Venerdì 26 marzo 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 marzo 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 22
Sindrome di Tourette, la ricerca vince
Devoto: così ci apprezzano all'estero e otteniamo i fondi
Università. Parla la ricercatrice cagliaritana premiata per i suoi studi: la sfida continua
 
La ricercatrice cagliaritana è stata premiata assieme a Marco Bortolato per le ricerche sulla sindrome di Tourette.
Più d'una volta ha festeggiato il Natale o il Capodanno con i suoi ratti, rinchiusa dentro il laboratorio di Neuroscienze per uno dei tanti esperimenti in notturna. Forse non è la cosa peggiore che potesse capitarle ma la dice lunga sulla sua passione. «Alla fine ne vale sempre la pena». Paola Devoto, 56 anni, da più di 30 nel dipartimento di Neuroscienze, già allieva dello scienziato Gessa, sa bene perché: è la ricercatrice cagliaritana premiata nei giorni scorsi per i risultati sulla sindrome di Tourette. «Non è solo merito mio», dice preoccupata che passi in secondo piano il nome dell'altro ricercatore premiato, Marco Bortolato, research assistant professor alla Usc di Los Angeles, e del professor Francesco Marrosu, direttore del Centro Tourette, che ha in cura i pazienti. I ricercatori hanno ottenuto il premio dalla Tourette Syndrome Association: 73 mila dollari che vanno ad aggiungersi ai 68 mila donati dalla stessa associazione Usa lo scorso anno e ai 20 mila euro “sardi” della Fondazione Banco di Sardegna. In sostanza sono i primi ricercatori, al mondo, ad avere scoperto che un farmaco, la finasteride, normalmente usata per tutt'altre patologie, agisce benissimo sui pazienti tourettici. Risultati che aprono una nuova frontiera nella cura di una malattia che nonostante le antiche origini (scoperta nell'800 dal neurologo francese Georges Gilles de la Tourette) presenta ancora lati oscuri.
La ricerca va avanti?
«Continuerò a studiare la finasteride per capire come funziona: è un farmaco che, interagendo con gli ormoni sessuali e in particolare col testosterone, può essere usato nei maschi adulti ma non nelle donne e nei bambini. Dobbiamo andare avanti per questi pazienti: la finasteride è solo il punto di partenza».
E il premio?
«È importantissimo, a parte l'orgoglio, è il piacere di vedere che le proprie ricerche sono apprezzate all'estero, uno dei pochi modi per poter ottenere fondi per la ricerca vista l'esiguità dei finanziamenti statali».
È la nota dolente...
«Il problema è sempre questo: ora speriamo molto nella Regione ma puntiamo anche sui progetti europei. Nel mio gruppo di ricerca lavorano brillanti giovani precari con deboli prospettive di carriera in conseguenza dei tagli e del fatto che il sistema Università non assume. Non si fanno concorsi, perdiamo teste brillanti e li mandiamo all'estero. Per questo protestiamo e ci asterremo dall'insegnamento: non cediamo di un millimetro finché il Governo non cambierà rotta».
CARLA RAGGIO
 
Cronaca di Cagliari Pagina 22
Il Centro clinico
«Qui pazienti da tutta Italia»
 
 Dagli esperimenti sugli animali ai primi test sui pazienti. Il salto di qualità i ricercatori cagliaritani l'hanno compiuto, due anni fa, sperimentando i loro studi su un sardo che da anni convive con la sindrome di Tourette e i suoi tic, motori e vocali, conditi anche da parole oscene. «I risultati sono andati oltre le nostre aspettative», assicura Francesco Marrosu, direttore del centro universitario che si occupa dell'aspetto clinico di questa ricerca “triangolare”, tra Cagliari (Paola Devoto), Los Angeles (Marco Bortolato, giovane ricercatore, allievo di Marrosu, finito all'estero) e il Centro (di cui la Devoto è vice-direttore) nato proprio per lo studio e la terapia di Tourette.
LA SITUAZIONE «Così non ci sono tempi morti, dalla ricerca alla fase clinica», spiega il professore dal suo Dipartimento di Scienze cardiovascolari e neurologiche. La pubblicazione sul prestigioso Journal of american psychiatric dei risultati ottenuti con il primo paziente tourettiano ha aperto il sipario non solo sulla ricerca ma anche sul centro. «È il tam tam degli ultimi 12 mesi che sta attirando da noi pazienti da tutta Italia, attivando anche collaborazioni con altri centri - dice Marrosu - attualmente seguiamo una trentina di pazienti, in maggioranza sardi, sottoponendoli ai precisi test americani: è una malattia molto democratica, colpisce in tutto il mondo. In Italia si parla di 250 mila malati, metà bambini, ma sono sicuramente di più, tanti se ne vedono per le strade: molti non sanno di potersi curare e a chi rivolgersi».
LE PROSPETTIVE La speranza è di poter aiutare anche i “piccoli Mozart” (anche lui era malato di Tourette, come molti musicisti) e le donne, a cui la terapia a base di finasteride, non può essere applicata. «Se avremo successo e fortuna potremo dare una speranza ai malati in cura con le terapie tradizionali che hanno effetti collaterali». Il prossimo passo sarà quello di pubblicizzare i risultati sui pazienti del Centro. «Stiamo preparando due lavori clinici - annuncia il direttore - uno sui risultati ottenuti su una ventina di persone tourettiche da noi seguite, l'altro sui dati ottenuti con la Risonanza magnetica funzionale, che mostra come alcune aree del cervello di questi pazienti si illuminano in modo diverso rispetto a quanto avviene nei controlli. Quando questi risultati saranno pubblicati potremo riparlarne, vorrà dire che si è fatto un altro passo avanti. Ma intanto la nostra ambizione è dare una sede fisica al nostro centro, sparso oggi tra i nostri Dipartimenti, in modo da assicurare privacy e confort ai pazienti». (c.ra.)
 
2 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia Pagina 19
Un cagliaritano nel progetto dell'acceleratore Cern
Scienze. Da Ginevra a via Roma per spiegare i segreti della fisica del futuro
 
Anche un cagliaritano alla ricerca di risoluzioni di misteri che, dalla fisica nucleare, oltrepassano il confine che porta alla filosofia e alla teologia. Perché gli interrogativi che si pongono i ricercatori del Cern di Ginevra, alle prese con l'Lhc, l'acceleratore di particelle più potente al mondo, sono di quelli a cui non avremmo mai pensato di poter trovare una risposta. A spiegare quali saranno le prossime frontiere della scienza sarà il professor Sergio Serci, del dipartimento di Fisica dell'Università di Cagliari, impegnato nel progetto. L'appuntamento, che si inserisce nel ciclo di incontri dell'associazione culturale Karales presieduta dal giornalista Cesare Valentini, è per oggi alle 20, al Teatro Club di via Roma 257.
ECCELLENZA NUCLEARE Il Centro europeo per la ricerca nucleare nasce nel 1954, al confine tra Francia e Svizzera, dall'iniziativa di 12 Stati. L'intenzione era di restituire all'Europa il primato della fisica, all'epoca in mano agli Usa. L'obiettivo è stato raggiunto: il Cern è oggi il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. Ne fanno parte 20 Paesi membri più alcuni osservatori: l'Italia è rappresentata da oltre 800 ricercatori e ha contribuito per il 15 per cento alla realizzazione dell'Lhc.
L'ACCELERATORE DEL FUTURO Il Large Hadron Collider è un gigantesco anello di 27 chilometri che si trova in un tunnel a cento metri di profondità. Qui si indagano territori della fisica finora inesplorati: esiste il bosone di Higgs, soprannominato “la particella di Dio”, che dà origine alla materia? È possibile ricreare le condizioni immediatamente successive al Big Bang? Esistono altre dimensioni, oltre a quelle spazio-temporali? Per trovare queste risposte, fasci di protoni vengono accelerati fino a raggiungere una velocità pari al 99,9 per cento di quella della luce, e poi fatti scontrare, dando così origine a livelli d'energia mai raggiunti in laboratorio.
LE COLLISIONI Per il 30 marzo sono previste le prime collisioni, all'energia complessiva di 7 TeV. Una data attesa, da quando la macchina ha ripreso a funzionare dopo la pausa invernale. «Ci resta da fare ancora un lungo lavoro, prima delle collisioni. Anche solo collimare i fasci è un'impresa», ha spiegato il direttore per gli acceleratori e la tecnologia, Steve Myers. «È come lanciare due aghi da una parte e dall'altra dell'oceano Atlantico e farli scontrare a metà strada». Certamente, al Cern non stanno pensando alle teorie catastrofiche, secondo cui l'Lhc potrebbe creare un buco nero, e addirittura distruggere il pianeta.
FRANCESCO FUGGETTA 
 
3 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 50
Perché il fascismo non fu una parentesi
 
 In questi anni di crisi della democrazia repubblicana Aldo Accardo e Gianni Fresu, storici contemporanei dell'Università di Cagliari, si rivolgono al pensiero di Antonio Gramsci per tentare di capire come e perché quasi un secolo fa l'Italia partorì un fenomeno sino ad allora sconosciuto in Europa e nel mondo, il regime fascista. Professore quasi sessantenne il primo, ricercatore trentacinquenne il secondo, Accardo e Fresu spaziano dal Gramsci giovane al pensatore maturo dei Quaderni dal carcere in una densa opera storica intitolata Oltre la parentesi. Fascismo e storia d'Italia nell'interpretazione gramsciana (Carocci editore, 177 pagine, 18 euro).
Evidente già nel titolo del libro (che verrà presentato dagli autori domani alle 17,30 nei locali della Società operaia industriale di Iglesias) la polemica verso il grande filosofo liberale e idealista Benedetto Croce e la sua interpretazione del fascismo quale parentesi nella storia d'Italia. Al contrario, Gramsci vede nel fascismo la logica conseguenza di una vicenda storica segnata da un Risorgimento caratterizzato da precisi limiti delle classi dirigenti e dal parassitismo del capitalismo nazionale. Mentre nell'Europa occidentale avanzata e negli Stati Uniti del fordismo gli industriali percorrono le strade dell'innovazione e della modernità, i grandi capitalisti del Nord Italia scelgono di allearsi con la rendita parassitaria degli agrari del Sud. E i limiti di quel blocco storico portano perennemente il paese sull'orlo di situazione autoritarie ogni qualvolta si registrano crisi economiche e politiche.
Non a caso Gramsci parla di sovversivismo delle classi dirigenti, intendendo che l'Italia è in mano (il fascismo ne è la prova evidente) a gruppi dominanti politici ed economici che periodicamente sovvertono le istituzioni, in particolare il ruolo di un Parlamento costantemente minato nei suoi poteri anche prima del 22 ottobre del 1922. Già negli anni della Grande Guerra il re conferma il Governo Salandra nonostante gli manchi il consenso delle Camere, e anche a fine secolo le scorciatoie autoritarie erano state percorse con il governo di Luigi Pelloux, senza dimenticare il Governo di quel Crispi, ex garibaldino, che proveniva dalla sinistra.
Scritto con un stile gradevole, il lavoro di Accardo e Fresu è di analisi storica e storiografica, ma l'introduzione di Nicola Tranfaglia (che fra un mese, il 27 aprile, sarà a Cagliari a presentare il libro nei locali della Cineteca sarda) tende ad attualizzare fortemente l'analisi di Antonio Gramsci, in particolare per quanto riguarda il concetto di egemonia. Tranfaglia cita il brano in cui Gramsci sottolinea che «... l'esercizio normale dell'egemonia nel terreno del regime parlamentare è caratterizzato da una combinazione della forza e del consenso che si equilibrano, senza che la forza soverchi troppo il consenso, anzi appaia appoggiata dal consenso della maggioranza espresso dai cosiddetti organi dell'opinione pubblica...».
Traducendo l'analisi del pensatore sardo sull'egemonia in termini attuali, il professor Tranfaglia sostiene che «...in Italia nell'ultimo ventennio appare chiaro che lo scontro abbia segnato la vittoria dei ceti sociali e di gruppi politici e professionali che hanno identificato nell'attuale capo del governo e nel suo populismo pseudo-liberale, ma nel fondo autoritario, il punto di riferimento centrale di una battaglia radicale contro gli eredi della sinistra laica e post-comunista». E, sempre citando Gramsci e il lavoro di Accardo e Fresu, vede nell'Italia degli ultimi trent'anni un processo nel quale si è realizzata «..una nuova egemonia, fondata sul mito americano e su quello dell'imprenditore self-made man, legata all'esempio personale di una ascesa prima economica e poi anche politica... Oggi l'egemonia culturale e politica è detenuta dal populismo autoritario della destra, che è venuta a unificarsi e consolidarsi, al contrario del centro-sinistra che resta diviso e frammentato. In questa situazione il “sovversivismo” delle classi dirigenti appare il tema centrale del periodo che stiamo vivendo».
GIANCARLO GHIRRA
 
4 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale Pagina 7
Il mare avanza e divora le spiagge
Nell'Isola a rischio più di un terzo dei 450 chilometri di sabbia
di STEFANO LENZA
 
Una mareggiata e via, la spiaggia non c'è più. È capitato, capita e capiterà. La scomparsa improvvisa delle strisce di sabbia non è comunque un dramma. La natura prende ma poi ridà. Arraffa in inverno e restituisce in estate. Il vero problema è un altro. «Al di là di situazioni legate all'andamento meteorologico, a fenomeni estremi che possono verificarsi nei mesi invernali e che modificano l'assetto di alcune aree particolarmente esposte, c'è una tendenza all'erosione che interessa dal 36 al 39 per cento dei 450 chilometri di spiagge dell'isola», spiega Felice Di Gregorio, docente di Geologia ambientale al dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Cagliari. «Una tendenza - dice - che non interessa solo le coste sarde, ma quelle italiane e un po' tutto il Mediterraneo all'interno di una fenomeno su scala planetaria che ha destato allarme a livello internazionale». Tanto che in Spagna, ad esempio, si sono lanciati in un imponente opera di ripascimento, riversando milioni di metri cubi sabbia su centinaia di chilometri. Questo non significa che non ci siano aree in cui la tendenza è inversa e la terra avanza verso l'acqua. Altre sono in equilibrio. «A noi interessa però - precisa Di Gregorio - quel che accade in generale nell'arco di venti o trent'anni perché solo così si può cogliere la tendenza evolutiva. Non è invece affidabile un'analisi limitata alle contingenze stagionali connesse ai fenomeni meteorologici»
LA SITUAZIONE NELL'ISOLA L'erosione è contenuta sul versante orientale e decisamente più accentuata su quello occidentale dove colpisce da nord a sud un po' ovunque a partire Golfo dell'Asinara, dal litorale di Alghero (il lido a ridosso del porto, Maria Pia, le Bombarde,) a Stintino (La Pelosa). A seguire scendendo verso la parte meridionale, Santa Caterina, Bosa (dove una parte è in accrescimento ma l'insieme non sfugge all'erosione). Nell'Oristanese persiste un complessivo equilibrio a Is Arenas, mentre nel Sinis sono il mare risucchia sia le spiagge che le coste alte, le falesie: a Su Tingiosu, e con maggiore aggressività, tra Torre Seu e San Giovanni di Sinis, nel promontorio di Capo San Marco. Il Golfo di Oristano è colpito non tanto verso la parte riparata di Mare Morto ma più giù, verso il Porto Industriale. Nella costa Arburese e a Piscinas sono in corso fenomeni accentuati così come a Portixeddu, Funtanamare, Porto Paglia e sul litorale di Portoscuso. Altrettanto accade da Teulada verso Cagliari, nel Golfo di Palmas, Santa Margherita, Nora, e lungo tutta la fascia costiera fino a Su Siccu, il Poetto e verso Villasimius dove preoccupa quanto avviene alla Spiaggia del Riso.
La Costa Orientale è più riparata e il fenomeno si presenta quindi meno accentuato ma con punti critici come Cala Gonone dove già da tempo si è dovuto effettuare il ripascimento. Diverso il caso di Cala Luna: «La spiaggia era scomparsa in seguito all'alluvione del dicembre 2004 che portò una grande quantità di sedimenti, anche grossolani. Successivamente l'energia del mare ha ricreato l'equilibrio e tutto è tornato come prima», osserva il professor Di Gregorio.
C'è, comunque, chi se la passa peggio. Da uno studio pubblicato dalla Rivista italiana di studi costieri risulta che in alcune regioni il fenomeno è più accentuato. Il Molise, ad esempio, ha circa il 90 per cento della costa in erosione. Nel Veneto, in Emilia Romagna e nel Lazio la situazione era talmente grave che si è dovuti intervenire con lavori di ripascimento e di ricostruzione delle dune per frenare l'ingresso del mare all'interno delle aree costiere o di luoghi abitati.
LE CAUSE Molte spiagge diventano sempre più sottili per cause innanzitutto di carattere generale legate al progressivo innalzamento del livello del mare. «Abbondantemente documentato - spiega Di Gregorio - e che negli ultimi tempi si aggira tra i due-tre millimetri l'anno e che potrebbe accentuarsi nei prossimi decenni. Per capire la portata di quanto sta accadendo, ci si può basare su una legge, da alcuni contestata ma valida comunque come indicatore. Stima per ogni centimetro di sollevamento del mare un metro di arretramento della costa. Questo in generale, con tutti i limiti che ne derivano. Localmente vanno fatte delle differenziazioni perché anche la terra si abbassa o si innalza, come avviene per la penisola scandinava a causa dello scioglimento dei ghiacciai. Diciottomila anni fa c'era uno spessore di oltre mille metri e la Penisola si era abbassata, ora che quel carico è quasi completamente scomparso la terra viene su. Viceversa altrove la terra si abbassa, come accade nel delta del Nilo, per il mancato arrivo del sedimento provocato dalla costruzione sul Nilo della grande diga di Assuan. Questi sono tutti fenomeni locali di segno opposto».
Su scala planetaria, però, gli studiosi hanno rilevato un innalzamento costante delle acque dovuto all'aumento della temperatura collegato all'emissione di gas-serra e altre cause astronomiche. «Il surriscaldamento previsto - precisa il docente - è di due, tre e forse quattro gradi nel prossimo secolo, dal 2100 in poi, con un incremento del livello del mare prima valutato in 90-94 centimetri e rivisto, in base ai dati portati alla conferenza di Copenaghen, fino a 140. L'intensità reale dipenderà dalle politiche di controllo delle emissioni. Le evidenze attuali impongono di rivedere la pianificazione costiera, gli insediamenti, le opere realizzate e adattare i nuovi insediamenti agli scenari ipotizzati dagli studiosi».
IL DANNI DELL'UOMO La Sardegna sconta i saccheggi del passato sugli alvei fluviali. Ottenevano autorizzazioni per qualche migliaio di metri cubi di ghiaia o sabbia ma poi ne prelevavano centinaia di migliaia. Tutto materiale sottratto all'equilibrio naturale. «Le spiagge - ricorda Di Gregorio - hanno un loro bilancio sedimentale. Una parte del materiale rimane lì, circola all'interno di un bacino ristretto mentre un'altra può uscire ma la sua scomparsa è compensata da quel che arriva dai corsi d'acqua, dall'erosione delle rive o dalle dune costiere. L'erosione avviene quando si altera questo bilancio. Innalzando, ad esempio, le dighe si creano le condizioni per mutamenti che si avvertiranno a distanza di tempo sulle spiagge. Un effetto ineludibile ma non ci si è mai posti il problema in totale assenza di una visione strategica globale».
Altri mancati apporti sono stati provocati dalla chiusura delle miniere. È il caso della zona di Piscinas che da Montevecchio riceveva milioni di metri cubi attraverso le acque di lavaggio. Ora non è più così. Altrettanto si può dire di Buggerru dove nel secolo scorso la spiaggia è cresciuta sensibilmente.
Ci sono poi i porti e tutte le opere a mare che non incidono sull'apporto sedimentario ma alterano le correnti litoranee e quindi il trasporto dei sedimenti lungo la costa. «In pratica - sintetizza Di Gregorio - si crea una condizione di dissimetria con aree che si ampliano e altre che regrediscono».
L'edificazione, invece, non incide se non localmente in maniere insignificante ma la presenza umana può alterare pesantemente la situazione delle dune. Lo si visto a Chia dove, prima dei controlli e dei divieti, il continuo vai e vieni dei bagnanti ha provocato il degrado e il calo di quota delle dune.
CHE FARE? L'erosione c'è e nessuno può negarlo. Il problema è come contrastarla. «A parte la governance globale delle emissioni, - propone Di Gregorio - per le coste occorre un'adeguata presa di coscienza che ancora manca». Le spiagge isolane costituiscono una straordinaria risorsa ambientale e hanno un enorme valore dal punto di vista estetico, paesaggistico e soprattutto economico. Sono la grande attrazione turistica. Pensiamo al Forte Village, resort apprezzato in tutto il mondo. Non sarebbe lì se negli anni '60 a Santa Margherita non ci fosse stata una meravigliosa spiaggia.
«Bisogna monitorare il fenomeno - commenta Di Gregorio - creare le professionalità necessarie per gestirlo e pianificare le opere a mare e sulla costa. Con molta attenzione badando alle conseguenze. Il ripascimento andrà fatto con cura meticolosa, adottando soluzioni che non stravolgano l'identità dei luoghi.
È indispensabile che la Regione si doti presto di un piano per la gestione della costa per salvaguardarne il valore economico e paesaggistico. Vanno stabilite le priorità, tenendo conto delle risorse e avendo chiaro il quadro della situazione così da prevenire i danni». Facile a dirsi. 

 
5 – La Nuova Sardegna
Prima Pagina
Università sarde in crisi, crollano gli iscritti: -13% 
 
SASSARI. Calo del 13% d’iscritti negli atenei sardi: -3.238 rispetto allo scorso anno. Calo più forte a Sassari che a Cagliari. Un fenomeno con tanti perché legati alle nuove crisi.
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Università, nuove crisi e iscritti a picco 
Calo del 13%: tra le cause denatalità, buchi nella formazione, scarsità di lavoro dopo la laurea 
PIER GIORGIO PINNA 
 
 SASSARI. Una flessione da brivido: calo medio del 13% d’iscritti negli atenei sardi, da 52.553 a 49.315, 3.238 in meno dell’anno scorso. E così raccontano che un docente, viste le immatricolazioni, prima sia rimasto senza parole e poi abbia chiesto una verifica in amministrazione: riscontro che ha però dato numeri invariati. In effetti si resta increduli a scorrere le statistiche. In totale -1.962 studenti a Sassari, il 16,7%, con 660 in meno al 1º anno rispetto al 2008-2009. E -1.376 a Cagliari, il 9,3%, -711 nel 1º anno. Un fenomeno più accentuato che a livello nazionale. Con tanti perché.
 Ormai da settimane economisti, sociologi, esperti si chiedono le ragioni del decremento nelle iscrizioni. «Le cause sono molteplici ma riconducibili alle nuove fonti di crisi», spiegano tutti in coro. E in primo piano indicano problemi stringenti. Nodi insoluti nella didattica. Buchi neri nella formazione scolastica e accademica. Difficoltà insuperate nell’impostazione dei corsi sul modello 3+2. Riforme lasciate in mezzo al guado. Denatalità.
 Sullo sfondo, una recessione che nell’isola non dà respiro. Travolgendo la grande e la piccola industria come il potere d’acquisto delle famiglie. E dunque colpendo da un lato l’offerta di posti, dall’altro le capacità individuali di sostenere i propri figli. Magari da pendolari. Soprattutto quando si sa come nell’isola il parco dei posti qualificati dopo la laurea stia continuamente restringendosi. Ma tra gli analisti si parla anche delle soluzioni per invertire il trend negativo.
 Dice l’economista Daniele Porcheddu, ricercatore a Sassari: «Il calo è significativo, consistente. E a mio avviso dipende da diversi fattori. Intanto, la diminuzione delle nascite, nei primi anni di scuola in parte compensata dall’arrivo dei figli d’immigrati, nell’isola sta oggi assumendo una valenza particolare per la contrazione conseguente nel numero dei diplomati. Ecco perché la tendenza attuale si potrà interpretare meglio nel lungo periodo. Non va poi scordato il travaso verso la penisola dei ragazzi che hanno concluso il triennio in Sardegna e vogliono fare i due anni successivi in facoltà che evidentemente considerano di maggiore attrativa». Da qui, secondo Porcheddu, la necessità di controbilanciare queste spinte rendendo sempre più appetibili e competitivi gli atenei dell’isola e favorendo gli ingressi da altre regioni. Per il ricercatore, invece, influiscono poco il peso delle tasse e i costi degli spostamenti. «Il raggio geografico è ancora ridotto per chi gravita su Sassari e Cagliari e non credo che di per sé sia la ragione di un disincentivo nelle iscrizioni», è la sua conclusione.
 Critico nei confronti degli assetti organizzativi, della mancanza di contromisure per arrestare l’abbandono degli studi, delle inadeguatezze in molti servizi accademici è Simone Campus, laureato in Scienze della comunicazione, ma a lungo uno dei rappresentanti degli studenti a Sassari. Che però allarga il discorso al tessuto sociale nel quale operano le due università sarde.
 «Sia pure con un titolo di studio qualificato, oggi difficilmente si trova lavoro in tempi brevi - spiega - La spia, in tante famiglie, sono i fratelli maggiori: vedendo gli ostacoli che loro incontrano, molti sono spinti a rinunciare all’università e a cercarsi subito un posto da qualche parte». Altro elemento di seria difficoltà, la scarsa tenuta economica da parte di genitori sardi in crisi nera: «Problema sociale penalizzante che crea discriminazioni», dice Campus. «Ma nel 3+2 il flop maggiore mi pare lo stiano facendo le lauree magistrali, di frequente conseguite fuori dall’isola», conclude.
 A leggere i dati di collocamento dopo la tesi resi noti nelle ultime settimane dalla società di ricerca Almalaurea c’è in effetti da restare amareggiati. A un anno dalla specialistica, sia a Sassari sia a Cagliari, riescono a trovare un posto (spesso precario) solo 40 ex universitari su 100.
 Spiega, nell’università di Sassari, il sociologo Gigi Bua: «Il calo demografico cominciato in Italia negli anni ’80 fa sentire oggi tutti i suoi effetti. Una situazione che non può venire recuperata con un semplice aumento dei transiti dalle scuole negli atenei. Anche perché nell’isola c’è una forte selezione nel passaggio dalle medie alle superiori. Direi così che andrebbe riaffrontato il tema della formazione: a scuola come all’università. Al di là dei proclami, questo è un argomento del quale la politica non si occupa. Così, mentre in Germania si assiste a una rivolta contro il modello del 3+2, da noi si continuano a dire trombonate sulla società della conoscenza, ma poi non s’investe nulla».
 Sul punto ritorna a Cagliari Vanna Ledda, prorettore per l’internazionalizzazione. «La flessione delle iscrizioni ha certo numerose cause - sottolinea - Dalle ragioni economiche a quelle sociali. Ma è indispensabile ridare fiducia al ruolo della cultura e dell’alta formazione, con un’attenzione particolare verso i nuovi mercati». «In tanti altri Paesi l’istruzione paga di più - osserva la docente in ultima analisi - E mi riferisco ai nostri partner europei come a Israele o all’India. Ecco perché si deve cercare d’invertire questa tendenza sfavorevole: il traguardo è far mantenere in Sardegna livelli qualitativi elevati negli studi».
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 19 - Sassari
Ieri e oggi al teatro Civico le celebrazioni del quarantennale della facoltà 
Il difficile percorso del Magistero 
GABRIELLA GRIMALDI 
 
 SASSARI. Era il 13 marzo del 1970 quando il rettore di Sassari comunicò alla cittadinanza che sarebbe nata la facoltà di Magistero. Oggi che quella facoltà si è trasformata in Lettere e Filosofia le battaglie di 40 anni fa per la sua costituzione sembrano lontanissime.
 E ieri, nel corso della prima giornata di celebrazioni per l’anniversario della fondazione, sono stare rievocate con passione e con molta ironia. Quasi a dipingere un quadro fatto di entusiasmi e complicità all’insegna di una certa innocenza. Eppure, come hanno spiegato i tanti relatori, si trattava di un progetto ambizioso che ha portato oggi ad classificare la facoltà di Lettere di Sassari come la prima per numero di studenti e la quarta per numero di docenti.
 Una facoltà che, tra mille difficoltà, pregiudizi e «cose da farsi perdonare» può annoverare tra le sue «conquiste», il Fondo Autografo degli scrittori sardi, già finanziato dall’assessorato regionale alla Pubblica Istruzione. E infatti ieri sul palco del teatro Civico non poteva mancare l’assessore Lucia Baire che ha ribadito l’impegno della Regione a sostenere l’ateneo di Sassari.
 Un impegno accolto con soddisfazione dall’attuale rettore dell’università di Sassari Attilio Mastino che ha anche ricordato i futuri progetti di espansione edilizi nell’ex Mattatoio. E sempre lui, che dell’ex facoltà di Magistero è stato preside per tre anni, ha tracciato il percorso e ricordato le figure dei docenti che fin dall’inizio contribuirono a dare lustro alla facoltà. «Oggi possiamo essere fieri di una facoltà che si confronta a testa alta in progetti internazionali nelle materie della filosofia, dell’archeologia e della storia».
Sono stati citati i docenti della prim’ora: dallo studioso Massimo Pittau al rettore emerito Alessandro Maida, dallo scomparso Marco Tangheroni all’attuale vescovo di Nuoro, il sassarese Pietro Meloni. Proprio quest’ultimo ha parlato dell’atmosfera di grande entusiasmo quando cominciarono le lezioni senza che la facoltà avesse ancora una sede e tantomeno aule. «Ci si adattava ad essere ospitati nelle aule di Giurisprudenza - ha raccontato - e talvolta i docenti facevano lezione per le scale o ai giardini pubblici».
 Poi vennero i giorni della contestazione giovanile, la facoltà venne occupata e lo scontro politico si fece incandescente. Ma furono anche gli anni del fermento intellettuale e del coinvolgimento di tutta la città in iniziative culturali «memorabili» come quelle di padre Egidio Guidubaldi che organizzò mitici cineforum.
 Ma la storia della facoltà di Magistero cominciò molto prima della sua inaugurazione perchè, come ha raccontato lo storico Manlio Brigaglia «l’idea venne ad Antonio Pigliaru negli anni Cinquanta». La sua idea si concretizzò però solo vent’anni dopo.
 Oggi altra giornata di celebrazioni con l’inaugurazione del Fondo Autografo degli Scrittori Sardi e la presentazione degli Annali di Facoltà.
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 34 - Cultura e Spettacoli
Intellettuali in silenzio nell’Italia populista del Cavaliere pigliatutto 
Il libro intervista di Simonetta Fiori con Alberto Asor Rosa 
DANIELA PABA 
 
Se la vita di Alberto Asor Rosa riverbera costantemente nel libro «Il grande silenzio» (Laterza), lunga intervista a cura di Simonetta Fiori, l’accoglienza dell’opera ne ripropone il destino. Come ha spiegato Asor Rosa durante l’affollato incontro organizzato ieri nell’aula magna della Facoltà di Lettere a Cagliari, «questo non è un libro saggio, ma un libro intervista, un percorso movimentato in cui sono due autori a realizzare il discorso cui concorrono sì le risposte, ma ancor più le domande. Pensavo di fare un libro conclusivo, in cui la riflessione sulla memoria avesse prevalenza sull’impegno critico. Mi sbagliavo. Il libro ha prodotto una richiesta di risposte, ha sollevato interesse. Significa che abbiamo messo in piedi la metafora di una condizione più generale, che riguarda il lavoro intellettuale nei gangli della società: formazione, comunicazione, politica».
 Così la denuncia della marginalizzazione dell’intellettuale nella condizione contemporanea, il silenzio cui è condannato dalle mutate condizioni sociali, ha come effetto immediato la ripresa del discorso, a partire dai numerosi spunti presenti nel libro.
 Per Asor Rosas il vero grande problema è l’organizzazione sociale del lavoro intellettuale: «La scuola e l’università sono i luoghi dove la circolazione ostruita del pensiero critico può essere riattivata. Perché, seppure a macchia di leopardo, esiste lì la forza lavoro in grado di resistere. Non a caso è oggetto di attacchi selvaggi e distruttivi». Non ha risposte da maestro, Asor Rosa, e a chi gli chiede se esiste un futuro per l’intellettuale tecnologico, magari «esperto» o se Roberto Saviano può essere considerato un intellettuale di nuova generazione, risponde che la marginalizzazione coinvolge tutti, compresi gli scienziati, che «l’esperto è un subalterno, ubbidisce a un comando e in questa condizione può formulare ipotesi diverse rispetto a quello che gli viene impartito? Saviano è un fenomeno interessante, ma io lo inquadrerei in una tradizione civile antica. La generazione di giovani scrittori si è ripresentata con un forte richiamo alle radici regionali che va collocata in un contesto più generale».
 Nella platea variegata per età ed esperienze si ripresenta la dialettica eterna tra intellettuale organico e intellettuale critico e qui Asor Rosa non ha dubbi: «Tra intellettuali e classe operaia ho visto una possibile alleanza, non ho mai pensato a un rapporto organico. Pensavo a un rapporto dialettico in vista di interessi comuni. Il concetto di intellettuale organico di tipo gramsciano ha una sua fondatezza, ma io non l’ho mai considerato un valore. Per l’intellettuale lo spirito critico è caratteristica fondante e questo rende l’organicità relativa, le attribuisce un valore strumentale e non sostanziale. Quell’alleanza non c’è stata, la duplice sconfitta, del ceto intellettuale e della classe operaia, pesa».
 Il berlusconismo peggiore del fascismo, è una provocazione necessaria a reagire all’indifferenza: «Perché c’è un uso anomalo e abnorme del consenso popolare, considerato il massimo della democrazia».
 Spiega Asor Rosa: «Usare il consenso popolare per delegittimare le istituzioni e le regole è il contrario del pensiero liberale. Il fascismo faceva dello Stato etico un feticcio per giustificare l’asservimento ai poteri autoritari, ma l’idea che l’interesse pubblico sia volto all’interesse privato di uno è abnorme, e qui la degenerazione si è spinta molto avanti».
 Ma quali caratteristiche deve avere l’intellettuale oggi? Coraggio e compassione verso la sofferenza, suggerisce Luciano Marrocu, e Asor Rosa ne specifica il pensiero: «C’è bisogno di tornare a individuare categorie di valori e principi, con la penna e con l’azione, con l’uso dei mezzi di comunicazione ma anche nel lavoro quotidiano degli insegnanti, dei ricercatori, dei giornalisti».
 
 
 
 

Questionario e social

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