vergognoso» dalla Gelmini.
 Non più «solo» monumenti nazionali: alla vigilia del via libera della Camera alla riforma, la protesta del mondo dell’università si allarga e varca i confini nazionali.
 Dottorandi e ricercatori italiani che lavorano al Cern sono saliti sul tetto del più grande laboratorio al mondo di fisica per esprimere solidarietà a quanti sono mobilitati. Anche gli studenti italiani che partecipano al progetto Erasmus stanno protestando in 19 Paesi.
 Tornando al di qua dei confini, didattica sospesa per due giorni alla Normale di Pisa, occupata da ieri. Studenti vestiti da «baroni rampanti» hanno poi protestato in piazza Montecitorio a Roma dove è stata occupata Psicologia a La Sapienza. All’Aquila hanno fatto irruzione nel centro storico, in piena «zona rossa». A Milano hanno affisso striscioni sul Duomo, su Palazzo Reale, persino su Palazzo Marino, sede del Comune, e sulla balconata della Rinascente. Traffico in tilt a Napoli per un corteo e «Oggi Pompei, domani gli atenei» è scritto sullo striscione srotolato all’ingresso degli scavi.
 Il rettore Alberto Tesi ha invitato i docenti dell’ateneo di Firenze (attraverso il sito dell’Università) a non fare lezione oggi, giorno in cui la Camera deve esprimersi sul ddl. Un appello che ha mandato su tutte le furie la Gelmini: «Le parole del rettore sono vergognose e dimostrano quale resistenza stia mettendo in atto la parte più conservatrice del sistema universitario per non approvare la riforma». A sostegno della sua riforma, il ministro dell’Istruzione ha inoltre presentato un elenco degli «sprechi» degli atenei.
 E oggi sarà la giornata decisiva. La Camera deve ancora votare un centinaio di emendamenti, alcuni dei quali vanno riformulati dal Comitato dei nove come quello «anti-parentopoli». In ogni caso, non dovrebbero esserci colpi di scena con il «sì» dei finiani annunciato direttamente dal leader Gianfranco Fini. L’Udc invece, come ha ribadito ieri Casini, voterà contro insieme al Pd e all’Idv.
 Mentre in aula si discuterà, tutte le maggiori sigle di associazioni studentesche e ricercatori si ritroveranno a Montecitorio per gridare ancora una volta il loro «no». Se ci sarà l’approvazione, il testo passerà al Senato per il via libera definitivo: la data prevista è il 9 dicembre.
 
Pagina 5 - Sardegna
L’elenco della filosofa precaria
FAZIO-SAVIANO, ULTIMA PUNTATA
 
 MILANO. Si è parlato anche di università nell’ultima puntata di «Vieni via con me», con il testo letto da Francesca Coin, ricercatrice a Venezia, e con il monologo finale di Roberto Saviano, partito proprio dall’occupazione dei monumenti per parlare di Costituzione e di impegno civile e politico. Il programma di Fazio e Saviano comincia con l’Aquila terremotata, le sue rovine sulle pareti dello studio: una metafora sulla quale la trasmissione sembra voler insistere. Con la volontà della voce collettiva rappresentata dai tanti microfoni che si muovono sulla scena da soli. Ma prima il monologo dello scrittore che ignora quasi completamente il gobbo che resta lì esitante a mostrargli un testo che lui cambia continuamente. Quindi è la volta del «grande italiano» Dario Fo. Poi alla ragazza che parla di Kabul cade il foglio per l’emozione, uscendo. In bianco e nero anche Milena Gabanelli. Ma c’è pure la commozione del ricordo di Mario Monicelli, scomparso ieri sera. La casa che ha accolto, a sorpresa, milioni di italiani su RaiTre, chiude dopo quattro puntate nello studio di via Mecenate, Milano.
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Nuoro
Università, scontro politico
Minoranza all’attacco: «Ma il Consorzio non esiste»
Il caso. La maggioranza propone: «Dobbiamo puntare sul Polo sanitario»
 
NUORO. Cosa intende fare la giunta Bianchi per l’Università a Nuoro? A chiederselo, nel consiglio comunale di giovedì scorso, è stato il gruppo “Città in Comune”, che ha presentato una mozione con tanto di proposta d’istituzione di un tavolo tecnico, bocciata dall’assemblea. «La mozione - precisa l’ex candidato sindaco Paolo Manca - voleva essere un pretesto per cercare di capire quali siano le reali intenzioni della maggioranza sul futuro dell’università nuorese».
 Secondo Manca, infatti, il fatto stesso che una mozione presentata ad agosto riceva risposta a distanza di mesi «è indicativo di quanto siano lontani i tempi della campagna elettorale, quando l’università sembrava il punto qualificante del programma di governo degli attuali amministratori». E anche la nomina dell’assessore all’Università, lasciata come ultima casella da riempire, per il consigliere comunale d’opposizione non è un bel segnale. «Ma quello che più stupisce - continua Manca - è che veniamo a scoprire dal consigliere Franca Carroni (delegata all’Università della Provincia) che il Consorzio non esiste più. Mentre è risaputo che c’è un commissario liquidatore, che peraltro è stato “liquidato”, che prima di andare via ha lasciato elementi di continuità con il vecchio consorzio, visto che sono stati rinnovati i contratti degli addetti amministrativi».
 I consiglieri di “Città in Comune”, in sostanza, sostengono di aver presentato la mozione per fare chiarezza sull’argomento, dato che il 31 dicembre prossimo scadrà l’ipotesi di fusione tra Nuoro e Oristano che, secondo l’emendamento Capelli-Dedoni alla Finanziaria regionale, prevede un invio di risorse esclusivamente al nuovo Polo della Sardegna centrale.
 Di tutt’altro parere i consiglieri di maggioranza, che hanno bocciato la mozione sull’università perché i tavoli tecnici sono stati ritenuti superati dai fatti. Sull’argomento è intervenuto anche il consigliere socialista Mondino Deiara, il quale ha posto l’esigenza di un’università capace di offrire risposte alla domanda di lavoro. «Nuoro - ha affermato Deiara - dovrebbe puntare sul polo sanitario, perché il connubio tra ricerca e didattica può creare occupazione». Infine da segnalare una nota dell’Asusc (Associazione per il sostegno dell’Università nella Sardegna centrale) che, dopo un recente incontro col presidente della Provincia, Roberto Deriu, chiede conto a Comune e Provincia del vuoto amministrativo venutosi a creare dopo che lo stesso Deriu ha dichiarato che il Consorzio non esiste giuridicamente più. «Come si concilia - si chiedono dall’associazione - lo scioglimento del Consorzio con la constatazione che, nel frattempo, questo organismo sta portando avanti l’attività didattica a favore di 700 studenti? Si sono valutate attentamente le eventuali conseguenze nei rapporti in essere con gli studenti, con gli atenei, con i docenti e, soprattutto, con la Regione, che ha sempre erogato il suo contributo al solo Consorzio, l’unico legittimato a chiederlo e riceverlo in base all’Accordo di Programma?». (g.c.)
 
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Gallura
Va in pensione il padre della psichiatria
Salvatore Frongia lascia la Asl dopo quarant’anni di servizio
 
 OLBIA. Dopo quarant’anni di servizio nella sanità del Nord Sardegna e dopo vent’anni alla guida del dipartimento per la tutela della salute mentale della Gallura, Salvatore Frongia va in pensione. Al suo posto la direzione aziendale ha già nominato Salvatore Carai. La Asl ha ringraziato lo psichiatra per la grande professionalità mostrata in questi decenni.
 Per Salvatore Frongia oggi è l’ultimo giorno di lavoro. Lo specialista va in pensione dopo una vita dedicata ai pazienti e all’Azienda sanitaria che, sotto la sua direzione, ha creato e sviluppato tutti i servizi psichiatrici. Dal primo dicembre 2010 il nuovo direttore del dipartimento di salute mentale e delle dipendenze sarà Salvatore Carai, già direttore del servizio per le dipendenze. Laureato negli anni Settanta con specializzazione in neuropsichiatria infantile, dopo circa quindici anni di psichiatria all’ospedale Rizzeddu e al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Sassari, nel 1990 Salvatore Frongia era stato nominato responsabile dei servizi per la tutela della salute mentale e dei disabili psichici nella Asl 4 di Olbia, diventata poi Asl 2 di Olbia-Tempio. In questi venti anni di servizio nell’Azienda sanitaria gallurese, Frongia ha dato vita a quello che oggi è il dipartimento di salute mentale, nel senso che ha organizzato e attivato il servizio di pronta disponibilità psichiatrica. Ha realizzato la rete dei servizi psichiatrici territoriali, con l’attivazione di ambulatori a Santa Teresa, La Maddalena, Arzachena, Oschiri, Budoni e Budduso. Progettato e attivato, nel corso degli anni, il centro di salute mentale di Olbia e in un secondo momento quello di Tempio, la casa famiglia di Olbia e di Tempio, il centro diurno di Olbia e di Tempio. Nel 2008 anche il servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura di Olbia.(red.ol.)
 
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 35 - Sassari
Italia, paese avvelenato dalla faziosità
La polemica su Cossiga sintomo di ideologie superate
IGNAZIO MANCA
 
 «E’ un paese così diviso l’Italia. Così fazioso, così avvelenato dalle sue maschinerie tribali! Si odiano anche all’interno dei partiti... non pensano che ai propri interessi personali... L’Italia opportunista, doppiogiochista, imbelle dei partiti corrotti ed incapaci che non sanno né vincere nè perdere però sanno come incollare i grassi posteriori dei loro rappresentanti alla poltroncina di deputato, sindaco o ministro. L’Italia di quegli italiani che si fanno eleggere da un partito e una volta onorevoli (onorevoli?) passano al partito avversario....Insomma l’Italia dei voltaggabana...» Così nel 2001 Oriana Fallaci nel suo «La Rabbia e l’Orgoglio».
 Di che meravigliarsi allora se si litiga anche per l’intitolazione al presidente Cossiga di un’aula dell’Ersu o una via di Nuoro? Semmai, quel che porta a riflettere è che i mugugni e le proteste vengano sempre da una parte ben definita, quella che solitamente vanta smania di purezza e tenta di insegnare la storia a modo suo. L’invito rivolto da un consigliere comunale nuorese a dimenticare le sue origini, infatti, non vale a cancellare un giudizio storico sul maresciallo Tito, meno allineato all’ex patto di Varsavia.
 Come può un italiano dimenticare le migliaia di nostri connazionali “infoibati” dai partigiani di Tito? Nella memoria, spesso strumentalmente usata, piaccia o meno, deve trovare la doverosa collocazione la persecuzione ai fratelli dell’Istria e della Dalmazia. Come ci ha insegnato la Fallaci, “La storia la si può falsare, dimenticare, ma cancellare no!”.
 A quanto pare, qualche ideologia che si riteneva ormai superata, di fatto, non è mai tramontata. Al bando il terrorismo intellettuale e tutti i suoi attori, portati a godere dei facili privilegi del conformismo.
 
Pagina 23 - Fatto del giorno
LA POLEMICA
La sala conferenze dell’Ersu intitolata a Francesco Cossiga? Una vera e propria provocazione
Sulla proposta pesano le parole del presidente emerito sulla repressione della protesta studentesca quando era ministro
Antonio Fadda
 
La notizia apparsa qualche giorno fa sulla stampa della proposta di intitolare la sala conferenze dell’Ersu al Presidente Cossiga suscita qualche perplessità.
 L’Ente regionale per lo Studio universitario ha lo scopo di promuovere assistenza e servizi per gli studenti universitari. Da ciò risulta che gli studenti debbano essere i fruitori principali sia dei servizi sia delle strutture dell’Ente. Date queste premesse appare evidente come l’idea di intitolare alla memoria del Presidente Cossiga uno spazio importante come la sala conferenze della sede dell’Ersu sia quanto meno inopportuna, se non addirittura provocatoria. È infatti noto come il presidente Cossiga abbia dedicato ben poca attenzione all’Università: basti ricordare che alla fine degli anni Sessanta gli studenti di Giurisprudenza di Sassari portarono avanti una battaglia perché all’allora sottosegretario Cossiga venisse revocato l’incarico di insegnamento di Diritto Costituzionale, dal momento che nessuno ricordava una sola lezione tenuta per quella disciplina.
 Come se ciò non bastasse, in tempi più recenti il Presidente emerito confessò, in un’intervista al Corriere della Sera del 30 ottobre 2008 di aver fatto pestare gli studenti: «Quando feci picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Lama, il gruppo del Pci in aula si alzò in piedi e mi tributò un applauso unanime».
 Non è qui in discussione se gli studenti avessero o no ragione a contestare il segretario della Cgil Lama, ma resta grave che il ministro degli Interni Cossiga abbia risposto alla loro contestazione «picchiandoli a sangue». D’altra parte qualche giorno prima lo stesso Presidente emerito aveva istigato, dalle pagine dei quotidiani nazionali del 23 ottobre 2008, il ministro Maroni a massacrare gli studenti che protestavano contro i tagli alla scuola e all’università seguendo il suo esempio: «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quando ero ministro dell’Interno. In primo luogo lasciar perdere gli studenti dei licei, perché pensi che cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito».
 Gli universitari invece? Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri, nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero tutti in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».
 Non è nemmeno in discussione il fatto che Francesco Cossiga sia stato un sassarese illustre e che abbia goduto grande popolarità, ma queste dichiarazioni, e soprattutto questi comportamenti, non sembrano andare nella direzione di «assistenza e servizi agli studenti» appare quindi davvero difficile comprendere il senso della dedica di uno spazio deputato al servizio degli studenti universitari a chi sosteneva che questi dovessero essere picchiati a sangue e mandati tutti all’ospedale, mentre appare assolutamente giustificata l’opposizione del rappresentante degli studenti che chiede che la sala sia dedicata alle vittime della Casa dello studente dell’Aquila.
Direttore Dipartimento di economia istituzioni e società Università di Sassari
 
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 28 - Sassari
«Donne e politica, serve una legge»
La preferenza di genere introdotta in Campania è un modello da imitare
Dal seminario del Centro Studi Urbani dell’ateneo le proposte per aumentare la presenza femminile nelle amministrazioni
PAOLETTA FARINA
 
SASSARI. La legge elettorale regionale della Campania ha introdotto la preferenza di genere, e adesso il 23 per cento dei consiglieri sono donne, la più alta presenza nelle assemblee delle regioni italiane. La Sardegna si mobiliti per raggiungere gli stessi risultati.
 È la proposta arrivata dal seminario di studi sul tema «Donne e politica. Una questione di democrazia cambiare la legge elettorale della Sardegna». Nell’aula magna dell’università, che si è fatta promotrice dell’esigenza di una maggiore presenza femminile nelle assemblee elettive ancora assolutamente marginale, confronto e idee per uscire dal guado. Con Antonietta Mazzette, coordinatrice del Centro Studi Urbani, a chiedere impegno e mobilitazione per sostenere «una legge popolare che ricalchi quella campana». Che prevede che l’elettore abbia la possibilità di esprimere uno o due voti di preferenza, e nel caso scelga la doppia preferenza, una debba essere espressa nei confronti di un candidato donna, pena l’annullamento della seconda preferenza.
 Il momento è quello giusto, «in consiglio regionale si dibatte sul nuovo statuto, in cui la parità di rappresentanza può essere inserita - ha detto il rettore Attilio Mastino - e noi mettiamo a disposizione le nostre competenze scientifiche». Perché brucia che non ci sia nemmeno una donna nella giunta Cappellacci, «ma se ci guardiamo intorno non è che le amministrazioni di sinistra facciano meglio - ha onestamente ammesso Alba Canu, vicepresidente del consiglio provinciale -. Da noi in giunta l’unica donna è la presidente Giudici, totalmente assenti sono in quella comunale nuorese». Roba da vergognarsi, di fronte al 47 per cento di donne elette in Svezia, come ha evidenziato Carla Sepe, ex funzionaria della Presidenza della Repubblica.
 Il magistrato di Cassazione Simonetta Sotgiu, da ieri in pensione dopo una carriera che l’ha vista ai vertici, ha ripercorso il difficile cammino legislativo delle quote rosa, la bocciatura da parte della Corte costituzionale nel ’95, le resistenze culturali a riconoscere alle donne ruoli e capacità politiche. «Dobbiamo fare una battaglia culturale - ha concluso il docente universitario Giovanni Meloni - anche andando nelle piazze. Se ne avvantaggerà la democrazia».
 
 

Questionario e social

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