Venerdì 24 agosto 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 agosto 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 7 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari Pagina 22
Dolianova
Iscrizione on line per l’ateneo in Comune
 
Anche quest’anno il Comune di Dolianova garantirà il servizio scuolabus per gli studenti che frequenteranno le scuole elementari e medie. Il servizio dovrebbe partire in concomitanza con l’avvio delle lezioni. All’Ufficio relazioni con il pubblico sono in distribuzione i moduli per la presentazione della domanda che dovrà essere inoltrata entro il prossimo venti settembre.
All’Ufficio Informagiovani dello stesso Comune sono invece disponibili informazioni relative a scuola, lavoro, formazione professionale, università e tempo libero ed altri servizi ancora. Ma anche l’offerta didattica delle Università, il bando Ersu e ed è possibile iscriversi on line.
Si possono avere notizie anche per la partecipazione a master post universitari. Il servizio Informagiovani apre tre volte alla settimana. In particolare, il martedì dalle 11 alle 13, il mercoledì dalle 16,30 alle 18,30 e il venerdì dalle 15 alle 17. (ant.ser.)
 
2 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 108
Gli ogliastrini i più simili agli antenati mentre in Gallura parentele allentate
Il Dna dei nuragici nelle vene dei Sardi
Giancarlo Ghirra
 
Orosei. Nelle vene dei Sardi contemporanei scorre il sangue dei Nuragici. Ma non in ogni area dell’Isola, che sul fronte della genetica si rivela un arcipelago di mondi separati anche a breve distanza uno dall’altro. I più simili agli antenati di 2.700-3.400 anni fa sono gli ogliastrini, mentre i più diversi sono i galluresi, gli abitanti di Olbia e dintorni, evidentemente i meno isolati fra quanti sono stati esaminati dal gruppo di ricerca coordinato da Guido Barbujani, docente di genetica all’Università di Ferrara.
È stato proprio il professor Barbujani a inaugurare a Orosei le Serate di Archeologia organizzate da Gianfranco Bangone, giornalista scientifico, direttore della rivista Darwin. E nei locali di Casa Cabras dove stasera alle 21,15 si parlerà dei giganti di Monti Prama l’esperto di Genetica delle popolazioni ha illustrato i risultati della ricerca sul Dna dei sardi antichi pubblicate recentemente sulla prestigiosa rivista Human genetics .
Professor Barbujani, è vero che i sardi contemporanei hanno molte caratteristiche simili ai Sardi nuragici?
«Detto così, non è vero. È vero per gli ogliastrini, ma non per i galluresi. Dal mio punto di vista trovo molto rilevante che il nostro gruppo di ricerca, nel quale sono coinvolti anche studiosi di Cagliari e Sassari come Giuseppe Vona e Francalacci, ha cominciato a studiare il Dna dei sardi antichi. Nel mondo sono soltanto dieci le popolazioni studiate ma alcune, come quelle precolombiane del Sud America, sono scomparse, per cui non è possibile fare paragoni fra passato e presente».
In Europa soltanto Etruschi e Iberici sono stati studiati come i Sardi. Quali sono i risultati?
«Il Dna dei Toscani è assolutamente diverso da quello degli Etruschi, e altrettanto si può dire degli Iberici. In Sardegna invece emerge un arcipelago, con aree, come l’Ogliastra, dove il Dna dei sardi di oggi è somigliante a quello degli antenati. E il primo caso in Europa e nel mondo».
I vostri studi in Sardegna sono stati agevolati da quelli del professor Mario Pirastu e del suo gruppo, che vi hanno fornito i dati sui contemporanei, per il resto come è andata?
«Grazie alla generosità degli archeologi che ci hanno regalato 106 denti appartenenti a 56 individui vissuti fra l’Età del bronzo e l’Età del ferro (da 3.430 a 2.700 annni fa) abbiamo potuto studiare i campioni appartenenti a 23 individui, gli unici utilizzabili, nel senso che il loro Dna era ricostruibile nelle sue sequenze. Gli altri, troppo danneggiati, sono stati scartati. Abbiamo lavorato su reperti provenienti dalla Tomba dei giganti di Santa Teresa di Gallura e da cinque grotte naturali di Carbonia, Alghero, Carbonia, Fluminimaggiore, Perdasdefogu e Seulo».
E avete scoperto che l’area sarda è l’unica nella quale si ravvisano somiglianze fra antichi e contemporanei. Una novità assoluta, mondiale?
«Sì, ma andiamoci piano con l’enfasi, perché i nostri sono studi serissimi e approfonditi, ma per dare l’idea va chiarito che abbiamo studiato un solo gene su trentamila, seppure un gene importante. Abbiamo lavorato sul Dna mitocondriale, quello che si trasmette di generazione in generazione solo per via materna. E le scoperte sono state interessanti».
Come spiega la diversità fra ogliastrini e galluresi?
«L’Ogliastra è più isolata, nelle aree costiere si è maggiormente sviluppato il meticciato, e dunque oggi i galluresi assomigliano assolutamente nel Dna agli Europei, a differenza degli ogliastrini che mantengono una spiccata diversità. La ragione non è soltanto geografica, ma anche di isolamento culturale e persino linguistico. La Sardegna dimostra che parlare di varianti diverse del sardo favorisce la diversità anche genetica, nel senso che, evidentemente, era più facile sposarsi con donne (o uomini) che parlavano la stessa lingua. Il fatto curioso della Sardegna è che diversità riscontrabili in Europa a 200 chilometri di distanza qui si ritrovano anche a 40 chilometri di distanza. Siamo proprio in un arcipelago, tante isole una vicina all’altra».
Ma possiamo almeno dire che gli ogliastrini sono nuragici duri e puri?
«Eviterei affermazioni troppo forti, ma mi attesterei sempre sulla linea della cautela scientifica. Non è il caso di utilizzare la biologia per fondare miti, o la biologia per fare politica»
Lei nega dunque il mito dell’identità dei Sardi?
«I Sardi non sono sostanzialmente diversi dagli altri europei. Sono un arcipelago, con differenze all’interno che sono ancora da studiare più a fondo. Nel complesso, tuttavia, non ci sono sostanziali differenze. Anche la presenza di malattie molto particolari, come la microcitemia o il favismo, non è unica, neppure in Italia. Voglio dire che le differenze nel Dna non prevalgono in assoluto sulle somiglianze, salvo che per gli ogliastrini, che anche negli ultimi trecento anni sono stati più isolati degli abitanti delle aree costiere. Si può però, e si deve, studiare di più, ma servono fondi per la ricerca e disponibilità degli archeologi a rinunciare a ossa che vanno frantumate per estrarne il Dna».
Lei dice che non si può fondare la politica sulla biologia. Ma sostiene anche che le differenze genetiche nascono indirettamente da fattori culturali. Parlare una lingua simile spingeva a sposarsi fra conterranei. Insomma, mogli e buoi dei paesi tuoi?
«Proprio così, e infatti alcune delle nostre ricerche sono piaciute ai leghisti e alla Padania, che hanno costruito una linea di diversità linguistica e genetica. Hanno però fatto, penso in buona fede, una piccola furbata: la linea divisoria da noi tracciata passava per il Lazio, i leghisti l’hanno spostata all’altezza dell’Emilia».
C’è però un’altra scoperta scientifica che non dovrebbe piacere a chi ama poco i meridionali, e cioé che noi europei siamo tutti africani. È vero?
«Verissimo che centomila anni fa noi europei stavamo tutti in Africa. I nostri antenati vivevano al Sud, mentre nell’Europa imperava l’uomo di Neanderthal. I nostri antenati, i figli dell’uomo di Cromagnon, sono arrivati 35 mila anni fa e in pochi anni hanno fatto fuori l’uomo di Neandhertal, non si sa se eliminandolo fisicamente o spingendolo verso terre sempre più inospitali, fino all’estinzione».
Lei vuol dire che dunque il Dna dei sardi assomiglia a quello di tutti gli altri europei? Anche quello degli ogliastrini?
«Assolutamente sì. I nati a Perdasdefogu assomigliano a me, che sono nato 52 anni fa ad Andria, città etrusca in provincia di Ferrara, la più settentrionale delle comunità etrusche, più di quanto non siano diversi. Certo, i Galluresi sono proprio simili agli altri Europei, mentre gli Ogliastrini hanno sequenze di Dna più originali: e questo li rende interessanti da studiare, un caso quasi unico, al momento, nella letteratura scientifica. Il loro isolamento in quella splendida terra fra il Golfo di Orosei e le montagne del Gennargentu ha consentito agli abitanti attuali di mantenere 54 sequenze del Dna su cento somiglianti a quelle dei Nuragici, mentre gli altri sardi ne hanno intorno a 18 per cento, esattamente come gli altri Europei».
Per motivi anche autobiografici, lei ha studiato a fondo in passato gli Etruschi. E ha scoperto che non hanno a che fare con i Toscani moderni più di quanto questi ultimi abbiano a che fare con i londinesi o i normanni. Come lo spiega?
«Con il fatto che nel caso toscano non ci sia stato alcun isolamento geografico o culturale ma, al contrario, una grande mobilità. Uno studioso ha fatto un’analisi dei cognomi olandesi sugli elenchi telefonici negli ultimi decenni e ha scoperto che il settanta per cento ha modificato la sua residenza. Ebbene, questo fenomeno è diffusissimo in Europa e anche in Italia, dove si può ipotizzare ci sia la stessa mobilità. Il caso sardo, dei sardi che non sono emigrati, ha una sua evidente originalità».
 
 3 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro Pagina 31
L’iniziativa
Corso di laurea nella caserma, ok al progetto
 
Tra i tanti argomenti affrontati nel corso dell’incontro tra il nuovo comandante della Brigata Sassari e gli amministratori di Macomer non è mancato uno degli obiettivi che sin da principio Esercito e Comune si erano prefissati: attivare in città, contando sulle aule multimediali di cui la Caserma è già dotata, un corso di laurea da destinare sia ai militari professionisti che ai giovani di Macomer, attualmente costretti a studiare fuori sede. Nei progetti iniziali - mai mandati in archivio - si era ipotizzata la possibilità di avviare un corso di laurea legato alla specializzazione dei militari di stanza nella Bechi Luserna, inquadrati nel V Reggimento Genio Guastatori e per questo originale rispetto all’offerta formativa del territorio. «Si tratta di un’opportunità significativa - hanno sottolineato gli amministratori, incontrando il favore degli ufficiali - sulla quale è importante continuare a scommettere». Proprio il generale Fortino era stato uno dei sostenitori della valida proposta formativa. (m.a.) 
 
 4 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro Pagina 31
A Fonni l’inaugurazione dell’opera di Antonino Pirellas
Land Art in cima al Monte Spada: piante e colori tutti da ammirare
 
Land Art sul Monte Spada, a 1400 metri di altitudine. L’artista Antonino Pirellas ha realizzato, sul costone occidentale della montagna, un’opera intitolata Colores de Monte e ispirata a sa odia , un simbolo collettivo che nel territorio di Fonni veniva utilizzato per marchiare i cavalli. L’installazione - che domina i territori della Barbagia che guardano verso Nuoro - è realizzata con piante endemiche (esclusive di quella zona) irrigate con le acque della sorgente più alta in Sardegna e con l’uso di colori naturali (oro, verde, viola, rosso, azzurro, magenta) che venivano utilizzati dalle donne per colorare i costumi tradizionali. L’opera d’arte, che rappresenta una croce greca dall’asse verticale allungato racchiusa in quattro barcci a ricciolo obliqui, misura 215 metri lungo l’asse maggiore e 131 nel minore. Negli ultimi dieci giorni d’agosto la vegetazione si unirà ai colori, che sono rigorosamente biologici e destinati a non lasciare traccia, utilizzati dall’artista per questo intervento. La natura, quindi, nel suo mutare, interverrà sulla mano dell’artista, creando un effetto straordinario che oltretutto simboleggia la comunione tra l’arte e l’universo.
Domani, nell’aula consiliare del Comune di Fonni, è in programma la presentazione dell’opera. Oltre all’artista, originario di Fonni, e al sindaco Tonino Coinu, saranno presenti il sottosegretario del Ministero dell’Ambiente Bruno Dettori), l’assessore all’Ambiente della Provincia Rocco Celentano, il docente universitario di storia dell’arte Giorgio Pellegrini, il docente universitario di Botanica farmaceutica Mauro Ballero, il presidente di Legambiente Vincenzo Tiana e il presidente per la difesa delle biodiversità Cristoforo Coccollone. Nel pomeriggio è in programma un’escursione a Monte Spada dove, a 1400 metri, l’opera di Antonino Pirellas mostra tutti i suoi splendidi colori. 

1 – La Nuova Sardegna
Prima pagina
Rinasce il fascino del camice bianco 
I giovani vogliono fare il medico: 1.500 pre-iscrizioni per 170 posti 
Gli aspiranti chirurghi dovranno passare il test d’ingresso 
 
CAGLIARI. Quando si dice il fascino del camice bianco. Dai dati sulle iscrizioni all’Ateneo del capoluogo emerge con chiarezza: quella del medico è una professione sempre più ambita. E il suo appeal cresce di anno in anno, nonostante la dura selezione dell’Università. Il test d’ingresso alla facoltà a numero chiuso di Medicina e Chirurgia ha registrato un boom di adesioni: 1.505 domande. La carica degli aspiranti dottori avrà, però, tanto da sudare. Perché il numero di nuove iscrizioni è praticamente invariato dal 2006. Quest’anno sono in tutto 172, due sole in più rispetto a dodici mesi fa. Ma pochi di loro immaginano che, nel mondo del lavoro, gli infermieri se la passano meglio.
 
Pagina 1 - Cagliari
L’irresistibile fascino del camice bianco 
Boom di pre-iscrizioni per Medicina e Chirurgia: 1.500 aspiranti per 170 posti 
 
CAGLIARI. Cresce la voglia di camice bianco. Non si spiegherebbe altrimenti la valanga di iscrizioni ai test di ammissione alla facoltà di Medicina e Chirurgia: 1.505. Il 4 settembre (giorno della prova) la carica di aspiranti medici avrà da combattere: i posti sono in tutto 172. Due in più rispetto al 2006, quando i candidati erano 1.360. Anche quella del dentista è una figura agognata: in 750 si sono candidati per accaparrarsi 21 posti. E se accedere ai corsi di laurea è diventato un percorso ad ostacoli, la preparazione si è rivelata un piccolo business. Fino ad un paio di anni fa, c’era un solo gruppo di studenti (Inchusa, nell’alveo di Comunione e Liberazione) che organizzava corsi praticamente gratuiti. Poi, sono nate due associazioni: Dictatum Discere (collegato all’Ordine professionale) e Ischire, che organizzano lezioni per 350 euro. Ma il fascino o, meglio, l’“aurea” che emana il camice non tragga in inganno. Chi si ferma alla laurea, si sfianca nelle sedi di guardia medica. E l’unica alternativa è la scuola di specializzazione, soggetta ai tagli ministeriali e regionali. Nel 2006, alla scuola di Cagliari ci hanno provato in 236. Ne sono entrati 138. Gli altri cento si sono trovati a spasso. Ma grazie ad una sapiente pressione, i medici sono riusciti a strappare al ministero dell’Istruzione il riconoscimento contrattuale e una borsa da oltre 1.200 al mese. Ma il rapporto tra laureati e borse disponibili resta sproporzionato. «La Regione dovrebbe garantire continuità formativa post-laurea - spiega il rappresentante studentesco Lorenzo Espa - aumentando i posti nelle scuole di specializzazione».
In effetti, la trafila è tortuosa e non sfugge alle regole del precariato. «Conviene fare l’infermiere», ammette Fileo Satta, specializzando in Medicina. «Una mia coetanea che ha frequentato Scienze infermieristiche è stata già assunta a tempo indeterminato. Io sarò precario per molto». Un dato è esemplare per capire l’entità della domanda: alla coop Ctr Primavera (quella della diatriba con la Adi2000 nell’assistenza domiciliare), di 100 infermieri, ne ha assunti 30 dall’estero. L’Ateneo ne ha preso atto: tra il 2006 e il 2007 ha raddoppiato i posti da 60 a 120. Ma le domande per diventare infermiere crescono si moltiplicano.
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Cagliari
Servitù militari ai raggi X: due tesi di laurea sul caso sardo 
TEULADA Un territorio con le stellette 
 
TEULADA. Due tesi di laurea da 110 e lode sulle servitù militari. Preziosi documenti sull’impatto della presenza delle forze armate in Sardegna, con particolare riferimento alla incidenza geo- economica. La prima è di Sonia Marongiu, per la laurea in Economia e Commercio nell’Università degli Studi di Sassari. La seconda, di Caterina Latte, a completamento degli studi in Sociologia del territorio e Turismo, presso l’Università di Studi di Roma, “La Sapienza”. Le due tesi fanno particolare riferimento al territorio di Teulada, dove la presenza di una servitù militare vasta 7.200 ettari offre gli spunti più significativi per uno studio serio ed approfondito. Partendo dalla tesi di Sonia Marongiu: «L’incidenza geo-economica delle servitù e dei poligoni militari in Sardegna», emerge subito la complessità dell’argomento trattato. Ben 322 pagine per analizzare la nascita e lo sviluppo delle servitù militari in Italia; la Sardegna tra problematiche di sviluppo e poligoni militari; l’incidenza l’incidenzadei poligoni e delle basi sulla popolazione civile e le ricadute economiche sul territorio. A corredo una ricca documentazione ed un’imponente bibliografia. Emerge una sorta di mosaico di situazioni sociali la cui valutazione non può essere omogenea. Dove non ci sono alternative di sviluppo, è il caso di Perdasdefogu, la presenza della base militare rappresenta un fattore certamente positivo, ferma restando l’esigenza di puntuali verifiche di tipo sanitario ed epidemiologico. C’è da dire, tuttavia, che le ricadute economiche sono limitate all’ambito territoriale interessato. Più in generale, anche prendendo ad esempio il caso Teulada, è auspicabile il riequilibrio della presenza militare in Sardegna e la contestuale adozione di un progetto di riconversione produttiva. Lo sviluppo economico nelle aree costiere interessate da servitù militari è in notevole ritardo rispetto a tutte le altre. Il carattere sociologico della seconda tesi: «Servitù militari in Sardegna. Gli impatti sul territorio», di Caterina Latte, ha imposto metodologie di valutazione diverse, privilegiando la ricerca attraverso interviste sul campo e scegliendo Teulada come modello esclusivo. Le conclusioni: l’influenza del poligono sul territorio è rilevante; la vicinanza alla base è vissuta come determinante dal soggetto sociale; chi nutre maggiori insicurezze per la propria condizione si pone in maniera critica; esiste una presa di coscienza collettiva sul problema delle servitù militari. Ancora: esiste una correlazione tra l’alto livello di preoccupazione della popolazione e la propensione a voler sostituire il poligono con altri progetti di sviluppo.
Enrico Cambedda 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Il popolo dei nuraghi oggi vive in Ogliastra 
I galluresi hanno solo il 18 per cento dei geni degli antichi popoli che abitarono nell’isola 
Confrontato con quello dei contemporanei il genoma estratto dai denti di ventitré individui scoperti in sei siti archeologici 
di Antonello Sechi 
 
 OROSEI. C’è ancora un popolo dei nuraghi in Sardegna? Finora si potevano solo fare congetture. Adesso c’è una prova scientifica: i sardi che hanno nelle vene la maggior quantità di sangue nuragico vivono in Ogliastra. Il dato è clamoroso: il 56 per cento delle varietà di Dna conosciute del popolo che abitava la Sardegna tra il 1500 e il 700 avanti Cristo, in particolare quello di sei donne della zona tra Perdasdefogu e Seulo, è presente nelle cellule degli ogliastrini moderni. Per capirne il valore basta un confronto: in Gallura, dove il viavai di forestieri è sempre stato elevato anche prima della Costa Smeralda, la percentuale di Dna nuragico presente nella popolazione scende al 18 per cento, quello medio di una qualunque popolazione europea.
 A raccontare questa storia, a dire che i nuragici sono ancora tra noi mentre gli etruschi, per dire di un altro popolo antico, si sono estinti, è Guido Barbujani, professore di genetica dell’Università di Ferrara. È stato lui a coordinare il gruppo di lavoro che si è preso la briga di sequenziare il Dna dei nuragici e di confrontarlo con quello dei sardi contemporanei.
 Il lavoro, recentissimo, è stato pubblicato sul numero di agosto della rivista scientifica “Human genetics”. La prima presentazione in pubblico è avvenuta l’altro ieri sera nel lussureggiante e affollatissimo cortile di Casa Cabras, l’ex caserma regia di finanza trasformata in una delle più affascinanti abitazioni del centro storico di Orosei.
 Barbujani, che i più hanno conosciuto la sera prima in tivù ospite di Patrizio Roversi e Siusy Blady, ha aperto le “Serate di archeologia” organizzate da Gianfranco Bangone, oroseino e direttore del bimestrale “Darwin”. Un esordio con il botto per una rassegna dedicata alla scienza che proporrà altre due serate oggi e il 28 agosto e che coltiva la segreta ambizione di diventare un appuntamento fisso dell’estate isolana.
 La paleogenetica è una scienza giovane e i nuragici, adesso, fanno parte di un circolo ristretto. «Finora - spiega Barbujani - studi simili erano stati fatti per gli etruschi e gli iberici. Abbiamo scelto la Sardegna perché è una delle popolazioni geneticamente più interessanti e perché qui abbiamo campioni ben datati».
 I campioni in questione sono 106 denti appartenenti a 53 esponenti del popolo dei nuraghi. Sono stati prelevati in una tomba dei giganti di Santa Teresa di Gallura e in cinque grotte di Perdasdefogu, Seulo (Stampu Erdi), Fluminimaggiore (Capo Pecora), Carbonia (Su Cungiareddu ’e Serafini) e Alghero (Lu Maccioni). Il Dna è materia da trattare con attenzione, il rischio di contaminazioni e di fare confusione è elevato. È lo stesso Barbujani a citare il caso più clamoroso. «Nel 1994 - spiega il genetista - un americano, Scott Woodward, annunciò di aver sequenziato il Dna dei dinosauri. Poi si scoprì che c’era stata una contaminazione». Si dimostrò che si trattava di Dna umano, l’inquinamento di chi aveva trattato i frammenti ossei. Una figuraccia ma in quel momento sembrò confermare l’intuizione di Michael Crichton, che aveva scritto il libro, e di Steven Spielberg che aveva appena girato il film “Jurassic Park”. I campioni dei nuragici sono stati perciò trattati con la massima accuratezza. «Per sicurezza - chiarisce Guido Barbujani - abbiamo scartato trenta individui e ci siamo concentrati sugli altri 23».
 L’operazione ha coinvolto i ricercatori di varie università, comprese quelle di Cagliari e Sassari. Il gruppo di lavoro si è messo sulle tracce del Dna mitocondriale «che - spiega il genetista - si trasmette da una generazione all’altra solo per via materna e resta invariato, a differenza di quello del nucleo della cellula». Barbujani e il suo gruppo di lavoro sono certi di aver individuato sei progenitrici nuragiche, sei donne che attraverso figlie, nipoti, pronipoti ecc., di generazione in generazione hanno tramandato i loro geni fino a oggi.
 Le sequenze genetiche dei 23 abitanti dei nuraghi sono state confrontate con quelle antiche conosciute (etruschi e iberici) e con 57 moderne di Europa, Asia e Nord Africa. Tra queste, ovviamente, quelle della Sardegna individuate dagli studi di Luca Cavalli Sforza e di Mario Pirastu.
 I risultati sono affascinanti. Da un lato - dicono Barbujani e il suo gruppo di lavoro - appare evidente che i nuragici, sia pure sparsi su un territorio molto vasto come la Sardegna, presentano un affinità genetica. Lo sono anche a 700 anni di distanza, quelli che passano tra i campioni prelevati nei siti più antichi e in quelli più recenti. La conseguenza, ovvia, è che il popolo dei nuraghi discendesse da un unico gruppo etnico, imparentato per via materna. «Alcune di quelle sequenze genetiche - aggiunge il paleogenetista - compaiono in altre zone del bacino del Mediterraneo, nel nord dell’Africa ma non solo».
 L’altra osservazione è quella che riguarda chi, tra i sardi, può essere definito più vicino ai nuragici. La risposta, appunto, è che sono gli ogliastrini. «Il dato - dice Barbujani - è notevole. Nella popolazione attuale dell’Ogliastra, troviamo più della metà delle sequenze genetiche nuragiche. In particolare quelle dei siti archeologici di Perdasdefogu e di Seulo. All’estremità opposta c’è la Gallura, dove troviamo percentuali molto più basse, le stesse di qualunque campione europeo».
 Dunque, l’Ogliastra e l’interno dell’isola conservano, oltre ai nuraghi, anche i geni del popolo che oltre 3500 anni fa ha cominciato a costruire le grandi torri di pietra e i villaggi che le circondano. Quello che non succede in Toscana, dove un analogo studio sugli etruschi ha permesso di ritrovare tra gli attuali abitanti dell’antica Etruria solo due sequenze genetiche su 23.
 La ricerca non risponde al mistero sulla provenienza dei abitanti dell’isola che, secondo i dati archeologici, sarebbero ricomparsi 12-14mila anni avanti Cristo, dopo un “buco” enorme rispetto alle prime forme di presenza umana datate a circa 500mila anni fa. «Le origini dei sardi? Alla luce degli strumenti di cui disponiamo ora - conclude Barbujani - faccio fatica a rispondere. Questa è ancora materia per gli archeologi».
 
 

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