Martedì 20 gennaio 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 gennaio 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa

L'UNIONE SARDA
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Pagina 38 - Cultura
scienza I ricercatori sassaresi
«C'è un batterio all'origine del diabete mellito»
   
Potrebbe essere un batterio a scatenare il diabete di tipo 1, quello cioè insulinodipendente. Più precisamente: all'origine della patologia che costringe un alto numero di nostri corregionali a continui controlli del tasso glicemico e ad altrettanto frequenti iniezioni di insulina per ovviare alla paralisi delle isole di Langherahans, deputate appunto a produrre questo ormone, ci sarebbe il Map, Mycobacterium avium paratuberculosis, “parente” dei batteri che causano la lebbra e la Tbc e che spesso infetta i bovini entrando così nella nostra catena alimentare.
In realtà proprio il nesso tra le infezioni di cui è vittima il bestiame e la diffusione della patologia nella nostra regione è il cuore dello studio che ha messo a fuoco la relazione tra virus e diabete.
Il rapporto emerge da una ricerca condotta da Leonardo Sechi, docente di microbiologia dell'Università di Sassari, anticipata sul periodico di divulgazione scientifica “Focus” e in pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale Plos One, secondo cui in Sardegna il 70% dei casi di diabete I è correlato al Map. «Diversi studi - ricorda Sechi - hanno già dimostrato che nei soggetti geneticamente predisposti il Map è in molti casi responsabile del morbo di Crohn e della sindrome dell'intestino irritabile. Oggi sappiamo che in queste persone il Map può indurre anche lo sviluppo del diabete di tipo I». Non solo: secondo i ricercatori di Sassari nei diabetici in cui è assente il Mycobacterium avium paratuberculosis tra le cause ci potrebbero essere altri patogeni.
Dai primi dati elaborati, è emerso che il 70% dei sardi con diabete di tipo I ha il batterio e che le loro alterazioni genetiche sono comuni a quelle dei soggetti affetti dal morbo di Crohn. Una percentuale comparabile è stata, inoltre, riscontrata anche in Inghilterra dal St. Georges Hospital Medical School University, partner nello studio. «Il diabete - continua Sechi - ha un'origine per il 50% genetica e per il 50% ambientale. Nella nostra regione, vista la l'elevata presenza di animali da allevamento infetti, il maggior responsabile è il Map».
Il batterio ha una lunghissima incubazione e, se presente in alte concentrazioni nel latte, è in grado di resistere alla pastorizzazione e può quindi essere trasmesso all'uomo attraverso i formaggi freschi e talvolta addirittura il latte.
«Anche se i campioni di latte pastorizzato sardi studiati non presentavano tracce di Map vivo - sottolinea Sechi - la prevenzione deve essere massima in tutte quelle regioni in cui si verifica una epidemia del batterio». Tenere sotto controllo il Map nell'allevamento, concludono gli esperti, potrebbe infatti aiutare a ridurre l'incidenza del diabete I nel futuro. Un traguardo particolarmente urgente per la Sardegna, visto che nell'Isola il diabete ha un tasso di incidenza bel sei volte più elevato che nelresto d'Italia. Il tema è stato al centro di un convegno internazione che si è tenuto nello scorso aprile a Cagliari: dalle relazioni sono emersi dati di crescita della patologia sempre più allarmanti.
2 – L’Unione Sarda
Pagina 16 - Cagliari
Quelli che aspettano in sala operatoria
Al Policlinico ore di attesa dei referti dal San Giovanni di Dio  
L'assenza di specialisti costringe a test in trasferta mentre i pazienti sono sotto i ferri
La situazione di disagio portata alla luce da una denuncia della Cgil. Il presidente dell'Ordine dei medici attacca la Regione: «Selezioni deserte perché mancano i corsi di specializzazione post-laurea»
 
I pazienti sotto i ferri nella sala operatoria del Policlinico universitario possono aspettare anche quattro ore, in attesa che dal San Giovanni di Dio arrivino i risultati degli esami istologici. Referti che vengono compilati in “trasferta”, nonostante la struttura di Monserrato disponga di attrezzature e laboratori necessari. La denuncia è arrivata qualche giorno fa dai sindacati e segnala una circostanza che, secondo quanto paventato da qualcuno, accresce i rischi e i disagi per chi è obbligato a sottoporsi a un intervento chirurgico.
L'AZIENDA Il disagio è confermato dal direttore generale dell'azienda mista Ninnu Murru: «Il problema è legato alle “estemporanee” - sostiene - si tratta di un particolare esame che può essere effettuato solo durante la fase operatoria: un frammento cutaneo asportato viene analizzato al criostato, lo strumento che serve per verificare se l'esito è benigno e maligno. E dal cui responso dipende o meno la prosecuzione dell'operazione chirurgica».
CONCORSO DESERTO Inquadrata la questione dal punto di vista sanitario, restano da individuare le responsabilità a proposito di un disguido così evidente e, in certo senso, allarmante: «La verità è che nel Policlinico universitario l'organico degli anatomopatologi è completamente sguarnito - prosegue Murru - e questo anche perché una selezione per due incarichi a tempo determinato da noi indetta qualche tempo fa è andata deserta». Dunque c'è da aspettarsi che l'eccezione di questi mesi possa diventare regola? «Assolutamente no - ribatte il direttore generale - per risolvere la situazione giusto nei giorni scorsi abbiamo deciso di bandire un concorso attraverso il quale recluteremo due medici con contratto a tempo indeterminato. Confermo che, siccome il problema è legato esclusivamente alla carenza di personale - conclude Murru - entro un mese la situazione si avvierà verso la normalità».
I MEDICI A proposito della selezione andata deserta, netta la presa di posizione di Mondino Ibba, consigliere regionale e presidente dell'Ordine dei medici: «Per poter coprire un posto da specialisti nella sanità pubblica occorre avere a disposizione dei medici specializzati - ricorda, ironico - dico questa ovvietà perché in Sardegna spesso non vengono finanziati i posti per conseguire le qualifiche post-laurea. E allora è inutile prendersela con l'azienda mista, visto che la Regione ha da tempo deciso di non investire sulle specializzazioni. Spesso per gli anatomopatologi c'è un solo posto per ogni anno di laurea».
SINDACATO Del problema legato agli esami eseguiti in “trasferta” per primo ha parlato Gianfranco Angioni, della Cgil-funzione pubblica: «I disagi causati dagli esami svolti al San Giovanni invece che al Policlinico si ripetono ogni giorno, con momenti drammatici per i pazienti e i loro familiari - sostiene - tra l'altro in reparti invasi dalla muffa dopo l'allagamento dovuto al maltempo di queste settimane». I pazienti che vengono sottoposti a intervento provengono da vari ospedali e combattono con diverse patologie: «Proprio nei giorni scorsi un ammalato ha dovuto attendere in sala operatoria quattro ore per avere l'esito di un referto per un intervento che in genere può durare molto meno e con meno preoccupazioni per tutti».
ANTHONY MURONI

 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
«Il diabete? Può essere trasmesso dal latte» 
A Sassari l’indagine di due studiosi alimenta una speranza per evitare la malattia 
di Pier Giorgio Pinna 
 
 SASSARI. C’è una nuova speranza per molti bambini e ragazzi sardi: evitare la forma più pericolosa di diabete. All’origine della gran parte dei casi di una malattia che nell’isola colpisce un abitante ogni 33 potrebbe esserci un batterio trasmesso con il latte (ovino, vaccino, materno quando le madri sono già infettate). Sconfiggendo questo microrganismo con antibiotici mirati, si riuscirà a contenere i fattori ambientali che causano il deficit di funzionamento del pancreas. E dunque a eliminare le sofferenze di chi rischia di non produrre più insulina naturalmente. In sostanza, la malattia potrà essere combattuta prima del suo sviluppo. Per il momento è solo un’ipotesi messa a fuoco da due studiosi dell’università di Sassari. Ma presto le prime ricerche, in corso di pubblicazione su una prestigiosa rivista scientifica Usa, «PLoS ONE», dovrebbero trovare preziose conferme.
 Almeno su queste basi, non sarà comunque possibile curare il diabete mellito nei pazienti che lo hanno già contratto. Ma prevenirlo, forse, sì.
 A capo dell’équipe protagonista della straordinaria indagine, i docenti Leonardo Sechi, 43 anni, di Ittiri, e Stefania Zanetti, di Sassari, con diversi anni di esperienza in più alle spalle. Lavorano nel dipartimento di scienze biomediche. Il primo insegna nella facoltà di scienze, l’altra professoressa in quella di farmacia. Entrambi hanno raccolto l’eredità di un precursore nell’isola delle inchieste in questo settore, Giovanni Fadda, oggi direttore dell’istituto di microbiologia alla Cattolica.
 «Nelle nostre indagini ci riferiamo esclusivamente al diabete-1 o mellito», chiariscono i ricercatori nel laboratorio della cittadella universitaria di viale San Pietro. Nell’attività dello staff non sono compresi dunque né il diabete derivante da eccessiva alimentazione né gli altri tipi meno diffusi. «Per maggiore precisione ci occupiamo soltanto di una parte dei casi potenziali - aggiungono gli studiosi - Non quelli con probabili origini genetiche, circa il 50%, ma derivanti invece da una maggiore suscettibilità rispetto ai condizionamenti ambientali. In altre parole, studiamo i pericoli per le persone che potrebbero ammalarsi di diabete-1 per via dell’esposizione a elementi di rischio esterni nella catena alimentare».
 Il nemico. Il microrganismo al centro della campagna di ricerca a tappeto è il Map, Mycobacterium avium paratuberculosis. Un batterio parente di quelli della lebbra e della Tbc. A lui si attribuisce già la responsabilità del morbo di Crohn (una grave forma di infezione all’apparato digerente) e della sindrome dell’intestino irritabile. Come riporterà nel prossimo numero il mensile «Focus», diretto da Sandro Boeri, avrebbe un ruolo nel 70% dei casi di diabete sardi e scozzesi, oltre che nel 40% di quelli lombardi. Spiega infatti il professor Sechi: «A seconda della predisposizione ereditaria, una persona incontrando il Map sviluppa il diabete, un’altra l’intestino irritabile e un’altra ancora il Crohn. Nei diabetici in cui non c’è il Map i responsabili sono probabilmente altri patogeni intestinali».
 Questo genere di batterio vive all’interno delle cellule e ha una lunghissima incubazione: «Nell’uomo può durare decenni», sottolineano i due ricercatori. Lo si può trovare nel latte in polvere per neonati, nel latte materno (sempre se la mamma è infetta), nei latticini provenienti da animali già ammalati. È persino in grado di resistere ai processi di pastorizzazione. In passato, nella primavera del 2005, la stessa équipe sassarese l’aveva isolato vivo per la prima volta. Un risultato, così come quello degli ultimi giorni, frutto della collaborazione che in tutti questi anni Zanetti e Sechi hanno stretto con i veterinari di molte Asl della Sardegna.
 Il batterio. «Il Map è infatti lo stesso microrganismo che genera nei ruminanti la malattia di Johne, preoccupante forma di paratubercolosi mortale per il bestiame», rimarcano ancora i due ricercatori. È un batterio che nell’isola, con il passare del tempo, sta imperversando in centinaia di allevamenti. Il numero delle aziende danneggiate è difficile da calcolare con esattezza. Ma secondo i veterinari sardi sarebbero molte più di quanto si sia in genere portati a credere. Il che spiegherebbe la specificità della diffusione di certe malattie nella regione. Insieme con la Finlandia, la Sardegna è l’area del mondo più colpita dal “mellito” che provoca l’insulinodipendenza.
 I riscontri. Ma come mai i due studiosi dell’università di Sassari hanno pensato di associare il diabete-1 con il Map? «Di fronte all’azione del batterio tutti gli organismi sviluppano anticorpi per distruggerlo - rispondono Sechi e Zanetti - Le cellule che nel sistema immunitario funzionano da sentinelle possono però non avere una mira precisa nel distinguere i nemici. A volte, rischiano di colpire così proteine simili a quelle a rischio, per esempio le stesse che nel pancreas producono l’insulina. E dunque, alla fine, provocare in questo modo il diabete mellito».
 Le prospettive. Nelle loro indagini i ricercatori sassaresi si sono alleati con centri internazionali britannici e del Minnesota. In particolare con il St. Georges Hospital Medical School University, partner nello studio a Londra. La ricerca, adesso, andrà avanti seguendo diverse direzioni. «Un primo obiettivo sarà individuare sistemi d’identificazione rapidi del micobatterio - sottolineano - Un altro traguardo consisterà nel valutare i danni che il Map produce negli individui basandoci su modelli di topo geneticamente modificati. Un altro ancora, forse il più importante, sarà predisporre un vaccino per sconfiggere questo microrganismo definitivamente».
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
In memoria dell’ex presidente regionale dell’Arci 
Borsa di studio «Paolo Polo» sui valori dell’aggregazione 
 
SASSARI. Un aiuto concreto per aiutare i giovani a interrogarsi sul loro modo di essere studenti e cittadini. Questa vuole essere la borsa di studio dedicata alla memoria di Paolo Polo, ex presidente regionale dell’Arci, e organizzata proprio dall’Arci con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna, della Provincia di Sassari e dei comuni di Sassari e di Ozieri. L’iniziativa è stata presentata ieri a Sassari, nella sede dell’assessorato comunale alla cultura, in largo Infermeria San Pietro. «In contatto continuo con la sua famiglia - ha detto il presidente regionale dell’Arci Franco Uda - abbiamo voluto ricordare Paolo Polo, unendo il suo ricordo a una riflessione su quello che era l’Arci prima e quello che è invece oggi. Una prima occasione c’è stata l’anno scorso, con un convegno organizzato per festeggiare i cinquant’anni dell’associazione, e da lì il progetto ha preso corpo, concludendosi con la creazione di questa borsa di studio. Un modo per stimolare i giovani a riflettere, secondo quelli che erano i valori di Paolo Polo: «Partecipazione, passione civile ed aggregazione». Il concorso, sul tema “Studenti e cittadini: modi ed esperienze di partecipazione e aggregazione sociale” è riservato a giovani nati o residenti in Sardegna, e sarà diviso in due sezioni. La prima, dedicata agli studenti delle scuole medie superiori, che potranno partecipare singolarmente oppure a classi, che prevede un premio di 2.000 euro, e la seconda, per gli studenti universitari nati dopo il 1980, che potranno partecipare anche qui singolarmente oppure a gruppi, fino ad un massimo di quattro persone, che ne prevede uno di 3.000 euro.
 Il bando scadrà il 30 aprile, e gli elaborati, che potranno essere in forma di saggio oppure di narrativa, e della lunghezza massima di 15.000 battute, dovranno essere consegnati, in versione cartacea oppure in digitale, entro quella data nella nuova sede Arci di Sassari, in via Enrico Costa 62. Le opere ammesse al concorso verranno valutate da una giuria che comprenderà lo scrittore Salvatore Mannuzzu come presidente, l’artista Igino Panzino, la presidente dell’Arci di Sassari Franca Puggioni, Giuseppina Sanna, borsista di storia contemporanea all’Università di Sassari, Riccardo Terzi, sindacalista e nella segreteria nazionale Spi-Cgil, e il sociologo Andrea Vargiu.
 Paolo Polo, nato ad Ozieri e deceduto circa dieci anni fa, era partito a sedici anni a Milano per studiare, ma non conseguì alcun titolo di studio, travolto subito dalla passione politica. Ricoprì incarichi per l’allora Pci a Milano, Roma ed in Sardegna prima di passare all’Arci, ma fu sopratutto un politico per vocazione, che sapeva parlare alla società civile e coinvolgere i giovani.
Fabio Fresu 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
BREVI
CONFERENZA
La scienza nel terzo millennio
 
Si terrà giovedì 22 alle 16,30 nell’aula Eleonora D’Arborea dell’Università Centrale la conferenza «La scienza nel terzo millennio: paure, speranze, illusioni» organizzata dall’associazione sassarese di Filosofia e Scienza. La relazione sarà tenuta dal professor Mario De Caro dell’università di Roma 3. Moderatore Massimo Dell’Utri.
 
 

Questionario e social

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