Domenica 21 marzo 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
21 marzo 2010
Rassegna quotidiani locali
A cura dell’Ufficio stampa e web
1 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari    Pagina 28
«Il San Giovanni di Dio non chiuderà»
Due milioni per parcheggi, ascensori e ristrutturazioni
Inversione di marcia dopo l’annuncio degli anni scorsi sul trasloco a Monserrato
 
Per i lavori di recupero dell’ospedale Civile c’è già il nulla osta della Soprintendenza.
Il San Giovanni di Dio non chiuderà, come annunciato negli anni passati. Anzi, migliorerà la ricettività con la realizzazione di due ascensori, la sistemazione dei parcheggi interni e la ristrutturazione dell’ex Scuola infermieri. Non è tutto, entro un anno la Ginecologia dell’ospedale civile e la clinica Macciotta verranno trasferite nel nuovo Polo materno infantile del Policlinico universitario di Monserrato.
LE NOVITÀ Ennio Filigheddu dall’inizio dell’anno è il commissario dell’Azienda mista (Regione e Università). Filigheddu conosce ogni angolo dell’ospedale civile: prima del nuovo incarico dirigeva gli Affari generali dell’ Aou . «Pochi giorni fa è finalmente arrivato il nulla osta della Soprintendenza per i lavori di ristrutturazione al San Giovanni di Dio. L’intervento principale riguarderà l’installazione, nel cortile interno, tra il pronto soccorso e l’ex reparto di Neurologia, di due ascensori monta lettighe». Gli ascensori del presidio, dunque, saranno quattro, e diventeranno un’ottima valvola di sfogo per pazienti e medici che sino a oggi sono costretti ad attese interminabili negli unici due ascensori dell’edificio. «Il progetto, è bene ricordarlo, è stato completamente elaborato dai tecnici interni - aggiunge il commissario - e prevede la completa sistemazione della pavimentazione interna di tutto il corpo principale del presidio, avendo cura di salvaguardare tutte le caratteristiche di pregio. Lo studio dei lavori ha superato i rigidi paletti imposti dalle norme della Soprintendenza».
Un’attenzione particolare sarà dedicata alla viabilità interna. «Niente più soste selvagge. Saranno risistemati i parcheggi a ridosso della clinica di Otorino e sarà completamente ristrutturata la ex Scuola infermieri, un edificio che ora ospita la Diabetologia, il centralino della Asl 8 e i Servizi tecnici». La gara d’appalto per sette lotti prevede anche il risanamento conservativo delle facciate nei cortili interni, il ripristino dei pavimenti dell’emiciclo dell’ospedale e alcuni adeguamenti della clinica Otorino.
Quanto costeranno i lavori? «Il progetto, che risale agli anni ’90, è finanziato con circa 2 milioni e 300 mila euro». Quando inizieranno? «La gara è pronta», precisa Filigheddu. Per quel che ci riguarda non abbiamo perso neanche un minuto. Ora la pratica è negli uffici del Servizio edilizia privata del Comune che deve prendere atto delle prescrizioni imposte dalla Soprintendenza. Appena la richiesta ritorna nel mio ufficio concederemo tutti i tempi necessari affinché le imprese, che devono avere requisiti particolari, prendano i dovuti accordi». Tradotto? «Tra quattro mesi inizieranno i lavori che dovranno essere terminati entro 180 giorni dalla data di aggiudicazione. Nel 2011 le opere saranno concluse».
NIENTE CHIUSURA Anni fa si parlava di ridimensionamento del San Giovanni di Dio a favore del Policlinico universitario. Il commissario è lapidario. «Non ritengo che l’ospedale Civile venga chiuso. Di certo c’è solo che il Polo materno infantile di Monserrato è concluso e collaudato. Mancano solo alcuni dettagli per i quali aspettiamo il finanziamento regionale. Una volta ultimate le rifiniture, la Clinica di ostetricia e ginecologia e la Clinica Macciotta traslocheranno». Al pian terreno sorgeranno gli ambulatori. Al secondo ci saranno il Puerperio, la Neonatologia e la Terapia intensiva neonatale. Al terzo verranno allestiti i reparti di endocrinologia e ostetricia, le sale travaglio e il day hospital. Al quarto piano la Ginecologia e i laboratori.
I tempi? «Tutto sarà a completato entro il 2011», conclude Filigheddu.
ANDREA ARTIZZU
 
2- L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari    Pagina 25
I dati di Almalaurea sugli sbocchi degli Atenei: più posti precari e guadagni bassi
Università, laureati in cerca di lavoro
A un anno dalla specialistica solo il 39% trova occupazione
Ecco la situazione dei laureati nell’Ateneo cagliaritano, che fa i conti con la crisi
 
Poco lavoro e buste paga al minimo sindacale per i neolaureati d’Italia. E la Sardegna, tra le regioni su cui più si abbatte la scure del Governo in questa fase di congiuntura negativa, è sotto la media nazionale: a un anno dalla tesi, su 100 neolaureati specialistici, lavorano in 39 (contro il 57% del resto d’Italia), altri 42 sono in cerca di occupazione e 19 continuano la formazione. Valori che per i neolaureati di primo livello (triennali) scendono ancora di più con un tasso di occupazione del 30,2%, quasi sedici punti percentuali in meno della media nazionale. Tra questi l’11,2% cerca lavoro (la media nazionale è del 9%).
L’INDAGINE I dati dell’ultimo Rapporto Almalaurea - banca dati a cui aderiscono 60 atenei - dipingono un’Università costretta a fare i conti con la crisi un po’ ovunque, dove il malessere colpisce tutte le facoltà e i titoli di studio, compresi quelli più “forti” e più richiesti dalle imprese, da Ingegneria a Economia e Scienze. La XII indagine ha coinvolto i 2.227 laureati cagliaritani di primo livello del 2008 e i 690 specialistici biennali, intervistati nel 2009, a un anno dalla laurea. Uno dei segnali preoccupanti - messo in evidenza dal Consorzio universitario - è rappresentato, in tutta Italia, dal dato sul lavoro atipico (i co.co.co sono uno degli esempi più diffusi): a Cagliari di quel 30,2% che lavora dopo la laurea triennale, il 39% ha un’occupazione stabile (contro la media nazionale del 42,5) mentre il 42% un lavoro precario (il 40% in Italia). Quest’ultimo dato cresce tra i laureati specialistici: ben il 49% (la media nazionale è del 44%) non ha un’occupazione stabile.
CHI CONTINUA GLI STUDI Il fatto che 70 su cento neolaureati triennali continuino gli studi (il 56% dedicandosi esclusivamente alla laurea specialistica e il 13,7 anche a un lavoro) non può essere letto solo in senso positivo: si tratta di giovani che nella maggioranza dei casi rimanda al post-laurea di tipo specialistico l’ingresso nel mondo del lavoro. Che significa? Che si punta ancora sulla laurea di 5 anni probabilmente perché il posto di lavoro che si riesce a trovare con una laurea triennale è inferiore alle aspettative del titolo di studio, per cui si preferisce proseguire con la specialistica per migliorare la posizione nel mondo del lavoro. È una caratteristica dell’Ateneo cagliaritano, dove il dato è sopra la media nazionale del 57%.
GUADAGNI E gli stipendi? Facendo una sintesi tra chi lavora esclusivamente e chi studia e lavora, il guadagno si attesta su valori inferiori alla media nazionale: a un anno dalla laurea i laureati di primo livello dell’Ateneo di Cagliari guadagnano 899 euro al mese contro i 1.020 del resto d’Italia. Buste paga che diventano un po’ più consistenti con la laurea specialistica: 960 euro mensili netti contro i 1.115 della media nazionale.
DONNE Per le donne sarde è ancor peggio: come avviene a livello nazionale, risultano penalizzate guadagnando, le laureate triennali, 821 euro mensili netti contro i 1.025 degli uomini, e 838 euro (contro i 1123 dell’altro sesso) le laureate specialistiche. Le aveva già messe in guardia lo stesso consorzio universitario: rinunciare alla maternità o posticipare la scelta di avere figli è un sacrificio quasi sempre inutile. Perché? Le maggiori possibilità di carriera restano riservate agli uomini. Anche se con prole a carico.
SETTORI DI PROVENIENZA Chi concorre di più all’occupazione prodotta dall’Ateneo? L’81,7% dei laureati triennali di “medicina e prestazioni sanitarie” e, tra i laureati specialistici, il 66% di “Medicina generale”, il 57% di Farmacia, il 51% di Scienze della formazione e il 45% di Economia. A tre anni dalla laurea (sia quella pre-riforma che magistrale) svetta Ingegneria (71% di occupati), seguita da Economia e Scienze della formazione.
CARLA RAGGIO
 
3 - L’Unione Sarda
Cultura Pagina 56
Libro. Il clinico e storico Ugo Carcassi ha coordinato il lavoro di una quarantina di specialisti
Dalla vittoria sulla malaria la rinascita della Sardegna
Il male che ha flagellato l’Isola per millenni La scoperta e la lotta alla micidiale zanzara
 
La vittoria sulla malaria nell’isola ha avuto l’effetto di una rivoluzione. C’è una Sardegna "prima" e una "dopo" l’imponente campagna di eradicazione del male, avviata dagli americani nel 1946 col Sardinian Project. A un anno dall’inizio delle operazioni col Ddt si contarono 39.303 casi. Nel 1948 furono dimezzati, nel 1949 si ridussero a 1314 e nel 1951 ce ne fu uno solo. Nel 1952 la battaglia era vinta: nessun sardo era stato colpito dalle micidiali zanzare anofele che per millenni avevano infestato l’isola minando la salute dei sardi delle pianure e delle coste. Un popolo di malati o potenziali tali, debole e febbricitante, nei periodi di gran caldo falcidiato dai pericolosissimi insetti. Il fatto di aver debellato la malaria non fu solo una vittoria della medicina, ma ebbe effetti eccezionali sulla società e sull’economia. La rinascita della Sardegna dalle rovine della guerra partì sicuramente da lì, grazie soprattutto all’enorme sforzo organizzativo e finanziario degli americani.
Le vicende di quell’epica battaglia è ricostruito nei minimi dettagli in un importante volume appena uscito dal titolo "Sardegna e malaria" (259 pagine), edito da Carlo Delfino e realizzato da quaranta esperti delle più diverse discipline mediche con il contributo di Eugenia Tognotti docente di storia della medicina nell’università di Sassari. A dirigere l’orchestra di tanti specialisti, tra i più qualificati non solo in Sardegna ma a livello nazionale, un clinico di fama quale Ugo Carcassi. Con la collaborazione di Ida Mura (docente di Igiene a Sassari), a lui il compito dell’introduzione tra saggio storico e analisi scientifica. Non è un caso perché Carcassi, all’età di 88 anni, continua con passione l’attività di ricerca clinica e di studi storici pubblicando le biografie dei grandi uomini del passato visti sotto l’aspetto medico. E è curioso che la molla che spinse Carcassi a studiare medicina fu di aver contratto la malaria in gioventù. Colpito dal male volle cercare di scoprire le cause e capire i meccanismi per arrivare a individuare i rimedi. Un impegno che ora si trova riassunto nel libro a cui hanno dato un loro contributo - tra gli altri - gli "anziani" docenti dell’ateneo cagliaritano Licinio Contu, Giuseppe Perpignano e Franco Pitzus.
LE ORIGINI " Mare e Sardegna" è il titolo del celebre libro di viaggio scritto dall’inglese D. H. Lawrence che in due parole stigmatizzò la configurazione e la peculiare insularità. Così "Sardegna e malaria", con uguale concisione, associa il malanno millenario all’isola che ne ha subito l’influenza. Il popolo dei nuraghi probabilmente era rimasto immune o solo sfiorato dalla malattia. La malaria cominciò a diffondersi con l’arrivo dei coloni dall’Africa: le fonti raccontano del comandante cartaginese Malco ucciso dalla malaria nel 540 a.C. e gli storiografi romani descrivono l’isola come terra inospitale e rischiosa per il clima e per quei miasmi che falcidiavano i soldati delle legioni e le popolazioni. La situazione igienica peggiorò nei secoli come si vede dai numeri demografici: dai 300 mila abitanti del periodo romano la Sardegna si ridusse ad appena 180 mila durante il dominio aragonese.
LA DIFFUSIONE «Il particolare assetto idrogeografico consentiva il costituirsi di paludi e lagune favorendo la diffusione della malaria e la desolazione delle pianure. In questo modo - sottolineano Carcassi e Mura - si mantenne la costante antitesi tra gli abitanti dell’interno (risparmiati in gran parte) e quelli delle zone flagellate dall’anofele. Le cause delle febbri che colpivano indiscriminatamente tutti veniva attribuita ai miasmi che si diffondevano dalle paludi e dagli stagni. La svolta si ebbe solo alla fine dell’Ottocento quando il clinico Corrado Tommasi Crudeli scopriva, con la collaborazione del patologo tedesco Edwin Klebs, un batterio da loro denominato Bacillus Malariae, presunto responsabile delle febbri».
«Nello stesso anno1880 il francese Alphonse Laveran individuava un plasmodio nel sangue di pazienti affetti da febbre palustre aprendo la via alle successive ricerche che consentivano di scoprire il ciclo di sviluppo dell’anofele, le varie specie responsabili della malaria, l’importanza della eliminazione degli agenti vettori (le zanzare) e del loro habitat (acque stagnanti) , l’efficacia del chinino nel trattamento e nella prevenzione».
IL PIANO Le bonifiche volute dal fascismo nel Ventennio e l’uso del chinino migliorarono, ma non risolsero il male endemico. Solo nel 1943, con l’arrivo delle truppe angloamericane, apparve necessario organizzare un intervento in grande stile per cercare di debellare il male. Anche perché preoccupava il fatto che nell’isola fossero di stanza 260 mila militari. Così si avviarono i piani che, subito dopo la fine del conflitto, portarono al "Sardinian project" per la lotta sistematica e organica anti-anofelica. Contributo sostanziale fu dato dai finanziamenti della Rockfeller Foundation e dalla nascente Regione sarda che creò l’Erlaas. Come racconta nel suo saggio la storica Eugenia Tognotti che ricostruisce in dettaglio le tappe della guerra all’anofele.
BONIFICHE «A fine Ottocento - scrive - la Sardegna contava 2000-2200 morti all’anno, detenendo il triste primato di regione più malarica d’Italia. La scoperta di Lavaran portò ai primi faticosi progetti di bonifica. Negli anni Venti appariva ormai chiaro che per risanare le terre malariche non era sufficiente la bonifica idraulica, ma si doveva pensare a misure combinate che dovevano precedere la lotta antilarvale». La diffusione gratuita del chinino aiutò senz’altro, ma si capì che era necessaria un’opera ben più radicale. Che arrivò soltanto nel secondo dopoguera con l’uso su vasta scala del Ddt. «Il dibattito tra medici ed esperti - rileva Eugenia Tognotti - si soffermò sul problema di individuare la zanzara killer, che si pensava fosse l’anofele. Si capì, invece, che le specie erano diverse e che la campagna anti-anofelica in realtà dovesse eradicalizzare tutti i tipi di insetti».
IL DDT La prima parte del programma previde l’irrorazione col Ddt di tutte le case di Cagliari e dintorni per proseguire nel resto dell’isola. Nel 1947 il lavoro era compiuto all’85 per cento. Nel marzo del 1948 il progetto poteva dirsi concluso: ogni pezzo di muro o di soffitto costruiti dall’uomo - compresi i nuraghi, le grotte e i pozzi di miniera - era stato trattato. Nell’estate fu realizzata la parte più impegnativa del programma: ventimila uomini (il grosso costituito da braccianti ingaggiati per l’occasione) operò in tutte le campagne irrorando ogni luogo d’acqua dell’isola. Alla fine dell’anno l’anofele era stata sconfitta.
Il libro realizzato da Carlo Delfino con grafici e tabelle ha un taglio scientifico rivolto a medici e studenti (gran parte dei saggi scritti a più mani sono di carattere medico), ma con l’ambizione di farsi leggere anche dai non addetti ai lavori. Sicuramente rappresenta quanto di più completo possa trovarsi in libreria sull’argomento, toccando patologie molto diffuse in Sardegna come il favismo e la talassemia. Ed ancora il diabete, la celiachia, la sclerosi multipla, la tiroide e malattie reumatiche.
CARLO FIGARI
 
4 - La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Cervello, se lo conosci non lo eviti
Alunni di quattro scuole a lezione da medici e scienziati
Una settimana dedicata a neuroni e sinapsi
 
CAGLIARI. Conoscere il cervello per farne un uso migliore. La scommessa di “Brain awareness week”, la settimana dedicata alla conoscenza del cervello, organizzata dal dipartimento di Neuroscienze dell’Università, è una partita che si gioca da piccoli. Ne è convinta Maria del Zompo, direttrice del Dipartimento che, ieri mattina nell’aula magna “Boscolo” della Cittadella, ha accolto le classi terze di quattro scuole: Don Milani e Alfieri di Cagliari, Lao Silesu di Quartu e Amat di Sinnai. “Mentre lo scorso anno abbiamo invitato i ragazzi delle superiori, questa volta abbiamo abbassato l’età”, ha detto Maria del Zompo. “Se capiscono come funziona il cervello, come influisce sui nostri comportamenti, a livello fisico e psichico, è possibile che ciò li aiuti quando si troveranno a contatto con l’uso di sostanze stupefacenti”. E siccome per comunicare con i più piccoli bisogna mettersi in gioco, medici e scienziati hanno ridotto le distanze, dell’età e del sapere, mostrando in modo divertente come è fatto il cervello, come funziona, come si sviluppa e come si ammala. Complici i Simpson, Mafalda, gli emoticon che animano grafici i convegnisti hanno spiegato perché se corriamo in bici ci fermiamo istintivamente quando un vigile ci fa un segnale che non comprendiamo, perché se vediamo un barattolo di nutella siamo già felici prima di assaggiarla, perché se a due anni davanti a un bambino che ha un bel giocattolo cerchiamo di appropriarcene, un anno dopo parliamo con lui e ci giochiamo insieme. Dietro questi comportamenti il cervello controlla le funzioni esecutive, aggressività e autocontrollo, registra punizioni e gratificazioni ma sviluppa anche la capacità di guidare i comportamenti. Nella parte più remota del cervello agiscono ansia e paura che ci aiutano a migliorare e ci salvano la vita. Ma se un bambino non riesce a concentrarsi, si arrabbia troppo, è troppo triste o timido, ha bisogno di aiuto e lo si può aiutare.
Dai comportamenti alle emozioni che il nostro corpo comunica costantemente agli altri, gli studiosi di neuroni e sinapsi divulgano saperi elaborati in anni di studi ed esperimenti nei laboratori, ma quando parla Nino, dell’associazione Alcolisti anonimi, la vita ferita irrompe nell’aula. Quei neuroni inariditi e spenti dalle sostanze diventano la storia personale di chi sbaglia e paga in termini di difficoltà, emarginazione, depressione. Per Nino tanti applausi e altrettante domande che trovano risposte alterne, divise tra esperienza e scienza, dove i medici senza giocare sull’emozione, mostrano un cervello che si spegne, un cervello con i buchi e da lì ti chiedono di guidarti a scegliere tra “essere toghi o zombi”. (d.pa.)
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
In forte aumento i lavori atipici
I precari sono oltre centocinquantamila
MARIO GIRAU
 
CAGLIARI. La Sardegna si allontana sempre più dal Mezzogiorno. Anche in quello del mercato del lavoro, l’isola negli ultimi anni ha assunto connotati sempre più simili a quelli delle regioni dell’Italia centrale. La considerazione vale per il tasso d’occupazione, per le caratteristiche del settore primario, per l’industria che in un anno ha perso diecimila addetti, per la crescita occupazionale del terziario. È, questa, una delle conclusioni consentite dalla lettura del rapporto 2009 sul mercato del lavoro, presentato ieri l’altro da Maria Letizia Pruna, ricercatrice di Sociologia economica nella facoltà di Scienze politiche dell’università di Cagliari. Con un’importante aggiunta, evidenziata da Gianfranco Bottazzi, professore di Sociologia del lavoro: «La struttura occupazionale conosce, con evidente accelerazione negli anni Duemila, gli stessi processi che si sono manifestati a livello nazionale ed europeo, ossia una crescente flessibilizzazione e precarizzazione dell’occupazione, con la parallela esistenza di un mondo del lavoro “atipico”, a fianco del tradizionale». Nel mercato del lavoro sardo la ricerca della Pruna evidenzia tre aree problematiche: quella del lavoro temporaneo, che coinvolge circa 90 mila persone; la disoccupazione vera e propria emergenza per 85 mila individui; e un’area “grigia” formata da 65 mila unità ufficialmente non disoccupati, comunque senza occupazione: totale 240mila persone aspiranti a un lavoro stabile. Non sono numeri da poco: corrispondono a più della metà delle non forze di lavoro sarde (504mila unità comrensive di chi ha meno di 15 anni e degli over 64). Insieme ai disoccupati arrivano a 410mila persone, esattamente un quarto della popolazione complessiva dell’isola.
 Con una realtà socio-economica terziarizzata dovranno confrontarsi i partecipanti al sedicesimo master di secondo livello in «Relazioni industriali nel lavoro privato e pubblico», diretto da Piera Loi e inaugurato venerdì scorso nell’aula magna del rettorato. Nel 2008 quasi 73 occupati su cento lavorano nei servizi. E meno male. Perché negli ultimi cinque anni con 34mila nuove assunzioni, il settore - ambito occupazionale a più alta presenza femminile (48% del totale degli occupati, 41% nel Mezzogiorno) - ha compensato il netto calo dell’occupazione industriale: 17mila posti in meno. Quasi il 24% degli occupati nei servizi lavora nell’istruzione, nella sanità e nel sociale. Ottomila posti di lavoro aggiuntivi, con un incremento di circa il 30%, sono arrivati da attività connesse a tempo libero, benessere, cura personale, sport, cultura e associazionismo.
 
6 - La Nuova Sardegna
Pagina 35 - Sassari
Architettura, Ugo Cappellacci garantisce un intervento
 
ALGHERO. Il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, con una telefonata al professor Giovanni Maciocco, preside della facoltà di Architettura di Alghero, ha espresso la vicinanza dell’amministrazione regionale ai problemi della facoltà e la volontà di trovare in questo senso, in un incontro a breve, le soluzioni a sostegno di una realtà che il presidente ha definito di eccellenza in campo universitario.
 Il preside Maciocco ha ringraziato il presidente Cappellacci per la sua cortesia e attenzione, esprimendo apprezzamento a nome della facoltà e suo personale per il gesto di sensibilità istituzionale. Nei giorni scorsi il Consiglio comunale proprio sull’argomento ha votato all’unanimità un ordine del giorno, manifestando così anche sul piano politico una forte preoccupazione, nel quale dà mandato al sindaco Marco Tedde di intraprendere tutte le strade necessarie per consentire alla facoltà di proseguire nello svolgimento della abituale attività di eccellenza. Da ricordare che secondo una classificazione del Censis, l’istituzione algherese è al primo posto tra le 25 facoltà di architettura italiane.
 

Questionario e social

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