Domenica 1 novembre 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 novembre 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Il convegno dei medici cattolici all’Università 
Fine vita e testamento biologico confronto con Elio Sgreccia 
MARCO DELIGIA 
 
SASSARI. Dispute politico-parlamentari su delicati argomenti come il fine vita - con il testamento biologico -, si dirigono su terreni a costante rischio di strumentalizzazione. Così il dialogo è un’utopia. Invadenza di una Chiesa che tenderebbe a imporre i suoi principi o visione “laicista” di una libertà senza responsabilità e senza fede, carente di rispetto nel valore della vita.
 Sono due tesi e accuse agli opposti; elementi a volte frustranti per le più sensibili intenzioni di riflessione comune.
 L’Amci (Associazione medici cattolici italiani) ha scelto comunque il dialogo e il confronto come tema per la stagione 2009-10. La sezione di Sassari ha inaugurato nei giorni scorsi il nuovo anno sociale all’aula magna dell’università con una “lectio magistralis” di monsignor Elio Sgreccia.
 Il presidente emerito della Pontificia accademia per la vita ha offerto una trattazione su “ll dialogo in Bioetica: per una medicina fondata sulla persona umana”. Nella stessa iniziativa, il vicepresidente nazionale Amci, Stefano Ojetti, nel percorso della legge sul biotestamento ha ribadito il “no” a ogni forma di eutanasia, all’accanimento e all’abbandono terapeutico e, invece, un convinto “sì” a più adeguate terapie palliative.
 Monsignor Elio Sgreccia ha messo l’accento su una disciplina della Bioetica che instauri un ponte tra scienze sperimentali e scienze umane.
 «La Bioetica ha bisogno di essenziali ponti, di dialoghi che non siano però nichilisti ma che abbiano riferimento nella persona umana e nel suo valore trascendente - ha puntualizzato il presidente emerito della Pontificia accademia per la vita -. Nessuna legge può togliere il dialogo tra medico e paziente, soprattutto in un momento sacro, in cui si accompagna un uomo che sta per morire. C’è un valore, il rispetto della persona, che accomuna. E non esiste libertà e autonomia senza responsabilità. La libertà vera rispetta la vita».
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Recito in un film racconto la mia psicosi: tu capisci e io guarisco 
PAOLO CAMEDDA 
 
CAGLIARI. Il cinema come strumento efficace nella riabilitazione dei malati psichiatrici. E’questa la proposta lanciata dal progetto «Il cinema per comunicare oltre il disagio», realizzato dal corso di laurea per Tecnici della riabilitazione psichiatrica assieme ad alcuni ragazzi con disagio mentale e a quelli «ad alta intensità terapeutica» della casa famiglia di Fluminimaggiore.
L’iniziativa è stata finanziata con i fondi messi a disposizione dall’assessorato regionale alla Pubblica istruzione, la legge di riferimento è quella del 22 settembre 2006.
 Grazie alla partecipazione di alcuni artisti, fra cui i registi Enrico Pau e Giovanni Piras, sono stati prodotti quattro corti cinematografici. «Tutti i film parlano del tema del disagio mentale - ha detto Mauro Giovanni Carta, uno dei promotori dell’iniziativa - e per i giovani che seguono una terapia è stata una possibilità per raccontare sé stessi e gli altri, con un grande beneficio per la loro riabilitazione. Se la psicosi produce la sensazione di una vita interrotta, raccontarsi può rappresentare invece il tentativo di costruirne una nuova». Venerdì è stato proiettato uno dei quattro corti, dal titolo «Interno di famiglia con disagio». Il breve film parla dei problemi affrontati quotidianamente da una famiglia con un figlio schizofrenico. Il figlio malato, Luigi, non vuole più prendere le pastiglie, abusa di caffé e sigarette, e critica i genitori. Il padre non accetta la patologia e rifiuta persino di parlarne, o quando lo fa urla. La madre rimprovera continuamente Luigi per i suoi comportamenti. L’altro figlio vive ogni giorno dentro di sé una grande sofferenza perché non sa come aiutare suo fratello. Il film, a tratti commovente, presenta vari aspetti della malattia mentale. Da un lato il bisogno di aiuto della famiglia, incapace da sola di affrontare un trauma così grande, dall’altro la fragilità del malato, che oltre alla terapia farmacologica ha bisogno di un supporto psicologico. Allo sviluppo della sceneggiatura, con la tecnica del “problem solving”, la stessa che viene insegnata alle famiglie per sconfiggere i conflitti da stress di convivenza con il malato, hanno contribuito gli stessi ragazzi con problemi psicotici, che hanno fatto anche da attori. Il film termina con una scena significativa. Il ragazzo malato, che dopo un anno di terapia assieme alla famiglia, saluta l’extraterrestre, ora personificato, che l’aveva accompagnato per lungo tempo dentro la sua mente.
Gli organizzatori, visti gli ottimi risultati, sperano che il progetto possa essere ripetuto ed esportato. «I ragazzi hanno imparato a esternare i loro sentimenti e a parlare della malattia - ha detto Mauro Giovanni Carta - e questo è molto importante, affinché completino il percorso di riabilitazione e riprendano in mano la loro vita».

Questionario e social

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