Venerdì 4 luglio 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 luglio 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 6 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e altravoce.net  

1 - Aristhot, biblioteca virtuale del Mediterraneo
4 - Amedeo, il concorso-premio inventato da uno studioso tedesco
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 23
Università. Filosofia
Si chiama Aristhot la biblioteca virtuale del Mediterraneo
   
Una biblioteca virtuale che ospita antichi manoscritti, libri e documenti d’archivio. È ambizioso il progetto comunitario Aristhot, che prevede la realizzazione di una raccolta digitale delle testimonianze più significative del patrimonio storico e scientifico delle civiltà mediterranee. Dopo l’avvio nell’aprile del 2006, una prima parte del lavoro è già in rete. A disposizione di specialisti, cultori e anche di un pubblico più ampio, sul sito www.aristhot.eu. A curare la digitalizzazione di buona parte del materiale custodito in Sardegna è il Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze umane dell’Università di Cagliari.
Il responsabile scientifico dell’ateneo cagliaritano Giancarlo Nonnoi ha illustrato, nella biblioteca comunale di via Newton, che ha fornito una parte cospicua del materiale, contenuti e obiettivi di Aristhot. «Il Mediterraneo - dice Nonnoi - è stato teatro di guerre feroci. Ma su un aspetto non si è mai diviso: non ci sono mai state dispute scientifiche». Per migliorare la conoscenza e favorire lo scambio immediato di materiali, il progetto ha fatto leva sul tema unificante delle scienze del Mediterraneo. Vastissimo il panorama delle aree tematiche inserite nel programma: «Dalle scienze naturali - ha elencato Nonnoi - a quelle applicate, passando per l’alchimia, le scienze divinatorie e l’esoterismo». Non potevano mancare archeologia e paleografia, ma anche studio dei manoscritti e numismatica. Lo stesso nome dell’iniziativa raccoglie in sé il concetto di conoscenza, visto che è l’esito della fusione dei nomi di «Aristotele, il principe dei sapienti, e di Thot, divinità della sapienza dell’antico Egitto».
Quattordici partner, appartenenti a vari Paesi dell’Unione europea e all’area africana e mediorientale, hanno contribuito, e ancora contribuiranno, a dare vita alla biblioteca immateriale. Grazie allo scambio tra università, biblioteche, archivi, agenzie di promozione territoriale e centri di ricerca è così già possibile sfogliare preziosi documenti, visualizzare fotografie, ascoltare registrazioni. Attualmente alcune gallerie sono già a disposizione degli utenti. È sufficiente cliccare sull’area in italiano di Aristoth, dove compare lo stemma dell’Università di Cagliari, entrare nella biblioteca digitale, cliccare su “lista istituzione” e su “Dipartimento di Scienze botaniche”. E in questi giorni il sito si arricchirà di 21 mila nuove immagini sulla Sardegna.
MARIANGELA LAMPIS
2 – L’Unione Sarda
Prov Medio Camp Pagina 31
L’Unesco: Barumini è un modello
Il fatto. Promossa la gestione dell’area turistica che offre servizi di alto livello
 
L’incontro tra i Comuni italiani iscritti al Patrimonio mondiale dell’Umanità svoltosi per la prima volta in Sardegna, ha prodotto un importante risultato: il trionfo del modello Barumini. Lo hanno decretato i rappresentanti dell’Unesco riuniti per due giorni nel paese della reggia nuragica, facendo riferimento al sistema di gestione pubblico-privato sulle ricchezze archeologiche e culturali del territorio. La Fondazione Barumini Sistema Cultura costituita diciotto mesi fa (la prima in Italia) su iniziativa del Comune tramite Federcultura, per tutelare, conservare, valorizzare e gestire i beni culturali ed artistici monumentali presenti nel territorio comunale, è presa come esempio dagli amministratori Unesco che intendono proporre nelle rispettive città. Un prestigioso riconoscimento alla Fondazione baruminese in cui lavorano quasi 50 giovani qualificati e specializzati, per la gestione dell’area archeologica di Su Nuraxi, di Casa Zapata costruita sulla sommità di Nuraxi ’e Cresia, dell’ex Convento Cappuccini, e da oltre due mesi del Centro di comunicazione e di promozione del patrimonio culturale "Giovanni Lilliu".
Un successo, oltretutto con bilancio positivo. Tra l’altro, si è prospettata l’ipotesi che la scuola-laboratorio di restauro e scavo archeologico, di cui è imminente l’inizio dei lavori con la supervisione del Politecnico di Torino e dell’Università, sia legata ai siti Unesco. «È nostro intendimento dopo il trasloco del Municipio nel centro storico del paese - spiega il sindaco Emanuele Lilliu - trasformare la struttura attuale in un Ostello, dove gli studenti-lavoratori del laboratorio avranno i rispettivi alloggi». Visibilmente soddisfatti i rappresentanti dei Comuni dell’Unesco per l’enorme patrimonio storico, culturale, archeologico, architettonico e ambientale. Ricchezze che possono essere un ulteriore volano per l’economia del paese e del territorio.
CARLO FADDA
3 – L’Unione Sarda
Cultura – pagina 8
Il libro
Stefano Sanna, il mondo in pugno: il futuro dei cellulari
   
In Italia è considerato uno dei massimi esperti di programmazione dei cellulari, ma lui si definisce semplicemente un artigiano del software. Stefano Sanna, 35 anni, ha già un curriculum importante: dopo 7 anni da ricercatore al CRS4 di Pula, nel 2006 si è trasferito a Roma alla Beeweeb Technologies, dove si occupa di mobile tv. La passione per i computer antichi (la sua collezione annovera decine di pezzi rari, tutti funzionanti), per la robotica, per la musica non hanno impedito a Sanna di pubblicare un libro con l’editore Hoepli: “Java Micro Editon, sviluppare applicazioni network-oriented per telefoni cellulari e PDA” (274 pagine, 24 euro). Pochi giorni fa, intervenendo nel dipartimento di Ingegneria Elettronica di Cagliari al convegno “Sun Technology Day”, ha illustrato le potenzialità della tecnologia Sun SPOT.
Di cosa si tratta?
«Sun SPOT, acronimo di Small Programmable Object Technology, è una tecnologia sviluppata dai laboratori di ricerca Sun Microsystems, l’azienda californiana che ha introdotto il linguaggio Java, per la realizzazione di reti wireless di sensori programmabili. In pratica si tratta di piccoli moduli autoalimentati in grado di raccogliere dati ambientali e pilotare piccoli dispositivi esterni, come motori o altri sensori e comuncare via radio con apparati analoghi. Le applicazioni possibili sono numerosissime: dalla robotica al monitoraggio ambientale, dall’interaction design alla domotica, dai giochi a sistemi di automotive».
A chi è destinato il libro?
«Ai programmatori in linguaggio Java interessati a imparare o approfondire le tecniche di sviluppo di applicazioni per telefoni cellulari e computer palmari. Gli argomenti trattati e gli esempi descritti nel testo consentono di acquisire rapidamente dimestichezza nella scrittura di applicazioni che utilizzano la rete. Il mobile computing è ancora inesplorato e c’è spazio per tante idee. Per poterle realizzare, però, è necessario possedere gli strumenti adatti, dominare la tecnologia affinché sia realmente abilitante».
Cosa è il mobile computing?
«Internet ha rivoluzionato il nostro modo di accedere alle informazioni, consentendoci di fruire di un patrimonio immenso, in tempi rapidissimi, se comparato alle fonti tradizionali: giornali, libri, enciclopedie, biblioteche. Accedere alle stesse informazioni dal proprio cellulare è la prima manifestazione del mobile computing. La vera rivoluzione è accedere a servizi dedicati, con informazioni legate all’utente, alla sua posizione, all’ambiente».
Qual è il futuro dei palmari e dei cellulari?
«Il terminale mobile diventerà l’accesso privilegiato verso Internet, capace di dialogare in maniera efficiente con i servizi esistenti e con tutti i dispositivi elettronici dell’utente: il computer, l’autovettura, l’impianto di domotica. A tutto vantaggio della sicurezza e dell’immediatezza d’uso. In questo scenario l’utente svolge un ruolo attivo: con il suo dispositivo può fornire informazioni in tempo reale sul posto in cui si trova o sull’esperienza che sta vivendo. Il 2008 è senza dubbio un anno importante per l’adozione di massa di sensori su cellulari e PDA, ovvero i palmari».
Perché cresce l’interesse verso le sensor network?
«La pervasività della Rete e la capacità di programmare dispositivi di piccole dimensioni consente finalmente di realizzare scenari di ubiquitous computing, in cui il computer in quanto tale sparisce nei diversi oggetti presenti in un ambiente, l’arredamento di una stanza, con i suoi servizi, oppure gli arredi urbani di un quartiere, rendendolo interattivo e capace di dialogare realmente con l’utente».
ANDREA MAMELI

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
«Amedeo», evviva i giovani ricercatori 
Scienza. L’idea-premio di uno studioso tedesco che sei mesi all’anno vive in città 
 
CAGLIARI. Il momento in cui gli è balenata l’idea del concorso se lo ricorda come fosse ieri: ‹‹Era il 19 ottobre dell’anno scorso. Su un tram, in Germania, rimasi colpito da una ragazza sui 18 anni che leggeva riviste di gossip. Pensai: non posso credere che si appassioni a queste cavolate››. Giusto il tempo per riorganizzare, insieme al fratello, ed ecco che Bernd Kamps, 54 anni, scienziato tedesco trapiantato per metà a Cagliari, dove vive sei mesi l’anno, ha trovato il rimedio e lo ha battezzato «Amedeo». È questo il nome del concorso per giovani autori di pubblicazioni scientifiche sulle riviste più prestigiose del mondo. E adesso dopo quattro turni di votazione c’è il nome dei vincitori, ma loro non sanno ancora di aver vinto: la premiazione avverrà a fine settembre, a Berlino, ma Cagliari - sua città di adozione - meritava un’apparizione sulla scena. ‹‹Ovviamente il mio giudizio sulla ragazza vista in tram con il giornale è solo un punto di vista - dice Bernd Kamps, che in Germania ha lavorato per otto anni in un’istituto specialistico per i malati di Aids - Credo però che i giovani vadano stimolati a impegnarsi in cose più serie››. Da qui l’idea del concorso, il cui nome è legato anche a Cagliari: ‹‹Ho deciso di chiamarlo Amedeo - spiega tutto soddisfatto Kamps - perché la mia casa di Cagliari sta in via Principe Amedeo, ma anche perché Amedeo è il nome del sito d’informazione scientifica a cui sono abbonati i tanti studiosi e professionisti, sparsi per il mondo, che ho invitato a far parte della giuria››. Ed è proprio qui che arriva il bello: a vincere «Amedeo» sono e saranno sempre, senza ombra di dubbio, solo i migliori. Ecco come: ‹‹Gli iscritti al sito - spiega Kamps - sono stati invitati, in quattro tornate, a scegliere la pubblicazione scientifica preferita inserita negli anni sul sito Pub med, il più importante al mondo in materia medico-scientifica, dove per ogni tema compare l’intera bibliografia». Al momento del via, tra dicembre e gennaio, i “giurati” hanno segnalato in tutto 1.453 pubblicazioni. Tra febbraio e marzo è avvenuta la seconda scrematura, che a lasciato in lizza 156 articoli, ad aprile la terza che ne ha lasciato 21, a giugno la classifica finale ha decretato i tre vincitori, rivelati per la prima volta ieri nella Biblioteca universitaria: un gruppo di ricerca di una famosa casa farmaceutica inglese, per uno studio sul genoma umano dopo aver esdaminato 14 mila casi, una studiosa danese per l’articolo sulle conseguenze del sovrappeso negli adolescenti e un ricercatore giapponese per lo studio sulle cellule staminali. ‹‹Qualcuno ha barato facendo votare il suo articolo dagli amici - rivela lo scienziato tedesco - ma non ha potuto vincere: il meccanismo, che prevede la votazione a livello mondiale, non permette a nessuno di arrivare a una giuria così ampia››.
 Per i vincitori, premi in denaro offerti dagli organizzatori e pochi altri privati. L’auspicio è che l’avventura prosegua, ma ci vorrà del tempo. ‹‹Come per i bonsai - ci scherza Bernd Kamps - dove per vedere qualcosa ci vogliono dieci anni di innaffiature››.
SABRINA ZEDDA 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
I laboratori di Sardegna Ricerche
 
PULA. Stamattina alle 9 inaugurano al Parco tecnologico regionale di Pula (Edificio 1) i nove laboratori tecnologici attivati da Sardegna Ricerche nell’ambito del progetto per la realizzazione in Sardegna del distretto delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Attraverso questi i laboratori Sardegna Ricerche dà sostegno a progetti di ricerca e sviluppo proposti da imprese locali. Ci lavorano 90 giovani laureati (coordinati da esperti dell’Università di Cagliari e del CRS4) che portano avanti 11 progetti destinati a 80 imprese.

1 – altravoce.net
Per l’Università-Fondazione, la morte decisa da Tremonti nell’ignavia degli atenei in rotta
di Marco Pitzalis
 
Il tremontismo si esercita sull’università come un colpo di scudiscio. Manca, in Italia, il corrispettivo di una Commissione Attali con il compito di riflettere sui temi della riforma dello Stato e dell’economia e capace di avanzare delle proposte -quand’anche discutibili- di riforma. Noi, per fortuna abbiamo il Ministro Tremonti. Nel giro di due mesi ha emanato un decreto contenente delle misure urgenti per rilanciare l’economia. Queste misure - essendo un’accozzaglia di interventi - prendono ad oggetto pesantemente anche le università e gli universitari. In mancanza di una riflessione profonda e organica, il ministro Tremonti - secondo il suo costume - improvvisa un intervento che mette in mostra la sua mitica creatività (e improvvisazione). In questo modo egli ha umiliato e scavalcato la Ministra Gelmini che, intanto, lanciava messaggi di pace a scuola e università. Questo intervento riguarda due questioni: la natura delle università e le remunerazioni degli universitari.
 
Stupisce osservare l’ignavia universitaria di fronte ad un attacco che mette in questione lo statuto dell’istituzione e la sua filosofia di fondo e nello stesso tempo mette le mani in tasca agli universitari. Qui c’è materia di analisi e riflessione per sociologi, psicologi sociali e finanche antropologi. Il decreto Tremonti ha il merito di mettere in luce la logica profonda delle riforme universitarie che imperversano da oltre un decennio in Italia e in Europa. Logica rappresentata da una quasi esclusiva preoccupazione budgetaria. Il decreto Tremonti interviene infatti per bloccare il turn-over universitario in una fase di emergenza dovuta all’ondata di pensionamenti. Inutile dire che si tratterà di una ulteriore catastrofe generazionale per i ricercatori italiani. Solo il 20% dei posti liberati con il pensionamento potranno essere coperti. Interviene, inoltre, riducendo drasticamente il Fondo di Finanziamento Ordinario. E infine, taglia i nostri stipendi. Portare lo scatto stipendiale da due a tre anni significa, secondo i calcoli fatti, per un ricercatore all’inizio della carriera, una perdita netta cumulata di 180.000 mila euro. E per i più anziani perdite di diverse migliaia di euro. Mica noccioline.
 
Cosa succede?Le elite politiche che controllano lo Stato hanno rinunciato alle università. Questo perché non è nelle nostre università che si formano le elite (dell’industria e dell’alta borghesia) e i loro rampolli. Le elite si formano, non da oggi, nel sistema internazionale di eccellenza. Figuriamoci se queste elite poi faranno le loro donazioni alle malconce università italiane (cui non devono niente)! Le elite politiche che controllano lo Stato hanno rinunciato da diversi lustri a drenare risorse da investire nel sistema nazionale di insegnamento superiore e di ricerca. In parte per incapacità di governo, in parte perché la maggior parte delle risorse vengono utilizzate per foraggiare un sistema statale e politico largamente clientelare.
 
In tutto questo, i politici non hanno rinunciato a riformare. Et pour cause! Le riforme servono a dare l’immagine di attori politici che fanno qualcosa. Soprattutto, in un’epoca in cui non possono più governare l’economia, essi devono comunque mostrare di aprire cantieri di riforma, per questo lanciano “piani quinquennali” come nell’era sovietica. Le grandi riforme, i grandi cantieri, le grandi opere. Queste non mancano nei programmi di governo. E poco importa se i granai sono vuoti. Intanto le pravde avranno avuto modo di annunciare i successi delle illuminate guide dello Stato e dei partiti.
 
L’educazione e l’istruzione - da questo punto di vista - sono degli spazi sempre vergini per i governanti.
 
Il decreto Tremonti ingiunge di trasformare le Università in Fondazioni. Questa proposta ha un unico e infantile obiettivo: quello di drenare risorse dalla società attraverso donazioni e contribuzioni di varia natura. Nulla ci dice del sistema di governance che deve reggere il rapporto tra Fondazioni, università e facoltà. La proposta tremontiana non solo è sbagliata è semplicistica. È sbagliata perché improvvisata e semplicistica. Manca per esempio la necessaria distinzione tra Fondazione universitaria e Università. Distinzione che potrebbe rendere maggiormente accettabile il progetto di costituire delle fondazioni universitarie.
 
Già altrove emergono, d’altronde, dubbi di incostituzionalità. Notoriamente, l’ultimo comma del suddetto articolo recita: “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”.
 
A memoria, citiamo, uno studio di Gaetano Pecorella, a proposito del significato della parola autonomia nel dettato costituzionale. All’epoca giovane studioso, il Pecorella affermava che il concetto di autonomia implica l’esistenza di un’entità giuridica sovraordinata rispetto alle stesse università. L’autonomia non può essere dunque intesa come una forma di indipendenza. Oggi si potrebbe dire di “esternalità” rispetto allo Stato e al suo ordinamento. Lasciamo ovviamente ai nostri dotti e facondi colleghi costituzionalisti l’onere di renderci edotti su queste tematiche. Certo rimaniamo convinti che l’autonomia delle università si può esplicare sempre e soltanto nel quadro dell’ordinamento statuale.
 
Occorre che la comunità universitaria rifletta sul fatto che questo inedito rapporto tra università e Stato non è che l’esito di un processo in cui la politica e i ministeri hanno mantenuto uno stretto controllo sulle università. L’università d’altronde dà scarse assicurazioni sulle sue capacità di auto-governo. Se oggi il processo sembra condurre al suo opposto: cioè una parvenza di indipendenza. Questo è perché le università, spossate da ristrettezze finanziarie e da una gestione non impeccabile, oggi sono solo un peso per lo Stato. Ma come è possibile, che lo Stato si liberi delle università senza che ci sia una necessaria reazione? Almeno da parte degli universitari? Questo avviene perché da lungo tempo ormai, numerosi attori politici, dell’economia e dell’informazione hanno avuto interesse a rinforzare un processo di progressiva delegittimazione delle università. Processo che nelle università italiane, diversamente da quello che avviene in Francia o Germania, trova scarse resistenze e, anzi, molte complicità, di chi usa le università per guadagnarci, di chi me fa feudi di natura clientelare, di chi sconfitto nella competizione nel campo scientifico non accetta i verdetti e trova preferibile bruciare tutta la capanna. In tutti i casi vi è un deficit di fedeltà istituzionale. E qui ci poniamo la domanda che già poneva Antonio Gramsci, nelle sue note sull’università italiana: perché l’università in Italia non svolge il ruolo che svolge in altri paesi?
 
 

Questionario e social

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