Domenica 7 marzo 2010

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
07 marzo 2010
Rassegna quotidiani locali
A cura dell’Ufficio stampa e web
1 – L’Unione Sarda
Nuoro e Provincia - Pagina 46
Università. Lettera-invito del sindaco di Nuoro agli amministratori campidanesi
Zidda parla con Deriu via Oristano
 
Mentre a Nuoro lo scontro violento ma sottotraccia tra Comune e Provincia e, all’interno del Pd tra il sindaco Mario Zidda e il presidente Roberto Deriu, ha di fatto paralizzato l’Università, arriva dalla Regione una possibile via d’uscita. Sciolto il Consorzio tra enti locali (per volontà unilaterale della Provincia) e mai nata la Fondazione teorizzata da Deriu, si fa largo la possibilità di un unico polo per gli studi superiori della Sardegna centrale nella quale confluiscano l’esperienza nuorese e quella oristanese.
Proprio Zidda si fa forte della recente norma approvata dal Consiglio regionale per invitare il suo collega di Oristano Angela Nonnis e il presidente della Provincia campidanese Pasquale Onida a un incontro con lui e Roberto Deriu. Finora il Comune e la Provincia barbaricine non sono riusciti a trovare una linea unitaria e Zidda sembra provare a uscire dall’impasse (personale, istituzionale e interno al Pd,) sfruttando proprio la volontà della Regione che, scrive il sindaco di Nuoro, «al dì là delle criticità applicative insite nella norma, postula un indirizzo rivolto alle amministrazioni locali di Nuoro e Oristano perché assumano iniziative volte alla creazione di un Consorzio che unifichi, in un unico polo di valenza regionale che e raccolga le parallele e fin qui separate esperienze di università avviate nei due territori di riferimento». Nella lettera il primo cittadino di Nuoro sottolinea il favore che accompagna la proposta, ma sottolinea «la necessità di affrontare le questioni tecnico-giuridiche e politico-amministrative che essa pone».
«Pur non essendo tra coloro che ritengono esaustiva l’iniziativa assunta dal Consiglio regionale - scrive Mario Zidda a Nonnis, Onida e al suo vicino di palazzo Deriu - e in assenza di una iniziativa forte attorno ad un unico tavolo con le università sarde e gli enti territoriali competenti, sono tuttavia convinto della sua indubbia utilità. Ciò soprattutto se, a partire da tale proposta, nasce un’iniziativa congiunta delle amministrazioni che ponga basi forti per gli atti successivi che si individueranno come necessari, per giungere ad un consolidamento vero della presenza dell’università nei nostri territori, in forme non effimere e collegate ai livelli più ampi di programmazione dello sviluppo delle nostre comunità». «Chiedo perciò ai cortesissimi colleghi - conclude il sindaco di Nuoro - la disponibilità a fissare un incontro in tempi brevi, per un immediato avvio dei lavori costitutivi della nuova unica realtà dell’Università della Sardegna Centrale».
All’incontro con le amministrazioni oristanesi Comune e Provincia di Nuoro saranno capaci di presentarsi finalmente uniti, magari dopo essersi riuniti a livello locale senza affidare segnali reciproci alle lettere apergte e ai comunicati stampa? ( m. t. )
 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 26
la denuncia
Lupus, l’ira dei malati: cure difficili
 
C’è un altro pianeta in Sardegna, dentro la sanità pubblica, che combatte da anni per un’assistenza pubblica adeguata. È quello dove vivono i malati reumatologici, migliaia di sardi che hanno bisogno di cure puntuali e controlli periodici per evitare che la malattia porti all’invalidità. Il problema è la carenza di strutture pubbliche (c’è solo il Policlinico), non di reumatologi che, chiariscono le associazioni, «sono anzi tantissimi ma utilizzati per altri tipi di specialità».
LA SITUAZIONE La maggior parte dei malati deve attendere «mesi e mesi» anche per una semplice visita di controllo. Col rischio che eventuali complicazioni colpiscano altri organi e tessuti. Si tratta, infatti, di patologie croniche autoimmuni (come il lupus, l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante) con cui si è costretti a vivere per tutta la vita e solo se ben curate si può garantire al paziente una certa tranquillità. La situazione è particolarmente difficile in Sardegna, tra le regioni più colpite d’Italia: l’incidenza è del 23% (contro il 18,3% della media nazionale) per artrosi e artrite e dell’8,8% (contro il 5,3) per osteoporosi. «Dati Istat, visto che non esistono studi epidemiologici, altra carenza», sottolinea Ivo Picciau, presidente dell’Asmar, l’associazione che riunisce 1500 malati sardi. «Ebbene questi dati ci dicono che l’Isola è tra le più colpite: eppure i nostri malati non riescono ancora ad avere un’assistenza adeguata e sono costretti a rivolgersi ad altre figure specialistiche o ad andare a curarsi fuori. L’unica struttura esistente, ma ovviamente insufficiente a far fronte come si dovrebbe a tutte le richieste, è quella del Policlinico universitario: in nessun altro ospedale esiste un reparto di reumatologia».
LA DENUNCIA È una giovane cagliaritana a sollevare di nuovo il caso dei pazienti reumatologici. Da quando aveva 14 anni (oggi ne ha 29), Silvia Angioni è malata di Les (Lupus eritematoso sistemico), che colpisce 9 donne su 10: la malattia, mal curata, l’ha resa invalida. «Dovrei sottopormi a frequenti e regolari controlli - spiega Silvia Angioni - ma la mia condizione di disoccupata non mi consente di frequentare gli studi privati. Infatti a Cagliari, nonostante il Policlinico che ho abbandonato perché restavo buttata lì ore e ore, è quasi impossibile avere un’assistenza specialistica adeguata alla complessità della malattia e, come altri pazienti, devo attendere anche mesi per un controllo. Per non parlare dei periodi in cui la malattia si riacutizza: devo far riferimento all’Asmar che con i suoi specialisti volontari mi consente di andare avanti. Possibile che, chi come me è invalida e senza soldi, debba rinunciare al diritto a un’assistenza sanitaria decente, perché non esiste un ospedale per i malati reumatologici?».
LA REGIONE Una prima risposta arriva dall’assessore alla Sanità Antonello Liori. «Sono consapevole che le liste d’attesa per i malati reumatologici siano troppo lunghe a causa delle poche strutture pubbliche presenti, ma anche per la presenza di pochi specialisti sul territorio. Perciò, ho preso l’impegno di creare una struttura ospedaliera che preveda alcuni posti per degenza, ma anche finalizzata a ricoveri in day hospital, con attenzione alla terapia biologica che richiede ospedalizzazione. Mi sono anche impegnato per mantenere nel “Prontuario terapeutico regionale” i farmaci biologici».
POLICLINICO L’unico centro con un reparto di Reumatologia è, dunque, l’Azienda ospedaliero-universitaria. La struttura è diretta dal primario (professore ordinario) Alessandro Mathieu, che segue i pazienti con i nuovi farmaci biologici. «Un servizio di eccellenza» che, come spiega il professor Gian Benedetto Melis, direttore sanitario dell’Azienda mista, riesce a coprire le urgenze, con il ricovero del paziente direttamente in Reumatologia al Policlinico o, se non c’è posto, nelle altre divisioni di Medicina del San Giovanni di Dio (80 posti letto) o di medicina internistica a Monserrato, dove gli specialisti reumatologi sono spesso aggregati. «La nostra politica non è raddoppiare le strutture ma semplificarle - dice Melis - il problema è assicurare ai sardi la migliore sanità e l’accoglienza che meritano. Per cui ritengo si debba fare qualunque sforzo politico e organizzativo per spostarsi tutti al Policlinico in modo da creare, con gli stessi professionisti del San Giovanni, un polo universitario ospedaliero con alte specializzazioni al servizio anche di questi malati multidisciplinari».
CARLA RAGGIO
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 31 - Sassari
Una tavola rotonda promossa da università e provincia
Progetti mirati per l’occupazione per superare la crisi economica
ANTONIO MELONI
 
 SASSARI. Per far fronte alla crisi è indispensabile che la politica maturi un’idea di sviluppo e promuova progetti mirati per l’occupazione. Il messaggio è stato lanciato l’altro ieri nella sala Angioy del Palazzo della Provincia, a conclusione di una tavola rotonda incentrata sul lavoro, promossa da università e provincia. Dopo i saluti di Attilio Mastino, rettore dell’ateneo sassarese e della sociologa Antonietta Mazzette, responsabile del Centro studi urbani, due esperti di diritto del lavoro, di scuola giuslavorista, Fabrizio Bano (università di Sassari), e Anna Alaimo (università di Catania), hanno indicato il sentiero che la politica dovrà imboccare nei prossimi anni per tentare di far fronte alla crisi che attanaglia il territorio. Dalle relazioni dei due specialisti è emerso un quadro di sintesi su quattro punti. Qualsiasi iniziativa futura dovrà tenere conto di una serie di parametri che vanno dalla stipula di contratti più flessibili, all’incentivo della formazione continua, dalla promozione di politiche per il lavoro sempre più mirate, alla tutela della sicurezza sociale. Naturalmente quando si parla di sicurezza sociale il ragionamento è legato, in particolare, all’adeguamento dei piani pensionistici, tenuto conto del fatto che il lavoratore medio arriva a varcare la soglia del mercato del lavoro sempre più tardi. Ad animare il dibattito, moderato da Camillo Tidore (università di Sassari), hanno pensato tre giovani, testimoni e protagonisti di tre esperienze quanto meno difficili e in certi casi drammatiche. Viviana Sanna, del comitato di protesta per il progetto Master and Back, Christian Marongiu, rappresentante dei lavoratori della Polimeri Europa di Porto Torres, Salvatorangelo Fancellu, del coordinamento precari della scuola. Tre voci, tre racconti di altrettante realtà apparentemente molto diverse, ma con un denominatore comune: la precarietà. Piaga che in Sardegna accomuna migliaia di giovani per i quali le porte del lavoro sembrano sbarrate. Viviana Sanna ha descritto le peripezie di oltre mille laureati sardi che dopo essere tornati dall’estero hanno dovuto ingaggiare una vera e propria battaglia (ancora aperta) contro la burocrazia. Dal racconto di Christian Marongiu filtra invece la disperazione di chi lotta per mantenere un posto conquistato con le unghie e con i denti. E infine Salvatore Fancellu che alla soglia dei 50 anni vive ogni anno sulla pelle il dramma dell’assegnazione delle cattedre. A tirare le fila di questo scenario desolante ha pensato l’assessore provinciale al Lavoro Salvatore Marino che non ha nascosto le mille difficoltà di chi, in mezzo alla crisi, deve occuparsi di politiche del lavoro e dare comunque risposte: «E’ come stare in trincea - ha concluso Marino - ogni giorno bisogna indossare l’elmetto e tentare di schivare il fuoco di fila».

Questionario e social

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