UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 30 settembre 2009

Mercoledì 30 settembre 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 settembre 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 21
Compie settant’anni e va in pensione lo storico direttore della Clinica ortopedica dell’Università
Claudio Velluti, una vita da migliore in campo
Da giovane i trionfi nello sport, poi per 45 anni in sala operatoria
È stato l’unico cestista sardo a vincere il titolo italiano e aveva firmato anche la promozione in A del Brill
 
Aveva scelto la facoltà di Medicina perché «mamma mi ripeteva sempre che dovevo diventare medico per curare soprattutto lei». Oggi quella straordinaria carriera, durata 45 anni, volge al termine: Claudio Velluti, settant’anni compiuti il 15 aprile scorso, lascia la direzione della Clinica Ortopedica dell’Università di Cagliari. Lo farà il primo novembre prossimo: «Ma continuerò a fare il libero professionista», si affretta a dire prima di rivisitare una vita che valeva la pena di essere vissuta. Perché il professor Velluti non è stato “solo”, è stato “anche”. Ed è difficile stabilire se sia stato più bravo come ortopedico o come sportivo. Chiudiamola qui: un fuoriclasse in entrambi i campi.
Era il 1960 quando Roma si apprestava a ospitare l’Olimpiade voluta per dimostrare al mondo che la guerra (persa malamente) era lontana e che l’Italia si era saputa rialzare. Alla vigilia di quei Giochi sulla “Gazzetta dello Sport” appare una foto con un ragazzone alto due metri in mezzo a due tecnici che se lo contendono, tirandolo a se: i tecnici sono quelli delle Nazionali di pallacanestro e di atletica leggera. Il ventunenne Velluti gioca nel Simmenthal Milano campione d’Italia ma detiene anche la seconda miglior prestazione assoluta nel salto in alto, due metri tondi tondi. Scherzo crudele del destino: finisce che il giovane Claudio decide di tagliare il basketball («Sport di squadra, un’Olimpiade è più bella se la giochi da solo, mi ero detto») e puntare tutto sull’atletica ma, all’immediata vigilia della manifestazione, non riesce a fare la misura necessaria perché, non essendoci più gare in programma, è costretto a iscriversi a una prova di decathlon e disputa, stremato, il salto in alto dopo aver fatto i 100, l’asta, il lungo e il peso. «Poco male», dice oggi a distanza di quasi cinquant’anni, quarantacinque dei quali trascorsi in una sala operatoria: «Menischi? A carrettate». Il primo intervento è come il primo amore, non si scorda mai: «Il tendine d’Achille di un bambino».
Per una vita è stato l’angelo custode degli sportivi cagliaritani, soprattutto dei cestisti. Lo slogan era: «Tranquilli, se succede qualcosa, c’è Claudio al Marino che ci aspetta». Unico cestista sardo ad aver vinto lo scudetto (anzi due) con la maglia delle mitiche “Scarpette Rosse” e poi è stato uno dei grandi protagonisti della storica promozione del Brill in serie A, nel 1969, esattamente quarant’anni fa, insieme con il cognato Alberto Pedrazzini, fratello della moglie, altra nobile figura dello sport e della vita cagliaritana, tutti discendenti dei mitici Edo e Claudia Testoni, olimpionica a “Berlino 1936”. Entrambi, Claudio e Alberto, non proprio sardi doc. La famiglia Velluti, per esempio, ha origini fiorentine, lontanissime: «Un mio antenato era stato perfino citato da Dante, che non ne aveva parlato bene. Ci battezzarono Velluti proprio perché eravamo produttori e commercianti di quel tessuto. In tempi più recenti mio bisnonno, uomo del Papa bocciato dal Papa che gli aveva negato una promozione, divenne garibaldino ma, perso tutto fuorché l’onore, si rifugiò in Sardegna, prima a Caprera e poi a Cagliari, dove faceva il falegname». Bella storia quella di un medico sportivo (o di uno sportivo medico) che ha collezionato anche una trentina di maglie azzurre, padre di due ormai ex cestisti (Marco e Simone, che non sono arrivati a tanto ma la loro parte l’hanno fatta) e nonno di tre nipotini, uno de quali si chiama proprio Claudio. E nonno Claudio, con quella barba ha un non so che di garibaldino: sicuramente un bel temperamento. «Ho smesso di andare a vedere le partite dei miei figli il giorno in cui avevo gridato a un arbitro che se gli si fosse staccato un piede gliel’avrei riattaccato al contrario. Mia moglie mi prese per un braccio e mi disse: basta Claudio, andiamo via». Non ha mai voluto allenare e neppure fare il dirigente, anche se è presidente onorario dell’Olimpia che, dopo mille traversie, è tornata sullo scenario della pallacanestro sarda.
Settant’anni vissuti con grande felicità: «Sono stato un uomo fortunato», ammette confessando anche qualche piccolo passo falso in carriera. Il più clamoroso? «Visitai un giocatore del Brill, dissi di venderlo subito perché era rotto: giocò altri cinque anni ad altissimo livello». Succede, può succedere, a chi ha passato una vita in sala operatoria, soprattutto in quella del reparto di Traumatologia della Strada. Ne ha viste di tutti i colori: «Quando i miei figli adolescenti mi avevano chiesto di comprare loro il motorino avevo risposto sì, va bene, ve lo compro, però prima passate una giornata con me al pronto soccorso del Marino. Cambiarono rapidamente idea». Cambiò idea anche quel povero disgraziato a cui i familiari volevano che il professor Velluti (che era contrario) riattaccasse un braccio trovato tra le lamiere della macchina un’ora dopo l’incidente: «Se glielo riattacco, lui muore di infezione dopo poche ore. Scegliete: vivo senza un braccio o morto tutto intero». Parole brutali che nascondono la necessità di prendere in pochi minuti decisioni terribili: «A distanza di anni mi stanno ancora ringraziando». Dura la vita della sala operatoria: «In certi casi potresti risolvere il problema con una semplice amputazione, e invece no, non molli, a costo di stare la dentro ore intere, giornate intere».
Molte più gioie su un campo di pallacanestro o su una pedana di salto in alto. Aveva cominciato così con Bebi Mosca, già quattordicenne, finché un giorno, nel 1957, viene convocato, insieme con Ezio Lotti e Paolo Ritossa, a un collegiale in Umbria dal commissario tecnico di allora, Nello Paratore, che voleva setacciare il movimento giovanile: «Fu un successone, venni chiamato dal Simmenthal e dalla Virtus Bologna, potei alzare il prezzo». Quanto? «Ingaggio di un milione all’anno, con lo stipendio di due anni mi sono comprato la casa». Ma di basketball non si poteva vivere: «Abbandonai ben presto per laurearmi ma, da trentenne partecipai alla storica promozione in A del Brill dei Pirastu».
Il mondo è cambiato tanto da allora. «In quegli anni la rottura di un menisco poteva costarti la carriera, oltre che una buona vecchiaia senza artrosi. Solo dopo aver aperto sapevi che cosa c’era dentro, a volte era tutto a posto». E nello sport? «Il mio Simmenthal tricolore, con Riminucci e Vianello, Vittori e Pieri, oggi le buscherebbe da una qualsiasi squadra di B2». Unico rammarico: «Non aver fatto la Coppa dei Campioni». Perché? «Semplice: nella pallacanestro non esisteva ancora». Peccato: ci fosse stata, oggi Claudio avrebbe una storia in più da raccontare. Non solo ai nipotini.
NANDO MURA
 

2 – La Nuova Sardegna
Pagina 14 - Cagliari
Una tre giorni dedicata al canto corale 
Siliqua. L’associazione Cantu e sentimentu dedica la manifestazione a don Giovanni Doro 
 
SILIQUA. L’associazione culturale coro polifonico femminile Cantu e Sentimentu festeggerà con la comunità locale i 7 anni dalla costituzione. È stato presentato il programma della manifestazione celebrativa che in questa edizione è denominata «Sonus Antigus de Terra Sarda»: ricordando la dedizione di don Giovanni Dore, che ha scritto pagine importanti nella storia della musica isolana. L’iniziativa si articolerà in tre giornate: il 14 ottobre, con una mostra di strumenti musicali (allestita al Montegranatico), che verrà inaugurata alle 10 dal sindaco Lixia. Parteciperà il suonatore di launeddas, Antonello Ghiani. Il 17 (alle 18, al Montegranatico), una serata di approfondimento dedicata al tema “Sonus Antigus”: con Ignazio Machiarella, docente di etnomusicologia all’Università di Cagliari, e con lo scrittore Paolo Pillonca. A seguire un concerto con il maestro Orlando Maxia, accompagnato da Eliseo Maxia e Nicola Diana. Ospite d’eccezione, la soprano Elide Ucchesu. Il finale è per il 18 (ore 18.30 al Montegranatico), con una rassegna di cori polifonici: Corale Santissimo Salvatore di Serdiana, Corale Amici del Canto Sardo di Sassari, Coro polifonico Santa Usanna di Busachi. A fare gli onori di casa, il Coro Polifonico Cantu e Sentimentu, diretto dalla maestra Alida Cabitza. L’appuntamento si ripete da qualche anno, con le manifestazioni di ottobre concomitanti con la fondazione di Cantu e Sentimentu, si appresta a diventare uno degli eventi stabili nel tempo per la vita culturale e sociale del paese. Lo scopo è quello di valorizzare la tradizione storico culturale e il patrimonio espresso dalle realtà corali. La formula è quella di scegliere, ogni anno, un portabandiera della sardità a cui dedicare la manifestazione.(mo.to.)
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
Il premio Nobel Ignarro al convegno sul farmaco 
 
 SASSARI. «Genes, drugs and gender» è il tema del convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università, dal Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Menarini che si svolgerà nell’aula magna dell’Università giovedì 1 e venerdì 2 ottobre. Durante i lavori saranno inquadrati i rapporti che esistono tra geni e farmaci. Il convegno sarà nobilitato dalla presenza di Louis Ignarro premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 1998. Sarà presente l’assessore regionale alla Sanità Antonello Liori
 
 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie