UniCa UniCa News Rassegna stampa Giovedì 11 settembre 2008

Giovedì 11 settembre 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
11 settembre 2008
Rassegna quotidiani locali

L’UNIONE SARDA
 
LA NUOVA SARDEGNA

 
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 17
da oggi
Intelligenza artificiale, convegno nazionale
 
L’importanza delle tecniche di Intelligenza artificiale nell’ambito delle scienze della vita, in particolare per la Genomica e la Proteomica, sono al centro dell’annuale convegno dell’Associazione italiana intelligenza artificiale in programma da oggi a sabato nella sede del dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell’università.
«Lavoriamo ad Adamo, primo scienziato artificiale», anticipano i promotori, «che dovrà essere in grado di gestire autonomamente tutto il ciclo che caratterizza ogni attività di ricerca di tipo sperimentale: originare ipotesi per spiegare i dati sperimentali a disposizione, definire esperimenti finalizzati a verificarne la validità, realizzare concretamente tali esperimenti guidando opportunamente un robot di laboratorio, interpretare i risultati, e naturalmente ripetere il ciclo finché le ipotesi fatte saranno in accordo con i risultati sperimentali». 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 18
la denuncia
«Tuteliamo la villa di viale Ciusa»
 
«Costernazione». È l’unico sentimento che l’associazione “Peppino Asquer - diritti e beni pubblici” riesce a manifestare dopo aver appreso dello stato di abbandono in cui versa la villa Asquer di viale Ciusa. La Regione, che l’ha ricevuto in donazione, l’ha dato in comodato d’uso all’università che ora l’ha abbandonata lasciandola in balia di sbandati e tossicodipendenti.
L’associazione ricorda che la struttura è destinata alla pubblica fruizione secondo gli intendimenti del suo proprietario originario, il conte Peppino Asquer, esemplare uomo politico di sinistra attento ai bisogni della parte più indigente del popolo, soprattutto giovanile.
E questo è un punto in Comune con il palazzo di via Dante anch’esso - secondo gli inquilini - vincolato alla pubblica fruizione e destinato ai poveri. «Ora il magnifico complesso rischia di divenire un simbolo di incuria e di degrado», denuncia Antonio Volpi, presidente dell’associazione. 
3 – L’Unione Sarda
Primo Piano Pagina 104
Superacceleratore col cuore sardo
Parlano Michele Floris, Giovanna Puddu e Biagio Saitta
Una dozzina i fisici dell’Isola che partecipano al progetto
 
Le prime collisioni sono previste il 21 ottobre in occasione della vera partenza dell’esperimento. Il progetto LHC si compone di quattro esperimenti: Atlas e Cms, che si propongono di cercare i famosi bosoni di Higgs (particelle previste dalla teoria ma non ancora osservate), Alice (che realizzerà collisioni tra ioni pesanti e cercherà di ricreare la condizione primordiale dell’universo) e LHCb, il cui compito sarà tentare di rispondere a uno dei più complessi interrogativi dei fisici: dove si è finita l’antimateria nell’universo? Tra giornalisti in cerca di buchi neri e ricercatori emozionati come se fossero in sala parto, tecnici indaffarati e scienziati di lungo costretti a sopportare una forse eccessiva esposizione mediatica, ci sono anche una dozzina di sardi.
Michele Floris, 30 anni, assegnista del dipartimento di fisica dell’università di Cagliari, racconta così la sua esperienza a Ginevra: «È una grande emozione vedere realizzato un lavoro costato anni di preparazione. Qui al Cern c’è una grande eccitazione ma sappiamo anche che i primi risultati di fisica arriveranno dopo alcuni mesi a partire dalle prime osservazioni. Siamo in attesa di sapere se i rivelatori che abbiamo costruito a Cagliari funzioneranno come previsto.»
Giovanna Puddu, lavora all’esperimento Alice dal 1995 con il gruppo dell’Università di Cagliari: «Gli esperimenti che utilizzano una macchina come LHC non forniscono risultati immediati perché saranno richieste lunghe e sofisticate interpretazioni dei dati raccolti. I fasci di protoni hanno iniziato a circolare da subito nel tunnel, prima in un verso poi in quello opposto e solo successivamente si arriverà a farli scontrare. Più avanti l’energia verrà aumentata fino al livello massimo.»
Anche Biagio Saitta, attuale direttore della sezione di Cagliari dell’INFN, non è indifferente all’importanza del momento: «Come fisico delle particelle questa cosa mi mette sinceramente i brividi: è bellissimo pensare di ricreare condizioni simili a quelli di pochi istanti dopo il Big Bang, come pure pensare che fra qualche anno racconterò ai miei studenti io c’ero.»
Qual è il contributo dei ricercatori sardi?
«A Cagliari ci lavoriamo da una decina d’anni, con una ventina di persone coinvolte direttamente, e con molti dottorandi che hanno fatto la tesi con noi: questo esperimento è stato possibile grazie alla partecipazione di moltissime persone. Ora siamo nella fase più eccitante perché siamo in attesa del nostro turno, ma tra pochi mesi la palla sarà nel nostro campo.»
Una bella soddisfazione?
«L’entusiasmo e la forza lavoro sono stati impressionanti. Ciò non mi impedisce di ricordare che nel nostro Paese la situazione della ricerca scientifica non è felicissima: in confronto ad altri Paesi le risorse investite sono scarse. Mi chiedo: cosa succede ai più giovani, precari, legati a progetti limitati nel tempo?»
Perché LHC dovrebbe interessare a chiunque?
«Non mi aspetto che l’esistenza del Bosone di Higgs possa catturare l’attenzione di tutti, ma penso alle ricadute tecnologiche nelle telecomunicazioni, in campo sanitario e molti in altri settori che ci toccano da vicino. Migliorare la conoscenza, caratteristica che ci distingue dagli altri esseri viventi, qualcosa di impagabile.»
ANDREA MAMELI 

 

 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Intelligenza artificiale? Scienziati oggi a convegno 
ROBERTO PARACCHINI 
 
«Un cervello umano, e se è per questo anche quello di qualunque mammifero, non può essere analizzato da nessun sistema matematico conosciuto... Il cervello robotico, al contrario, è completamente analizzabile, o non potremmo costruirlo»: Gerrigel, scienziato numero uno nella robotica, parla con Baley, poliziotto del futuro e principale protagonista di «Abissi d’acciaio» di Isaac Asimov. Entrambi discutono sul comportamento di R. Daneel, robot molto simile agli umani e proveniente dagli Spaziali. La storia finisce poi con un sentimento di amicizia tra Baley e R. Daneel, ma non perché il robot sia in grado di esprimere gioia e dolore, bensì in quanto è in grado di imparare e modificare i suoi modi di pensare.
 La genialità di Asimov ha fatto sì che sin dal 1953 (anno in cui venne pubblicato il romanzo, oggi Oscar Mondadori) molte questioni iniziassero a diventare di dominio pubblico e non più chiuse nelle segrete stanze della ricerca scientifica. In pratica: è possibile creare una intelligenza artificiale in grado di eguagliare il nostro modo di pensare? E fino a che punto sarà dato di arrivare?
 Il dibattito è aperto. Ma non è un caso che Ross King (della Aberystwyth University) abbia dato il nome di «Adamo» al suo robot-scienziato: in grado di gestire autonomamente il ciclo della ricerca di tipo sperimentale. Di questo sistema, Ross parlerà nel «X convegno dell’Associazione italiana per l’intelligenza artificiale» che si svolgerà, da oggi (ore 11) sino a sabato, nella Cittadella dei musei, a Cagliari, con la partecipazione di 30 gruppi di ricerca.
 «Adamo» è il primo esempio di laboratorio automatizzato e completametne controllato da un computer, che si è dimostrato capace di scoprire automaticamente anche nuova conoscenza di tipo scientifico. In particolare nel campo della genomica, aspetto a cui il «X convegno», coordianto da Marco Schaerf (de La Sapienza di Roma) e da Giuliano Armano (università di Cagliari) dedicherà particolare attenzione.
 Sullo sfondo di «Adamo», le cui caratteristiche saranno spiegate durante il simposio, c’è il dibattito sintetizzato da Gerrigel di Asimov. Nel Settecento il sogno di Gottfriend Leibniz (e, prima, di Thomas Hobbes) fu quello di una ragione umana ridotta a «puro calcolo» e a grandi macchine per eseguirlo.
 Ma questa prospettiva può bastare? Secondo alcuni, sì. Secondo altri, invece, il funzionamento del nostro pensiero non è riducibile a un simile procedimento, ma presenta anche salti e discontinuità non assimilabili a un processo algoritmico (o di calcolo).
 Prendiamo, ad esempio, un traduttore automatico. Sebbene abbia nella memoria molti più vocaboli di qualsiasi essere umano), il risultato sarà sempre imperfetto. E questo perchè gli manca quella che viene detta conoscenza di sfondo o di contesto, che permette alle parole di avere un significato varibile sulla base di parametri non sempre quantificabili. Come dire: un sistema di intelligenza artificiale funziona meglio se agisce in un campo delimitato (diventando un cosiddetto sistema esperto), come ad esempio il gioco degli scacchi, in cui vi può essere una variabilità enorme di mosse, ma sempre calcolabile. Ma l’intelligenza artificiale, detta forte, punta anche all’auto-consapevolezza e non solo alla capacità di risolvere singoli problemi. Come arrivarci? Alcuni gruppi di ricerca lavorano soprattutto sui sistemi sistemi formali, pur molto sosfisticati (e con l’utilizzo di logiche non classiche); altri operano sulla simulazione del modello cerebrale umano. E il «X convegno» parlerà anche di questo.
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
I geologi hanno confermato la datazione dei reperti trovati a Fiume Santo 
«Sandrone» è coetaneo dell’Oreopithecus sardo 
La scimmia antropomorfa viveva in un’era in cui l’isola e la Toscana erano terre unite 
L’Università di Firenze completa l’identikit dell’ominide che popolava l’Europa 
 
 NUORO. Mentre alcune scuole di pensiero - supportate dall’andazzo dei tempi piuttosto che da serie e comprovate ipotesi scientifiche - cercano di demolire le teorie evoluzionistiche, nuovi tasselli si aggiungono al lungo lavoro cominciato tanti anni fa da valenti paleoantropologi. Il problema è sempre lo stesso: se l’uomo sia apparso sulla Terra quasi all’improvviso oppure se discenda una linea evolutiva il cui disegno, sempre più, sembra corrispondente a una macchia di lentischio piuttosto che a una pianta secolare con pochi rami.
 Dopo la pubblicazione dell’“Origine dell’uomo” di Darwin qualcuno chiese a uno dei suoi sostenitori: «Scusi, ma lei deriva dalle scimmie da parte di madre oppure di padre?».
 Una delle madri, o dei padri, oppure cugini - comunque li si voglia chiamare - oltre otto milioni di anni fa scorrazzava allegramente in quelle che attualmente sono le pianure vicino a Fiume Santo. Un suo coetaneo l’“Oreopithecus bamboli” viveva nell’attule bassa Toscana.
 La sua esistenza - nel 1958 - venne scoperta quasi per caso in una miniera di lignite. Un fossile quasi perfetto, che presentava morfologie scheletriche particolari, tanto da richiedere tempo, prima di essere inquadrato con precisione. Dieci anni fa, alcuni reperti trovati a Fiume Santo furono attribuiti alla stessa specie. Qualcuno disse: «Il primo uomo è nato a Sassari». «No, la seconda scimmia», rispose qualche altro.
 Al di là delle attribuzioni istintive, la collocazione di Oreopithecus è rimasta fluttuante. Comparsa oltre otto milioni di anni fa, la scimmia antropomorfa viveva in un periodo nel quale l’attule Toscana era unita alla Sardegna.
 Dell’Oreopithecus non si trovavano fossili collaterali: un bel giorno, nel 1993, alcuni amatori sottoposero dei reperti trovati a Fiume Santo all’attenzione dell’istituto geologico-mineralogico dell’Università di Sassari e al professor Sergio Ginesu. I fossili vennero ulteriormente analizzati da alcuni specialisti dell’università di Liegi, che confermarono la datazione e l’attribuzione della specie.
 Ora all’università di Firenze si tirano le somme dei vari ritrovamenti, e in particolare di “Sandrone”, come venne chiamato il reperto della miniera di Bamboli. Oreopithecus (compreso quello di Fiume Santo) sarebbe il parente stretto dell’orango che popolava l’Europa otto milioni di anni fa, quando era tropicale. «Questo ominoide è stato l’unico sopravvissuto dell’Europa tropicale - dice il professor Lorenzo Rook, del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Firenze -. I risultati del lavoro, che riguarda anche tutti gli altri primati che popolavano l’Europa quando era caldissima dicono che il vertebrato era bipede, ma con le zampe corte e l’alluce molto distaccato dal resto del piede. Ciò rendeva la sua andatura molto “incerta”: aveva una testa piccola, con due grandi occhi: con le mani si procurava il cibo, soprattutto bacche e foglie. I suoi denti, analizzati recentemente con l’apparecchiatura per la luce di sincrotrone di Grenoble, avevano un aspetto “collinare”, adatto alla dieta a base di vegetali».
 Pochi gli esempi fossili di questo tipo trovati sino ad oggi. «Era un animale davvero unico - prosegue il professor Look - e la sua parentela con i primati è ancora oggetto di discussione. Solo ora è chiaro che non è imparentato con i nostri più diretti antenati, ma è uno degli ultimi rappresentanti di un ampio gruppo di scimmie antropomorfe che nel Miocene superiore erano diffuse in Europa e Asia».
 Molte sono comunque le somiglianze con varie categorie di Australopithecus, parente stretto, con varie diramazioni, dell’uomo attuale. Quello che sembra comunque accomunare Oreopithecus alla Sardegna è la caratteristica peculiare di alcune faune insulari, fenomeno che - almeno per quanto riguarda la documentazione fossile - è stato riscontrato alcuni milioni di anni dopo. In pratica - forse per la mancanza di grandi animali carnivori, che non avevano un sufficiente areale di caccia - le faune giganti nei continenti diventavano nane, e viceversa. Ecco quindi i reperti di elefanti nani trovati in Sicilia, a Creta e nella stessa Sardegna. Fossili che raccontano una grande storia, per chi la sa leggere.
 Parallelamente - non c’è riscontro in Sardegna - alcune faune nane che nei continenti erano di piccola misura diventavano nane, e alcuni specie di uccelli perdevano la facoltà di volare.
 Ma questo avveniva diversi milioni di anni dopo la presenza nell’isola di Oreopithecus.
 Un’altra scimmia, ben catalogata, popolò comunque l’isola, come dimostrano i reperti del Macacus trovato a Capo Figari. Altre specie, sempre del Quaternario, sono state rinvenute nelle “brecce ossifere” del Monte Tuttavista, a Orosei, durante le operazioni di estrazione del marmo.
 Questi resti - ancora a disposizione degli specialisti - dimostrano la fluttabilità dell’isola di Sardegna e i suoi periodici contatti con il continente, attraverso i cosiddetti “ponti di terra”: strisce che si creavano durante il periodico disseccamento del Mediterraneo, consentendo lo scambio di faune di vario tipo. Il successivo, nuovo isolamento, dava luogo a nuove speciazioni e alla formazione di nuove faunee.

Questionario e social

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