Mercoledì 4 luglio 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 luglio 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
segnalati 3 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  
 


1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 17
Università. Sviluppato dal Dipartimento d´ingegneria elettrica ed elettronica dell´ateneo
Tempi duri per i banditi incappucciati
Ai disposizione del Ris un software che “spoglia” i rapinatori  
Con alcuni semplici passaggi e un programma dedicato sarà possibile smascherare il volto camuffato di un malvivente.
Pensate al volto di un rapinatore coperto da un passamontagna e ripreso da una telecamera a circuito chiuso di una banca. Immaginate di spogliarlo , fotogramma per fotogramma, e vederlo in versione originale attraverso un programma creato su misura per il Ris dei Carabinieri dagli uomini del Dipartimento d´ingegneria elettrica ed elettronica dell´Università di Cagliari. Non è fantascienza, ma è il risultato degli studi effettuati dagli scienziati del Prag (Patter recognition and application group), guidati da Fabio Roli, docente del Dipartimento.
«Il nuovo software, come quello che è già stato creato per riconoscere le impronte digitali, permette l´individuazione di una persona, anche totalmente camuffata, attraverso l´immagine di una videocamera di sorveglianza piazzata all´interno di una banca», spiega il responsabile del Dipartimento d´ingegneria elettrica ed elettronica. «È ancora in fase di gestazione - assicura - ma i risultati raggiunti fino ad ora sono stati soddisfacenti. La collaborazione con il Ris ci ha dato la possibilità di sperimentare sul campo quello che avevamo studiato sui nostri computer. Ora il nostro compito sarà quello di migliorare sempre di più questo tipo di programmi per permettere alle forze dell´ordine di lavorare a tutto campo».
Non è la prima volta che i docenti dell´Università mettono a disposizione le loro conoscenze per gli uomini del Ris: «E noi siamo sicuri che la convenzione con l´Università porterà ottimi frutti come è già accaduto in passato», assicura il generale Nicola Raggetti, comandante del Raggruppamento Investigazioni Scientifiche. «E soprattutto - continua - è necessario che venga estesa ad altri dipartimenti come Scienze biologiche, Chimica, in modo da dare un crescente livello di specializzazione al nostro reparto».
La prima convenzione riguardava uno strumento per rendere più facile la classificazione delle impronte digitali. Oggi si è passati a un software per spogliare i banditi mascherati che, in tal modo, verranno rintracciati in tempi sempre più stretti. «Ora come ora - ha ricordato Raggetti - si possono fare in 15 minuti cose che 40 anni fa, quando io sono entrato nell´Arma, si facevano in tre mesi».
Anche il colonnello Giovanni Delogu, comandante del Ris di Cagliari, è soddisfatto per la collaborazione con l´Università: «Si tratta di una grande opportunità per gli studenti di affacciarsi in questo mondo e di applicare quella ricerca scientifica dalla quale la Sardegna è rimasta fuori per tanto tempo. Questi programmi sono mezzi utili per il nostro lavoro anche se sono ancora in fase di sperimentazione». Il generale Raggetti ha anche precisato che il ruolo attribuito dalla scienza investigativa alle macchine è importante ma «al centro di tutto resta sempre la mano dell´uomo».
Alessandro Testa

2 – L’Unione Sarda
Commenti - Pagina 12
Indagine sugli atenei di Sassari e Cagliari
Impressioni post laurea dei giovani sardi
Sul sito internet di Almalaurea (consorzio interuniversitario di Bologna), sono disponibili i risultati di un´indagine sui laureati nel 2006. Vi si trovano informazioni utili agli organi accademici e alla classe politica regionale per le decisioni a sostegno della funzione didattica. L´indagine considera 3.322 laureati a Cagliari e 1.779 a Sassari, su un totale di 6.312 laureati nell´Isola.
Negli atenei in Sardegna, i laureati hanno un´età anagrafica superiore a quella dei coetanei nazionali. Il 34,6 per cento a Cagliari e il 31,9 a Sassari si laurea con meno di 24 anni contro il 46,3 per cento a livello nazionale. Fra i laureati, le ragazze rappresentano il 64,3 per cento a Cagliari e il 65 a Sassari. I laureati sardi, pertanto, sono disponibili nel mercato del lavoro con un´età maggiore e una presenza femminile più accentuata dei coetanei nazionali. Sulla loro provenienza sociale, è significativo che solo il 17,4 per cento a Cagliari e ancora meno a Sassari abbia almeno un genitore in possesso di laurea; tale condizione riflette il minor sostegno della cultura familiare di cui, in media, possono godere gli studenti sardi. È sintomatico delle difficoltà percepite dai laureati il giudizio sulla sostenibilità del carico di studio per gli insegnamenti, mentre a livello nazionale l´87,4 per cento esprime un giudizio positivo, sono dello stesso parere l´84,9 per cento dei laureati a Cagliari e solo il 62,8 a Sassari.
È interessante osservare che il 36,8 per cento dei laureati nel capoluogo sardo e il 23,5 a Sassari dichiara di aver usufruito di borse di studio, mentre i coetanei nazionali si fermano al 24,5. Poiché il 41,9 per cento dei laureati cagliaritani riconosce le proprie origini sociali nella piccola borghesia e nella classe operaia, appare evidente l´utilità del sostegno economico al diritto allo studio, in assenza del quale molti giovani non potrebbero permettersi di frequentare l´università.
Concorre ad agevolare il corso di studi il fatto di poter usufruire di condizioni didattiche funzionali. Il giudizio dei giovani laureati cagliaritani sul corso di studi è positivo per l´82,6 per cento, ma rilevante è l´insoddisfazione per le strutture didattiche, ad esempio soltanto il 12,3 per cento considera adeguate le aule. Si allinea sul valore nazionale l´apprezzamento per il rapporto con i docenti, giudicato positivamente dal 77,3 per cento dei laureati. Sull´ateneo di Sassari il giudizio è positivo solo per il 59,6 per cento dei laureati, all´insoddisfazione per le strutture didattiche si unisce un apprezzamento positivo del rapporto con i docenti limitato al 56,7 per cento, al di sotto della media nazionale.
In sintesi, alla domanda se si iscriverebbero nuovamente allo stesso corso di laurea nell´ateneo, rispondono positivamente il 61,8 per cento dei laureati a Cagliari, il 48,1 a Sassari, mentre il dato medio nazionale è il 67,9 per cento.
Giovanni Melis
Università di Cagliari
 



1 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
Per educare bisogna condividere 
Il monito di Cannavera al convegno sul «fare pedagogico» 
SASSARI. L’educatore professionale deve essere operatore di condivisione. Lo spiccato impegno sociale di questa nuova figura professionale è stato, nei giorni scorsi, al centro del dibattito «Fare pedagogico nelle comunità educative e rieducative». Organizzato dalla Società sarda di pedagogia, il convegno ha riunito numerosi addetti ai lavori. Relatori don Ettore Cannavera, responsabile della comunità la Collina di Serdiana; don Gaetano Galia, della Comunità il Sogno di Sassari, Giusy Manca e Stefano Chessa, docenti universitari rispettivamente di Pedagogia della marginalità e di Sociologia dei servizi educativi.
 Un momento di rottura dei normali schemi di intendere l’educatore è stato proposto da don Cannavera. «L’educatore deve avere la consapevolezza che ciascuno è responsabile delle propria vita per poi arrivare a pensare che, a volte, siamo responsabili anche della vita degli altri» ha detto don Ettore. «Ho paura degli educatori che non hanno una coscienza politica - ha rincarato la dose il responsabile della comunità di Serdiana -. I problemi che dobbiamo affrontare sono creati dal sistema sociale e noi dobbiamo richiamare le istituzioni alle proprie responsabilità».
 Secondo Cannavera «sarebbe opportuno chiudere molte carceri per aprire più comunità. Molti nostri giovani si trovano nel sistema carcerario perché nessuno ha saputo offrire loro alternative diverse dal delinquere, ma in carcere non ci stanno a far niente». Più sfumato l’intervento di don Galia: «Non tutti possono fare l’educatore.L’educazione è qualcosa che si fa con il cuore, perché le persone si accorgono di essere amate o meno». «L’amore - ha continuato il salesiano - significa incamminare le persone verso l’autonoma realizzazione».
 Sulla stessa linea Stefano Chessa: «Uno dei compiti più difficili è quello di saper gestire la frustrazione dell’educatore». Secondo Giusy Manca: «Dobbiamo fare in modo che per i nostri giovani l’idea della legalità sia seducente come quella dell’illegalità». L’incontro è stato chiuso dagli interventi di Maddalena Guisu, del direttivo della Società sarda di Pedagogia; e da Mariantonietta Cocco, docente di Sociologia delle migrazioni e del lavoro.
Roberto Spezzigu 

Questionario e social

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