Sabato 19 giugno 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 giugno 2010
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
L’UNIONE SARDA
1 - Ricerca Cirem: il Porto canale snobbato dalle imprese
2 - Monserrato. Corso sulla diagnostica per immagini
 
LA NUOVA SARDEGNA
3 - Rischio coste, intervista al professor Aldo Muntoni
  
IL SARDEGNA
4 - Ricerca Cirem: traffico in frenata al Porto Canale
  
  
RASSEGNA STAMPA QUOTIDIANA
 

L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 18
La ricerca. Nel 2009 il record di container in transito per le banchine di Macchiareddu
IL PORTO CANALE SNOBBATO DALLE IMPRESE
Lo scalo è utilizzato solo dal 15 per cento delle aziende sarde
I dati presentati da Camera di commercio, Confindustria e Api Sarda.
Due dati su tutti: il record assoluto di 745 mila container movimentati nel 2009, ma solo il 15 per cento delle imprese sarde utilizza i servizi offerti dal ritrovato Porto canale. Sono i numeri emersi dallo studio commissionato dalla Camera di commercio cagliaritana, in collaborazione con Confidustria e Api Sarda, presentato ieri mattina nella sala conferenze della sede centrale del Largo Carlo Felice. Si intitola “Hub portuale e feeder network di Cagliari: intermondalità e servizi per un nuovo sviluppo imprenditoriale” la ricerca redatta dagli esperti del Cirem, il Centro interuniversitario di ricerche economiche e mobilità del dipartimento di Ingegneria del territorio dell’Università di Cagliari, che ha passato ai raggi X l’attività del porto industriale cittadino.
IL RECORD Da registrare, stando ai numeri emersi dallo studio, il recente record assoluto di movimentazione che ha fatto registrare il terminal container di Giorgino. Ad illustrare i dati sono stati i ricercatori Simone Loi, Valentina De Vergiliis e Nicoletta Rassu (tutti del Cirem) che hanno confrontato gli ultimi anni di attività del Porto canale. A conti fatti, lo scorso anno, sono passati per il capoluogo sardo 745 mila teu (l’unità di misura che corrisponde ad un container), su un massimo che viene stimato in circa un milione e mezzo di pezzi. In precedenza, il risultato migliore ottenuto era stato di 687mila teu, registrati nel 2006 e prima che il terminal industriale entrasse in una drammatica crisi che ne aveva messo a rischio l’esistenza stessa. Un dato ancor più rilevante se si tiene conto della congiuntura internazionale e della crisi che ha colpito l’intero settore mondiale delle merci. Alla base dell’incremento, stando a quanto rilevato dagli esperti, sia il cambio della gestione che l’aumento dell’offerta: da una parte l’attività dei collegamenti oceanici, dall’altra gli scambi col Mediterraneo e col Mar Nero che offrono ampie possibilità di trovare nuovi mercati. La Sardegna, però, resta solamente un punto d’appoggio per il traffico dei container: il 98 per cento del traffico è, infatti, rigorosamente transhipment (solo in transito, destinato a essere spostato dalle navi oceaniche a navi più piccole), mentre solo il restante due per cento resta nell’Isola.
SOLO TRANSHIPMENT «Il Porto canale», ha detto Alessandro Olivo, coordinatore dei ricercatori del Cirem, «si è caratterizzato soprattutto sul transhipment attestandosi al quarto posto tra gli scali commerciali italiani. Sono scarsi, però, i rapporti con le imprese locali: il nostro sistema economico ha difficoltà a creare grossi flussi di traffico e a creare contenitori pieni».
PORTO, QUESTO SCONOSCIUTO Al record di movimentazioni, però, corrisponde un dato negativo, quello sulla conoscenza dei servizi offerti da parte delle aziende sarde. Analizzando un campione di 288 imprese, i ricercatori hanno verificato che appena il 15 per cento di queste ha utilizzato i servizi del Porto canale per le importazioni, sfruttando in modo particolare i collegamenti con la penisola (61%) e in misura minore dall’Europa (31%). L’indice delle esportazioni non supera il dieci per cento: in questo caso la maggior parte è rivolta all’Europa (38%), poi verso l’Italia (34%) ed infine verso altri continenti (28%). Bassissima, infine, la conoscenza dei servizi offerti dal Porto canale da parte delle aziende sarde (appena il 23%), col risultato che la quasi totalità (l’82%) utilizza altri centri di smistamento per trasferire le proprie merci. «È fondamentale», ha detto Antonio Musso, presidente sezione trasporti della Confindustria cagliaritana, «riuscire a sfruttare le opportunità offerte. Solo così si trasforma l’insularità da handicap a vantaggio strategico».
FRANCESCO PINNA
 
 
2 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 20
sanità
Corso sulla diagnostica per immagini
Si terrà nell’Aula magna del Policlinico di Monserrato lunedì e martedì, a partire dalle 9, il Corso di Imaging diagnostico dell’apparato muscoloscheletrico, dedicato alla traumatologia sportiva e ai tumori maligni dell’osso e dei tessuti molli.
L’iniziativa, promossa da Francesco Mastio, Luigi Casciu e Maria Rosaria Lai, servirà per approfondire i temi legati alle patologie dell’apparato muscolo-scheletrico e in particolare quelle correlate allo sport. «Abbiamo cercato», spiegano gli organizzatori, «di allargare i nostri orizzonti avvalendoci della collaborazione che il Servizio di radiologia del Marino ha avviato col Centro di diagnostica della New York University, e in particolare con la sezione di Imaging muscolo-scheletrico».
 
   
 
LA NUOVA SARDEGNA

3 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Fatto del giorno
Alto rischio per le coste
L’esperto: «Se si decidesse di trivellare bisognerebbe investire molto nella sicurezza» 
CAGLIARI. «Sappiamo tutti che è meglio prevenire, ma assistiamo continuamente a disastri e arriviamo quando il danno è già stato fatto», spiega Aldo Muntoni (nella foto), docente di Ingegneria sanitaria ambientale presso l’università di Cagliari.
- Che cosa potrebbe significare una piattaforma petrolifera al largo del golfo di Cagliari o di quello di Oristano?
«Direi che si tratta di zone di particolare pregio ambientale, come è poi tutta la Sardegna. Da qui la massima attenzione prima di un simile intervento. Il problema è che questo tipo di impianti devono essere studiati in maniera molto scrupolosa. Invece questo, come dimostra il disastro di questi giorni, non accade».
- Come rimediare?
«Noi abbiamo un atteggiamento re-attivo e non pro-attivo. Voglio dire che reagiamo a un disastro e non cerchiamo di intervenire prima».
- In Luisiana?
«Si tratta di strumentazioni molto complesse che non sono state, evidentemente, testate a sufficienza: vi sono state bolle di gas nei condotti d’uscita. Inoltre la Bp si è trovata impreparata. Mentre avrebbe dovuto avere un piano in caso di un’emergenza simile».
- Tornando alla Sardegna?
«Qualora si decidesse di trivellare per il petrolio, bisognerebbe investire moltissimo nella sicurezza preventiva, cosa che la Bp evidentemente non ha fatto. Poi capire bene dove si vuole intervenire, per non danneggiare l’ambiente subacqueo e tenere conto delle correnti».
- Lei si occupa di come intervenire una volta che il disastro è stato fatto...
«Vorrei che il mio operato non fosse mai necessario: è molto più economico per le stesse compagnie puntare sulla sicurezza, curando tutti i più piccoli aspetti. Per la Bp, ad esempio, il rimborso che dovrà pagare per i danni creati è decisamente più alto di quello che avrebbe speso se fosse intervenuta prima».
- Occorrono norme più precise?
«Certamente».
Come si opera se capita un disastro petrolifero?
«Dipende dal tipo di danno. Va detto che la presenza di chiazze di petrolio nell’acqua e nelle coste è solo uno degli aspetti, quello più evidente. Ma ve ne sono tanti altri, come il permanere di una serie di microparticelle inquinanti. In alcuni casi, qando si tratta di materiale organico, si può operare tramite microrganismi adatti».
- In Sardegna, però, anche la sola esistenza di una possibilità di rischio crea il terrore...
«Sì, ma le valutazioni vanno fatte a mente fredda e non sulla scia di un forte impatto emotivo. Credo, ma questo non è il mio campo, che andrebbero valutate tutte le implicazioni, anche quelle economiche. Anche se, ripeto, per la Sardegna l’aspetto ambientale e paesaggistico è determinante». (r.p.)
 
 



E POLIS - IL SARDEGNA
 
4 - E Polis / Il Sardegna
Grande Cagliari – Pagina 17
Economia. All’anno 700mila container, ma la tendenza è in calo. Solo il 15% delle imprese sarde usa le banchine
Traffico in frenata al Porto Canale
Volume di traffico assestato ormai oltre i 700mila Teu (l’unità di misura dei container), ma solo il 15% delle imprese sarde utilizza il porto canale per l’export. Sono i due dati principali emersi dallo studio realizzato dalla Camera di commercio. I motivi per cui gli imprenditori isolani snobbano Macchiareddu? Primo, il numero limitato o le dimensioni dei colli da trasportare. Un problema che, secondo le conclusioni dello studio, potrebbe essere mitigato o eliminato se esistesse un operatore che facesse consolidamento o “groupage”. Secondo, la scarsa conoscenza dello stesso porto: da un questionario diffuso presso le imprese risulta che il 72% degli intervistati ignora i servizi offerti al territorio dal porto canale. Tirando le le somme secondo l’analisi
«le imprese sarde hanno una struttura poco allineabile alle caratteristiche attuali del Terminal». «Nei primi cinque mesi del 2010- ha detto Alessandro Olivo, coordinatore del gruppo di lavoro del Centro interuniversitario di ricerche economiche del Dipartimento di Ingegneria del Territorio dell’Università, «sono stati trasportati 250mila teu. Se la tendenza dovesse essere questa avremmo un decremento del 15% rispetto allo scorso anno».
   
 
RASSEGNA STAMPA QUOTIDIANA

Questionario e social

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