Lunedì 6 ottobre 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 ottobre 2008
Rassegna quotidiani locali
L'UNIONE SARDA

 
1 – L’Unione Sarda
Prov Sulcis Pagina 13
Iglesias
Accordo con Vallermosa e Villacidro per valorizzare il sito di Matzanni
 
Sarà valorizzato il sito archeologico Matzanni situato al confine tra Iglesias, Vallermosa e Villacidro, sia con l'avvio di nuovi scavi archeologici sia con la preparazione dell'area da rendere fruibile anche per i turisti e gli appassionati di archeologia. Il via libera agli interventi che dovrebbero rendere fruibile l'area archeologica arriva dai sindaci di Iglesias, Vallermosa e Villacidro che, proprio i giorni scorsi, hanno effettuato un sopralluogo congiunto. Un incontro tecnico cui hanno parteciapato anche l'archeologo Fabio Nieddu, coordinatore dal 2004 degli scavi sui pozzi sardi e Antonio Corda del Dipartimento di Scienze archeologiche e storico artistiche dell'Università di Cagliari.
«Il complesso, che comprende oltre i tre pozzi sacri anche il tempio punico di Genn'e Cantonis - spiega il sindaco di Iglesias Pierluigi Carta - è sempre al centro dell'attenzione della Soprintendenza archeologica che già nei giorni scorsi, mediante il suo massimo esponente regionale, ha effettuato un sopralluogo sul sito». L'area è situata nell'isola amministrativa di San Marco e che segna il confine tra tre diverse amministrazioni provinciali: quella di Carbonia Iglesias, quella del Medio Campidano e quella di Cagliari. L'incontro dei giorni scorsi, che segue il protocollo d'intesa firmato due anni fa dagli stessi sindaci, non è che una tappa intermedia necessaria per far partire la valorizzazione vera e propria.
«È chiaro che c'è l'urgenza di proteggere e valorizzare questo patrimonio straordinario - prosegue il sindaco di Iglesias - per questo motivo si è deciso di convocare un tavolo operativo che raccolga tutti i soggetti istituzionali interessati al progetto: Regione Sarda, Soprintendenza, Università, Cnr-Igag (Istituto di Geologia ambientale e Geoingegneria) di Cagliari e i Comuni di Vallermosa, Iglesias e Villacidro». «Gli interventi che saranno portati avanti a partire dai prossimi mesi - spiega il sindaco di Iglesias - hanno soprattutto lo scopo di sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica anche mediante conferenze e mostre da allestire nei vari Comuni, affinché intervengano per finanziare quegli interventi materiali e immateriali che consentano il definitivo decollo del sito anche dal punto di vista turistico, rendendolo fruibile sia agli studenti e alle scolaresche sia agli appassionati».
DAVIDE MADEDDU 
 
2 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 9
Proteggere le minoranze: ecco l'ecologia linguistica
Un saggio di Fiorenzo Toso, dell'Università di Sassari «Dal sardo al tabarchino, l'originalità dell'Isola»
 
 Sono dodici le minoranze linguistiche riconosciute ufficialmente in Italia dalla legge 482 del 1999, dal tedesco dell'Alto Adige allo sloveno in Friuli, dal ladino delle Dolomiti al sardo e all'albanese, ma se alle principali varietà linguistiche si aggiungo le varianti locali, come il walser valdostano, le minoranze diventano almeno una trentina, a cui vanno aggiunte una decina di varietà minoritarie non riconosciute, come la parlata degli zingari o il tabarchino in Sardegna.
Difficile fare i conti col frammentatissimo panorama linguistico italiano, anche perché la differenza «tra minoranza linguistica e minoranza nazionale non sempre è stata rispettata, mentre non è affatto scontata la differenza tra lingua e dialetto». Così dice Fiorenzo Toso, docente di Linguistica generale nell'Università di Sassari e autore del saggio Le minoranze linguistiche in Italia (il Mulino, pagine 283, euro 15), non solo una dettagliata ricognizione del panorama linguistico italiano, preceduto da una minuziosa premessa teorica, ma anche un invito a valorizzare le minoranze storiche: «La tutela del patrimonio linguistico minoritario», sostiene Toso, «è importante perché è una delle tante forme di tutela della diversità culturale di cui oggi tanto si parla».
Un'operazione che ha quindi anche un valore politico?
«Naturalmente. Per questo preferisco parlare di ecologia linguistica: non di contrapposizione ma di una dinamica linguistica che possa prevedere l'utilizzo della lingua di massima espansione universale come l'inglese, la presenza delle lingue nazionali come elemento indispensabile, ma anche il mantenimento delle identità linguistiche minori come forma di riconoscimento comunitario».
Come giudica l'attuale legge sulle minoranze linguistiche?
«È una legge che ha forti limiti di applicabilità e gravi deficit di impostazione. Sebbene la pluralità linguistica dell'Italia costituisca una ricchezza oggettiva, la tutela è stata limitata solo a quelle lingue nettamente distinguibili rispetto al filone italo romanzo o riferibili a precisi contesti nazionali, come nel caso del francese o del tedesco».
Questo comporta la mancata tutela di alcune minoranze?
«Sì, e a questo riguardo il caso del tabarchino è significativo, una varietà d'origine ligure parlata nelle comunità di Carloforte e di Calasetta. Si tratta oggettivamente di una minoranza linguistica, riconosciuta da una legge regionale ma ignorata dalla legge nazionale. Poiché il tabarchino è una varietà del genovese si teme che riconoscerla come minoranza possa aprire la via al riconoscimento degli altri dialetti italiani, che sarebbe però del tutto immotivato dal punto di vista socioculturale. Si tratta dunque di una prudenza ingiustificata».
In generale qual è la sua opinione sulla situazione sociolinguistica della Sardegna?
«Innanzitutto direi che è la più interessante dal punto di vista culturale, ma anche per la sua grande originalità: la comunità sarda esprime infatti un valore aggiunto alla componente strettamente linguistica, per il forse senso di alterità che i sardi vivono all'interno della loro specificità culturale. Inoltre storicamente la società sarda ha sempre dimostrato una grande attenzione e un forte interesse per il proprio patrimonio linguistico, riconoscendo come parte integrante di esso anche le minoranze interne, quali le comunità algherese e tabarchina: è questo un segnale di grande sensibilità culturale che fa onore ai Sardi. Oggi le istituzioni regionali puntano a realizzare per la lingua sarda una sintesi valida a livello istituzionale, come risposta alla crisi dell'uso che ha colpito anche questa regione: è un'operazione complessa e non esente da rischi, che occorrerà monitorare accuratamente».
Quali sono le principali lacune dell'attuale legge nazionale?
«Innanzitutto il fatto di avere individuato con un criterio non oggettivo le varietà da tutelare, e poi l'attuazione di forme di tutela che non corrispondono a un rilancio oggettivo di queste varietà».
Faccia un esempio.
«Prevedere documenti scritti ufficiali in una varietà minoritaria, ma non fare nulla di concreto per educare i parlanti a una sensibilità nei confronti della propria lingua, ad esempio svuota di significato la tutela e la trasforma in burocrazia: per questo parlerei di burocratizzazione del principio di tutela. Direi che la legge favorisce l'ingessatura delle minoranze linguistiche, tendendo a individuare le minoranze linguistiche come varietà a sé, mentre le minoranze hanno sempre vissuto in un contesto di dialettica plurilingue. Ad esempio le comunità italo albanesi del sud hanno sempre fatto uso dell'albanese, dell'italiano e del dialetto locale, mentre oggi sono immaginate quasi come piccole nazioni dotate solo della lingua minoritaria. Viene così ridisegnata una identità sulla base di convenienze più o meno legittime e si tende a ingessare quella che è in realtà una situazione fluida di usi, di lingue e del loro incontro».
Anche la lingua degli zingari non è tutelata. Per quale motivo?
«Sulla base del principio che una lingua minoritaria non dotata di territorio non può essere tutelata. È una vera e propria discriminazione, denunciata anche dal Consiglio d'Europa, soprattutto se si considera che lo zingaro è una lingua presente in Italia dal 1400. Vorrei peraltro ricordare che il principio della territorialità ha dato la stura a una serie di invenzioni, nel senso che molti comuni si sono dichiarati di lingua minoritaria senza esserlo per potere ricevere i relativi finanziamenti: penso a certi comuni piemontesi che si sono artatamente dichiarati di lingua occitana».
GUIDO CASERZA 
 
3 – L’Unione Sarda
Provincia di Oristano Pagina 43
Oristano
Archeosub, in campo anche il sottosegretario
 
Il rischio chiusura per il corso universitario di Archeologia subacquea arriverà anche a Roma. Come era stato anticipato nei giorni scorsi, durante la presentazione delle recenti scoperte archeologiche sul'antico porto di Tharros, sia il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi che la collega alla Pubblica istruzione Mariastella Gelmini si interesseranno della questione per trovare una soluzione.
In scia anche il sottosegretario del ministero della Pubblica istruzione Pino Pizza ha assicurato impegno per la vicenda del corso di laurea della facoltà di Sassari, attivo nella sede oristanese (come ha fatto sapere il segretario provinciale della Dc Ivano Cuccu, assessore comunale).
I timori sul futuro dell'indirizzo di studi sono stati espressi da esponenti del mondo accademico dopo l'intenzione della Giunta regionale di ridimensionare le sedi universitarie gemmate. A ruota le reazioni politiche con i consiglieri regionali del centrodestra (Oscar Cherchi, Mimmo Licandro e Mario Diana) e il presidente della Provincia Pasquale Onida in prima linea a difendere il corso oristanese ormai unico in Italia. La battaglia non è finita. ( v. p. )
 
 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie