Martedì 13 gennaio 2009

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
13 gennaio 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 31 - Cultura e Spettacoli
Se l’opera d’arte diventa totale 
Nel mare magnum della spettacolarità contemporanea è facile cogliere il valore anticipatorio del Manifesto 
L’occasione per un bilancio: qual è oggi il lascito culturale del movimento marinettiano? 
GIULIANA ALTEA 
 
«Il Futurismo italiano è il primo movimento di avanguardia [...] Le avanguardie sono un fenomeno tipico dei paesi culturalmente arretrati; il loro sforzo, benché intenzionalmente rivoluzionario, si riduce generalmente a estremismo polemico [...] Sotto il gusto dello scandalo e il disprezzo per la borghesia si cela un inconsapevole opportunismo, e questa contraddizione spiega tutte le altre». Così Giulio Carlo Argan, in un suo fortunato manuale di quasi 40 anni fa, liquidava il movimento futurista, rivoluzionario in teoria ma conservatore nei fatti, anti-romantico per principio ma teso alla ricerca di un’arte carica di emotività, fautore della scienza e della tecnica ma in nome del loro potenziale poetico o lirico. La cultura italiana, gravata dai complessi di colpa per la propria partecipazione al fascismo (con il quale il Futurismo veniva erroneamente identificato), e quella internazionale, orientata a leggere in chiave francocentrica le vicende dell’arte del primo Novecento, convergevano nel vedere nel Futurismo un fenomeno provinciale e derivativo, ben lontano dalla complessità del Cubismo, dell’Astrattismo e degli altri «ismi» europei.
 Da allora molta acqua è passata sotto i ponti: un secolo dopo la pubblicazione sulla prima pagina de Le Figaro, il 20 febbraio 1909, del manifesto di Marinetti che lanciava ufficialmente il movimento, la rilevanza e originalità artistica del Futurismo non sono più in discussione. Pittori come Boccioni, Balla, Severini e Carrà sono definitivamente assurti tra le stelle del firmamento artistico novecentesco, e alle stelle sono andate anche le loro quotazioni: basti pensare che nel 2008 un quadro di Severini è stato battuto da Sotheby’s a 19 milioni di euro, contro il poco più di un milione e mezzo spuntati dalle sue opere solo una decina d’anni fa. Riconosciuto tra le avanguardie storiche per lo meno in ottima posizione, se non a pari dignità col Cubismo (che continua ad avere nei suoi riguardi il vantaggio di un maggiore prestigio concettuale e di una storia di studi molto più articolata), il Futurismo non è più riserva di caccia esclusiva degli storici dell’arte italiani: in prima fila tra le mostre del centenario ci sono quelle del Beaubourg di Parigi e della Estorick Collection di Londra, mentre nel diluvio di titoli pubblicati per l’occasione molti sono di lingua inglese (proprio in questi giorni arriva in libreria, edito dalla Princeton University Press, «Inventing Futurism: the Art and Politics of Official Optimism» di Christine Poggi, mentre a settembre uscirà una voluminosa antologia di testi e immagini edita dalla Yale University Press).
 Se il valore artistico del Futurismo è ormai dato per scontato non solo in Italia ma nell’universo mondo, è inevitabile chiedersi, a cento anni di distanza dai suoi primi exploit, quale ne sia il lascito culturale, a parte il torrente di parole d’ordine concitate e suggestive. Gli entusiasmi per la macchina, la velocità e il progresso tecnologico sbandierati da Marinetti e compagni fatalmente ci lasciano alquanto tiepidi, in tempi in cui scienza e tecnologia non mostrano più soltanto il loro lato radioso e benefico; tantomeno possono trovarci concordi tutto quel loro inneggiare alla violenza, l’esaltazione guerrafondaia e l’antifemminismo (per quanto su quest’ultimo, come su tante altre cose, l’atteggiamento dei futuristi fosse ambivalente: da una parte proclamavano il «disprezzo per la donna», dall’altra pubblicavano il Manifesto Futurista della Lussuria della più che emancipata Valentine de Saint Point). L’ideologia del movimento, però, non ha soltanto aspetti caduchi. Di innegabile attualità è la consapevolezza del valore dei media e la capacità di sfruttarne il potenziale. La scelta, come mezzo per lanciare il Futurismo, di un annuncio pagato sulla prima pagina di un quotidiano chiarisce fin dall’inizio, oltre che le ottime disponibilità economiche di Marinetti (finanzierà di tasca propria le attività degli squattrinatissimi artisti da lui reclutati), la sua brillante intuizione del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nel mondo moderno. Erede in questo di un altro abile comunicatore, Gabriele d’Annunzio, il poeta dimostrerà di saper fare buon uso di tutte le tecniche pubblicitarie, portando in breve tempo il Futurismo a diventare un fenomeno di moda: almeno la parola (così come il suo opposto, il «passatismo») entrerà quasi subito nel linguaggio comune, penetrando fin nelle più sperdute province. Marinetti terrà infiammate conferenze, pubblicherà giornali, riviste e volantini, organizzerà in cinema e teatri serate dal carattere volutamente provocatorio e che spesso termineranno a cazzotti. Proprio grazie all’efficacia di queste strategie, il Futurismo diventerà un movimento a vasto raggio, destinato ad esercitare una notevole influenza europea, e manterrà almeno fino agli anni Trenta la sua capacità di aggregare i giovani.
 L’uso spregiudicato dei media, l’invenzione delle serate futuriste con i loro risvolti di teatralità e di performance portano dritti a quello che è forse l’aspetto più interessante del movimento: la sua tendenza a oltrepassare i limiti delle singole tecniche artistiche, puntando alla ricerca di un’«opera d’arte totale», di un progetto estetico capace di investire tutti gli aspetti della quotidianità. Non solo pittura, scultura o letteratura, ma poesia parolibera, musica rumorista, arredamento, moda, giocattoli e persino cucina futuristi; fino a sognare, con il «Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo» firmato da Balla e Depero nel 1915, di reinventare lo spettro intero dell’esperienza, dando «scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile». Oggi che l’arte visiva sembra avviata a perdere i suoi tratti di specificità per fondersi con il design, la moda, la musica, la pubblicità nel mare magnum della spettacolarità contemporanea, è impossibile non avvertire il valore anticipatorio di queste idee.
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Gallura
Arrivano i contributi regionali per il fitto casa degli studenti 
 
OLBIA. Anche gli universitari galluresi possono chiedere alla Regione il contributo per il fitto casa. L’Ersu di Sassari ha indetto un bando di concorso per gli studenti che non hanno beneficato di altre borse di studio o posto alloggio, con l’obiettivo di abbattere i costi d’affitto. Con questo strumento la Regione, attraverso l’Ersu, punta a favorire il diritto allo studio agli studenti che non possono essere ospitati nelle residenze universitarie. O, come per Olbia e Alghero, non dispongono di case dello studente. Al contributo può accedere anche chi appartiene a una fascia di reddito superiore a quella richiesta per le borse di studio, ma l’Isee non deve essere superiore a 35mila euro. Possono beneficiare del contributo gli studenti fuori sede, nati o residenti in Sardegna, iscritti per l’anno accademico 2008-09 all’Università di Sassari, all’Accademia di belle arti, al Conservatorio di Musica. Il bando si può scaricare dal sito www.ersusassari.it. Le domande devono essere inviate on line entro il 30 gennaio. (al.pi.)
 
 

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