UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 20 giugno 2007

Mercoledì 20 giugno 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 giugno 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 8 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Sardegna

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 17
Università. Ieri l’incontro
Aumento delle tasse, Mistretta e studenti sempre più distanti
 
Tutto come previsto. Da una parte il rettore Mistretta che ha proposto l’aumento delle tasse (che ricadranno soprattutto sulle fasce di reddito maggiore). Dall’altra gli studenti che hanno respinto questa ipotesi. Ieri pomeriggio, in rettorato, le due parti si sono incontrate, senza trovare un accordo. Mistretta ha illustrato la sua proposta: bloccate da cinque anni, tra le più basse d’Italia, le tasse universitarie cagliaritane devono aumentare per far incassare quattro milioni. Soldi che serviranno per coprire spese vive. L’incremento più consistente (+39 per cento, pari a 187 euro in più) peserà sulla quinta fascia, la più numerosa (8.224 studenti), delle lauree triennali. Per la sesta fascia (2.242 iscritti) l’aumento sarà di 427 euro (38 per cento), mentre per la quarta (4.322 studenti) la spesa in più sarà di 132 euro (38 per cento). Gli iscritti nella prima fascia (4.900) pagheranno, in più, poco meno di un euro, per quelli della seconda (5.237 iscritti), l’aumento prospettato è del 6 per cento (14 euro). I 4.962 studenti di terza fascia pagherebbero il 19 per cento in più (56 euro). Aumenti compresi fra il 12 per cento e il 32 sono previsti per le tasse d’iscrizione alle lauree specialistiche. Gli incrementi maggiori per la sesta fascia (441 euro), per la quinta (242) e per la quarta (156). Per le altre tre l’aumento sarà compreso tra i 24 della prima fascia e i 39 della terza. «Un incontro importante - ha commentato Mistretta - dove ho prospettato un quadro di modifiche delle tasse inevitabile. La questione dovrà essere legata ad altre fonti d’entrata come la razionalizzazione delle spese. Gli studenti hanno manifestato maturità, partecipazione e senso di responsabilità». Ma alla fine hanno detto, in modo compatto. In un comunicato congiunto gli studenti hanno espresso «una forte contrarietà a ogni eventuale aumento». Un no responsabile: «Noi possiamo essere noi, per primi, a muovere il primo passo per risanare le casse dell’Ateneo». Tra le alternative proposte quelle di «una maggior partecipazione finanziaria da parte della Regione. Per questo chiediamo un incontro con il presidente Soru». Intanto l’Ateneo deve portare avanti con convinzione «una politica contro gli sprechi e per la riduzione dei centri di spesa. Inoltre è impensabile che nel 2007 ci sia un rapporto così limitato tra Università e mondo del lavoro e delle imprese». Difficile che le due parti possano arrivare a un accordo. (m.v.)
 
2 – L’Unione Sarda
Prima pagina
Trucchi e veleni della catena alimentare: un esperto svela qualche segreto
Gamberi all’ammoniaca e bistecche taroccate
   
Se il gamberone ha un retrogusto strano, probabilmente è l’ammoniaca utilizzata per farlo restare rosso. Se la bistecca spessa quattro dita sul fuoco si rimpicciolisce, probabilmente dipende dagli anabolizzanti usati per far aumentare di peso gli animali. Procedure talvolta lecite, anche a causa di leggi con maglie troppo larghe, talvolta no. E scattano i sequestri. Perché con i cibi taroccati e con le frodi alimentari ci si arricchisce e si mette a rischio la salute pubblica. Lo spiega il professor Mario Porcu dell’ateneo di Cagliari.
P. Carta a pagina 7
 
Gambero rosso, anche troppo
Viaggio tra pesci all’ammoniaca e carne colorata 
di Paolo Carta
 
Se i gamberoni che vi servono al ristorante o che avete acquistato dal vostro rivenditore di fiducia hanno un retrogusto strano, forse dipende dal fatto che sono rossi rossi. Sembrano freschissimi. Per renderli così appetibili ai nostri occhi, i pescatori devono innaffiarli di ammoniaca dopo averli tirati su dal mare, perché altrimenti diventerebbe subito neri. E invendibili agli occhi dei clienti. Se si eccede con il trattamento - consentito per legge nei limiti giusti - ecco che il vostro piatto preferito avrà più il sapore di detersivo che di gambero. Piccolo esempio di quel che capita nelle nostre tavole e nei banconi dei supermercati. O negli allevamenti e nei campi da dove proviene tutto ciò che finisce poi nel nostro stomaco. I polli per farli ingrassare vengono allevati con mangime e antibiotici: «La scoperta che gli animali acquistavano peso dopo il trattamento con certi farmaci - spiega Mario Porcu, professore ordinario di Merceologia nella facoltà di Economia e Commercio di Cagliari - avvenne per caso. Quando in un allevamento intensivo alcuni capi si ammalavano ed avevano bisogno di essere curati con antibiotici, era consuetudine aggiungere il farmaco al mangime e alimentare anche gli animali sani. Dopo questo trattamento si verificava un aumento di peso imprevisto in tutti i capi». Forse non tutti lo sanno, ma il trattamento non è vietato dalla legge. «A patto - prosegue Mario Porcu - che la cura venga interrotta per un certo periodo prima della macellazione per consentire la scomparsa dei metaboliti de farmaco. La presenza di antibiotici nelle carni che finiscono nei nostri piatti può provocare nel consumatore allergie. L’utilizzo prolungato, nel momento in cui il consumatore ha necessità di un trattamento antibiotico, può rendere inefficace l’azione del farmaco perché l’organismo è diventato insensibile al principio attivo». Per aumentare la resa in carne vengono utilizzati anche gli anabolizzanti, introdotti per la prima volta nell’allevamento dei bovini negli Usa dove sono ancora oggi consentiti, a differenza dell’Italia. E sul fuoco quelle bistecche si rimpiccioliscono. Nell’America del liberismo è permesso anche quello che nella vecchia Europa tradizionalista è ancora proibito. Come il trattamento di vegetali e carni con raggi gamma, per rallentarne l’invecchiamento (lecita da noi solo per aglio, patate e cipolle). «In Italia chi vuole commercializzare carne non proprio fresca - prosegue il professor Porcu - usa metodi più artigianali: iniezioni di colorante rosso direttamente nelle carni, su noce e filetto. Così possono arrivare in macelleria dando la sensazione di essere state lavorate di recente». Chi vuole fare soldi facili con le sofisticazioni alimentari, un po’ come è raccontato nel romanzo Mi fido di te dell’accoppiata Massimo Carlotto-Francesco Abate, ha anche la possibilità di sfruttare le carenze delle leggi. «Per fare un esempio - prosegue Mario Porcu - in Italia il prodotto venduto come "olio di oliva" in realtà è una miscela di olio ottenuta sottoponendo il succo di oliva a trattamenti termici e chimici molto pesanti che ne modificano la composizione naturale, con l’aggiunta di olio vergine (trattato solo fisicamente, cioé spremuto e filtrato). Queste informazioni non compaiono nelle etichette e la legge non fissa la quantità minima di olio di oliva che deve essere presente in una bottiglia. Viene indicato solo il limite massimo di acidità (2 per cento). Che si ottiene attraverso il trattamento con la soda. Un olio rettificato con poche gocce di olio vergine e trattato con soda può finire legittimamente venduto come "olio d’oliva"». Nei limiti di una legge sbagliata. Dopo i casi del vino al metanolo, della mucca pazza, dei polli alla diossina, dei maaiali agli ormoni, per controllare la qualità dei cibi dei nostri pranzi e il rispetto delle leggi sulla tracciabilità e la rintracciabilità, sono schierati i carabinieri del Nas, le Asl e l’Autorià per la sicurezza alimentare europea, con sede a Parma e uffici sparsi in tutta Italia, Cagliari compresa. Dal rapporto annuale pubblicato sul sito del ministero delle Politiche agricole, emerge tutta una serie di irregolarità riscontrate tra allevamenti, campi coltivati, depositi di sementi e mangimi, macelli e grande distribuzione alimentare. Si scopre che anche lo scorso anno è stato prodotto in Italia il vino al metanolo, quello che qualche decennio provocò quasi una strage (27 morti) e il collasso economico del settore. In certe regioni l’effetto-spumante è ottenuto con metodi truffaldini: zucchero di canne nella presa di spuma. In certe zone le uve usate per produrre rossi, rosati e bianchi contengono metalli pesanti. Per non parlare delle uve al piombo, come quelle dei vigneti che crescono nel Sulcis nei pressi delle ciminiere di Portoscuso. «Nel caso dei vini - prosegue professor Porcu - le alterazioni irregolari possono avvenire sin da quando l’uva spremuta giace nelle botti sotto forma di mosto, arricchendolo con zucchero o alcol, per esempio». I controllori hanno anche avuto vita facile nell’individuare rame, zinco, ferro e manganese in quantità da intossicazione nei mangimi utilizzati per allevare polli e maiali; uova scadute nei banchi dei supermercati, oppure dichiarate "fresche" dopo nove giorni dalla produzione. Numerose anche le partite di formaggi sequestrate perchè scadute. O di farine ricche di fertilizzanti o di medicinali utilizzati per favorire la produzione. Di pasta fresca all’uovo che di uova ne aveva poche o niente. Di carni suine o bovine scadute e trattate con il sistema dei coloranti. «Un’altra importate attività - prosegue il professor Mario Porcu - è quella rivolta alla tutela dei prodotti tipici tutelati da marchi europei (Dop, Igp e Stg). Si è scoperto in tanti casi che la mozzarella di bufala presentava anche latte vaccino; che il pecorino romano era prodotto con latte proveniente da altre regioni, non dal Lazio e dalla Sardegna. Che il limoncello di Sorrento in realtà era preparato con agrumi stranieri». Proprio in Sardegna sono stati sequestrati sei carichi di vino da tavola spacciato per prodotto doc; bottiglie senza etichettatura regolare per evitare di spiegare la proveniente poco nobile; olio extra vergine che tale non era, anzi; formaggi fusi senza etichette regolari; pasta invasa da parassiti; mangimi per animali al rame e allo zinco; fertilizzanti fuorilegge. «I controlli più difficili - spiega Mario Porcu - sono quelli sui prodotti da agricoltura biologica. In Sardegna è stato scoperto un caso in cui un produttore certificato utilizzava fertilizzanti e fitofarmaci (vietati nel metodo biologico) acquistati, per suo conto, da un amico agricoltore che praticava il metodo di agricoltura convenzionale (dove sono consentiti)». Ma attenzione anche alla pubblicità ingannevole. Come scrivere nell’etichetta di un barattolo miele prodotto naturale perché può essere prodotto solo dalle api. E come riportare in etichetta che un prodotto è "senza additivi né conservanti" quando già la legge lo proibisce.
 
3 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari Pagina 24
All’Università col salario da cameriere
Senorbì. Un centinaio di ragazzi della Trexenta si trasferisce nei locali della costa
Molti ragazzi si mantengono agli studi lavorando in estate
 
Nei mesi estivi servono ai tavoli dei ristoranti delle località costiere dell’Isola, in inverno invece si immergono sui testi universitari per dare più esami possibile e laurearsi in fretta. Ci vuole grande forza di volontà per essere studenti e lavoratori nello stesso tempo. Barman, camerieri, manovali, baby sitter, giardinieri: ci si adatta un po’ a tutto. L’importante è racimolare i soldi per pagarsi iscrizione, tasse universitarie e magari anche l’affitto sempre carissimo di una stanza a Cagliari. Gli studenti della Trexenta preferiscono fare la "stagione" ed evitare di pesare troppo sulle proprie famiglie. Da Senorbì e paesi vicini partono, ogni estate, almeno cento ragazzi per prendere servizio a Villasimius, Muravera e in Costa Smeralda. Di questi circa la metà sono universitari. «Praticamente mi sono pagata gli studi in questo modo, lavorando in un residence a Porto Cervo», racconta Pamela Pingiori, 25 anni di Mandas. «Per tre anni ho lavorato da giugno a settembre e poi ho ripreso gli studi al termine della stagione estiva». Certo in questo modo la sessione estiva diventa tabù, ma si tenta di recuperare alla ripresa delle lezioni in autunno. Tanti sacrifici e alla fine l’obiettivo è alle porte. «Mi mancano pochi esami alla laurea in operatrice culturale per il turismo», continua Pingiori. Quasi la stessa storia di Giulia Carta, anche lei di Mandas: «Per due stagioni ho lavorato in un ristorante a Orosei. Adesso che sto per concludere il corso di studi ho accettato solo qualche piccola collaborazione in una pizzeria in paese». Ma non sono esclusivamente gli universitari a fare i bagagli per racimolare un po’ di soldi da investire sui libri di testo. «Da noi ci sono alcuni ragazzi che devono diplomarsi», sottolinea Marco Ghisu di Senorbì, responsabile di reparto nel residence Santa Giusta a Costa Rey. «Studio alle serali», dice Raffaele Atzori, 24 anni di Guamaggiore. «Frequento il corso per ragionieri programmatori all’Istituto Einaudi di Senorbì. Attendo da un momento all’altro una telefonata che mi informi dell’esito degli scrutini finali». Anche Stefano Spiga di Senorbì si è iscritto alle serali per conquistarsi un diploma: «Ma quando la scuola è chiusa bisogna pensare a lavorare». Le stagioni estive consentono di sostenere un intero anno di spese universitarie. I salari mensili oscillano dai 1200 ai 1500 euro. Chi sceglie la cosiddetta stagione lunga (quattro mesi) potrà poi permettersi una stanza in affitto nei pressi della Facoltà. Certo le vacanze restano una chimera, per quelle bisognerà aspettare di aver discusso la tesi. Chi ha meno pretese punta ad un part-time nella zona. «Studio al liceo scientifico tecnologico di Senorbì e per avere un po’ di soldi da spendere in estate faccio il manovale», dice Andrea Cocco di Gesico. Sino a una decina di anni fa i liceali e gli universitari più volenterosi si finanziavano gli studi cambiando tubi per l’irrigazione o caricando balle di foraggio nei mesi caldi dell’annata agraria. Ma poi c’è stata la crisi e la conseguente fuga dai campi a spegnere anche questa opportunità di lavoro. Dai campi di grano sino alle coste dell’Isola, l’importante è garantirsi un futuro migliore.
Severino Sirigu 
 
4 – L’Unione Sarda
Provincia Sulcis Pagina 27
I tesori fenici di Monte Sirai
 
Gli archeologi sono tornati a Monte Sirai per una nuova campagna di scavi alla scoperta dei segreti che ancora sono celati nella cittadella fenicio-punica. Il lavoro sul pianoro è cominciato ieri, nonostante il caldo e andrà avanti fino al 29 luglio. Gli studiosi saranno impegnati nella necropoli di Monte Sirai e nel Cronicario di Sant’Antioco. A guidarli ci sarà ancora una volta il docente dell’Università di Sassari Piero Bartoloni. Insieme a lui lavoreranno Michele Gourguis, Elisa Pompianu, Antonella Unali e Laura Mallica. A Piero Bernardini è stato assegnato il compito di seguire i lavori per conto della Sovrintendenza archeologica di Cagliari ed Oristano. Non saranno i soli a lavorare nei siti archeologici. «Sul campo sono impegnati uomini della ati Ifras e del parco Geominerario ? spiega Piero Bartoloni ? personale prezioso che ha acquisito professionalità nel corso degli anni». I cantieri anche quest’estate offrriranno ad un gruppo di studenti di archeologia la possibilità di fare esperienza. Sono sessanta giovani provenienti dalle università di Sassari, Cagliari, Alicante e Barcellona. Sono state già localizzate alcune tombe e avviate le procedure di scavo. Non resta che aspettare la loro apertura.
Marco Venturi 

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Tasse universitarie, vincono gli studenti 
Il rettore Pasquale Mistretta congela gli aumenti dopo il confronto 
Si riparlerà delle tabelle solo alla vigilia del nuovo anno accademico 
 
CAGLIARI. Alla fine l’hanno spuntata loro: gli studenti. Nell’incontro col rettore, hanno difeso il “no” secco all’ipotesi di un aumento delle tasse e ottenuto il risultato di vederlo congelato fino alla vigilia del prossimo anno accademico. Forti le motivazioni avanzate dal Consiglio degli studenti: in una regione non certo ricca come la Sardegna, è stato detto tra l’altro, quelle tariffe avrebbero pesato come un macigno. E poi, per rimpolpare le casse dell’ateneo ci sarebbe un’altra soluzione: chiedere aiuto alla Regione.
 Che l’incontro si dovesse concludere con soluzioni alternative era un po’ quello che s’auspicavano tutti, anche se non era affatto scontato. Soprattutto perchè, nei giorni scorsi, a fronte della posizione d’alcuni studenti, pronti ad ascoltare quello che Pasquale Mistretta aveva da dire prima di decidere il da farsi, altri erano già sul piede di guerra.
 Come promesso, il rettore ha aperto l’incontro (i giornalisti per volontà del Consiglio degli studenti sono rimasti fuori) con una relazione in cui ha spiegato perché l’aumento delle tasse è necessario, ricordando come negli ultimi tempi l’attività didattica e, in particolare, quella riferita alla ‹‹quantità e alla qualità dei servizi›› si fosse estesa. Subito dopo ha fatto notare che, mentre molte cose era stato possibile realizzare, altre sono state bloccate dalle difficoltà di bilancio. Da qui la necessità di richiamarsi, ‹‹per garantire un diritto allo studio culturalmente competitivo›› alla ‹‹responsabilità degli studenti››.
 Un richiamo che il rettore ha voluto poggiare sui numeri. E non solo quelli che dicono che “da noi le tasse sono ferme a cinque anni fa”, ma anche quelli che dimostrano come la contribuzione degli studenti sia solo una piccola parte delle entrate dell’ateneo. Se si considera, ad esempio, la sola amministrazione centrale, i conti dicono che i costi sono coperti per il 72,8 per cento dai soldi del Fondo di finanziamento ordinario (che arrivano dal ministero) e solo per l’8,91 dagli studenti. Ancora: mentre a livello nazionale, ha detto Mistretta, un universitario nella penisola paga in media tasse per 906,22 euro l’anno, a Cagliari la media è 364,34 euro. Insomma, per Mistretta si è usata abbondantemente la mano leggera, cosa che, data l’attuale situazione, non è più possibile. Da qui l’ipotesi dell’aumento: non una mazzata per tutti, ma un aumento graduato a seconda delle diverse fasce di reddito. La bozza presentata da Mistretta prevede, ad esempio, per la prima fascia (fino a 7.874 euro) un aumento dello 0,46%, (si pagherebbero 180 euro e non più 175,66), passando a un più 38,01% per la quarta fascia (da 18.340 a 23.571 euro) che pagherebbe non più 336,28 euro ma 480. La proposta comunque non ha convinto gli studenti, anche perchè, hanno detto, gli aumenti andrebbero a colpire le classi medie, formate da famiglie d’impiegati. ‹‹Gli universitari non possono essere chiamati - hanno detto in coro - a essere i salvatori delle casse dell’ateneo››. Da qui le controproposte: ‹‹C’è bisogno di una più consistente partecipazione finanziaria della Regione, che va vista non come un costo ma come un investimento››, hanno detto gli studenti. In sostanza, per gli universitari la Regione dovrebbe fare uno sforzo in più per garantire un vero diritto allo studio, ‹‹anche attraverso un incremento dei fondi finalizzati››, ha detto Lorenzo Espa, presidente del Consiglio degli studenti, ‹‹cioè quelli destinati a obiettivi specifici come il pagamento delle borse di studio››. Non solo: per gli studenti sarebbe anche opportuno che l’università porti avanti una politica contro gli sprechi (per molti, ad esempio, l’offerta formativa è eccessiva e alcuni corsi non sono funzionali alle richieste del mercato del lavoro), Mistretta, come annunciato, non ha sollevato barricate, promettendo che si farà risentire. La speranza è che si trovino altre soluzioni. Intanto sia il rettore che gli studenti si dicono soddisfatti dell’incontro. Anche se c’è chi ancora frena: ‹‹Prima di cantare vittoria - dice Vincenzo D’Ascanio dei Giovani comunisti - aspettiamo che il rettore formalizzi il risultato dell’incontro. A volte le marce indietro repentine possono nascondere qualcosa››.
Sabrina Zedda 
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
L’enigma Tfr: dieci giorni per decidere 
Consigli ai lavoratori in un seminario organizzato dall’Inps con Giurisprudenza 
 
CAGLIARI. Il trenta giugno, termine ultimo entro il quale i lavoratori dipendenti del settore privato dovranno decidere la destinazione del Tfr, si avvicina. E si moltiplicano le iniziative per fare chiarezza in un settore tutt’altro che privo di interrogativi. Il primo, forse quello più sentito dai diretti interessati, si riassume in una semplice domanda: conviene lasciare il Tfr in azienda o affidarsi ai fondi complementari? O meglio scegliere un mix tra le due opzioni? A queste domande ha tentato di dare una risposta il seminario di studi promosso ieri dall’Inps con la collaborazione della facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo cagliaritano. Salvatore Putzolu, responsabile regionale dell’istituto di previdenza e dunque parte in causa nella “questione Tfr”, non si sbilancia: «Abbiamo organizzato questa serie di appuntamenti per fare chiarezza, in un’ottica super partes». Risponde allora Gianfranco Onnis, rappresentante delle Rdb regionali e studioso delle dinamiche legate al welfare state: «Per il momento il nostro consiglio è di tenere in azienda il trattamento di fine rapporto: lo dicono i numeri. Un esempio: i ferrovieri possono contare sul Fondo Priamo, che oggi rende meno del due per cento, contro il tre garantito dall’attuale sistema. Infine - ricorda Onnis - chi sceglie di “tenere” il Tfr può sempre decidere, in un secondo momento, di destinarne una parte ai fondi complementari. Al contrario, chi sceglie di aderire già da oggi al sistema integrativo, non può revocare questa scelta». In merito, il primo dato riguarda la percentuale di lavoratori che ha deciso di destinare per intero il Tfr ai fondi complementari: «Secondo le ultime rilevazioni - sottolinea il docente Piergiorgio Corrias - questa opzione è stata scelta da un minimo di dieci ad un massimo di trenta dipendenti su cento. Il margine è abbastanza ampio, quindi l’importanza di questo dato non è assoluta ma indicativa, soprattutto se si tiene conto che le previsioni si attestavano intorno al quaranta per cento». Perché questa disparità tra stime di massima e dati effettivi? «Premesso che queste basse percentuali mi meravigliano - aggiunge Putzolu - credo che molto sia dovuto alla carenza di informazioni fornite agli utenti, e questa iniziativa, così come le prossime, hanno il compito di chiarire i dubbi dei dipendenti. Mi auguro che i lavoratori siano indirizzati verso una scelta seria e oculata anche sui fondi complementari, che devono essere seri e garantire un futuro».
Pablo Sole 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Provincia e Università Ieri la firma 
 
SASSARI. Provincia e Università di Sassari hanno firmato l’accordo quadro di cooperazione, gettato le basi per la costruzione del Patto per il nord-ovest della Sardegna, collaborato alla predisposizione di un Piano strategico provinciale, inteso come strumento di pianificazione partecipata e condivisa da parte dei soggetti istituzionali, imprenditoriali e sociali presenti nel territorio. La sfida è partita ieri pomeriggio da piazza d’Italia, dove i massimi rappresentanti di Provincia di Sassari e Università di Sassari, il presidente Alessandra Giudici e il rettore Alessandro Maida, hanno sottoscritto un accordo quadro di cooperazione con cui, di fatto, è stata posta la prima pietra in vista della definitiva costruzione del Patto per il nord-ovest della Sardegna. Sul piano pratico, la proposta del presidente Giudici si concretizzerà nella creazione di una struttura permanente di concertazione e pianificazione strategica di cui la Provincia è pronta ad assumersi il coordinamento. L’Università avrà un ruolo centrale in tutte le attività di formazione del personale della Provincia, la quale, da parte sua, favorirà esperienze lavorative, stage, tirocini di studenti e neolaureati dentro la propria struttura.
 Oggi invece è previsto il primo incontro con i sindaci del territorio, che il 12 aprile avevano espresso quasi allunanimità il favore verso l’iniziativa della Provincia.
1 – Il Sardegna
Grande Cagliari – pagina 27
Bocciata la proposta Mistretta
studenti contro i ritocchi alle tasse
Università. Le «progressioni equilibrate» proposte dal rettore non piacciono ai ragazzi
Il Magnifico: aumenti necessari per garantire sviluppo e qualità della formazione nell’ateneo
 
Gli studenti bocciano l’aumento delle tasse. Il consiglio degli universitari, riunito ieri a porte chiuse in rettorato, non ha lasciato margini di discussione alla proposta avanzata dal Rettore. Un piano tariffario da quattro milioni di euro. Un conto salato che rischierebbe di gravare sulle tasche dei circa 38mila studenti universitari dell’ateneo cagliaritano. La tanto attesa relazione del Rettore, ieri sera, è arrivata al tavolo del consiglio degli studenti. Una proposta di modifica, come promesso da Mistretta, molto dettagliata. L’aumento delle tasse è un argomento spinoso e, a quanto pare, non più rimandabile. Un cambio di rotta del sistema contributivo reso necessario per «garantire continuità allo sviluppo dell’Ateneo di questi ultimi anni», afferma il magnifico Mistretta. Inevitabile, quindi, il richiamo al senso di responsabilità degli studenti: «Doveroso, per garantire sviluppo, qualità della formazione e per garantire un diritto allo studio culturalmente competitivo». Del resto, sosteneva il rettore: «Le tasse, per gli studenti, sono da considerare un investimento e, come tali, vanno finalizzate per nuovi progetti con garanzie di risultato». Un appello giustificato da una serie di dati. Innanzitutto il valore medio nazionale di contribuzione per studente riferita al 2005: «La media è di 906,22 euro, per l’università di Cagliari è di 364,34 euro». E ancora: «Mentre la percentuale di studenti del nostro ateneo sulla popolazione universitaria nazionale è del 2,03 per cento, la percentuale del gettito contributivo è soltanto dello 0,82 per cento». Vale a dire: «La nostra Università non ha mai perseguito una politica delle entrate basata su una pesante contribuzione studentesca ». Tutto questo per giunge-re alla conclusione, annunciata ormai da qualche giorno: le tasse devono essere ritoccate. L’approccio propositivo del Magnifico, non è però bastato. E per quanto lui abbia definito l’incontro di ieri «costruttivo» e «proficuo», perché «ancora una volta i ragazzi hanno dato dimostrazione di senso civico e di responsabilità» per aver capito «che le tasse servono a migliorare la nostra università», la risposta degli studenti è stata secca: no agli aumenti. E a far cambiare le carte in tavola non è bastato il fatto che il nuovo piano tariffario - quello avanzato dal rettore - fosse articolato in modo da non penalizzare le prime due fasce di reddito. E nonostante la stangata fosse prospettata come una «progressione degli importi equilibrata ». In sintesi, questa la proposta del rettore, bocciata dagli studenti: per i più “poveri”, gli studenti in prima fascia di reddito, in discussione c’era un aumento di appena 0,83 centesimi. Contenuto anche quello della seconda fascia: 14,19 euro. Aumenti più salati nella terza: di 56,33 euro. A subire vere maggiorazioni sarebbero stati gli universitari in quarta fascia (aumenti di 132,21 euro), quinta (più 187,68 euro) e sesta classe di reddito (427,35 euro). Con una percentuale di rincari che avrebbe penalizzato particolarmente gli studenti che dichiarano redditi da quinta fascia - aumento del 39,74 per cento - a dispetto degli studenti più ricchi (per la sesta fascia l’aumento è di due punti inferiore). Per il momento comunque nulla di fatto. Gli studenti tirano un sospiro di sollievo, in attesa degli sviluppi futuri. Se Mistretta, come annunciato nei giorni scorsi, non è intenzionato a «fare le barricate contro gli studenti», il piano da 4 milioni è destinato a rimanere dentro il cassetto.
Cinzia Isola
 
 
 
 

Questionario e social

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