Lunedì 9 marzo 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 marzo 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Nazionale
Entro maggio l’Ersu e il Comune dovranno decidere se realizzare il primo progetto 
Studenti, il campus universitario è a rischio 
La maggioranza del consiglio municipale aveva bocciato l’ipotesi del brasiliano De Rocha 
 
CAGLIARI. Il campus universitario di viale La Plaia è a rischio. Entro due mesi l’Ersu, l’ente regionale per il diritto allo studio, dovrà avere cantierato il primo progetto, altrimenti perderà le concessioni edilizie. Oppure dovrà aver avviato le pratiche per acquisire nuovi spazi verso le ferrovie: per realizzare l’ipotesi dell’architetto brasiliano Mendes Da Rocha. Ma tutto dipenderà dalla nuova giunta regionale. Oppure il piano, anche il primo progetto, potrebbe essere ridimensionato in vista del campus universitario diffuso.
 In giunta comunale è stato approvato il piano quadro del centro storico che permette il «particolareggiato» che apre la strada anche all’idea del campus diffuso: acquisizioni e ristrutturazioni negli antichi rioni funzionali alla trasformazione in alloggi per lo studentato fuori sede.
 Intanto di certo c’è il fatto che l’amministazione comunale ha detto «no» alla richiesta di deroga al piano regolatore fatta dall’Ersu per la realizzazione del progetto di Da Rocha. Recentemente, però, l’assessore comunale all’Urbanistica Gianni Campus ha precisato che si augura che il campus dell’architetto brasiliano sia realizzato, ma su un’area più ampia, da recuperare: o verso le ferrovie o il porto. Il no del consiglio comunale (con voto a maggioranza) è stato motivato dal fatto che la volumetria «è notevolmente superiore agli standard degli spazi». Ai primi di febbraio l’Ersu aveva tenuto una conferenza stampa per mostrare come il campus progettato da De Rocha, che ha 1008 posti letto a fronte dei 914 della prima ipotesi, ha una volumetria così superiore (145mila metri cubi contro i 60mila del primo progetto) in quanto vi sono anche i servizi (non previsti nel precedente): mensa, teatro, piazza interna, bibioteca, sale informatiche, negozi vari ecc. L’Ersu aveva anche precisato che la situazione degli studenti fuori sede è molto grave (almeno mille coi requisiti di merito non possono frequentare perchè fuori sede) e che è necessario che in tempi rapidi si arrivi a una soluzione, altrimenti l’ente sarà costretto a realizzare il primo progetto in quanto completo di tutte le autorizzazioni e immediatamente cantierabile. Ipotesi, questa, nata come dormitorio, nel senso che non vi sono altri servizi.
 Recentemente Gianni Campus, assessore comunale all’Urbanistica, ha precisato che il campus nell’ex Semoleria di viale La Plaia va bene purché sia tale, ovvero «un luogo di alloggi e servizi immersi nel verde e non un complesso alberghiero, pur attrezzato». Per questo, secondo l’assessore, «bisogna trovare un passaggio amministrativo conclusivo e poi con l’Ersu e con l’Università elaborare politiche di convivenza tra la città e il corpo sociale degli studenti. È impensabile che una città di 160mila abitanti con quasi 40mila studenti universitari non sia percepibile come città universitaria». In alte parti d’Italia l’università e gli studenti sono una risorsa coccolata e valorizzata.
 La proprietà dell’area in origine era di Edilia (l’imprenditore Romano Fanti), poi la Regione ha consegnato all’Ersu la titolarità del complesso, mentre Edilia avrebbe costruito. Nel luglio 2005 erano state rilasciate due concessioni edilizie, i lavori erano cominciati, nel frattempo le autorizzazioni erano scadute, pur restando in piedi il contratto tra Regione-Ersu, Edilia e Comune che prevedeva il passaggio a quest’ultimo del silos e di altri manufatti. E ora, superati alcuni problemi, il primo progetto è cantierabile. (r.p.)
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Storia, linguistica e filosofia l’elisir di lunga vita di Pittau 
Il professore emerito dell’Università di Sassari, a 88 anni, ha appena pubblicato l’ultimo libro e ora è impegnato a limare uno studio sui toponimi di 20mila luoghi 
 
 SASSARI. Il piacere della ricerca non ha età, le passioni non si misurano con il metro dei luoghi comuni. Il lavoro è il miglior companatico per la vecchiaia: lo dicevano gli autori della Grecia classica. E proprio un cultore della lingua di Omero - Massimo Pittau, 88 anni, nuorese trapiantato a Sassari e professore emerito dell’ateneo della città d’adozione - rappresenta la diversità dalla regola di noi poveri mortali.
 Il piacere della ricerca multidisciplinare, tra storia, archeologia e linguistica? L’essenza della vita. Il suo ultimo lavoro, sul Sardus Pater e i guerrieri di Monte Prama in quel di Cabras, è uscito un mese fa.
 - A quando risale la tua passione per l’archeologia?
 “Forse tu non mi crederai, ma io ricordo di essere entrato per la prima volta in un nuraghe all’età di quattro o cinque anni. Sicuramente non sono stato il solo a fare questa esperienza così presto. Tutti i sardi sentono che la civiltà nuragica è stata la primavera del loro popolo, tutti siamo legatissimi a quella civiltà e portiamo i nostri bambini a vedere i nuraghi”.
 - Qual è il primo monumento che hai visto?
 “Il nuraghe di Tanca Manna, territorio di Nuoro. Ero l’ultimo di casa, attaccato alla gonna di mia zia che quella mattina andava per erbe, come si dice in Toscana. Non avevo più di cinque anni, perché a sei, una volta iniziata la scuola, ho dovuto cambiare gonna”.
 - Ossia?
 “Sono tornato sotto la vigilanza stretta di mia madre”.
- Poi hai fatto altro, primariamente glottologia e filosofia. Ma quella passione ti è rimasta dentro. Quale vantaggio rappresenta la conoscenza delle lingue antiche per chi si occupa di archeologia?
 “Io sono uno storico che usa le lingue come chiave di lettura dei fenomeni su cui indago: le parole parlano più delle pietre. Mi è capitato di fare parecchie scoperte di carattere archeologico proprio grazie alla lingua. Per me è il fondamento privilegiato. Sono autore di un libro importante, ‘Storia dei sardi nuragici’, che mi ha dato molto”.
 - Per Sardus Pater ti sei regolato?
 “Sono andato una sola volta a vedere i reperti di Monte Prama e li ho inquadrati in quel contesto. Ho già fatto qualche altra scoperta relativa a Monte Prama. Quel tempio l’hanno costruito proprio dove è stata combattuta e vinta la battaglia contro i cartaginesi guidati da Malco. Dopo quella sconfitta i Cartaginesi sono spariti dalla Sardegna per almeno sessant’anni”.
 - Un’altra branca specifica delle tue ricerche è la toponomastica.
 “Quest’anno uscirà un mio libro sui toponimi dal golfo di Orosei al golfo di Bosa, da Desulo a Ozieri, ventimila nomi di luoghi”.
 -Massimo Pittau docente universitario. I tuoi allievi ti hanno seguito anche in passioni difficili come la toponomastica?
 “Ho dovuto lavorare in condizioni difficili: al magistero ho trovato allievi che non avevano studiato il greco e conoscevano poco il latino. Nonostante questo, una ventina di studenti ha scelto tesi sulla toponomastica. Li citerò uno per uno nel mio nuovo lavoro sui toponimi. Più in generale, nel campo della linguistica sarda, uno dei miei discepoli si è rivelato un grande”.
 - Chi è costui?
 “Mauro Maxia di Perfugas, autore di studi eccellenti sulle parlate della Sardegna settentrionale, toponomastica compresa. Oggi in quest’ambito il maestro è lui. Noi avevano preso fischi per fiaschi, me compreso”
 - Veniamo alla filosofia.
 “Sono laureato in lettere classiche e in filosofia. Per dieci anni ho insegnato filosofia in un liceo di Pisa. I miei allievi studiavano dai miei appunti, a un certo punto mi son detto: quasi quasi scrivo un manuale di storia della filosofia. L’ho fatto, il mio libro ha avuto ottima accoglienza in tutta Italia”.
 - A che cosa attribuisci questo successo?
 “Alla chiarezza dell’esposizione. Prima di tutto mi è servita l’esperienza alle scuole medie. Chi insegna in una prima media si abitua ad essere chiaro. Io maneggio con disinvoltura i sinonimi, mi faccio a pezzi per escludere l’ambiguità, per dare ad una mia frase un solo significato. Ho sempre detto: quando scriviamo stiamo attenti perché parliamo agli altri. La mia storia della filofosia era chiara perché ho sempre abborrito l’ermetismo”.
 - Cosa intendi per ermetismo?
 “Il parlare oscuro. L’ermetismo è come le nubi fumogene del tempo di guerra negli aeroporti e nelle dighe per far sbagliare i colpi all’aviazione nemica. Certi professori di Università che valgono zero nascondono dietro l’ermetismo la vuotaggine di pensiero. Le mie due esperienze - linguistica e filosofica - fortificate con due o tre volumi sulla filosofia del linguaggio e due riconoscimenti ufficiali, in termini accademici non mi hanno reso nulla. Perché? I linguisti li trovavano troppo filosofici e i filosofi troppo linguistici. Nelle univeristà il vocabolo interdisciplinarietà è un flatus vocis, ogni cattedra è un compartimento stagno”.
 - A proposito di latino, un autore famoso, Terenzio, definisce la vecchiaia in tre parole: morbus senectus ipsa, la vecchiezza è di per sé stessa una malattia. Ma tu sei la dimostrazione del contrario. Come spieghi l’eccezione?
 “No isco, non saprei. Intanto non credo che la vecchiaia sia un dato puramente anagrafico. Poi io non mi annoio mai. Se mi sento male o sono stanco, basta che vada al mio computer dove ci sono sempre tre o quattro libri in gestazione e mi passa tutto. Ho un sito internet molto seguito. Non bado al trascorrere del tempo. E non mi danneggia l’invidia degli altri”.
 - Invidia?
 “Ti dico sinceramente: è una vita che me la ritrovo davanti”.
 - Nuoro, il luogo dell’infanzia. Nostalgia?
 “Non ne ho. Non vivo di nostalgia: lavoro molto, provo gusto a lavorare. Più che la città, tuttavia, sento visceralmente il piccolo villaggio sardo. Una volta ho detto a Michele Columbu: ti invidio perché sei di Ollolai. Invidio te che sei nato a Osilo, invidio chi nasce a Gavoi, a Esterzili e in tutti i piccoli paesi. Sono contro le capitali. Di Roma parlerei peggio di quanto ne parla Bossi. Le città fanno i loro interessi, a danno dei piccoli centri. Anche nel Sardus Pater, ho scritto che le statue debbono tornare a Cabras”.
 - I nuoresi?
 “I miei concittadini, in genere, sono intelligenti ma tendono a pensare con quella mentalità che io definisco da premio Nobel”.
 - Puoi spiegare?
 “In città non c’era la piscina. Dove te la fanno? All’Ortobene. Nuoro è piena di cartelli di facoltà universitarie e l’università è in crisi gravissima ovunque. La mia città è stata tartassata con le nuove province: ha perso il Sarcidano, l’Ogliastra, la Planargia, la Gallura meridionale. Università è una parola fortemente ambigua, dovete dire quale facoltà volete. Forse i nuoresi non hanno il senso delle proporzioni. Quelli che si affermano trovano la loro rivincita lontano da Nuoro”.
 - Quali sono le cause della crisi delle Università?
 “Il punto più debole è il reclutamento, ormai è quasi un problema di famiglia, gente che piazza figli e figlie”.
 - Come valuti la situazione politica di oggi in Sardegna?
 “Penso questo: Soru ha perduto soprattutto perché è venuto qui a parlare Veltroni, Veltroni dice belle parole ma quanto a concretezza meglio lasciar perdere. Che opposizione stanno facendo in Italia, lui e gli altri? Se tu gridi tutti i giorni: al lupo al lupo, la gente non ti crede più. Per me Soru è una persona molto intelligente e perbene che ha dimostrato di credere nelle cose che fa”.
 - I nuovi governanti?
 “Io sono sempre governativo. Una volta che uno sale a comandare dopo una prova elettorale tendo a solidarizzare con lui, poi lo valuto sulle azioni concrete. Non ho votato per Berlusconi però ritengo che fargli guerra sempre e comunque sia una sciocchezza e, come tutte le stupidaggini, alla fine ottenga l’effetto contrario allo scopo che si vuole raggiungere”.
 
 

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