Domenica 28 giugno 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
28 giugno 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Commenti – pagina 37
REFERENDUM E REGOLE
Quorum: l'arma che promuove il fallimento
di Bruno Troisi*  
 
La progressiva crescita dell'astensionismo strutturale (pari ormai al 30 per cento) e, soprattutto, l'invito sistematico - da parte ora dell'uno ora dell'altro schieramento politico - a disertare le urne hanno profondamente alterato la funzione del quorum stabilito per la validità del referendum, a tal punto da svuotare di contenuto lo stesso istituto referendario, determinando una gravissima distorsione della logica democratica. Accade, infatti, che una minoranza che inviti all'astensione, sol che disponga di poco più del 20 per cento di consensi, è in grado di imporsi matematicamente, perché può sommarsi, nello stesso tempo che la fomenta, alla crescente disaffezione alla res publica da parte di molti cittadini.
L'invito a disertare le urne ad opera di uomini politici rappresenta, oltre che un'istigazione a violare il "dovere civico" del voto, una palese violazione della regola di correttezza costituzionale: il quorum è stato previsto per impedire che una piccola minoranza utilizzasse il referendum per aggirare il principio democratico della maggioranza, non per consentire a una minoranza di far prevalere le sue tesi sommando i suoi voti a quelli di coloro che, fisiologicamente, si astengono dal votare. Si tratta di un uso sleale, scorretto dell'istituto del quorum, utilizzato abusivamente come un'arma in più per far fallire il referendum. Il fatto che la norma costituzionale preveda e disciplini il quorum non significa, come taluni pretendono, che sia legittimo l'invito ad astenersi dal voto per impedirne il raggiungimento, per la semplice considerazione che tale invito si pone, in concreto, in contrasto con i fini sostanziali che la norma stessa si prefigge e con gli stessi principi generali dell'ordinamento (segnatamente, con il principio di democraticità, che si specifica nel principio di partecipazione e in quello maggioritario). Si tratta, insomma di un comportamento che solo apparentemente si presenta come corrispondente al contenuto formale di una norma, ma al quale non si accompagna la congruità sostanziale con i fini che quella norma intendeva perseguire.
Né appare convincente l'affermazione secondo cui la propaganda per l'astensione, a differenza di quella per il "no", avrebbe di mira l'utilità stessa del referendum, giacché le richieste referendarie sono già sottoposte istituzionalmente a un duplice ordine di controlli: uno di legittimità da parte della Corte di Cassazione, e uno di ammissibilità da parte della Corte costituzionale (con riferimento al contenuto della richiesta e alla struttura formale dei quesiti referendari, che devono essere enunciati in maniera inequivocabilmente dilemmatica). Pertanto, non si vede quali ulteriori valutazioni debbano - e, soprattutto, possano - essere operate dalla classe politica, la quale non può certo "correggere" le decisioni prese dalle due Corti. Inoltre, l'invito a disertare le urne viola gravemente il principio fondamentale di libertà e segretezza del voto, introducendo una forma surrettizia di controllo nella formazione della volontà popolare: chi non seguisse l'invito e si recasse alle urne verrebbe automaticamente identificato e ritenuto un sostenitore del "sì". Libertà e segretezza del voto sono il presupposto della democrazia; se venissero meno, le consultazioni popolari diventerebbero una farsa, come nei regimi autoritari.
Alla luce di queste considerazioni e stante la perdurante, generalizzata strategia dell'astensione, l'unico rimedio è quello dell'abolizione del quorum strutturale e, parallelamente, della fissazione di una quota più elevata di firme per la richiesta del referendum, a garanzia della serietà della richiesta e della rilevanza sociale della questione.
Dal punto di vista pratico, poi, tale riforma potrebbe sortire l'ulteriore effetto di costringere tutte le forze politiche ad abbandonare gli atteggiamenti di ambiguità: la consapevolezza che la consultazione popolare darebbe comunque un risultato utile indurrebbe i partiti a prendere posizione dinanzi all'elettorato e ad informarlo adeguatamente, invitandolo a confrontarsi con l'alternativa. Solo così, forse, si potrà porre rimedio al grave scollamento, da più parti avvertito, tra volontà popolare e volontà dei rappresentanti; solo così, come con gli altri istituti di democrazia diretta, "il principe" potrà riprendersi "lo scettro" affidato agli organi rappresentativi.
*Ordinario Università di Cagliari

 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
FARMACIA
Eletto il preside: è Pirisi
 
CAGLIARI. Filippo Maria Pirisi, 64 anni, ordinario di Chimica degli alimenti, è stato eletto preside della facoltà di Farmacia con 46 voti, contro i 31 ottenuti da Micaela Morelli. L’elezione di Pirisi è nel segno della continuità: succede a Paolo Cabras, di cui era vicario dal 2006.
 
 

Questionario e social

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