UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 29 settembre 2010

Mercoledì 29 settembre 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
29 settembre 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia - Pagina 17
Le nuove facce della depressione: «Colpisce soprattutto le donne»
Ieri alla cittadella universitaria il 1° meeting promosso dall'Ateneo
 
Nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di disabilità dopo le patologie cardiovascolari. E saranno soprattutto le donne a soffrirne. Fattori sociali, economici, interazione tra predisposizione genetica e ambiente aumentano tra le donne il rischio di incorrere in disturbi di tipo psichico. Di questo si è parlato ieri alla cittadella di Monserrato durante il primo meeting sulla salute mentale della donna promosso dall'Università di Cagliari e dalla Commissione regionale per le Pari opportunità, presieduta da Luisella Derosas.
IL PERCORSO L'iniziativa costituisce il primo di quattro appuntamenti sul tema e si inserisce nell'ambito della seconda edizione del master la “Salute mentale nella primary care ”. «Si tratta - chiarisce Mauro Carta del Dipartimento di Sanità Pubblica dell'ateneo cagliaritano - di un percorso formativo on line che si avvale di finanziamenti regionali ed europei, promosso dal nostro ateneo insieme ad altri del Mediterraneo. L'obiettivo è formare su questi temi operatori della salute come medici di base assistenti sociali e sanitari che non sono psichiatri ma hanno necessità di strumenti per confrontarsi con queste problematiche».
I DESTINATARI Doverosa l'attenzione al mondo delle donne: «I dati confermano che in Sardegna la depressione è elevata e, tra le giovani, è alto anche il numero dei suicidi», aggiunge Carta. Proprio tra le nuove generazioni si registrano fenomeni nuovi e preoccupanti come la cosiddetta “drunkoressia”, tendenza all'attenzione degli studiosi caratterizzata dal fatto di mangiare pochissimo e assumere grandi quantità di alcol in brevi archi di tempo. Di questo ha parlato Graziella Boi del Centro per il trattamento dei disturbi psichiatrici alcool correlati della Asl di Cagliari, sottolineando che l'abuso di alcol comincia a essere diffuso tra le donne laureate e occupate, meno tra le casalinghe.
LE DONNE Interessante anche l'intervento di Rosa Coppola che ha parlato della qualità dell'invecchiamento, fondamentale per le donne che hanno una maggiore aspettativa di vita. Importante infine il contributo della Commissione Pari opportunità della Presidenza regionale: «Finora - spiega Maria Teresa Portoghese - abbiamo svolto un lavoro silenzioso ma proficuo. Il nostro obiettivo è sviluppare il lavoro di donne che aiutino altre donne, valorizzando in positivo la loro capacità di prendersi cura degli altri».
CARLA ETZO
 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 22
Villa Asquer «Il Comune la acquisisca presto»
Degrado e occupazioni, mozione dell'opposizione
 
Una mozione per chiedere al sindaco e all'amministrazione di attivarsi presso la Regione e proporre che la proprietà della villa Asquer di viale Ciusa sia trasferita al Comune, perché possa farsi carico di assicurarle un destino migliore e una chiara funzione pubblica. A presentarla sono stati i consiglieri del Pd Ninni Depau e Claudio Cugusi, che hanno raccolto le lamentele dei residenti per il totale stato di abbandono nel quale versa lo stabile, tanto che l'abitazione del custode che sorge nel giardino è diventata da tempo ricovero di persone senza fissa dimora e di famiglie prive di altro alloggio.
La villa venne donata all'amministrazione regionale dall'avvocato Giuseppe Asquer, affinché ospitasse attività di pubblica utilità. Per qualche periodo è stata concessa in uso all'Università, che ne aveva fatto il quartier generale del progetto Erasmus, quello che prevede la possibilità per gli studenti di effettuare esperienze di formazione in altri Paesi europei. «Nel 2008 nemmeno l'intervento delle forze dell'ordine, che accompagnarono i funzionari dell'assessorato regionale agli Enti locali, fu sufficiente a produrre qualche effetto - ricorda il consigliere Claudio Cugusi - le persone che occupavano l'area, e che a tarda sera erano solite alzare la voce producendo schiamazzi, inveirono contro i carabinieri, impedendone di fatto l'accesso. Fu proprio allora, al seguito dell'ultimo di una lunga serie di episodi, che l'assessorato comunale ai Servizi sociali promise di occuparsi della vicenda. Sarebbe opportuno sapere se quell'impegno si è mai tramutato in realtà e se l'amministrazione ha veramente intenzione di attivarsi presso la Regione per ottenere il trasferimento della proprietà dello stabile». ( a. mur. )
 
3 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia - Pagina 17
il convegno
La malaria forse ha favorito altre patologie
 
L'aumento nell'isola di malattie “tipiche” dei sardi è correlato alla scomparsa della malaria nel 1950? È questa l'ipotesi a cui stanno lavorando medici sardi e europei, che si sono riuniti ieri a Cagliari per celebrare il convegno “L'eliminazione della malaria in Sardegna 60 anni dopo”.
LA SELEZIONE L'interrogativo a cui la ricerca sta tentando di dare una risposta è «se la malaria abbia lasciato un'impronta sul genoma, e se, scomparendo, abbia favorito l'incremento di diverse malattie autoimmuni come sclerosi multipla, celiachia, tiroidismo di Hashimoto e diabete mellito di tipo 1». Ad affermarlo è Ugo Carcassi, professore emerito di Medicina interna dell'Università di Cagliari, tra i promotori dell'incontro svoltosi ieri tra l'aula magna del rettorato e l'aula Boscolo della Cittadella universitaria di Monserrato.
CONVEGNO Il convegno è stato organizzato dall'Università, dalla Regione e dall'Organizzazione mondiale della sanità e ha visto la partecipazione di eminenti studiosi internazionali, come il russo Vladimir Segiev e Robert Sallares, arrivato da Manchester, oltre ai medici delle due università isolane.
PUBBLICAZIONE La collaborazione tra Cagliari e Sassari è anche riscontrabile nel volume curato dallo stesso Carcassi e dal medico sassarese Ida Mura, Sardegna e malaria. Un nuovo approccio a un antico malanno , pubblicato l'anno scorso da Carlo Delfino editore e dalla Fondazione Banco di Sardegna, che anticipa i temi trattati nel simposio.
La prefazione chiarisce che «si intende approfondire la conoscenza su cosa ha significato per i sardi, sotto il profilo biologico, genetico e immunologico, la presenza e la scomparsa della malaria, che ha coinciso con l'accentuarsi di malattie già presenti in Sardegna».
MALATTIE AUTOIMMUNI Nel convegno, infatti, ha trovato ampio spazio il caso delle malattie “autoimmuni”. «Quando la tiroide viene colpita da un'infezione virale», spiega Carcassi, «si produce una reazione del corpo contro la tiroide, non contro la malattia».
L'aumento nell'isola di queste patologie si potrebbe spiegare con l'alterazione genetica che avrebbe prodotto la malaria. «Ma si tratta solo di un'ipotesi», sottolinea il luminare della medicina.
TRENTENNALE Che la malaria abbia prodotto degli effetti sui sardi è un dato appurato già dal 1980, nel trentennale dall'eradicazione, celebrato con un convegno. La presenza secolare di questo malanno ha provocato «una selezione naturale: favismo e talassemia sono diffusi nell'isola proprio perché proteggevano dalla malattia». E la sua scomparsa, invece, è la causa «dell'innalzamento della statura media dei sardi» ricorda Carcassi.
RISCHI Nel mondo ogni anno, secondo Medici senza frontiere, muoiono di malaria da uno a due milioni di persone.
In Sardegna quella indigena è stata sconfitta sessant'anni fa, grazie all'intervento della fondazione Rockefeller. «Rimane però la possibilità di importazione attraverso i flussi turistici e migratori», hanno affermato durante il congresso. Il rischio maggiore è l'innalzamento delle temperature, «che comporterebbe l'estensione delle aree tropicali e subtropicali, dove è presente l'anofele (la zanzara che trasmette la malattia, ndr )». Col cambiamento climatico «l'Italia sarebbe in pericolo».
MARIO GOTTARDI
 
4 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari - Pagina 25
Dubbi sul concorso per il rientro dei cervelli sardi
Contratti per far rientrare i cervelli sardi nell'Isola a chi già lavora in Sardegna
Sassari. Una partecipante si rivolge al Tar: «il vincitore lavora già nell'Ateneo»
 
Un concorso dell'Università di Sassari, bandito per favorire il rientro dei ricercatori sardi grazie a un finanziamento specifico della Regione, finisce con mille sospetti davanti al Tar.
A rivolgersi al tribunale amministrativo è Agostina Ruggiu, ricercatrice sarda classificatasi settimana nella graduatoria del concorso: «Chiedo un'ordinanza sospensiva e il successivo annullamento della selezione», spiega, «Uno dei due contratti di ricerca assegnati con il concorso è andato a un ricercatore che risulta già al lavoro per l'Università di Sassari, come assegnista.
Inoltre molti degli altri candidati ammessi alla selezione sono titolari di assegno presso l'Università di Sassari e altri hanno già beneficiato in passato del Master and Back».
Il concorso è stato bandito nell'ottobre del 2009 dall'Ateneo sassarese, sfruttando il finanziamento previsto dalla Legge regionale 3 del 5 marzo 2008 per far rientrare in Sardegna docenti e ricercatori sardi che abbiano maturato esperienze professionali all'estero.
Il bando ha messo in palio due contratti per attività di ricerca, della durata di due anni, con la possibilità di un rinnovo per altri 24 mesi.
È fissato un compenso di 75mila euro lordi per il ricercatore, più lo stanziamento di altri 50 mila euro per sostenere il programma di ricerca.
Al bando hanno riposto tredici ricercatori, e la graduatoria definitiva è stata pubblicata lo scorso giugno.
«Tenendo conto del fatto, di essere sarda e che il finanziamento proveniva dalla Regione Sardegna, ho proposto un progetto che si pone come obbiettivo la sintesi di nuove molecole quali potenziali candidati per il trattamento della sclerosi multipla, con lo scopo di ottenere dei farmaci più efficaci, con minori effetti collaterali e somministrabili per via orale», spiega Agostina Ruggiu.
«Nonostante il progetto da me proposto sia stato valutato come il più valido fra i tredici, non rientra fra quelli finanziati». ( v. g. )
 

 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Fatto del giorno
La sfida dei ricercatori «Niente più lezioni senza garanzie certe»
Sul piede di guerra quasi 500 rappresentanti dei livelli gerarchici più bassi del corpo docente.
«Vogliamo una riforma vera, non tagli e penalizzazioni»
PIER GIORGIO PINNA
 
 SASSARI. La tattica immediata: non fare più lezioni, esami, esercitazioni. L’obiettivo: ottenere modifiche sostanziali alla riforma degli atenei al vaglio delle Camere. La strategia finale: rilanciare l’alta formazione, valorizzare il ruolo delle indagini scientifiche nei dipartimenti pubblici, ridare competitività ed efficienza all’università.
 Si muovono come una forza d’assalto i ricercatori degli atenei. Anche in Sardegna. Dove, a parte poche facoltà, la protesta sta già paralizzando l’inizio dei corsi per il nuovo anno accademico: a Cagliari via ufficiale posticipato all’11 ottobre, si partirà ancora più tardi in molti casi a Sassari.
 Il fronte è molto ampio. Nel capoluogo di regione aderiscono alla protesta 325 dei 489 ricercatori, nell’università turritana due terzi dei 248 in organico. La categoria gode in larga misura del sostegno degli altri docenti: gli associati e gli ordinari. I due Senati accademici solidarizzano. Così come tanti Consigli di facoltà. Ma questa è una lotta che i promotori della rivolta, d’ora in poi impegnati per protesta nel loro unico lavoro istituzionale, appunto quello della ricerca, sentono come una battaglia non elitaria ma in qualche modo speciale.
 «Non deve comunque passare l’idea che sia una contestazione soltanto dei ricercatori: le voci di dissenso nei confronti della riforma arrivano da tutta l’università - spiega Valentina Onnis, che opera in Farmacia a Cagliari e fa parte del coordinamento nazionale di categoria - Per capire quale sia la posta in gioco basta pensare agli ultimi annunci di assunzioni e investimenti fatti dai ministri Tremonti e Gelmini: solo generiche promesse. La realtà di oggi si basa invece su pesanti tagli e sulla riduzione degli stipendi sino al 33%». «Non vogliamo certo promozioni di massa per legge, come dice qualcuno, semplicemente valutazioni sul merito e la fine del disastroso processo portato avanti contro l’università pubblica», prosegue. Secondo la coordinatrice sarda del movimento (nella giunta esecutiva nazionale c’è un altro cagliaritano, Guido Mula, di Scienze), in Parlamento è concentrata una lobby di professori «che non aiuta molto le gerarchie più basse della docenza». Ecco perché lei stessa giudica negativamente la politica attuata in questo campo dal governo e insufficiente la linea di contrasto del centrosinistra alle Camere. Allo stesso modo valuta come inadeguato l’invito dei due rettori sardi, Attilio Mastino e Giovanni Melis, a recedere dalle forme più dure di agitazione. «Non si può sempre fare appello al nostro senso di responsabilità - osserva infatti Valentina Onnis - Se noi riprendessimo a fare esami e lezioni, non avremmo più voce in capitolo: e così i privati otterrebbero mano libera».
 Parecchi i punti salienti della protesta evidenziati dai ricercatori nell’isola. Oltre all’indisponibilità di svolgere ruoli nella didattica, è confermato il rifiuto d’incarichi di docenza «anche nel caso fossero retribuiti in modo a se stante». «Continueremo a collaborare comunque con gli studenti, i professori, i tecnici e gli amministrativi mobilitati in difesa dell’università», precisano i protagonisti della clamorosa contestazione che già dalle lauree basate sul 3+2 temono che i loro profili professionali vengano sviliti. C’è poi l’auto-invito a dimettersi dalle commissioni di valutazione e a votare contro l’affidamento o la supplenza a terzi dei corsi tenuti finora dai ricercatori.
 Anche a Sassari si mette in risalto come la protesta sia estesa «all’intero corpo docente», contro una riforma «palesemente iniqua e destinata a portare al fallimento». La ridistribuzione dei fondi, che privilegia le accademie del Nord e penalizza il Sud, è il nodo centrale. «Il governo vorrebbe fare le nozze con i fichi secchi, promuovendo cambiamenti a costo zero e con zero investimenti - dicono i ricercatori sassaresi - Per migliorare i risultati di un rendimento che colloca l’Italia agli ultimi posti in Europa si tagliano in un triennio 2,5 miliardi».
 «Così si predica bene e si razzola male: mentre altri Paesi puntano proprio su ricerca e sviluppo per uscire dalla crisi, da noi non si capisce come l’università italiana possa migliorare se non vengono potenziati gli organici con personale preparato e motivato, sostenendo anche la didattica con finanziamenti adeguati - dicono ancora a Sassari - Non ci vuole molta fantasia per capire che nel giro di poco tempo i piccoli atenei arriverebbero al collasso a tutto vantaggio degli atenei più potenti. E soprattutto di quelli privati. Naturalmente per chi sarà in grado di permetterseli».
 
Pagina 9 - Fatto del giorno
«Il nostro? Un ruolo da rilanciare»
Sblocco del turn over, reclutamenti straordinari e nuova formazione
Tante le richieste della categoria. Oggi stipendi iniziali da 1.200 euro
 
SASSARI. Da Cagliari il rettore conferma che il rinvio delle lezioni è stato un «segnale forte» lanciato dal Senato accademico: «Questa politica universitaria del governo crea solo difficoltà negli atenei», ribadisce Giovanni Melis. Ma nel capoluogo di regione e duecento chilometri più a nord i ricercatori continuano la mobilitazione. «Oggi i due atenei sardi sono piazzati quasi agli ultimi posti nella classifica elaborata dal ministero per la suddivisione di una parte dei fondi ordinari - rileva Alberto Alberti, che svolge la sua attività di ricerca a Veterinaria - Ciò significa che subiremo presto altri tagli. Ma noi non ci stiamo: vogliamo poter operare con requisiti scientifici adeguati e ottenere il riconoscimento di un idoneo ruolo giuridico».
 In Sardegna l’età media della categoria in rivolta supera i 40 anni. Le retribuzioni oscillano dai 1.200 euro iniziali ai 2.000 di fine carriera. Altro motivo di preoccupazione sono le domande di pensionamento prima del massimo dell’anzianità di carriera presentate in questi mesi da molti docenti, compresi tanti ricercatori ormai sessantenni. Le richieste in teoria dovrebbero garantire un fisiologico turn over con la «promozione» di chi sta nei gradini più bassi. Ma in realtà appaiono adesso come fonte di guai: con il meccanismo di rallentamento nel rimpiazzo dei posti e delle cattedre imposto dai tagli, rischiano di sguarnire le università proprio nel momento più critico.
 Dice in proposito Bianca Biagi, a Sassari unica ricercatrice di Economia in Scienze politiche: «In facoltà non abbiamo un ordinario di Economia né di Economia politica, l’unico associato andrà in pensione a maggio». E Massimo Scandura, che sempre a Sassari si occupa di Zoologia in Scienze biologiche, spiega che in questa situazione si potrà privilegiare solo la ricerca, «dato che sarà proprio su quella che verremo valutati nei prossimi concorsi per diventare associati».
 Più in generale i promotori delle iniziative di protesta osservano che gli effetti della riforma universitaria rischiano di rivelarsi devastanti. Soprattutto per Sassari e per il suo territorio. «Il nostro ateneo rappresenta una delle principali realtà economiche e un punto di riferimento culturale da oltre 400 anni», sottolineano un po’ tutti sotto questo profilo.
 «Quali prospettive si creeranno per le nuove generazioni quando ci si dovrà accontentare di una università di scarso livello?», si chiede perciò Alessandro Soddu, ricercatore di Storia medievale. Per concludere: «Meglio che i politici ci pensino. Qui non è in forse il futuro dei professori o dei ricercatori, ma quello dei giovani delle aree più svantaggiate e di un equilibrio sociale già messo a dura prova». (pgp)
 
Pagina 9 - Fatto del giorno
LA RETE 29 APRILE
«Atenei pubblici, liberi e aperti»
 
 SASSARI. La Rete si chiama «29 Aprile». L’hanno ribattezzata così, i ricercatori italiani, perché la loro prima grande assemblea «per una università pubblica, libera, aperta» si è svolta quest’anno a Milano quattro giorni dopo la festa della Liberazione. Ma quali sono le principali richieste di questi docenti? Intanto la necessità di rivalutare in termini adeguati risorse e potenzialità negli atenei. Poi l’addio «alle politiche miopi» e l’esigenza di «rilanciare le università per il Sistema-Paese». E, ancora, dopo un’analisi della criticità del loro ruolo, l’appello perché al disegno di legge in discussione alle Camere siano introdotte modifiche sostanziali. Che consentano di mettere l’Italia al passo con il mondo nell’alta formazione. E non la penalizzino invece, come a detta dei ricercatori vogliono fare i ministri Tremonti e Gelmini sottraendo fondi e investimenti all’università.
 Di qui la richiesta del ripristino di un finanziamento ordinario per gli atenei «adeguato e realistico», non più soggetto come oggi a sforbiciate annuali. (pgp)
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura e Spettacoli
L’università tra merito e nepotismo
Una sfida all’ultimo voto da cui dipendono le quote dei fondi ministeriali
All’ateneo di Sassari un convegno sui criteri di valutazione delle pubblicazioni di docenti e ricercatori
LARA GARGANO
 
 SASSARI. Come valutare le pubblicazioni di docenti universitari e ricercatori? A chi spetta un giudizio di merito? Ad altri professori, con i consueti margini di discrezionalità, o ai criteri standard della bibliometria? Il dilemma tra scienza e “nepotismo” scuote la comunità accademica sassarese, alla vigilia della pubblicazione del bando Civr che darà il via alla valutazione della ricerca svolta dagli atenei italiani negli anni 2004-2008 sulla base dei contributi degli studiosi. Una sfida all’ultima pubblicazione, da cui dipende la posizione nella classifica nazionale delle università. In palio c’è una quota dei fondi ministeriali.
 L’imminente concorso ha fornito lo spunto per un forum svoltosi lunedì nella sede centrale dell’Università di Sassari. Tema della discussione, i pro e i contro della bibliometria, scienza recente che utilizza tecniche matematiche e statistiche per misurare il grado di diffusione delle pubblicazioni scientifiche all’interno delle comunità di studiosi. Moderatore del dibattito è stato il professor Michele Comenale Pinto, direttore della Scuola Dottorale in Economia e Diritto dei sistemi produttivi di Sassari. A firmare gli interventi, Alberto Baccini, docente di Economia politica all’Università di Siena, Maria Cristina Marcuzzo, titolare della cattedra di Economia Politica alla Sapienza di Roma e la professoressa Elisabetta Addis, economista all’università ospite.
 «La prudenza è d’obbligo» quando c’è da affidarsi alla bibliometria perché «la pluralità degli elementi per giudicare uno scienziato non può confluire in un modello matematico». Su questo punto i relatori sono d’accordo. Il passo successivo è definire indicatori bibliometrici migliori. Un compito che spetta ai professori, «i soli ad avere le competenze per perfezionare una scienza che sembra esautorarli dei tradizionali poteri». Il limite degli indicatori in uso è di avvalersi di parametri meramente quantitativi che dicono poco della «reale importanza» di un’opera, avverte Baccini. L’indicatore H., ad esempio, valuta uno scienziato in base al numero di pubblicazioni e al numero di citazioni ricevute nelle riviste specialistiche, informazioni raccolte nelle banche dati bibliografiche. Un sistema, secondo i relatori, esposto a molte distorsioni: i data base (Scopus, Google Scholar etc.) non rilevano tutte le riviste esistenti; conteggiano solo le citazioni su rivista e non quelle all’interno dei libri. Rilevano le autocitazioni o le citazioni “come scambio di favori” tra scienziati, mentre escludono i “diamanti rosa”, opere sottovalutate per la loro originaità, ma che in futuro potrebbero “sbancare”. Tra le soluzioni alternative, la Marcuzzo propone un indice che tenga conto anche del “dove pubblico” e del “tipo di prodotto”. Due parametri in più: uno che valuti case editrici e riviste. L’altro, che misuri la qualità delle pubblicazioni a seconda che siano libri, articoli o altro.
 Elisabetta Addis dal canto suo sottolinea la discriminazione di genere insita negli indicatori: costruiti su parametri quantitativi, collocano le ricercatrici al di sotto del livello d’eccellenza per il solo fatto che statisticamente pubblicano meno.
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
VILLA ASQUER
«Sia patrimonio comunale»
 
CAGLIARI. Il conte rosso si rivolterebbe nella tomba se venisse a sapere in che condizioni la sua Villa è ridotta. Da luogo di dibattiti e happening, alternativo e magico per la Cagliari degli anni Settanta, a rifugio per senza tetto e sbandati. È il destino di Villa Asquer in viale Ciusa.
 I consiglieri Cugusi e Depau chiedono che l’amministrazione inviti la Regione, formalmente proprietaria dei locali, ora in uso all’Università, a trasferirli al Comune al più presto.
 «È l’ennesimo spazio abbandonato. Anche i servizi sociali dovevano intervenire due anni fa per sostenere coloro che occupano i locali del custode, ma su questo punto nulla è stato fatto».
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Malaria sconfitta: premio a Ugo Carcassi
 
 CAGLIARI. Sessant’anni dalla liberazione della malaria in Sardegna: al convegno organizzato da Università, Regione e Oms al quale hanno partecipato esperti provenienti da Mosca e Manchester. «Trent’anni fa, grazie ai dati del reclutamento - ha ricordato Ugo Carcassi, professore emerito di Medicina interna (premiato) e autore con Ida Mura di un volume sulla battaglia contro la malattia - avevamo registrato, dopo la scomparsa della malaria, un innalzamento della statura media dei sardi». Il pericolo malaria - è stato spiegato - in qualche modo esiste ancora. «La malaria indigena - ha chiarito Carcassi - è stata senz’altro sconfitta. Per anni ha prodotto in Sardegna una selezione naturale: favismo e talassemia sono diffusi nell’isola proprio perchè proteggevano dalla malaria. Ora rimane la possibilità di importazione coi flussi turistici e migratori. L’Italia è a rischio solo in caso di innalzamento delle temperature».
 
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 23 - Sassari
Veterinaria, il Consiglio si divide
No all’emendamento Pdl, passa a maggioranza la mozione Pd
Il centrodestra chiedeva l’impegno forte dell’università
 
SASSARI. Una mozione del Pd sul rischio di chiusura della facoltà di Veterinaria che sembrava dover mettere d’accordo tutto il consiglio comunale si è trasformata in un’occasione di divisione. L’intransigenza di Ora Sì nell’accettare un emendamento del Pdl proposto dal consigliere Giampiero Uneddu, che pareva condiviso da una parte del centrosinistra, ha arroventato il dibattito. L’opposizione ha chiesto che la mozione impegnasse anche l’Università ad attivarsi con tutte le risorse disponibili a favore della facoltà. Un velato richiamo a fare la sua parte in una vicenda che la vede principale responsabile, visto che Veterinaria non è ancora riuscita a dotarsi di alcune strutture indispensabili per la didattica senza le quali non le verrebbe data la certificazione europea di qualità necessaria per sopravvivere. Ma Efrem Carta di Ora Sì riteneva l’emendamento signiun’intromissione nella gestione dell’ateneo.
 In conclusione l’emendamento non è stato accettato, il centrodestra è uscito dall’aula per non votare contro e la mozione è stata approvata dal solo centrosinistra. Precedentemente un altro punto all’ordine del giorno aveva infiammato la seduta. Quello degli equilibri di bilancio e dello stato di attuazione dei programmi dell’amministrazione. Dopo l’illustrazione della pratica in scadenza (l’approvazione è prevista per legge entro il 30 settembre) da parte dell’assessore Nicola Sanna, è stata la minoranza ad aprire le contestazioni. Il consigliere del Pdl Manuel Alivesi ha accusato l’amministrazione Ganau di «essere incapace di incassare le entrate e spendere le somme a disposizione». Alivesi ha elencato tutta una serie di settori in cui questa incapacità è più marcata, dal settore dell’edilizia, a quello delle politiche sociali, all’ambiente, dove la spesa è stata «nettamente inferiore ai fondi disponibili». Per Alivesi la dimostrazione di una «sofferenza a programmare» interventi a favore della città e dei suoi cittadini. Sulla stessa linea gli interventi del capogruppo del Pdl Antonello Desole, e dei compagni di partito Giancarlo Carta, Giampiero Uneddu, oltre agli Udc Antonio Cossu e Ottaviano Canalis. Mentre a difesa dell’operato della giunta si sono pronunciati Massimo Sechi (Pd), il socialista Pierpaolo Panu e l’assessore Nicola Sanna ricordando che i mancati trasferimenti da parte dello Stato e della Regione e i vincoli del patto di stabilità impediscono la spesa. A rafforzare il concetto è intervenuto lo stesso sindaco. «Da duecento sindaci riuniti oggi a Ottana si sono levate le stesse lamentele, e più forti erano proprio quelle provenienti dagli amminstratori del centrodestra. Da aprile scorso la Regione non eroga risorse, un fatto senza precedenti. Domani (oggi per chi legge, ndr) ci sarà un incontro con Cappellacci, la Regione può chiedere deroghe al patto di stabilità come ha fatto la Lombardia guidata da Formigoni». Alla fine approvazione a maggioranza.
 
 
 

Questionario e social

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