Sabato 15 novembre 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 novembre 2008
Rassegna quotidiani locali
A cura dell’Ufficio Stampa

L'UNIONE SARDA
2 - La pia illusione di vincere un concorso, un commento di Leonardo Tondo
 
LA NUOVA SARDEGNA
 

1 – L’Unione Sarda
Prima pagina
Cortei anche a Cagliari
Università, il giorno della protesta
   
Terzo corteo in 15 giorni, ieri a Cagliari, per dire no ai tagli all'università e alla riforma della scuola. In contemporanea, manifestazione Cgil contro l'accordo sul pubblico impiego. In tutta Italia proteste contro la Gelmini: a Roma la più vistosa e rumorosa.
 
Pagina 2 – Primo piano
Università, l'Onda invade la città
Terzo corteo in due settimane per fermare i tagli alla ricerca  
Non si fermano le manifestazioni contro i tagli all'università: ieri a Cagliari un nuovo corteo
 
CAGLIARI «Se / non / cambierà / lotta dura / sarà». Chi si aspettava che si stancassero, i ragazzi dell'Onda, resterà deluso: anche ieri, per la terza volta in quindici giorni, gli studenti universitari, riuniti nella sigla “Unicamente”, e quelli degli istituti superiori sono scesi in piazza, pacifici, compatti contro la legge 133 e i tagli all'università. Con loro docenti e iscritti alla Cgil Flc (Federazione lavoratori della conoscenza) e alla Uil Sanità. Mancavano, e si sapeva, quelli della Cisl. «Eravamo 15 mila», assicura Peppino Loddo, della Cgil. La Questura ne accredita poco più della metà: 8.000 persone che per mezza mattina, dalle 10 alle 13, hanno attraversato la città, da piazza Garibaldi a piazza del Carmine, armate di bandiere, striscioni, megafoni, impianti audio, fischietti e, come al solito, creatività.
La performance del giorno non è inedita: l'avevano già messa in campo, gli studenti di Lettere e Filosofia, sugli scalini del Bastione di Saint Remy in occasione di una delle tante lezioni all'aperto tenute nelle settimane scorse. I ragazzi, una ventina, preceduti dallo striscione «Il governo pugnala alle spalle la pubblica istruzione», indossano delle magliette bianche che sulla schiena hanno delle lacerazioni coi contorni verniciati di rosso. Ogni tanto gridano e cominciano a correre, inseguiti da tre figure vestite di nero che brandiscono coltellacci insanguinati e hanno i volti coperti da maschere con le facce di Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Mariastella Gelmini: colpiti, crollano a terra tutti insieme. Lo fanno anche nel bel mezzo dell'incrocio fra via Roma e il largo Carlo Felice, tenuto sgombro da un'indaffaratissima pattuglia della polizia municipale, mentre dalle auto bloccate in coda si leva il ruggito dei clacson.
Nemmeno gli altri slogan e le altre carnevalate sono nuove, per chi in queste settimane di mobilitazione ha seguito altri cortei: già viste le orecchie d'asino, i grandi pupazzi di cartapesta, la Chimica che «reagisce» e i fisici offerti in adozione, gli studenti in gabbia e i ricercatori in vendita, le scritte sulle guance. Già sentite anche le musiche sparate dall'impianto audio trasportato su tre carrelli da supermarket e alimentato da un gruppo elettrogeno: Beatles, The Who, Chuck Berry. Nuovi, invece, gli striscioni contro il decreto 180, quello nuovo, che promette borse di studio e nuove regole di reclutamento dei docenti, che cambia la formazione delle commissioni per i concorsi e solleva al 50 per cento il blocco del turn over: bollato come insoddisfacente e rispedito al mittente dagli studenti che lamentano, ancora una volta, di non essere stati ascoltati. Nuova anche la comparazione fra lo stipendio di un «prof di mate» e quello di un ministro, su uno striscione del Pacinotti: 1.200 euro contro 13.952.
E nuova l'emozione di tanti studenti appena usciti dalle medie: nei loro occhi, nel loro correre e saltare e abbracciarsi e salutarsi, nelle loro voci scomposte di adolescenti e perfino negli slogan spaventosamente violenti e incoscienti («Gelmini in fiamme», per dire), si misura l'ebbrezza della prima manifestazione, del ritrovarsi in tanti e così pieni di energie, di aver occupato le larghe strade del centro, solitamente riservate alle automobili, di essere, per un giorno, padroni della città e, soprattutto, portatori di una volontà di incidere sulle cose. Sì, certo, anche il gusto di fumare apertamente le prime sigarette e bere fuori orario (birra, il più delle volte, ma alcuni alunni del Giua hanno preferito i più proletari fiaschi di vino rosso), ma il grosso è sentirsi protagonisti, essere scesi in strada, facce da secchioni accanto a creste da punk, jeans a vita bassa o look da pasionari sessantottini, per gridare anche soltanto il nome della propria scuola («De San-ctis, De San-ctis») magari per sventolare una bandiera rossa, gentilmente offerta dalla Cgil.
MARCO NOCE
 
Pagina 3 – Primo piano
La rabbia degli studenti travolge Roma
Cortei separati per universitari e sindacati. La Cgil: Cisl sbaglia  
 
ROMA L'onda ha invaso Roma, ma non ha distrutto. Coerente con le promesse della vigilia, la manifestazione contro le politiche del governo in materia di università e ricerca è stata uno tsunami pacifico che ha lambito Montecitorio, il Senato, Palazzo Chigi, la cittadella della politica, per poi ritirarsi, lasciandosi dietro lattine vuote e cartelli stropicciati, verso i luoghi di partenza: La Sapienza, gli altri atenei romani o le tante città da cui, negli ultimi due giorni, si sono mossi migliaia di studenti, precari, ricercatori, docenti, allievi di conservatori e accademie per dire «no» alla legge 133, ai tagli di personale e risorse, alla trasformazione delle università in fondazioni, al provvedimento ammazza-precari di Brunetta.
TANTE ANIME È stata una protesta con due anime - quella del sindacato e quella del movimento studentesco - e due grandi assenti: la Cisl che ha ritenuto sufficienti le rassicurazioni avute dal ministro Gelmini e, a 48 ore dallo sciopero, ha revocato la mobilitazione, e il Pd che, a parte qualche solitaria presenza avvistata nei pressi del palco di piazza Navona ha disertato la piazza. Movimento studentesco e sindacale si sono sfiorati, ma non saldati. Forse non soltanto fisicamente.
QUATTRO CORTEI I tre cortei degli studenti (agli universitari si sono uniti anche gli studenti medi) sono partiti ieri mattina dalla Sapienza (dove in tanti arrivati da fuori Roma hanno dormito la scorsa notte nelle facoltà occupate), da Roma Tre, da piazza della Repubblica. Quello dei sindacati (secondo le loro stime «100 mila in piazza») ha preso il via dalla Bocca della Verità. Destinazione comune piazza Navona. Ma lo spezzone forte degli studenti è arrivato a comizi conclusi. In tanti hanno deviato prima, per raggiungere Montecitorio; altri li hanno raggiunti o si sono dispersi in tanti rivoli per le vie del centro: «Blocchiamo la città, questa è la risposta dell'universita». Una promessa che non è rimasta campata in aria. Centomila hanno sfilato con i sindacati, secondo gli organizzatori, mezzo milione di ragazzi in piazza alla conta delle associazioni studentesche. Cifre ridimensionate dalla questura che parla di un più modesto 30 mila.
LA PROTESTA Tanti i cori e gli slogan che hanno avuto come bersaglio non soltanto la Gelmini, ma anche Brunetta e l'intero Governo, alternando il sofisticato al casereccio: «Legge 133 più irrazionale di radice quadrata di due», «Il sonno della ragione genera mostri», «Quo usque tandem Gelmini abutere patientia nostra» ma anche i più spiccioli «governo di nani arriva lo tsunami», «Gelmini ci hai provocato?... e noi te se magnamo» o il drammaticamente realistico cartellone arrivato da Cosenza «la 'ndrangheta ringrazia vivamente per la manodopera di cualità ». Tantissimi i dipendenti, per lo più precari, degli enti di ricerca - dall'istituto di vulcanologia di Catania al Cnr, all'Ispra - con buona pace del ministro Brunetta. «Si sta affrontando la questione dei precari come mai si era fatto in precedenza» ha dichiarato in una nota stampa chiedendo a chi lo contesta: «al di là di generiche proroghe di contratti a tempo determinato (perché questo solo la normativa vigente garantisce ai precari, e comunque non oltre il 31 dicembre 2009), era mai stato fatto in precedenza un intervento così preciso e capillare per risolvere i problemi?». Ma con i tagli, solo con i tagli - ha insistito il sindacato - non si va da nessuna parte.
SINDACATO «Il Governo cambi rotta» ha ammonito ai manifestanti che affollavano piazza Navona il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. E ha avvisato: «siamo solo all'inizio e finché non raggiungeremo i nostri obiettivi non ci fermeremo. Tocca all'esecutivo decidere se aprire seriamente un confronto o continuare con l'autoritarismo e l'autoreferenzialità che lo ha contraddistinto fin dall'inizio». Nel corteo e sul palco c'era anche il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ma non ha parlato alla piazza. Ha però criticato l'assenza della Cisl: «Chi non c'è sbaglia. Ogni volta che provano a isolarci gli va male però persistono. E perseverare è diabolico. C'è una richiesta forte di riforme e non di tagli. La Gelmini continua a ripetere che noi non vogliamo le riforme. È lei invece che pensa di contrabbandare per riforma una politica di soli tagli. Apra un vero confronto e saremo disponibili». Dunque, per ora, si va avanti nella protesta. Una posizione condivisa anche dal movimento studentesco: oggi e domani assemblea nazionale alla Sapienza per decidere le prossime mosse. L'Onda ieri si è ritratta, ma il mare resta agitato.
 
Cosa succede nei paesi europei
In Germania l'istruzione negli atenei è gratuita Londra apre ai privati
   
Ecco come funziona il sistema universitario negli altri principali Paesi europeri.
GERMANIA L'università, con compiti di insegnamento terziario e ricerca, è praticamente gratuita, quasi sempre a numero chiuso, mentre l'assegnazione dei posti di studio è centralizzata. La competenza è delle 16 regioni (Laender) della Germania federale. Esiste la laurea triennale, con altri due anni si ottiene il dottorato. Per i redditi meno forti è previsto un presalario, da restituire a rate una volta entrati nella vita lavorativa. Per portare avanti la ricerca scientifica parallelamente all'insegnamento, le università, i politecnici, le accademie specialistiche e artistiche della Germania ricevono intorno al 2,5 per cento del Pil. La ricerca scientifica tedesca è coordinata da un ministero federale, attualmente affidato a Annette Schavan (Cdu). A fine 2007 è stato approvato un programma del valore di 150 milioni di euro per istituire entro il 2012 circa 200 nuove cattedre riservate a donne.
GRAN BRETAGNA La grande maggioranza delle università sono sovvenzionate dallo Stato ma nessuna è di proprietà pubblica e tutte godono di ampia autonomia. Solo una, l'università di Buchingham, è completamente privata, senza alcuna sovvenzione statale. L'ammissione alle università è gestita nella stragrande maggioranza dei casi dall'Ucas (Servizio di ammissione per le università e i college) che gestisce gli esami. Le domande di ammissione, che possono avvenire anche on line, devono essere inoltrate entro il 15 ottobre dell'anno precedente per le due università di Oxford e Cambridge ed entro il mese di gennaio dello stesso anno per tutte le altre. Le rette hanno un tetto massimo di 3.070 sterline per i corsi di laurea per i cittadini britannici e quelli degli altri paesi Ue, mentre per gli studenti extracomunitari le rette sono più alte. Ogni università può comunque concedere borse di studio. Per i corsi di master e dottorato le rette sono più alte. La ricerca è finanziata attraverso varie fondazioni.
FRANCIA La legge del ministro dell'educazione francese Valerie Pecresse sull'autonomia delle università - che autorizza le facoltà a diventare proprietarie dei locali e introduce i finanziamenti privati - è stata votata dall'Assemblea Nazionale nell'agosto 2007, a pochi mesi dall'insediamento alla presidenza della repubblica di Nicolas Sarkozy. Non sono mancate tuttavia le proteste di studenti e docenti, che a giugno dell'anno scorso e poi per due mesi tra ottobre e novembre hanno bloccato gli atenei, in opposizione a una riforma che, secondo loro, è destinata a creare università di serie A e di serie B provocando il degrado della democrazia nel funzionamento delle università. Mentre gli studenti temevano soprattutto il numero chiuso, gli insegnanti rifiutavano il principio dell'autonomia economica facoltativa, l'aumento dei poteri dei presidenti delle università e la riduzione del consiglio di amministrazione (da 60 membri a 20).
  
2 – L’Unione Sarda
Commenti – pagina 49
in attesa della meritocrazia universitaria
La pia illusione di vincere un concorso
di Leonardo Tondo*  
 
Un New Deal nel reclutamento dei docenti universitari sembra nell'animo del ministro Gelmini. La novità sarebbe nell'applicare dei criteri di meritocrazia (per chi ancora ci crede) e ha minacciato di modificare le procedure dei concorsi. Altri si sono cimentati nell'impresa, ovviamente senza successo.
Un punto cardine della riforma sarebbe il sorteggio dei componenti delle commissioni giudicatrici. Elementare, no? Contro questa strategia il potere universitario si è schierato con tutte le sue forze, tanto che sembrava dovesse essere applicato nel sistema attuale e invece si è arrivati a un sorteggio di possibili candidati. Adesso, con un processo inverso, si eleggerebbe un pool da cui sorteggiare i commissari. Queste elezioni sono delle vere e proprie burle. Chi non ha voglia di essere eletto perché non vuole seccature e si ritiene abbastanza onesto o, giustamente, si vergogna di partecipare a questi intrighi accademici, non dà la sua disponibilità. Gli altri, i vari responsabili della disciplina in esame, si accordano per eleggere un membro comodo, non rompiballe e con interessi su qualche futuro docente da promuovere. La regola è: oggi faccio passare il tuo candidato, domani fai passare il mio, o viceversa. Peraltro, tra i commissari vi sono anche professori associati che dovranno sostenere concorsi per passare di grado e per tale motivo del tutto ricattabili dagli ordinari.
Sperare che il sorteggio modifichi il sistema è un'illusione. I sorteggiati si metteranno ugualmente d'accordo secondo la procedura oliatissima dei favori incrociati. La minaccia del ministro va verso quel sistema universitario (troppo rappresentato in Parlamento) che da decenni protegge il proprio status nella totale indipendenza da qualsiasi controllo esterno. In realtà definendolo mafioso non si sa bene a chi si porterebbe offesa. Per ogni disciplina, infatti, esiste un centro di potere formato dai professori ordinari più in vista (cupola?) che è in grado di scegliere chi deve salire in cattedra e dove, fino a decidere la sorte anche dell'ultimo ricercatore arrivato (spesso figli, nipoti, amanti, coniugi, magari proprio in quest'ordine). Si dirà che con la mafia non si hanno in comune gambizzazioni o eliminazioni fisiche. Vero. Ma è pratica del tutto usuale e consolidata offrire "consigli" di non presentarsi a candidati titolati che in teoria metterebbero in imbarazzo la commissione. Altrimenti non si spiega come mai ai concorsi si presenti spesso un numero di candidati uguale a quello dei posti da assegnare (attualmente due, in passato tre), mentre le domande iniziali sono decine. Talvolta si presentano dei soprannumerari non previsti con l'illusione di vincere che, da quel momento, diventano paria per quella disciplina e possono dimenticarsi di vincere un altro concorso in vita loro. Alcune rare volte, al candidato che si tira indietro viene promesso un posto in un futuro indefinito, magari in una sede decentrata (meglio di niente).
In circa trent'anni di vita universitaria ho visto modificare la legge tre o quattro volte, sempre con aspettative di maggior rigore che sono rimaste perennemente sulla carta. La procedura attuale prevede una cosiddetta valutazione comparativa su una serie di variabili anche interessanti (soggiorni all'estero, responsabilità di ricerca, coordinamento di gruppi di lavoro, tra le altre). Un punto importante è la valutazione delle pubblicazioni. Si capirà che chi ne ha di più e di maggiore impatto scientifico avrebbe maggiori probabilità di vincere. E allora, per aggirare l'ostacolo, si è trovato l' escamotage di dare alla sede universitaria la possibilità di includere un numero limitato di pubblicazioni (dieci, venti, trenta...) uguale per tutti. Così chi ne ha molte non disturba. Su tutte le variabili prese in considerazione i commissari si esprimono sulla base di criteri da loro decisi. Alla fine, sentenziano che i candidati da promuovere hanno delle caratteristiche superiori agli altri con giudizi del tutto sommari e insindacabili contro cui nessun ricorso può fare qualcosa. Passano così i candidati per cui il concorso era stato organizzato (spesso senza alcuna pianificazione nazionale). Ma allora perché tutta questa manfrina? Sarebbe più onesto chiamare i docenti in base ai loro vari meriti (magari anche scientifici) evitando le sceneggiate concorsuali con un bel risparmio su trasferte di commissari per l'Italia e sul loro mancato lavoro durante lo svolgimento dei concorsi. Spiace dirlo, ma come accade nei Paesi civili.
*Università di Cagliari e Harvard

 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Fatto del giorno
Università, nepotismo e clientele
La polemica si sposta in Sardegna 
di Pier Giorgio Pinna 
 
SASSARI. Università truccata? Non solo. Corruzioni nelle facoltà. Malcostume diffuso nei concorsi. Nepotismi nelle carriere. Familismo nell’assegnazione delle cattedre. In un convegno a Sassari si sviscerano i mali dilaganti in molti atenei. Le polemiche nazionali si spostano nell’isola e si propongono contromisure nuove. Sulle analisi dei gravi fatti paramafiosi che scuotono l’accademia italiana tutti si dicono più o meno d’accordo. Ma sulle soluzioni più appropriate per dimenticare un passato e un presente inquietanti divampano opinioni divergenti, scontri accesi, animate discussioni.
 L’occasione per il dibattito? La presentazione del libro-inchiesta del bocconiano Roberto Perotti intitolato «L’università truccata». Saggio divenuto già un best seller, centrato sulle parentopoli che dominano parecchie sedi accademiche e sui disservizi tipicamente nostrani. Guai molto seri. Dall’autore attribuiti, fra l’altro, a quelli che lui stesso definisce «falsi miti. Come l’asserita scarsità delle risorse finanziarie destinate agli atenei. O il fatto che i ricercatori italiani siano «poveri ma bravi». Oppure la dichiarata limitatezza dei fenomeni di clientelismo. E, infine, l’equazione ateneo-gratuito = ateneo egualitario.
 Incontro a più voci. Sempre approfondito, comunque. Uno scambio di vedute promosso volutamente «all’interno dell’università». «Perché - si sottolinea - non è giusto che di questi temi si parli nei talk show o sui giornali, e non nelle nostre aule». Pamphlet e dibattito arrivano nel momento di più forte contestazione degli ultimi provvedimenti voluti dal governo, sia nella scuola sia nelle facoltà e nei dipartimenti.
 Organizzato dal Deir sassarese (dipartimento di Economia, impresa, regolamentazione guidato da Marco Vannini), il confronto vede la partecipazione di centinaia di docenti e ricercatori. Meno consistente la presenza degli studenti, che tuttavia intervengono e criticano sotto diversi profili l’impostazione data dall’autore alle questioni chiave e gli strumenti proposti per lasciarsi alle spalle la crisi. Due, nella sostanza, i rimedi di Perotti: «Prima di tutto, valutare i risultati della ricerca dando più soldi a chi la fa bene e meno soldi a chi la fa male. In secondo luogo, assicurare agli studenti la possibilità di cambiare sede, con contributi per vitto e alloggio altrove, nel caso il loro ateneo non si riveli adeguato».
 Durante i lavori, moderati dall’economista Francesco Lippi, si dicono largamente d’accordo sulle tesi del bocconiano, con qualche distinguo, lo stesso Vannini e un altro dei relatori, Daniele Checchi, della Statale di Milano. Nel successivo dibattito si sprecano le citazioni di episodi di malcostume e clientelismo nei concorsi per le cattedre. Fioccano poi rilievi critici sulle linee guida della riforma Gelmini. Si segnala il pericolo che le università dell’isola e del Meridione, se si dovessero accogliere gli inviti perché gli atenei operino in una chiave federalista, verrebbero pesantemente penalizzate, con allarmanti rischi di cancellazioni e accentramenti di facoltà.
 Alcuni docenti, estendendo il metodo proposto per l’erogazione dei fondi dal professore della Bocconi, che per dieci anni ha insegnato macroeconomia alla Columbia University, rimarcano l’esigenza di procedere a valutazioni integrative sulla didattica, e non solo sulle indagini scientifiche. Più d’uno, poi, rileva carenze nelle parametrazioni con università straniere che Perotti introduce per dimostrare come i finanziamenti riservati agli atenei italiani non siano così esigui come in genere si è portati a credere.
 È però sui provvedimenti per riformare dalle fondamenta l’accademia che si divide la platea dei docenti allargata alla delegazione di studenti. In premessa, Perotti chiarisce che in tutti questi mesi di conferenze in Italia mai i ragazzi gli hanno dato ragione sulle sue indicazioni tese a valorizzare la meritocrazia nei dipartimenti e nelle facoltà. Succede così anche a Sassari. Ma per ragioni forse diverse da quelle immaginate dal protagonista dell’incontro. Nell’aula magna del Quadrilatero sono infatti tanti a richiamare il contesto sociale ed economico debolissimo nel quale le due università sarde si trovano a operare. E ancora Marco Vannini osserva che una transizione gestita con una rottura troppo netta rispetto al passato potrebbe rivelarsi fonte di preoccupanti distorsioni: non certo per il timore della fine dei casi di clientelismo o, peggio, di corruzione, ma proprio sulle valutazioni dei risultati della ricerca e sui conseguenti stanziamenti di denaro da parte statale.
 Prendendo spunto dalla netta opposizione del movimento degli studenti, dei sindacati e di tanti professori verso le ultime scelte del ministro Gelmini, la discussione si sposta quindi sui temi caldi del momento. Con proposte, suggerimenti, nuove analisi. Intanto, sull’esame degli strumenti migliori per rendere ottimale la mediazione con un governo che oggi si dichiara aperto al dialogo. E poi sui mezzi per far passare una strategia tesa a valorizzare sì le eccellenze, ma senza trascurare le potenzialità presenti in tanti atenei, compresi Cagliari e Sassari.
 La discussione voleva naturalmente sollevare soltanto interrogativi, lanciare proposte per affrontare problemi cruciali. Nessuno, insomma, si attendeva ricette definitive. Il dibattito è di sicuro servito per richiamare, quantificandoli con precisione, i costi pagati dalla comunità a causa di sistemi fondati sul nepotismo. Ma alla fine almeno una domanda importante è rimasta senza risposta: fatti i conti in tasca all’«università corrotta», quale economista riuscirà a pesare con la stessa bilancia i condizionamenti che la politica continuerà a imporre con criteri analogamente clientelari e paramafiosi nel processo di riforma degli atenei?
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Fatto del giorno
E la Sapienza diventa un hotel 
Camere per la notte e sacchi a pelo: un migliaio di ragazzi scelgono la facoltà come dormitorio prima dell’assemblea 
 
 ROMA. Camere per la notte, sacchi a pelo, servizio d’ordine e ristorazione. Dopo la manifestazione nazionale degli studenti a Roma, l’università La Sapienza si è trasformata in un hotel, che ha accolto più di un migliaio di ospiti venuti da tutta Italia, per partecipare all’assemblea nazionale degli universitari di oggi e domani. Carichi di sacchi a pelo e bagagli, nel pomeriggio, i manifestanti hanno cominciato a popolare prima i giardini della città universitaria, sdraiandosi esausti a terra in centinaia, poi si sono messi in fila e sistemati negli edifici dei dipartimenti di Fisica, Chimica, Geologia e delle facoltà di Lettere e Scienze Politiche. All’entrata dell’edificio di Fisica i controlli più rigidi: un banchetto con tanto di registrazione, firme e biglietti di prenotazione, controllati dal servizio d’ordine studenti.
 «Il nostro edificio è anche un museo, le cifre di eventuali danni ad alcuni reperti potrebbero essere incalcolabili e poi noi teniamo a questo luogo», ha detto Andrea, studente del dipartimento di Fisica, dove, nelle scorse settimane, sono stati anche allestiti una cucina e un’aula dove depositare i bagagli, custodita da un servizio d’ordine interno che ha vigilato 24 ore su 24. In altre facoltà, come quella di Lettere, molti studenti hanno trascorso la serata bivaccando nei corridoi prima di andare a dormire. Gli ospiti, tutti giovani dai 19 ai 27 anni, venuti da tutto il paese, ma alcuni anche da Barcellona e Londra. Agli studenti è stato distribuito un volantino con una mappa della città universitaria e il programma delle giornate di domani e dopodomani, dove, oltre ai workshop per la discussione su didattica, welfare e formazione al lavoro, sono stati previsti orari per colazione e pranzo in un’area di ristoro, per distribuire e vendere panini il cui ricavato andrà in un fondo cassa. «Questo week-end non è soltanto un’assemblea nazionale di studenti - ha detto Giulia di Milano, di 22 anni - ma anche l’occasione per vivere momenti indimenticabili, che forse i nostri genitori ci invidieranno». C’è la convinzione diffusa che domani e dopodomani La Sapienza non sarà nè il Grand Hotel, nè la «nuova Comune», ma il posto dove la generazione di studenti dell’»onda anomala», muoverà, unita, il primo passo della sua storia.
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Così funziona in Europa: Gratuita in Germania Soldi privati in Francia 
 
ROMA. Ecco come funziona il sistema universitario negli altri principali Paesi europei. Germania - L’università, con compiti di insegnamento terziario e ricerca, è praticamente gratuita, quasi sempre a numero chiuso, mentre l’ assegnazione dei posti di studio è centralizzata. Gran Bretagna - La grande maggioranza delle università sono sovvenzionate dallo Stato ma nessuna è di proprietà pubblica e tutte godono di ampia autonomia. Solo una, l’università di Buchingham, è completamente privata, senza alcuna sovvenzione statale. Francia - La legge del ministro dell’educazione francese Valerie Pecresse sull’autonomia delle università - che autorizza le facoltà a diventare proprietarie dei locali e introduce i finanziamenti privati - è stata votata dall’Assemblea Nazionale nell’agosto 2007, a pochi mesi dall’insediamento alla presidenza della repubblica di Nicolas Sarkozy. Non sono mancate tuttavia le proteste di studenti e docenti, che a giugno dell’anno scorso e poi per due mesi tra ottobre e novembre hanno bloccato gli atenei, in opposizione a una riforma che, secondo loro, è destinata a creare università di serie A e di serie B provocando il degrado della democrazia nel funzionamento delle università.
 
Pagina 2 - Fatto del giorno
La fantasia ha caratterizzato la partecipazione alla lotta studentesca di migliaia di giovani 
La musica accompagna l’Onda 
Slogan contro i ministri e un invito: «Adottate i ricercatori» 
PABLO SOLE 
 
CAGLIARI.Rinforzi in arrivo per le truppe studentesche schierate sul campo per affossare la riforma universitaria. Dalla Cittadella dei musei, che ospita pure il dipartimento di scienze archeologiche, è pervenuta un’adesione del tutto particolare: quella dei bronzetti nuragici.
 Merito di due novelli Messner che, poco prima del corteo organizzato ieri mattina per le strade di Cagliari si sono arrampicati alla massicciata del belvedere della Cittadella e hanno srotolato uno striscione che non si presta a fraintendimenti: ‹‹L’esercito dei bronzetti dice no alla 133››.
 Un blitz in piena regola, portato a termine in pochi minuti, che ha colto tutti di sorpresa. Per il resto, la manifestazione ha rispettato l’abituale canovaccio: equipaggiati con megafono, kephia, striscioni e fischietti d’ordinanza, diecimila studenti - ma pure professori e ricercatori universitari - hanno riempito le strade del centro per dimostrare che l’Onda non intende ritirarsi e continuerà ad abbattersi sulle riforme pensate dal trio Gelmini-Brunetta-Tremonti.
 La lotta è supportata da sponsor eccellenti che hanno fatto capolino sugli striscioni preparati dagli studenti: dal gramsciano “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”, passando per nobili richiami elisabettiani adattati alla bisogna con un “God save the school”.
 Non è mancato neppure il cantautore politico anni Settanta, Paolo Pietrangeli di “Contessa”, quando un gruppo di ricercatori ha ricordato che “Anche l’operaio vuole il figlio dottore”.
 A quel punto, gli studenti di Lettere hanno risposto con un “classico dei classici”, intonando a squarciagola la sempreverde “Bandiera rossa”. Insomma: una festa, una “Protesta a oltranza contro l’ignoranza”, come hanno scritto i ragazzi del liceo linguistico “De Sanctis”.
 E chissà quanti professori son rimasti sbigottiti nel sentire i loro allievi scandire un bizzarro ‹‹Noi vogliamo solo studiare››.
 Gli iscritti alla facoltà di Lingue hanno fatto sapere che cercano uno sponsor, mentre i camici bianchi della cittadella universitaria di Monserrato hanno tagliato corto: «Adotta un ricercatore», si leggeva nei cartelli appesi al collo. Non sono mancati i richiami alla crisi galoppante ‹‹che noi non pagheremo››, hanno avvertito i manifestanti, e i tradizionali cartelloni modello necrologio per annunciare “la tragica scomparsa dell’università pubblica, uccisa il 6 agosto 2008 per mano dei signori Brunetta e Tremonti”.
 Gli scienziati del Centro nazionale ricerche (Cnr) l’hanno buttata sul calembour con la constatazione che “Il lavoro, (precario), mobilita l’uomo”, mentre per risolvere la questione tagli, qualcuno ha guardato oltralpe: “Air France, compraci”. Ovvero: l’Onda, la Spinetta (il presidente di Air France, Ndr), nel fianco del governo.
 
Pagina 26 - Sassari
Contro i tagli, gli studenti in piazza 
Lunedì due manifestazioni organizzate dal Coordinamento 
«Non possiamo mollare anche se il decreto è già diventato legge» 
 
SASSARI. L’effetto dell’Onda non è terminato con l’approvazione del decreto Gelmini, anzi. Per gran parte del mondo della scuola che non approva le innovazioni di quella che non considera una riforma ma una semplice operazione di taglio «è il momento di insistere ancora, tutti insieme». Per questo, in occasione della Giornata internazionale del diritto allo studio, gli oppositori si ritroveranno in piazza «per urlare a squarciagola - dice un volantino - che l’istruzione è un diritto e così deve continuare a essere». Previste due manifestazioni: una la mattina, organizzata dagli universitari con partenza alle 9 in piazza d’Italia, per ricordare la giornata internazionale «per un’istruzione gratuita, popolare, di massa, non sessista, non omofoba, laica, antifascista, sarda».
 Nel pomeriggio, alle ore 17, un’analoga manifestazione partirà da piazza Santa Maria per arrivare sino a piazza d’Italia, cui seguirà alle ore 20 l’assemblea generale nella facoltà di Lettere, con tavoli di lavoro. Il tutto organizzato dal cordinamento degli studenti medi e quelli dei genitori, delle scuole di Sassari e degli studenti universitari dell’ateneo sassarese.
 «Manifestiamo insieme in corteo per i nostri diritti», «La scuola siamo noi, nessuno si senta escluso», dicono alcuni slogan che caratterizzano la giornata di protesta. «Che volutamente non avrà un’impronta politica - tengono a precisare gli organizzatori -. Un’iniziativa trasversale senza nessuna preclusione nei confronti di chicchessia. Anche perchè il problema riguarda tutti, al di là delle connotazioni politiche. E abbiamo omesso qualunque tipo di riferimento, come chiesto soprattutto dai ragazzi. E’ una battaglia che coinvolge tutti, dalla scuola dell’infanzia al mondo universitario».
 Non bastava la recente grande manifestazione della scuola con un corteo di proporzioni mai viste terminato in piazza d’Italia? «Abbiamo deciso tutti insieme di non mollare - dice Giuseppe Tecleme, del Comitato genitori - solo perchè il decreto è ormai approvato, anzi il governo sperava proprio che ora si esaurisse la carica delle proteste. In realtà restano aperte tante partite, infatti non sono stati eliminati i tagli della legge 133, che riguardano sia l’Università sia altri gradi di scuola. Il decreto verrà probabilmente sottoposto a referendum, ma nel 2010. E non è affatto scontato che l’anno cominci col maestro unico. Insomma, si sta cominciando a far capire che si tratta di un problema che non riguarda semplicemente la scuola, ma che coinvolge l’intero tessuto sociale e che per questo è destinata ad allargarsi e a diventare vincente».
 La manifestazione serale coincide con una riunione di delegati del Parlamento incentrata proprio sulla scuola: «Vediamo se resteranno chiusi nel salone dei vigili o vorranno confrontarsi».
Antonello Palmas 
 
 

Questionario e social

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