UniCa UniCa News Rassegna stampa Giovedì 12 febbraio 2009

Giovedì 12 febbraio 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 febbraio 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 25
Riconoscimento per Guido Fadda
 
Il medico cagliaritano Guido Fadda, anatomopatologo dell'Università Cattolica di Roma, è stato chiamato a far parte del Comitato dei patologi della Chernobyl Tissue Bank, come rappresentante dell'Unione europea. Il Comitato è fra l'atro impegnato nella organizzazione dei progetti di ricerca sui pazienti esposti alle radiazioni in seguito all'incidente di Chernobyl.

 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
Estraneo il direttore del Dipartimento di Chimica 
Concorso all’università, proseguono le indagini 
 
SASSARI. Gli investigatori della Guardia di finanza hanno cominciato l’esame della documentazione sequestrata in Largo Macao 22, dove si trova l’Ufficio dottorati di ricerca. E gli avvocati difensori del laureato che ha presentato l’esposto all’autorità giudiziaria per fare luce sul concorso per l’ammissione alla Scuola di dottorato di ricerca in Scienze e tecnologie chimiche sembrano intenzionati a produrre documenti aggiuntivi. Claudio Mastandrea e Antonio Secci hanno lasciato intendere che nei prossimi giorni consegneranno al magistrato titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Andrea Garau, documenti utili per definire meglio la vicenda.
 Intanto ieri è arrivato un primo chiarimento. Riguarda il direttore del Dipartimento di Chimica che - contrariamente a quanto trapelato in un primo momento - è assolutamente estraneo alla gestione del concorso che, invece, viene seguito dalla Scuola di dottorato in Scienze e tecnologie chimiche, il cui direttore è un altro docente. E sarebbe questo l’«esterno» indicato nell’esposto denuncia che con le sue domande avrebbe messo in forte difficoltà il candidato (che poi ha denunciato il fatto) fino a penalizzarlo nel risultato finale. Il docente - secondo la denuncia - avrebbe potuto assistere al concorso ma non intervenire nell’esame dei candidati. L’indagine prosegue.
 
3 – La Nuova Sardegna
Contro gli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici una nuova cultura dell’ambiente 
Gli interventi dell’uomo sono importanti nel regolare le conseguenze delle avversità naturali 
di Ignazio Camarda * 
 
I cambiamenti climatici non sono un fenomeno recente, la storia geologica della Terra è anche storia di cambiamenti climatici, di cambiamenti della flora, della vegetazione e della fauna. Cambiamenti avvenuti in lunghi periodi e forse impercettibili per le popolazioni umane del passato.
 Senza andare ai tempi del diluvio universale, possiamo ricordare che in tempi a noi più recenti gli antichi greci lamentavano che Giove governava il clima con scarsa razionalità. Il detto comune che “le stagioni non sono più le stesse” è di antichissima data, così come i riti cristiani e le processioni per chiedere la pioggia e contro la siccità sono ancora nella memoria di molti di noi.
 Ma qualcosa di nuovo e diverso, di certo, è cambiato nel clima. Il progressivo aumento della temperatura nel mondo è un fatto non più contestabile, nonostante vi sia ancora discussione tra gli esperti su quanto sia diretta responsabilità dell’uomo e quanto possa essere attribuito a fattori a noi estranei. Di certo assistiamo a fenomeni che si svolgono in tempi che non si misurano nell’arco dei millenni e nemmeno dei secoli, ma in decenni.
 Oltre alle più elevate temperature, sono le precipitazioni che hanno le maggiori implicazioni altrettanto complesse e questo pone la società di fronte a nuovi compiti ed emergenze che stanno diventando sempre più un fatto ordinario.
 La prima alluvione di cui io abbia memoria è quella del 1951, quando anche dai fianchi delle montagne sfociarono fiumi; in quell’anno il Cedrino esondò drammaticamente nella piana di Irgoli e di Orosei, il Flumineddu ripulì totalmente il suo letto dai boschi di ontano nero e dagli oleandri, così come è accaduto nuovamente nel 2004. Quest’anno c’era poco da ripulire.
 Ma mentre possiamo considerare naturale e normale che il Cedrino, così come tutti i corsi d’acqua, fuoriescano dai loro argini, non possiamo certo considerare come normali le conseguenze così come, in modo drammatico, si manifestano oggi. Oltre a quelli che potremo definire “classici”, i danni maggiori sono alle case, alle infrastrutture, alle strade, che hanno visto soprattutto nella fascia costiera uno sviluppo imponente, anche su aree che da millenni erano rimaste prive di costruzioni perché la memoria di lungo periodo e la saggezza popolare prescrivevano (pur senza una legislazione coercitiva in merito) che in certi luoghi non era prudente e non si doveva costruire. Osservando oggi, dopo gli eventi di Capoterra e di Orosei, i danni alle case, alle officine, ai siti industriali, alle strade, e recriminando sulla perdita delle vite umane, una seria riflessione di impone.
 Non è normale che si verifichi un’alluvione in un abitato come Villagrande, che per orografia appare come quello meno esposto a questo tipo di eventi, ma è prevedibile se non si tiene conto dell’esistenza dei corsi d’acqua, per quanto modesti, che vengono inglobati nel tessuto urbano.
 Non esiste una giustificazione plausibile per i drammatici eventi di Capoterra, se non con il fatto che negli ultimi decenni non è stato rispettato ciò che per millenni è stato tenuto in conto, ossia evitare di costruire in quell’area che si sapeva soggetta comunque a quel tipo di eventi.
 La storia naturale della piana di Orosei, che deve la sua esistenza al Cedrino, indicava chiaramente i limiti alla cementificazione. La memoria corta non deve farci dimenticare i casi di Olbia, di Tortolì, di Castiadas e di tanti altri casi, meno eclatanti ma non meno drammatici.
 A complicare le cose sta il fatto che il cambiamento climatico si manifesta sempre più spesso come caos climatico, ossia con fenomeni imprevedibili, come il tornado che l’estate scorsa ha investito Alghero e le coste della Sardegna nord-occidentale, causando danni enormi alle case, ai sistemi agro-forestali e alle infrastrutture. Ma sono soprattutto gli ecosistemi costieri ad essere più fragili ed esposti a rischio.
 La fascia di rispetto dei 300 metri che è imposta dalla norma paesaggistica nazionale, lungi dall’essere vista come un semplice vincolo punitivo, dimostra di essere una precauzione necessaria per evitare i disastri che oggi abbiamo di fronte. E le più adeguate prescrizioni del Piano idrogeologico e del Piano paesaggistico regionale, se fossero state adottate 30 anni fa, oggi non staremo a assistere a fenomeni incontrollabili che ci mettono in una condizione di impotenza perché non siamo in grado di prevedere né come, né quando altri simili eventi si potranno verificare. Il caos climatico potrà colpire in modo indiscriminato e senza un preavviso utile ad adottare i provvedimenti necessari per contenere i danni. Danni che evidentemente restano in capo a tutta la società e che avranno dei costi sempre maggiori. Il compito di prevenire tutto ciò, per quanto possibile, adottando il principio di cautela, spetta principalmente alla Regione per la visione generale e ai Comuni per la conoscenza specifica che hanno del proprio territorio.
 Certo è che se anche stabilire delle semplici regole di buon senso, per alcuni significa ledere la libertà di singoli e non avere più le mani libere di fare ciò che si vuole, il tutto diviene più complicato, soprattutto quando il cambiamento e il caos climatici si intrecciano con gli interessi economici e politici, altrettanto caotici, di chi vede le coste, non come un patrimonio comune di interesse strategico di tutti i sardi, ma solo come terreno edificabile. Una visione così miope delle coste non promette esaltanti prospettive alla Sardegna, quanto piuttosto l’accentuazione dei disastri ambientali a cui, sempre più spesso, assistiamo.
 Anche perché considerare il clima come un nemico da combattere, oltre che insensato è semplicemente inutile e oltremodo dannoso, così come cercare di sfuggire alle responsabilità che oggi ci troviamo di fronte e che toccano tutti.
* Facoltà di Scienze biologiche Università di Sassari
 
 

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