UniCa UniCa News Rassegna stampa Lunedì 15 settembre 2008

Lunedì 15 settembre 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 settembre 2008
Rassegna quotidiani locali

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 10 - Attualità
La scoperta italiana presentata a Stoccolma 
Tumore al seno: un mix di farmaci anti recidive 
 
ROMA. L’aggiunta di un farmaco al cocktail di medicinali usati nella chemioterapia del tumore al seno dopo intervento chirurgico, è riuscito ad abbassare del 25% il rischio di ricaduta. E’ il maggior dato ottenuto da uno studio condotto in 50 centri oncologici italiani su quasi 1000 donne presentato ieri al congresso della società europea di oncologia in corso a Stoccolma. «Si tratta di uno dei migliori riultati mai ottenuti», ha commentato il coordinatore della ricerca Francesco Cognetti, direttore dell’Oncologia medica del Regina Elena di Roma. Lo studio condotto in collaborazione con l’università Federico II di Napoli, ha preso in considerazione 998 malate che avevano un tumore al seno e più di 3 linfonodi intaccati da metastasi. Dopo l’intervento chirugico un gruppo di donne è stato trattato con una combinazione di farmaci a base di epirubicina più CMF (ciclofosfamide, metotrexate, fluorouracile); ad un secondo gruppo è stato somministrato oltre al precedente protocollo anche un medicinale a base di docetaxel. Dopo 62 mesi i dati ottenuti nella nuova terapia hanno mostrato una riduzione di un quarto del rischio relativo di ricaduta e di un terzo di morte. Nel cancro del seno il rischio di recidiva resta molto alto: può infatti arrivare fino al 70%, se i linfonodi sono positivi. Lo studio clinico italiano ha preso in considerazione un gruppo di donne, le più “vulnerabili”, che avevano più di tre linfonodi presi da metastasi. Dopo 62 mesi, il 76% delle donne trattate con la terapia con aggiunta di docetaxel non aveva sviluppato nuovamente la neoplasia, rispetto al 69% di quelle trattate con l’altro regime. I dati ottenuti con la nuova terapia rivelano quindi una riduzione di un quarto del rischio relativo di recidiva e di un terzo di morte. Il risultato ha suscitato grande interesse fra i diecimila esperti a congresso. Il carcinoma colpisce una donna su 10, oltre 31.000 nuovi casi ogni anno in Italia.
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Chi ha detto che la Sardegna è stata sempre un’isola? 
di Pasquale Porcu 
 
SASSARI. Da quando la Sardegna è un’isola? Il suolo di Marte è molto diverso da quello terrestre? Esistono e dove nel bacino balearico dei giacimenti petroliferi? Può esserci uno tsunami nel Mare Nostrum? Si può cercare l’acqua nei terreni aridi e semiaridi del pianeta? A tutte queste domande risponderà il congresso nazionale di Geologia che si svolgerà a Sassari da oggi a sabato. Due, almeno, le chicche che caratterizzano questo congresso. La prima riguarda la definizione della geologia della Sardegna, «pezzo» di Provenza nel Mediterraneo (mentre la Penisola è un pezzo d’Africa). La seconda è la presentazione della carta geologica della Sardegna e il suo confronto con quelle storiche compresa quella redatta a suo tempo da Quintino Sella.
 Sono circa 500 i ricercatori e gli studiosi che, nel complesso didattico della facoltà di Scienze, animeranno l’ottantaquattresimo congresso di Geologia, un importante appuntamento coordinato dalle università di Sassari, Cagliari e Siena. Ricchissimo il programma con temi di grande attualità scientifica affrontati con un approccio multidisciplinare.
 Ma se sotto la lente del microscopio di questo congresso c’è la Sardegna non è per motivi di diplomazia accademica. «Il filo conduttore che ispira questo congresso- dice il professor Giacomo Oggiano, dell’istituto di geologia dell’università di Sassari, uno degli organizzatori dell’evento- nasce dalla considerazione che la storia evolutiva del frammento crostale che costituisce oggi la Sardegna sia importante per la comprensione dell’evoluzione geologica delle aree limitrofe, sin dall’inizio del Fanerozoico (544 milioni di anni) e in particolare nell’era Cenozoica, quando si è delineato l’attuale assetto del Mediterraneo occidentale».
 «L’attuale posizione della Sardegna al centro di questo bacino - precisa Oggiano- riflette infatti una storia geologica molto articolata, le cui testimonianze sono registrate nelle rocce che affiorano nell’isola. La proposizione di modelli sugli aspetti geologici dell’area mediterranea (nel loro senso più vasto) evidenzia una scarsa conoscenza della struttura interna della Sardegna. Questa scarsa conoscenza, spesso, ha portato diversi ricercatori di livello internazionale ad “ignorare” più o meno consapevolmente i dati ottenibili da ricerche interne alla microplacca sarda. Anche quando questi avrebbero potuto essere dirimenti nell’accettazione dei differenti modelli geodinamici dell’area circum-mediterranea». Studiare la nostra regione, insomma, aiuta i ricercatori a capire quel che succede in tutto il Mediterraneo «La particolarità della geologia della Sardegna- dice il geologo sassarese - è data non solo perché costituisce una tessera fondamentale per chiunque voglia ricostruire il puzzle geologico dell’attuale Mediterraneo occidentale, ma dall’essere una tessera al suo interno intensamente variegata e complessa dove sono raccolte rocce che, quasi senza soluzione di continuità, rappresentano l’intero Fanerozoico e parte di quello Proterozoico (una storia lunga almeno 600 milioni di anni), con rocce sedimentarie, vulcaniche ed intrusive, metamorfiche. In meno di 300 kmq è racchiusa un’ eccezionale “geodiversità”». Ma il più alto livello delle conoscenze della geologia della nostra isola è sintetizzato nella nuova carta geologica in scala 1:250.000 che verrà presentata al congresso ed è opera del lavoro di alcuni ricercatori tra i quali Carmignani, Oggiano e Funedda (rispettivamente delle università di Siena, Sassari e Cagliari). La prova di questa estrema varietà è anche «la compresenza- dicono gli organizzatori del congresso- in un areale ridotto di georisorse che in genere sono caratteristiche di province geologico-geodinamiche molto distanti tra loro (ad esempio mineralizzazioni legate sia a processi idrotermali come quelle aurifere e di minerali industriali che sedimentari; depositi di lapidei, circolazione idrica sotterranea varia ed articolata)». Le georisorse dell’isola sono sintetizzate dalla carta geomineraria prodotta in occasione del congresso dal Dipartimento Georisorse dell’Università di Cagliari.
 Ma torniamo alle origini della nostra regione: è stata sempre un’isola? «No - risponde il professor Oggiano - Fin da quando, all’inizio degli anni’70, Walter Alvarez pubblicò il suo lavoro che interpretava il micro-continente Sardo-Corso come un frammento di crosta europea staccatosi, relativamente di recente (20 milioni di anni fa), da un’area contigua alla Provenza-Linguadoca, le ipotesi sui meccanismi di questa deriva e della conseguente apertura di una grande porzione (il Bacino Balearico) di Mediterraneo occidentale sono state molteplici. Il confronto le tra ipotesi che cercano di spiegare l’apertura del Tirreno settentrionale e di quello meridionale - decisamente il bacino più recente che data appena 5 milioni di anni- è ancora più proficuo. Proprio all’apertura, molto recente, di questo bacino si deve la definitiva insularità del Blocco Sardo-Corso e nascita della Sardegna che noi conosciamo».
 

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