Mercoledì 4 giugno 2008

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 giugno 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 8 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 - Il Presidente dell'Ailun Sergio Russo scrive alla Regione sul futuro dell'Università nuorese (Unione - Nuova)
2 - Istruzioni per la nuova Università, un commento di Gaetano Ranieri
3 - Continua la polemica sull'ampliamento del Museo Man di Nuoro (Unione - Nuova)

1 – L’Unione Sarda
Nuoro e Provincia Pagina 30
Università, matricole iscritte a Cagliari
Il presidente del Consorzio Sergio Russo denuncia il silenzio della Regione e lancia un appello all'assessore Maria Antonietta Mongiu
 
Persino per iscriversi al primo anno delle facoltà di Amministrazione, Governo e Sviluppo Locale e di Servizio Sociale le matricole nuoresi dovranno rivolgersi all'Università di Cagliari, anche se poi le lezioni si svolgeranno nella sede di Nuoro. È uno dei tanti paradossi della politica regionale rispetto al polo universitario della Sardegna centrale rilevato dal presidente del Consorzio Sergio Russo in una accorata lettera all'assessore regionale alla pubblica istruzione Maria Antonietta Mongiu. «È evidente che il clima di precarietà è sempre crescente», scrive al proposito Russo.
«Sono passati ormai quattro mesi dalla manifestazione sull'Università che si svolse a Nuoro - scrive ancora il presidente del Consorzio - ed alla quale partecipò, oltre all'assessore alla pubblica istruzione, anche il presidente della Regione ed è anche trascorso il termine fissato nella legge di Bilancio per la sottoscrizione di un'intesa con le Università di Cagliari e di Sassari per la razionalizzazione dell'offerta formativa del sistema universitario della Sardegna, ivi compreso quello dei corsi decentrati. Il tema del futuro dell'Università di Nuoro è ancora irrisolto, nè può esserlo senza le determinazioni della Regione».
Russo affronta quindi il nodo centrale del problema: «Certezza delle risorse e e strategia sono due aspetti correlati - scrive il presidente - rivendichiamo il ruolo di terzo polo universitario della Sardegna, sancito da un accordo di programma, mai revocato dalla Regione, e sosteniamo che fra i 40 mila studenti di Cagliari ed i 18 mila di Sassari vi è un ampio spazio perché i mille iscritti di Nuoro possano raddoppiare o triplicare di numero, in un quadro di integrazione nel sistema universitario regionale, senza duplicazione dei corsi e con chiare specialità. Per questo abbiamo proposto un progetto che assegni a Nuoro una specifica competenza nei settori dello sviluppo locale, della pubblica amministrazione, del turismo e dell'ambiente».
Sergio Russo fa riferimento quindi ai passi in avanti già fatti ed a quelli programmati: «Abbiamo proposto di integrare le esperienze dell'Ailun con quelle del Consorzio (come richiesto dalla Regione fin dall'ottobre del 2007), in un sistema che valorizzi le competenze consolidate e prevede, per 2-300 studenti, la possibilità di frequentare un campus didattico con insegnamenti integrativi fortemente orientati all'economia ed al mercato, il tutto sul modello della Normale di Pisa. La Provincia di Nuoro, d'intesa con quella Ogliastra, sta sviluppando il progetto di una Fondazione che supporti anche economicamente le attività universitarie e che vede partecipi enti locali, il sistema finanziario e l'imprenditoria».
Russo conclude la sua lettera con un appello-denuncia: «La Regione pare assente, né può essere considerato sufficiente l'apporto delle risorse storiche che ormai tende ad arrivare ad attività compiute e sempre con la prospettiva di un solo anno. Per l'Università nuorese il mantenimento dello status quo non rappresenta un successo ed è anzi un arretramento, di fatto, rispetto ad una società i cui bisogni mutano e crescono. Anche il mantenimento dei corsi esistenti non rappresenta più una certezza. Perciò bisogna decidere quale ruolo deve avere Nuoro nel sistema universitario della Sardegna». 
2 – L’Unione Sarda
Commenti Pagina 12
Istruzioni per l'uso di una nuova Università
Democratica, pluralista, cosmopolita, aperta
 
L'Università di Cagliari non ha più bisogno di essere gestita, come in passato, con paternalismo e bonarietà. Se anche si sono raggiunti risultati importanti, il sistema non appare attuale e in grado di "reggere" per il futuro. L'Università ha necessità di recuperare o finalmente acquistare efficienza nei campi istituzionali.
Oggi è una necessità dettata dall'emergenza nella quale tutta l'Università italiana è stata portata negli ultimi 10 anni. La promulgazione di una legge quadro per risolvere i problemi dei docenti, ma soprattutto per rispondere alle esigenze del territorio e dare prospettive ai giovani, è oggi impellente e improcrastinabile. In Sardegna, l'abitudine all'assistenzialismo, l'assenza di meritocrazia, la mortificazione di qualsiasi percorso virtuoso, l'attenzione solo a logiche politiche, il ricorso a vecchie logiche di consociativismo politico perpetrato nel tempo hanno strozzato iniziative di valore.
L'Università di Cagliari va ridisegnata sia nelle strutture centrali che in quelle periferiche. Occorre innanzitutto proporre una semplificazione dell'Amministrazione Centrale, valorizzando le capacità degli operatori e proponendo un disegno nuovo degli organi decisionali che sono oggi pletorici e pesanti. Contestualmente occorre trovare un assetto nuovo del percorso di formazione e di quello di ricerca, magari evitando le distinzioni, perché il sapere si trasmetta più velocemente, perché l'Università torni ad essere il punto di riferimento del vivere civile, della gente, del territorio e, perché no, anche della classe politica. Un'Università non partecipativa e limitata alle scelte di altri, ma trainante: il luogo dove si possa sviluppare il pensiero, coordinare le azioni, "progettare" il futuro. La nostra Università ha bisogno di confrontarsi con il mondo esterno e non solo con la gente comune, ma anche con aziende, fabbriche e tutti gli operatori sul territorio. Ha bisogno di recuperare la sua missione nell'alta formazione, di acquistare la leadership nella formazione e nella ricerca, di promuovere e veicolare le idee nuove, di "istigare" i giovani a pensare, di risvegliare le intelligenze ed esaltare le più brillanti. L'Università dovrà quindi presentarsi al mondo esterno, a quello socialmente più debole come a quello più ricco, come un'attrattiva, un'amica, e dovrà esserlo realmente; dovrà essere perciò giusta, democratica, pluralista, cosmopolita e aperta a nuovi mondi. Essa ha bisogno di raccogliere le forze, tutte: dei docenti, degli amministrativi, dei tecnici, per "giocare in squadra", con il rispetto dei ruoli e con convinzione e coraggio.
L'Università di Cagliari ha i mezzi e gli uomini per fare questo salto di qualità e gli strumenti per questo cambiamento sono forse più semplici di quello che sembra. Il nuovo Rettore dovrà trovarli e perseguirli.
GAETANO RANIERI
(Università di Cagliari) 
 3 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 7
La polemica
Da Dorfles a Boeri, 170 firme per il Man
 
Venti righe per rispondere (indirettamente) all'accusa di «cannibalismo culturale» lanciata da circa 170 docenti delle Università di Cagliari e Sassari. A due settimane dall'ennesimo attacco al progetto di ampliamento del museo Man, altri 170 tra politici, critici, saggisti, giornalisti artisti e architetti di livello internazionale rilanciano il progetto del museo barbaricino. Dal saggista Gillo Dorfles ai critici Achille Bonito Oliva e Hans Ulrich Obrist; dagli architetti Stefano Boeri, Gonçalo Byrne e Rem Koolhaas allo stilista Antonio Marras; dal sottosegretario della Pontificia commissione per i Beni culturali della Chiesa, Jose Manuel Del Rio Carrasco, allo scultore Pinuccio Sciola, fino al mondo del giornalismo rappresentato dal direttore di Rai Sardegna, Romano Cannas. E ancora, una lunga schiera di rappresentanti dell'Accademia di architettura di Mendrisio, in Svizzera, e di docenti della facoltà di Architettura di Alghero.
Quasi 170 firme in progressivo aumento, un po' pescate nelle sale dell'ex Manifattura tabacchi di Cagliari (dove si è appena conclusa la seconda edizione di Festarch , il festival internazionale di architettura) e un po' figlie di una polemica politico-culturale che da mesi vede comitati e fondazioni schierati contro la proposta del museo nuorese di espandersi su Piazza Sebastiano Satta, il monumento che Costantino Nivola dedicò all'autore del Giorno del Giudizio .
Venti righe spedite al sindaco di Nuoro, Mario Zidda (e al Consiglio comunale in vista dell'attesa assemblea civica) per ribadire che «il progetto di ampliamento, oltre che necessario, è del tutto in sintonia con l'architettura della mirabile piazza progettata da Nivola». I firmatari sottolineano che il blocco della proposta «rischia di penalizzare le prospettive di crescita di una delle più significative e affermate istituzioni culturali del nostro Paese. Vi preghiamo - conclude la lettera - di fare tutto il possibile perché il Man continui a vivere, a crescere e a rappresentare, in Sardegna e nel mondo, il simbolo di una ricerca radicale e coraggiosa nel campo dell'arte e della conoscenza critica».
Tra i firmatari, anche due rappresentanti di maggioranza e opposizione in Parlamento: Bruno Murgia (deputato del Pdl) che già da tempo si era schierato a favore della proposta del Man definendola «un utile shock», e il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, che sprona il Consiglio comunale di Nuoro a prendere una decisione. «La soluzione del Man è rispettosa della piazza - sottolinea - e non è certo la politica a dover decidere cosa sia meglio in una disputa culturale che non può vedere né vincitori né vinti. Ma la politica ha la responsabilità di compiere scelte in tempi brevi, così come seppero fare gli amministratori che vollero piazza Satta. Non si può continuare a rinviare all'infinito la decisione: i termini della questione sono ormai chiari».
EMILIANO FARINA
 4 – L’Unione Sarda
Prov Sulcis Pagina 26
Iglesias. L'architetto Jacques Herzog ha illustrato il masterplan che trasforma in modo radicale il sito minerario
Monteponi, tradizione e futuro
Una torre-albergo dovrebbe sorgere sui fanghi rossi
L'intervento dell'architetto Jacques Herzog al Festarch di Cagliari ha permesso di conoscere nuovi dettagli sul masterplan di Monteponi che tra breve sarà presentato a Comune e Regione
 
Il sogno di una Città futura, per Iglesias, comincia da Monteponi. La Regione è pronta a stanziare 40 milioni di euro per dare avvio al progetto di riqualificazione della miniera messo a punto dagli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron, gli stessi che hanno realizzato lo stadio olimpico (il Nido) di Pechino, e la Galleria d'Arte moderna del Tate di Londra, costruita sui resti di una vecchia centrale elettrica, e divenuta un simbolo della riqualificazione in chiave contemporanea di vecchi siti industriali.
I FINANZIAMENTI A Monteponi sorgeranno nuove residenze, edifici universitari, alberghi, un centro congressi e spazi destinati ad attività culturali e ricreative. L'area dove verrà costruito il nuovo complesso sarà quella intorno alla laveria Waeltz, attualmente occupata da ruderi oramai irrimediabilmente danneggiati e destinati alla demolizione. Ai 40 milioni immediatamente garantiti dal presidente della Regione Renato Soru se ne aggiungeranno altri resi disponibili da imprese private disposte a investire nel progetto, e ingenti saranno anche i fondi necessari per le bonifiche ambientali, in particolare per quelle sui fanghi rossi.
IL MASTERPLAN Nei giorni scorsi il masterplan di Monteponi è stato presentato da Jacques Herzog al Festarch, il Festival Internazionale di Architettura svoltosi negli spazi della ex Manifattura Tabacchi, a Cagliari, e ha raccolto il plauso e l'entusiasmo del pubblico, non solo di addetti ai lavori, che ha partecipato all'evento, quest'anno incentrato sul tema del Turismo Planetario.
HERZOG «Lavorare su Monteponi - ha spiegato Herzog - è stata una grande opportunità per compiere un primo passo verso una visione del tutto nuova del turismo in Sardegna»: l'idea dello studio elvetico è quella di far rivivere «l'Acropoli industriale» iglesiente, facendone un polo di attrazione turistica ma anche un luogo produttivo, di cultura, di studio e di servizi, vivibile a trecentosessanta gradi in ogni periodo dell'anno, sia dai locali che dai turisti.
L'ALBERGO Tra le peculiarità del masterplan ve ne è una che balza subito agli occhi: un edificio da costruire al centro dei fanghi rossi. Si tratta, secondo il progetto di Jacques Herzog e Pierre de Meuron, di un albergo da 200 posti letto collegato alle altre strutture da alcune pensiline aeree. La zona residenziale e ricettiva piuttosto sarà strettamente connessa alla zona universitaria: nessun micro-quartiere, ma un grande complesso dove le case, gli alberghi, gli edifici universitari, si intersecheranno sovrapposti gli uni agli altri intorno a grandi spazi comuni, che diverranno luoghi di incontro, ricreazione e intrattenimento, con locali pubblici e un'arena per gli spettacoli all'aperto.
L'ARCHIVIO Le nuove costruzioni affiancheranno gli edifici ristrutturati, come il Pozzo Sella e i Magazzini, dove sarà ospitato il più grande archivio minerario d'Italia. Una discontinuità che - a detta degli esperti intervenuti al Festarch - «costituisce un valore aggiunto al fascino del sito», dove si intende far convivere armonicamente vecchio e nuovo, storia e contemporaneità o, come dice Herzog, «memoria e vita quotidiana». In tempi relativamente brevi il progetto sarà pronto per essere sottoposto al Consiglio comunale, alla Soprintendenza e agli Enti interessati, che si esprimeranno sugli aspetti di loro competenza.
PAOLO MOCCI
5 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari Pagina 23
burcei
In un libro la storia della disputa
 
Anni e anni di ricerche storiche negli archivi e negli atti ufficiali: così il professor Gian Giacomo Ortu, docente di Storia moderna nella facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari, ha ricostruito la storia di Burcei. Legata a filo doppio con quella di Sinnai. «Attorno al 1650 - spiega il professore - un gruppo di pastori e agricoltori di Sinnai, Settimo San Pietro e anche di Villasalto si riunì attorno alla chiesa di Santa Maria Monserrata. In pratica quindi Burcei nacque all'interno del territorio di Sinnai, storicamente». Inevitabile che sorgessero problemi di confine. «Soprattutto - prosegue professor Ortu - quando chi aveva scelto il nuovo paese, spezzò il legame con il centro di provenienza». I fatti di sangue sono comunque slegati: «Si tratta soprattutto di faide tra due gruppi familiari, lo sconfinamento del bestiame erano solo il pretesto finale, a quanto risulta dai processi del 1800». La prima revisione dei confini tra Sinnai e Burcei avvenne alla fine del 1800 e fu un accordo tra i sindaci. Storie di uomini, gruppi familiari e territori. Affascinante come tute le piccole storie delle comunità dell'interno. «Mia moglie è originaria di Burcei - spiega professor Ortu - è u libro che ho dedicato a mia figlia e alle sue radici». (p.c.)

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Nazionale
Dopo la manifestazione è calato il silenzio sull’ateneo barbaricino e sui corsi cancellati 
«Università senza presente e senza futuro» 
Sergio Russo scrive all’assessore Mongiu «Regione assente, si riprenda il dialogo» 
  
NUORO. L’università nuorese è senza presente e senza futuro. A lanciare questo accorato grido di allarme è adesso il presidente del consorzio universtaio nuorese, Sergio Russo, che scrive una lettera aperta all’assessore regionale alla Cultura, Mariantonietta Mongiu, esortandola a prendere in mano il filo di una matassa aggrovigliata, dopo tanti impegni solennemente assunti, durante la grande della manifestazione dei tremila studenti nuoresi.
 Università nuorese, dopo la grande manifestazione dei tremila studenti, sulla questione si è alzata una strana cortina di silenzio. Soprattutto da parte della Regione e dei due atenei sardi. E la cosa adesso preoccupa moltissimo anche il presidente del consorzio universitaro nuorese, Sergio Russo, che scrive allarmato all’assessore regionale Mariantonietta Mongiu: «Sono ormai passati quattro mesi dalla minifestazione ed è trascorso anche il termine fissato nella legge di Bilancio per un’intesa con le due università sarde per la razionalizzazione dell’offerta formativa del sistema universitario sardo, compresi i corsi decentrati». Pertanto secondo Russo la questione dell’ateneo nuorese resta del tutto «irrisolta» e non potrà esserlo «senza le determinazioni» della Regione sarda. Manca infatti ogni certezza sia sulle «risorse» che sulle «prospettive future». L’unica cosa sicura per il presidente dell’ateneo nuorese è il fatto che l’università di Cagliari «non avvierà per il 2008-2009 le immatricolazioni al primo anno» di Amministrazione e Governo locale e del corso di Servizio sociale a Nuoro.
 Insomma, dopo tanto baccano, siamo sempre al punto di partenza, salvo qualche piccolo palliativo. E per Sergio Russo la «precarietà» ora diventa sempre crescente, mentre non si vedono nè strategie nè risorse per sostenerle.
 «Come lei sai - continua poi nella lettera aperta alla Mongiu - noi rivendichiamo il ruolo di terzo polo universitario della Sardegna sancito da un accordo di programma, mai revocato dalla Regione, e sosteniamo che fra i 40 mila studenti di Cagliari e i 18 mila di Sassari vi è un ampio spazio perchè i 1000 studenti di Nuoro possano raddoppiare o triplicare in un quadro di integrazione nel sistema universitario regionale, senza duplicazione di corsi e con chiare specialità. Per questo abbiamo proposto un progetto che assegni a Nuoro una specifica competenza nei settori dello Sviluppo locale, della Pubblica amministrazione, Turismo e Ambiente».
 Inoltre si è anche proposto di «integrare le esperienze dell’Ailun e quelle del Consorzio» come richiesto dalla Regione «nella delibera n.44/9 del 2007» in un sistema che preveda anche per «300 studenti la possibilità di frequentare un Campus didattico» con insegnamenti orientati all’economia di mercato sul modello della Normale di Pisa.
 Infine, ricorda Sergio Russo all’assessore Mongiu, c’è anche il «progetto di una Fondazione» in fase di discussione, che punta al superamento del vecchio consorzio: «Una Fondazione che potrà portare a un rafforzamento del sistema, garantendo una quota di risorse certe, ma soprattutto rendendo la comunità un soggetto attivo nelle scelte e capace di orientare gli obiettivi da sviluppare». Ma in tutto questo la Regione sarda «pare assente» e per l’ateneo nuorese lo «status quo» non rappresenta un avanzamento. Anzi, i corsi che c’erano prima oggi non ci sono più.
 La lettera alla Mongiu si chiude con un invito a discutere «nel merito delle proposte» e di assumere decisioni «chiare e impegnative» soprattutto sul «ruolo che Nuoro deve avere nel sistema universitario trrio della Sardegna». E il per Russo tutto deve avvenire in «tempi rapidi», prima che sia troppo tardi.
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
KAREL GEBOES
Laurea honoris causa
 
CAGLIARI. Ieri mattina nell’aula magna del Rettorato è stato conferita la laurea honoris caua al professor Karel Geboes per la continua collaborazione con l’Università di Cagliari nella formazione degli specializzandi in anatomia patologica.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
Man, il progetto messo a nudo 
A Festarch gli architetti incaricati per la nuova sede hanno illustrato la loro proposta raccogliendo consensi 
La replica dei professionisti sulla facciata dell’edificio «Pieno rispetto per Nivola» 
 
«La parola al colpevole». Achille Bonito Oliva ha introdotto così, domenica a Cagliari durante Festarch, l’architetto Gianni Filindeu, uno dei progettisti della nuova sede del Man, e dunque ideatore dell’ormai famigerata facciata che dà (che dovrebbe dare) su piazza Sebastiano Satta. «Colpevole di non essere una griffe», ha aggiunto Marcello Fois, seduto accanto al critico e alla direttrice del museo Cristiana Collu, «perché se fosse stato uno dei grandi nomi visti qui a Festarch la discussione neppure si sarebbe posta». L’incontro aveva per tema il «Tour della vittima», il progetto artistico creato dal museo proprio per la festa per l’architettura, ma l’argomento catalizzante è diventato subito l’ampliamento del Man al centro di polemiche da settimane. Bonito Oliva aveva parlato di «caccia sadica» nei confronti del museo e della sua direttrice, Fois di una «sacralizzazione di Nivola, che non sarebbe piaciuta neppure all’interessato, per non parlare delle sue vestali».
 Loro, gli autori del progetto (Filindeu e un altro architetto, Ignazio Caredda), in queste settimane di polemica hanno scelto la via dell’understatement, anche di fronte a critiche che andavano oltre il legittimo confronto sulla filosofia dell’intervento. Come l’invito a esercitarsi in periferia e non in un centro storico.
 Trentasette anni, nuorese, laureato a Roma, dove ha lavorato alla Galleria nazionale d’arte moderna e poi per importanti committenze private, è tornato in Sardegna da tre anni. All’attività di libero professionista affianca quella di docente a contratto alla facoltà di architettura di Alghero. Dove insegna, accanto a un nome internazionale come quello del portoghese Goncalo Byrne, guarda caso proprio progettazione nei contesti storici. Parlando nella sala 3 dell’ex manifattura tabacchi, stracolma, Filindeu ha manifestato anzitutto il proprio stupore per come, attraverso una sola immagine, fra l’altro virtuale, della futura facciata, si siano manifestate tante certezze e sentenze di condanna su un progetto che, alla fine, pochi conoscono.
 «Il Man - ha detto Filindeu - ha scelto una strategia di ampliamento che è quella di invadere, in senso figurato ovviamente, il centro storico in punti nevralgici, cercando di ricavare un percorso artistico all’interno della città in edifici preesistenti». Una strategia, dunque, lontana dal gigantismo modello Guggenheim di Bilbao che è stato pure tirato in ballo in questa polemica. L’attenzione su piazza Satta, ha proseguito l’architetto, è stata perciò fisiologica e inevitabile per la continuità tra via Satta (dove sorge l’attuale sede del museo) e la piazza intitolata al poeta. Una circostanza fortunata, rileva Filindeu, proprio per la straordinarietà dell’opera di Nivola. Perché è singolare che una piazza che ha un così forte impatto emotivo su chi la visita, specie la prima volta, sia frutto di una serie di elementi di pregio su cui Nivola ha dato prova di tutte le qualità che generalmente gli vengono attribuite: scultore ma anche urbanista, designer e profondo conoscitore dei materiali. Si scopre così, nel racconto «tecnico» di Filindeu, che poco o nulla è stato lasciato al caso: la disposizione dei lastroni in granito, quella delle sedute, poi dei grandi massi posti a mo’ di recinto, più un altro enorme menhir che Nivola chiamava Sardus Pater; o le statuette in bronzo del poeta che si trovano tutte alla stessa quota percettiva (piazza Satta è concepita come un piano inclinato). L’architetto ha poi evidenziato come i lastroni della pavimentazione non giungano mai, nell’intero perimetro della piazza, sino alle case, ma «la corona degli edifici viene arginata da un metro di ciottolato». Secondo Filindeu, dunque, le caratteristiche specifiche delle abitazioni non erano per lo stesso Nivola un elemento determinante dell’opera che intendeva realizzare, anche per lo scarso valore architettonico che gli attribuiva. Una valutazione avvalorata dal fatto che per ricavare l’ampio spazio attuale della piazza furono abbattuti diversi edifici. Uniche, ormai notissime condizioni, l’utilizzo del colore bianco per le facciate (violato in almeno un paio di casi, senza clamori eccessivi: chi colorando di rosa, chi portando a vista i blocchi di granito) e il divieto d’accesso all’auto (violato anche questo sino a pochi mesi fa, quando è stato installato un orribile ma efficace dissuasore).
 «È stato detto - ha continuato Filindeu - che l’ingresso da noi progettato assomiglia a una serranda, ma nessuno ha guardato le quattro serrande in metallo che si affacciano realmente sulla piazza. Uno degli edifici più grandi, la scuola materna, ha le finestre in alluminio anodizzato ma tutti si sono concentrati sul fatto che la nostra facciata non avesse finestre. E nessuno ha pensato a come uno spazio così concepito possa essere utilizzato per proiezioni di video o film, al posto dei teloni o dei palchi in tubi Innocenti che ogni estate fanno la loro desolante comparsa nella piazza».
 Dopo queste considerazioni, Filindeu ha illustrato come sono stati utilizzati gli edifici che compongono la nuova ala del museo, formato dall’unione delle case Deriu e Calzia e dell’ex albergo Sotgiu. Il fatto che i primi due edifici, comunicanti, si affaccino l’uno su via Angioy, strada di raccordo tra piazza Satta e il corso Garibaldi, e l’altro sulla piazza, ha suggerito di utilizzare il salto di quota di un livello tra le due facciate creando un unico volume, che comprende sostanzialmente tre livelli, dove il visitatore ha una percezione diretta e immediata dell’attività del museo, ma anche dei suoi servizi, dal book shop alla caffetteria. E la piazza? Che dire del famoso e contestato ingresso largo quasi sette metri e alto due e mezzo? Se questa è, metaforicamente, la bocca che ha suggerito agli oppositori del progetto, altrettanto metaforicamente, la volontà di «cannibalismo culturale» da parte del Man verso piazza Satta, Filindeu replica che lo spirito di quell’ingresso certo più largo di quell’attuale («vi rendete conto che si sta difendendo un portoncino in alluminio anodizzato?!», aveva ammonito poco prima Marcello Fois) non ha nessuna volontà prevaricatrice sulla piazza, né pretese accentratrici di tipo estetico o semplicemente visivo sull’opera di Nivola; ma è comunque una necessità, perché è l’ingresso di un’istituzione che ogni anno accoglie oltre quarantamila visitatori, numero superiore agli stessi abitanti di Nuoro, ed è la porta di un grande museo (questa sede, ex albergo compreso, avrà un’area attorno ai mille metri quadri) dove da qualche parte le opere bisognerà pur farle entrare.
 Seduto tra il pubblico, poco dopo interviene l’altro progettista, l’architetto Ignazio Caredda. A lui si deve il recupero della sede storica del Man, quella in via Satta, come la conosciamo oggi. Quando Cristiana Collu arrivò a Nuoro, dieci anni fa, era stata appena ristrutturata su progetto di un ingegnere - costo dei lavori attorno al miliardo di lire - ma lei si rifiutò di entrarci perché sembrava più un condominio che un museo. Chiese e ottenne un’ulteriore ristrutturazione e un nuovo progettista, appunto Caredda. Il quale ha ricordato di essere nato, nel 1946, in via Satta, proprio dove oggi sorge la piazza. «Le attività artigianali o commerciali di allora hanno chiuso una dopo l’altra. Nella piazza non vedo più bambini giocare, né vecchi passare il tempo. Non credo che Nivola volesse questo. Il Man è una scommessa per ridarle vita».
 A questo punto, sul finire della conferenza a Festarch, si capisce che il pubblico - composto per larga parte da specialisti - ha già metabolizzato il progetto. Facciata compresa.
 
 
 

Questionario e social

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