Venerdì 31 agosto 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 agosto 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 3 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 107
Ma quant’erano chic questi barbaricini
Un popolo mai sottomesso dai Romani? Mito sfatato dal sito di Sant’Efis a Orune
 
Orune. Immaginatelo come un centro commerciale, una grande città mercato dove i sardi trovavano di tutto, dalla salsa di pesce per intingere il pane alle tegole piatte lavorate nelle botteghe della capitale dell’Impero. E siccome, con tutta evidenza, i barbaricini non erano questi guerrieri massimamente rozzi e resistenziali dipinti da certa mistica dell’identità, fa un certo effetto sapere che erano grandi consumatori di fine vasellame africano, di bicchieri in vetro soffiato e di raffinate lucerne. Ora, se qualcuno mette in mezzo Ospitone che si convertì al cristianesimo e si prese i complimenti di papa Gregorio Magno che disprezzava i barbaricini «perché vivono come animali ignorando il vero Dio», sappia che giusto centoventi anni prima - in questi grandi magazzini sulla superstrada dell’Età imperiale - si vendevano i vasi di vetro, usati come lanterne, con inciso il Cristo tra gli apostoli.
Qui, nell’antico villaggio che spunta a Sant’Efis, nelle campagne di Orune a poche centinaia di metri da un nuraghe, si sgonfia il mito della Barbagia mai conquistata dai Romani. Qui, a pochi chilometri dal paese che, nel bene e nel male, con Orgosolo è quello che rappresenta più di tutti lo spirito dell’identità - viene seppellita la leggenda della onorevole resistenza dei sardi dell’interno contro ogni conquistatore. «I Romani arrivarono eccome, in Barbagia. E da ora in poi non c’è più discussione». Alessandro Teatini, docente di Archeologia delle province romane all’Università di Sassari, è il direttore del cantiere scuola dove, dall’otto luglio scorso e fino a domani, lavorano sessanta studenti di sette atenei italiani. Due mesi di lavoro per la quarta campagna di scavi estivi organizzati dall’Università sassarese assieme alla Soprintendenza di Nuoro (che aveva avviato l’opera nel ’92 e poi nel 2002 e 2003), col sostegno del Comune di Orune, della Fondazione Banco di Sardegna e della Provincia. «Questo - chiarisce subito il professor Teatini - è un insediamento assolutamente unico, almeno fino a quanto se ne sa oggi, in Sardegna. Nessun altro sito è così grande , nessun altro è così ben conservato. Qualcosa di simile, in Italia, la si trova solo a Pompei e a Ostia».
Il fatto è che, scavando fino a tre metri sotto terra, sta riaffiorando la città-mercato al centro della strada che da Olbia - passando per le stazioni di Caput Tyrsi, Sorabile, Valentia e Biora - arrivava fino a Cagliari. Non era un insediamento militare (non sono state ritrovate armi), la città era abitata da sardi romanizzati, terzo secolo dopo Cristo, Epoca imperiale, «ma c’era qualcosa di più antico che può risalire al 40, 80 dopo Cristo». Un villaggio di due ettari, per la maggior parte ancora seppellito dal bosco di lecci, ma che già si vede nei tre spazi di scavo aperti nel cantiere (uno è quello della chiesa, costruita tra il 1400 e il 1600). Ieri un gruppo di ragazzi, coordinati da Fabrizio Delussu, ricercatore dell’ateneo sassarese, stava ripulendo i lastroni del pavimento e raccogliendo le tegole da ricomporre in laboratorio. I muri in granito e fango alti più di due metri, le canalette dell’impianto idrico, le finestre. C’è un vero e proprio isolato, si intuisce una via, e più in là la zona dove c’era un magazzino e il deposito delle merci. «Un villaggio che - sottolinea Fabrizio Delussu - proprio per il punto strategico che occupava sulla strada principale dell’isola, era anche un centro di smistamento delle merci fra il porto di Olbia e quello di Cagliari. Qui si acquistavano i generi alimentari, ma anche i beni di lusso e i manufatti artigianali che arrivavano dalla capitale e dalle altre province dell’Impero».
E benedetto sia il consumismo degli antichi barbaricini. Oggi, proprio grazie ai reperti ritrovati a Sant’Efis, si cominciano a chiarire molti aspetti ancora oscuri, e molto folk, della storia di questo popolo. «Intanto - sottolinea Alessandro Teatini -, grazie ai tantissimi reperti ritrovati, abbiamo visto che le mercanzie preziose e i cibi raffinati venivano apprezzati anche da queste parti. Un aspetto non certo secondario che ci fa capire come si viveva a quel tempo in Barbagia». Andavano di moda il vasellame e i grandi piatti che arrivavano dall’Africa, certe bellissime anfore, le lanterne preziose che adesso - nel laboratorio aperto dal Comune di Orune nella vecchia scuola materna - vengono assemblate, pulite e catalogate dagli studenti. Dove un tempo c’era il deposito merci del villaggio di Sant’Efis sono stati ritrovate le giare e le anfore africane che contenevano l’olio pregiato e la salsa di pesce, e il grano fossilizzato che doveva essere stato custodito dentro i sacchi.
«Fu dopo un incendio, avvenuto intorno alla metà del quinto secolo, che il villaggio venne abbandonato», racconta il professore. Un incendio che causò il crollo della volta di legno di ciascuna casa e di ciascun deposito merci; il che - assieme alla terra venuta giù via via - ha fatto da coperchio ermetico, conservando tutto perfettamente. I reperti ritrovati arrivano fino a quella data, compreso lo straordinario solidus aureo di Valentiniano III (risalente al 426-431 dopo Cristo) oggi esposto nel museo archeologico di Nuoro. E risale a quel periodo anche il vaso di vetro, in realtà una lampada, con l’incisione dell’Ultima Cena («un oggetto così non esiste neanche nei Musei Vaticani», sottolinea il docente universitario), adesso affidato alle cure dei restauratori del laboratorio della Soprintendenza di Sassari. «Questo ritrovamento - chiarisce Teatini - dimostra che il cristianesimo era arrivato in Barbagia ben prima che il papa se ne lamentasse con Ospitone». E, con tutto il resto, dimostra pure che «non è vero che la Barbagia non è mai stata conquistata dai Romani. La resistenza c’è stata fino al primo secolo dopo Cristo: ancora Augusto e Tiberio mandavano le truppe. Ma poi - ribadisce Fabrizio Delussu - con l’Età dei Flavi, la dominazione fu completa». Serviranno non meno di vent’anni, spiegano i docenti, per riportare alla luce tutta la città. «Ma il sito - avverte Teatini - potrà essere visitato al massimo entro due anni». È questo il progetto del Comune che vuole fare del paese un centro permanente per le ricerche archeologiche. Intanto a Orune gli studenti vengono accolti tutta l’estate: dormono in palestra sulle brandine, mangiano all’agriturismo. «Ora la nostra idea - spiega il sindaco Francesca Zidda - è quella di mettere a disposizione dell’Università di Sassari un laboratorio aperto tutto l’anno». Oggi il laboratorio - che poi è l’ex scuola materna rimasta senza bambini - è ancora un magazzino, con le casse colme di tegole e ceramiche catalogate e allineate sugli scaffali e i tavolini pieni di cocci da pulire e assemblare con la paraloid, la colla rosa dei restauratori. 
Piera Serusi

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Promosso dalla facoltà di Scienze politiche dell’Università 
Master in pari opportunità 
 
SERRENTI. Nell’anno europeo delle pari opportunità anche l’amministrazione comunale vuole fare la sua parte per promuovere l’uguaglianza nei diritti fra donne e uomini. Ha così deciso di favorire la partecipazione di un cittadino disoccupato al master di secondo livello in “Esperti in promozione delle pari opportunità” mettendo a disposizione una borsa di studio di 750 euro come incentivo alla quota d’iscrizione di 1.250 euro. L’iniziativa è promossa dalla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Cagliari.
 Il corso è rivolto ai laureati residenti nel Comune. Le domande saranno valutate in riferimento al voto di laurea, all’argomento della tesi (con priorità agli argomenti del master), esperienze di lavoro, tirocini o impegni nel volontariato con attinenza ai temi delle pari opportunità. In caso di più richieste con gli stessi requisiti, la commissione procederà al sorteggio. La richiesta per accedere alla borsa di studio, compilata sul modulo disponibile nella segreteria del Comune, dovrà essere presentata all’ufficio protocollo entro il 3 settembre prossimo. Per maggiori informazioni o dettagli, è possibile consultare il sito http://spol.unica.it/master-po. (i.c)
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
GENETICA Progetto Progenia in Ogliastra 
Scoperti da un gruppo di ricerca del Cnr di Cagliari finanziato dagli Stati Uniti 
Individuati i geni dell’obesità 
E i cromosomi sfatano il luogo comune dei sardi ombrosi 
 
CAGLIARI. In Italia venti milioni di persone hanno problemi di peso. Di questi, quattro milioni sono obesi veri e il 27 per cento hanno problemi cardiovascolari. Essere grassi potrebbe essere anche bello per l’estetica ma non lo è certamente per la salute. Ed è una malattia, comportamentale ma con riflessi genetici, come hanno comprovato i ricercatori del progetto Progenia, un programma di studio sulla popolazione dell’Ogliastra iniziato nel 2001. In particolare sono stati individuati due geni, il Fto e il Pfkp, fortemente legati alle persone sovrappeso. «L’obesità è un fenomeno complesso condizionato da fattori ambientali, da abitudini alimentari e predisposizione genetiche», spiega Manuela Uda, ricercatrice dell’Istituto di neurogenetica e neurofarmacologia del Cnr di Cagliari (diretto da Antonio Cao) e direttrice scientifica italiana di Progenia. «I responsabili scientifici del progetto - precisa - sono due: uno è l’americano David Schlessinger».
 Progenia è l’unico progetto sardo e uno dei pochissimi nazionali interamente finanziato da un ente pubblico degli Stati Uniti, il Nia di Baltimora, l’omologo dell’Istituto della sanità italiano. Grazie all’autorevolezza scientifica dell’allievo di Cao, Giuseppe Pilia (scomparso due anni fa e ideatore di Progenia assieme a Schlessinger), il Nia ha stanziato diciasette milioni di dollari. Tra gli obiettivi anche quello di studiare l’invecchiamento della popolazione ogliastrina, visto che gli ultracentenari abbondano. «In Sardegna - ha precisato più volte Cao - la situazione di isolamento ha permesso il formarsi di una serie di caratteristiche genetiche ideali per lo studio del genoma».
 Che l’obesità avesse anche una componente ereditaria già si sapeva, ma non quali fossero i geni responsabili. Ora «grazie a una tecnica all’avanguardia, la Snip, si è riusciti ad analizzare il genoma in maniera globale. E verificare la presenza di variazioni di sequenze all’interno dei geni Fto e Pfkp correlate agli indici che indicano obesità come la massa corporea, la circonferenza dei fianchi e il peso». I risultati di questa ricerca sno stati pubblicati nella rivista Plos Gentics, una delle più autorevoli del settore.
 La popolazione della Sardegna e, in particolare, dell’Ogliastra ha caratteristiche, rispetto all’obesità, simili al resto d’Italia, «permettendo in tal modo la messa a punto di modelli esportabili». Questo tipo di ricerche, continua la responsabile scientifica Uda, «hanno potenziali molto importanti. Individuato il gene e la sua posizione all’interno del genoma, sarà possibile poter fare in tempi rapidi delle analisi per capire la predisposizione verso l’obesità e, successivamente, adottare delle diete mirate e individualizzate». L’obesità è, infatti, una patologia che deriva da molti fattori e «che richiede un approccio multiplo».
 Molti i risultati intriganti del progetto Progenia, tra questi l’aver sfatato il mito dei sardi ombrosi e chiusi di carattere. «Noi - continua Uda - abbiamo sottoposto a studio seimila volontari tra Ilbono, Elini, Arzana e Lanusei - spiega. Tra le altre cose abbiamo analizzato anche i tratti della personalità, sempre correlati alla presenza di determinati geni- E abbiamo riscontrato, anche dai test fatti, un carattere aperto e disponibile e ricco di emozioni positive».
Roberto Paracchini
 
 

Questionario e social

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