UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 19 settembre 2007

Mercoledì 19 settembre 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 settembre 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 9 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

L’intervento del Rettore dell’Università di Cagliari sulla rimozione delle tribune in legno dall’Anfiteatro romano apre la rassegna stampa odierna. Il responsabile dell’Ateneo giudica opportuno l’intervento sul terzo anello, ma invita anche a considerare la questione nel più ampio discorso relativo alla necessità di reperire spazi attrezzati in città per conservare il ruolo ormai acquisito negli spettacoli di livello nazionale ed internazionale.
Da Bonassai giunge invece la doccia fredda per il Polo d’eccellenza agraria e veterinaria che l’Università di Sassari avrebbe voluto attivare: il costo stimato per la sua realizzazione dalla Facoltà di Architettura di Cagliari è stato giudicato eccessivo dalla Giunta regionale. La notizia è stata comunicata una decina di giorni fa nel corso di un vertice tra il Governatore Soru e i rettori dei due atenei. Ora il Senato accademico sassarese spera di reperire le risorse che mancano, o sarà costretto a ridimensionare il progetto.
Tre segnalazioni: la recensione di Andrea Mameli su L’Unione di un volume del prof. Alessandro Mongili; un’iniziativa di alcune studentesse universitarie, che mira a creare un percorso alla ricerca delle nostre tradizioni; e infine editoriale sulla prima de L’Unione firmato da Giuseppe Marci.
Infine, da segnalare su La Nuova il lavoro di un gruppo di laureati in Scienze ambientali di Sassari sui siti inquinati della provincia di Nuoro.

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 16
L’opinione. Il rettore: la città avrebbe bisogno di uno spazio più attrezzato
Mistretta: «Il terzo anello è orribile, togliamolo»
 
Via la terza gradinata: è questo il fulcro delle trattative con cui il sindaco sta cercando di far breccia nelle resistenze del centrosinistra.
Una soluzione auspicata anche dal rettore dell’ateneo cagliaritano, Pasquale Mistretta, che non ha mai sopportato la fila più alta di gradinate: «L’ultimo anello non mi è mai piaciuto. L’ho detto a suo tempo e continuo a ripeterlo adesso. È una soluzione orribile, va tolto». Una bocciatura senza appello, condivisa da molti. Non a caso parte da qui il tentativo di trovare alleanze trasversali in consiglio comunale.
Ma per Mistretta, che oltre a ricoprire la carica di rettore è anche ordinario di urbanistica, il dibattito sull’Anfiteatro non va ridotto allo scontro tra sì e no alle impalcature di legno. Sarebbe un modo di fare troppo miope. «Il sito va analizzato sotto due punti di vista. Il primo è il percorso storico, intellettuale e culturale che è indispensabile alla città di Cagliari. Il secondo riguarda gli spazi da dedicare agli spettacoli. La questione è delicata. Se pensiamo a queste occasioni in ambito locale, è un conto. Se invece riteniamo importante questo aspetto per il capoluogo, magari da sfruttare meglio, con un richiamo nazionale e internazionale, allora il discorso è diverso. In questo caso Cagliari avrebbe bisogno di uno spazio adeguato, con servizi e infrastrutture a supporto».
In altre parole, un’alternativa all’Anfiteatro romano. Quella che oggi manca e che chiedono tutti: dagli spettatori agli organizzatori di concerti, passando per artisti e cantanti. (m. r.) 
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 32
Bonassai
Soru gela le aspettative
Non ci sono denari: il Polo d’eccellenza muore alla nascita
 
Sognato da sempre, accarezzato per poco più di un anno, il progetto del Polo di eccellenza agraria e veterinaria dell’Università di Sassari è diventato dalla scorsa settimana una chimera. Dovrebbe nascere a Bonassai, ma a un anno dalla promesse della Giunta, la Regione ha fatto marcia indietro: il polo di eccellenza costa troppo. Centoventitrè milioni e cinquecentoquaranta mila euro, dice la stima fatta dalla Facoltà di Architettura dell’Università di Cagliari, incaricata dalla Regione di compilare uno studio di fattibilità del progetto.
Di quei soldi, al momento sono disponibili appena quaranta milioni: trenta messi a disposizione dalla Regione e dieci scuciti dalle tasche sempre più vuote dell’Ateneo sassarese. Mancano all’appello ottanta milioni, e la Regione ha comunicato che non è disposta a sganciare un solo cent in più. Lo ha fatto per voce del Governatore, Renato Soru, che il 10 settembre scorso, all’assessorato regionale alla Pubblica istruzione, insieme con l’assessore Maria Antonietta Mongiu, ha incontrato i responsabili delle due Università sarde: il rettore di Cagliari, Pasquale Mistretta, e il prorettore di Sassari, Attilio Mastino. Un vertice amaro per l’ateneo sassarese. Conti alla mano, il Governatore ha spiegato che quei 120 milioni sono davvero troppi e che la Regione non intende coprire il buco di ottanta milioni. Però le porte non sono del tutto chiuse: la Giunta è disponibile ad affrontare il problema con il Senato accademico. Due le strade percorribili dall’Ateneo di Sassari per non perdere quei quaranta milioni: rivedere e correggere il progetto accontentandosi degli spiccioli, oppure inventarsi nuovi e differenti obiettivi per la spesa dei finanziamenti comunque garantiti. Una vera e propria doccia fredda per l’intero mondo accademico sassarese, che sul polo di eccellenza puntava tutte le chance di riscossa della ricerca scientifica in campo agrario e veterinario. A Bonassai, a metà strada fra Sassari e Alghero, dovrebbero essere trasferite Agraria e Medicina Veterinaria, e i dipartimenti di ricerca loro legati. Il progetto prevede anche la costruzione dell’azienda zootecnica didattica sperimentale di Veterinaria, e un campus per studenti e ricercatori.
Tutto bloccato: sospeso sperano da Sassari, dove politici e accademici si sono messi in moto per non cancellare un sogno inseguito da anni.
Vincenzo Garofalo
(Unioneonline) 
 
 3 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 106
La scienza riscopre la rivolta dell’oggetto
Artefatti “sovversivi” e bussole culturali nel libro del sociologo Mongili
Un tentativo di aprire al pubblico il tema della progettazione di dispositivi tecnologici
 
“Gli Europei, la scienza e la tecnologia”, sondaggio commissionato dalla Commissione Europea nel maggio 2001, mise in evidenza una serie di contraddizioni: fiducia, speranza, incertezza, scarso interesse, paura. Nel dicembre dello stesso anno la Commissione approvò il Piano d’azione “Scienza e società”, ovvero la strategia destinata a rendere la scienza più accessibile ai cittadini attraverso 38 azioni concrete. A distanza di sei anni si è aperta una nuova stagione di critica dell’esistente nella quale la diffusione della cultura scientifica e tecnologica è lo strumento centrale. Su queste basi si è aperto il dibattito sulla necessità, in una società come la nostra, definita non sempre a ragione “della conoscenza”, di una sempre maggiore consapevolezza del ruolo della ricerca. Il primo convegno dell’Associazione Italiana di Studi Sociali su Scienza e Tecnologia (STS Italia) svoltosi a Cagliari nel giugno 2006, affrontò proprio il nocciolo di questa discussione: “Le forme dell’innovazione tra società e tecnoscienza”.
Un recentissimo saggio di Alessandro Mongili (docente di Sociologia e Sociologia della tecnica all’Università di Cagliari e presidente STS Italia) tenta di offrire una bussola e una mappa per orientarsi in questo territorio. Una bussola per individuare quattro punti cardinali: il legame tra macchine, persone e testi; l’analisi dell’evoluzione degli oggetti; lo studio della progettazione degli oggetti (che contiene il progetto dei loro usi e dei loro contesti); l’osservazione dei rapporti tra umani e non umani. Una mappa per orientarsi tra insiemi di classificazioni e di standard condivisi, e per risonoscere il valore del contesto: «Un artefatto - scrive Mongili - si diffonde nello spazio e dura solo grazie all’azione collettiva continua di una rete di attori, e questo produce come esito finale la trasformazione, dell’artefatto, della struttura interpretativa e dell’insieme di relazioni sociali connesso, in una scatola nera che non muta più, la cui apertura è impedita dalla sua naturalizzazione». Mongili sottolinea anche altri aspetti, come il rapporto tra chi crea e chi consuma: «Ogni programma d’azione si trova di fronte utenti da educare all’uso di un nuovo oggetto, cui le macchine sono incapaci di dare risposte. Gli stessi oggetti tecnici, spesso, non rispondono adeguatamente al programma d’azione: ad esempio si guastano, si surriscaldano, si avviano lentamente, i software si installano male, ecc».
Sono questi comportamenti sovversivi (come li definisce il filosofo e antropologo francese Bruno Latour) a restituire importanza al percorso di ripensamenti, interruzioni e fallimenti che si cela dietro ogni risultato tecnologico di rilievo. Un’altra importante sottolineatura è sul concetto di traduzione: «L’esistenza tecnica - scrive Mongili - corrisponde a un lavorio costante di manutenzione, modifica, costruzione di alleanze e disciplinamento del dispositivo tecnico che ne accompagna tutta l’esistenza e che ne mette in pericolo l’assetto originario». Scienza e tecnologia, è l’assunto, agiscono come traduzioni di artefatti.
Ma forse il merito principale del saggio è nel tentativo di aprire a un pubblico vasto la discussione sulla progettazione, la creazione e l’uso dei dispositivi tecnologici, senza correre il rischio di esaltarne i contenuti: «Il carattere spettacolare delle tecnoscienze, così cruciale per la loro divulgazione, non dovrebbe contagiare l’analisi sociologia».
Andrea Mameli
 
4 – L’Unione Sarda
Viaggi Pagina 109
Sette giorni sulla via dei centenari
 
Sette giorni per scoprire la "Via dei centenari": un percorso guidato da cinque ragazze universitarie (Carla Mereu, Pamela Pingiori, Sara Alberelli, Giulia e Daniela Carta) alla scoperta, non solo dei luoghi dell’Isola racchiusi fra Campidano, Gerrei e Sarcidano, ma anche di tradizioni e persone. Come per esempio i centenari che vivono fra Orroli (il paese ribattezzato "della longevità") e Laconi, con i quali chiacchierare amabilmente per attingere dalla loro esperienza di vita. L’itinerario insolito prevede il primo giorno una visita al nuraghe Arrubiu di Orroli e una successiva al museo della Civiltà contadina. E fino al settimo, i turisti hanno la possibilità di assistere alla lavorazione del legno e della pietra, o di incontrare le massaie in cucina mentre preparano la fregola sarda (pasta tipica). Le visite guidate portano poi alla Giara di Gesturi o sul battello nel lago di Flumendosa. Si pranza al sacco, in trattoria, o in ristorante. Si dorme in un B&b. Per info: www.viadeicentenari.it. (i. m.) 
 
5 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 108
Negli anni Quaranta le prime scoperte avvenute per caso
Ceramiche e terrecotte riemergono dalle acque scure del porto di Cagliari
Millenni di storia celati sotto il fango
 
Di trasparenza non era proprio il caso di parlarne. E quel giorno era ancora peggio. Lì sotto, se non era nero scuro poco ci mancava. Ma era giallo, quel giallo-verde ancora più impenetrabile del buio come sanno esserlo soltanto le acque limacciose di un porto o una laguna oppure di uno stagno. Una cortina davanti a cui lo sguardo si ferma e l’occhio si arrende. Nicola Porcu e Michele Putzu erano abituati a muoversi in quel limo. Sommozzatori professionisti entrambi, bravi ed esperti. E come ciechi riuscivano a leggere il fondale come fosse una pagina scritta in caratteri braille. Sapevano - perché l’avevano letto sui testi sacri della Cagliari antica e perché l’archeologia subacquea l’avevano scoperta poco per volta collaborando con la Soprintendenza - che tra le banchine di via Roma di tesori sommersi ce n’erano tanti. D’altra parte i magnifici reperti sottratti alla melma del fondale dal braccio meccanico della draga “Nazario Sauro” più di sessant’anni fa erano una testimonianza concreta di quanto c’era finito nel cimitero della storia e quanto ancora doveva celarsi sotto fango e sedimenti.
Anni Quaranta, i lavori per ampliare e rendere il porto più moderno vanno avanti con buon ritmo. La benna s’infila nel fondo e pesca. Melma, melma ed acqua. Poi qualcosa accade di eccezionale. La mano di ferro porta su ben altro. Una ceramica, una terracotta, frammenti e manufatti. Teste, visi umani. Lo stop arriva categorico e i motori si spengono, nel ventre d’acciaio della Nazario Sauro. Il tesoro è una testa d’uomo di magnifica fattura. È una testa femminile in terracotta: reperti ispirati a modelli greci e datati dai ricercatori della Soprintendenza archeologica di Cagliari tra il terzo e secondo secolo avanti Cristo. La tecnica costruttiva non si differenzia da quella già conosciuta e registrata negli scavi di Santa Gilla, quando alla fine dell’Ottocento (1891-1893) Filippo Vivanet, direttore del Regio Commissariato ai Musei ed agli Scavi, riporta in superficie oggetti fittili che le analisi scientifiche sulla qualità della materia con cui erano stati plasmati rivelarono provenisse dai fanghi alluvionali della laguna. Scriveva, allora l’archeologo: “A tale uopo interessai il dottor Domenico Lovisato, professore di geologia e mineralogia nell’ateneo cagliaritano perché volesse esaminare la struttura e la composizione minerale di alcuni cocci da me opportunamente scelti. Dall’esame risultò in modo certo che i fittili, tutti della medesima pasta, furono confezionati con i fanghi alluvionali della laguna, in parte portati dal rio Mannu, la cui foce si trova non molti distante, in parte dovuti allo sfacelo delle rocce terziarie circostanti, impastati con una certa quantità di marne argillose della regione di Fangario”.
È il 1970 e l’acqua è sempre più giallo-verde davanti a Cagliari-porto. Nicola Porcu la salsedine l’ha respirata sin dalla più tenera età, dalle finestre dell’hotel Calamosca gestito da suo padre Vittorio. Sgambettava appena nei corridoi di quell’albergo affacciato sulle scogliere di calcare che aveva ospitato la regina d’Olanda, Togliatti e Berlinguer, i “rossi” della falce e martello ma anche Segni e Fanfani, i “bianchi” dello scudocrociato. E in quella baia magnifica, Nicola il giovane aveva imparato a scendere a picco per scoprire mare e segreti. Un po’ come Michele Putzu l’aveva fatto da altre parti della Cagliari sul mare.
Un tuffo dopo l’altro e da quella torbida ben presto spunta la sorpresa. Un relitto? Coperto da una collina di spessa fanghiglia? Sì, proprio una nave. I resti di una nave da carico romana di cui ora finalmente, i lavori iniziati nel 2005 e non ancora conclusi, hanno confermato l’esistenza.
«A differenza dei ritrovamenti precedenti sempre fortuiti e legati a lavori portuali, esattamente come era avvenuto durante altre occasionali scoperte come nel caso della testa di Mercurio recuperata dai sub della Marina militare impegnati nella sistemazione delle catenarie, questa volta stiamo procedendo con un vero cantiere di indagine e scavo», spiega l’archeologo della Soprintendenza, Ignazio Sanna, direttore dei lavori subacquei davanti al molo Sabaudo. Una ricerca sistematica con le metodologie tipiche della ricerca archeologica rese possibili non soltanto dalla volontà della Soprintendenza di chiarire una volta per tutte cosa si celava e si cela in quella fetta di porto, ma soprattutto dalla disponibilità e dai finanziamenti messi a disposizione dall’Autorità portuale. Un portafoglio da 130 mila euro che ha permesso fino ad oggi di indagare un tratto di fondale largo 200 metri per 180, prospiciente il molo Sabaudo che dovrà essere allungato di centoventi metri. «In effetti - dice ancora Sanna - la disponibilità dell’Autorità portuale di Cagliari è stata tale da consentire la modifica in corso d’opera del progetto di allungamento del molo per evitare di incidere negativamente sul sito sommerso. La banchina non proseguirà più per centoventi metri ma per settanta, mentre in testata saranno realizzati due pontili stretti e laterali proprio per risparmiare l’area archeologica. Altro elemento importante è stata la messa a disposizione di un magazzino sul posto per il ricovero e il trattamento del materiale recuperato nel fondale di dieci, dodici metri. Circa ottocento reperti tra cui anfore, manufatti in cui sono presenti bolli e graffiti».
Una vera montagna di terrecotte che potrebbero far parte interamente del carico del relitto romano di età repubblicana ipotizzato negli anni Settanta e ora, finalmente confermato dall’individuazione di legni dello scafo. «Lo studio di alcuni materiali ci ha consentito di ricostruire le rotte fatte da questa nave. Per esempio alcune delle anfore vengono dalle coste pugliesi e comunque da quella adriatica. Novità per la Sardegna sono emerse anche da altri elementi ritrovati e studiati. L’Isola fino ad oggi sembrava essere stata tagliata fuori dai traffici verso le Gallie e le Baleari, non è proprio così», racconta l’archeologo della Soprintendenza. «Aspetto altrettanto interessante che sta emergendo durante i nostri lavori subacquei è che grazie al cantiere e alle prospezioni stiamo in qualche modo ricostruendo l’antica linea di costa, individuando quello che in epoca romana era il pre-porto. Abbiamo trovato importanti dati sul vecchio fondale marino, la sabbia e i ciottoli, le matte della posidonia ormai ricoperte dai nuovi sedimenti».
Insomma, la storia riemerge poco per volta, dal limo sottile e impenetrabile del porto. Storia romana, di traffici e di commerci. Storia di duemila e passa anni fa che i sommozzatori dell’Ot-sub e gli archeologi della Soprintendenza guidati da Ignazio Sanna vogliono davvero riuscire a raccontare.
Andrea Piras
 
6 – L’Unione Sarda
Prima Pagina Pagina 1
Partiti, potere e società
Il male italiano? Pensare a distruggere
di Giuseppe Marci
 
Tutto sommato a me Franco Masu sembra un ottimista. Come potrebbe non esserlo, d’altronde, uno che si è preso la briga di raccogliere 17.000 firme a sostegno di una legge d’iniziativa popolare mirante a ridurre le indennità dei consiglieri regionali della Sardegna? Egli crede che la nostra società sia migliorabile e che i cittadini, riunendosi insieme, possano favorire il cambiamento. Anzi ritiene imminente l’evento, se conclude con queste parole l’intervista rilasciata a "L’Unione Sarda": «Cambierà per forza. La gente è alla fame, viviamo in un castello di carta che sta crollando».
Chissà se ha ragione; chissà se il male può essere sanato in un periodo breve qual è quello cui sembra pensare, o se invece saranno necessari tempi molto più lunghi. E poi, è proprio vera questa distinzione fra "la gente alla fame" e i partiti che sono diventati "oligarchie dove pochi decidono per tutti"?
Se guardiamo con attenzione alla situazione italiana (dalla quale, sotto questo profilo, la Sardegna non si discosta) notiamo un’antica e perdurante assenza del senso dello Stato cui da sempre si è sostituito un ambito di potere improprio e più ristretto nel quale confidiamo e al quale obbediamo. Almeno quelli usi a obbedire: gli altri vivono ai margini e contano praticamente niente.
Ci fossero soltanto i partiti, organizzazioni "dove pochi decidono per tutti", sarebbe certamente un male ma non sarebbe quel cancro da cui in certi momenti sembra colpita la nostra società. Invece si ha spesso l’impressione che il Paese sia in mano a una miriade di grandi e piccoli centri di potere, capillarmente diffusi, contraddicenti ogni generale progetto, paghi di un privato tornaconto, anche minimo, una pura rendita di posizione, in sé miserabile ma gravissima per il danno generale prodotto.
Provi ciascuno a riflettere sulla minuscola oligarchia cui personalmente appartiene o su quella della quale è vittima. Ognuno nel proprio ambito, tutti abbiamo qualche esempio da produrre. Io potrei farlo per quel che riguarda il mio mondo universitario di vocazione umanistica: di poco o nessun rilievo economico e politico, quindi. Ma anche qui il sistema oligarchico vige, nella gestione di un modestissimo potere, nell’interdizione esercitata contro chi non appartiene al gruppo, nella paralisi, infine. Perché se le energie sono impiegate nel demolire quel che fanno gli altri non ne restano a sufficienza per costruire.
Sommando tutti questi piccoli danni privati si arriva alla gigantesca paralisi pubblica dell’Italia che in Sardegna si traduce nel pressoché fallimentare bilancio di un ormai lungo percorso autonomistico, dei piani di Rinascita, dell’industrializzazione, delle troppe intraprese politiche, sociali ed economiche naufragate nel tempo compreso fra l’istituzione della Regione e l’oggi. In tale quadro la parabola dell’attuale amministrazione si inserisce perfettamente, come mostrano le lacerazioni, i contrasti, le assolute volontà di potere che la sconquassano. 

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro
Una task force per 800 micro discariche 
Parte il controllo dei siti inquinanti del territorio provinciale 
All’opera un gruppo di 23 laureati e studenti di Scienze ambientali 
 
NUORO. Parte a fine mese la task force di 23 unità, tra studenti e laureati dell’Università di Sassari, sezione di Nuoro, facoltà di scienze ambientali, con l’incarico di monitorare le 800 microdiscariche distribuite nel territorio provinciale. Dopo la presentazione dello screening parte il controllo dei siti nei quali sono stati depositati illecitamente i rifiuti, per passare ora alla loro bonifica.
Discariche che sono state già censite, grazie all’ottimo lavoro del Corpo forestale di vigilanza ambientale. Dopo la definizione degli obiettivi del gruppo coordinato dalla Provincia, i 23 volontari, attraverso uno stage formativo, si preparano ad entrare in azione. Stimolati dai fenomeni legati alla desertificazione e alla metereologia in generale, i giovani stagisti saranno impegnati per 6 mesi sul fronte del monitoraggio dei depositi abusivi, costituiti da rifiuti domestici, attività artigiane e industriali, per l’analisi dei rischi. Il tutto coordinato preliminarmente da Chiara Rosnati, docente di valutazione di impatto ambientale. Gli altri professori sono Sergio Vacca ed Herbert Muntau.
«Si partirà dalla catalogazione della tipologia di abbandono e lo stato dei rifiuti, la densità di distribuzione sul territorio, individuando nel fenomeno un possibile fattore di contaminazione del suolo e di rischio ambientale. Si tratta - ha spiegato la Rosnati - di programmare la metodologia da adottare per la bonifica e stabilire l’ ordine di priorità relativamente agli interventi. Si procederà all’analisi di rischio per valutarer il possibile impatto della contaminazione sulla salute dell’uomo e sulla qualità dell’ambiente».
 Con l’attività di tirocinio si stabilirà il grado di rischio derivante da ogni sito per poi decidere l’ordine d’intervento. E comunque dopo la localizzazione esatta delle microdiscariche; la raccolta dei dati per la caratterizzazione qualitativa dei rifiuti; il posizionamento dei siti nel Sistema informativo territoriale e la creazione di una scheda; la realizzazione di una banca dati finalizzata al monitoraggio del territorio. Il confronto dei dati rilevati durante il censimento con quelli dell’osservatorio provinciale dei rifiuti per definire le strategie di miglioramento della raccolta differenziata per il ridimensionamento del fenomeno. Nell’indagine sul campo saranno coinvolti i comuni che sono i fruitori diretti. Al termine sarà elaborato un progetto pilota che, se i risultati saranno soddisfacenti, sarà allargato alle altre Province.
 «Non bisogna sottovalutare il fatto che sul territorio isolano, con il deposito di materiali elettronici, frigo, batterie, pneumatici, su suoli permeabili o vicini ai corsi d’acqua, c’è il rischio di innescare una vera bomba ecologica. Da qui la necessità di approfondire i controlli e le analisi scientifiche, visitando e catalogando la tipologia dei siti. Per ognuno di questi ultimi - ha concluso la Rosnati - sarà compilata una scheda che finirà sul sito internet della Provincia e della Forestale. Dati che saranno aggiornati ogni anno, mentre il monitoraggio verrà fatto col Sistema informativo territoriale».
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Da oggi fino al 22 
Anatomia, al via il 61º congresso 
 
SASSARI. Organizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche dell’università di Sassari, da oggi e fino al 22 settembre, si terrà il 61º Congresso della Società Italiana di Anatomia e Istologia, che vedrà la partecipazione di alcuni dei più rappresentativi esponenti delle scienze morfologiche, provenienti da tutte le università italiane e da alcune università straniere, fra cui Regno Unito, Spagna, Polonia e Stati Uniti.
 Trecento i contributi originali che illustrano i risultati di ricerche di base ed applicate sui principali campi di studio delle scienze morfologiche e biomediche: dalle cellule staminali, all’embriologia, dalle biotecnologie alla oncologia e all’anatomia radiologica e clinica che toccano alcuni dei più importanti temi di ricerca.
Al termine dei lavori, inoltre, specifici simposi tematici saranno dedicati alla presentazione e alla discussione delle più recenti acquisizioni sulle conoscenze di base, funzionali e cliniche relative all’apparato cardiovascolare, neuromuscolare, al fegato e vie biliari.
 Agli oltre 400 congressisti, di cui è prevista la partecipazione, si aggiungeranno numerosi studenti, specializzandi e dottorandi dell’ateneo di Sassari, che potranno seguire le sessioni scientifiche nell’ambito del loro percorso formativo universitario.
 
 La cerimonia inaugurale del Congresso, si svolgerà nell’aula magna del rettorato, in piazza Università, oggi alle 17,30.
 I lavori scientifici proseguiranno domani, il 21 e il 22 settembre nel centro didattico della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali in Via Vienna.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 12 - Attualità
 
«Fuori i corrotti dall’Università» 
Pugno duro di Mussi, test truccati più vasti di quanto appare I nomi dei ragazzi indagati a Bari, Catanzaro annulla i quiz 
 
ROMA. E’ questione di ore, poi saranno depennati dalle prove. Sono una trentina gli studenti che hanno barato ai test di ammissione delle facoltà a numero chiuso di Medicina e Odontoiatria di Bari, Ancona e Chieti e oggi la procura di Bari trasmetterà al rettore l’elenco dei nomi.
 Il ministro Fabio Mussi (nella foto) l’alto commissario per la lotta alla corruzione Achille Serra sono al lavoro per «liberare - ribadisce Mussi - l’università da corrotti e corruttori» perchè «il fenomeno è più esteso - aggiunge Serra - di quanto traspaia». La decisione della procura di inviare al rettore, Corrado Petrocelli, i nomi degli studenti indagati fa seguito alla richiesta del ministro dell’Università di escludere dalle prove quelli sotto inchiesta. La lista contiene «tra i 20 e i 30 nominativi» di candidati che avrebbero ricevuto, con telefonate e sms, le risposte ai quiz. Per loro è imminente l’iscrizione nel registro degli indagati e l’esclusione dai test. Il procuratore ha ribadito che non sono stai ancora identificati tutti gli studenti coinvolti. La guardia di finanza sta ultimando gli accertamenti su una quarantina di giovani, e di una dozzina di persone, tra cui genitori, che, insieme ai 7 già indagati, avrebbero organizzato la truffa.
 «Denunciate subito, a prova aperta»: è intanto l’appello agli studenti del ministro Mussi che ha incontrato il commissario anticorruzione nella Pubblica amministrazione, Serra, per individuare insieme cosa fare per stroncare il fenomeno. «Voglio dire ai docenti coinvolti che non avrò pace finchè non li vedrò cacciati»: sono state le parole di Mussi. Gli obiettivi, ha spiegato Serra, sono due: «Valutare l’entità del fenomeno e prevenire gli illeciti». Diminuire il numero chiuso e rivedere la legge sull’accesso ai corsi: è poi l’impegno ribadito da Mussi a una delegazione dell’Unione universitari (Udu) che stava manifestando davanti al ministero per chiedere l’annullamento delle prove di Medicina. Richiesta sostenuta dalle 700 adesioni già raccolte per un ricorso collettivo al Tar. L’Università di Catanzaro ha trasmesso al Ministero gli atti di annullamento dei test di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. «Soluzione ipocrita», protestano gli studenti. (m.v.)
 
 

Questionario e social

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